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Autore: mgrandier    05/08/2018    17 recensioni
Una licenza, in un periodo davvero difficile, quando la stanchezza del corpo e della mente non lasciano scampo, e i nervi sembrano destinati a cedere. E poi quegli strani momenti ai quali davvero non riesce a dare una spiegazione logica …
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Notte
 
Ho consumato la mia cena in solitudine, seduto al mio posto, al tavolo della grande cucina, mentre il mio sguardo restava fisso su quello che, in un tempo ormai lontanissimo, era il suo posto. Ho cercato di nascondere alla nonna il mio turbamento, ma credo di non essere riuscito nel mio intento: mi ha servito il mio piatto e ha tentato in ogni modo di catturare la mia attenzione, ricevendo in risposta poco più che monosillabi; infine persino lei ha ceduto e, con un sospiro, mi ha lasciato solo, annunciandomi di doversi occupare del ritiro della cena di Madamigella Oscar, per poi scomparire oltre il vestibolo senza fare ritorno.
Rimasto solo, non ho più avuto bisogno di fingere e, non appena terminata la cena, ho cercato ristoro nell’aria fresca e nel buio del giardino. Ho passeggiato a lungo, vagando senza meta fino a raggiungere il perimetro del parco, mentre pensieri e ricordi disegnavano volute ardite nel cielo scuro; ho lasciato che il mio corpo trovasse ristoro nel ritmo costante dei miei passi e che la mente fuggisse dalla morsa infame dei miei incubi e, incredibilmente, mi è parso di aver davvero separato mente e corpo, ritrovando la quiete.
Così, quando in lontananza ho potuto vedere che anche le ultime luci della cucina si sono spente e il palazzo non sembrava essere altro che l’ombra assopita di un enorme drago immaginario, sono tornato sui miei passi, lentamente, per raggiungere la mia camera.
Qui, ora, mi sento in pace con me stesso e davvero solo; solo di quella solitudine che rende tranquilli e dona sicurezza, calma profonda.
Alla luce tremolante del doppiere, l’ambiente mi appare piccolo e incredibilmente accogliente; lascio uno sguardo diffidente alla toeletta, mi rinfresco quasi di fretta, e poi mi spoglio, lasciando camicia e brache sulla sponda del letto, prima di abbandonarmi finalmente all’abbraccio del mio giaciglio.
- Niente a che vedere con a branda della camerata … - sussurro tra me, mentre inarco appena la schiena e mi rilasso del tutto, certo di meritarmi, finalmente, una notte di riposo assoluto.
 
E’ la notte a tradire le mie aspettative.
Quando mi sollevo a sedere sul mio letto, quasi strappato al mio sonno, mi ritrovo completamente sudato, con il fiato corto e i sensi all’erta. Non è stato un incubo a sottrarmi al mio riposo; tutt’altro. E’ qualcosa di molto diverso … è il mio strazio, la mia perdizione che ancora una volta diventa concreta sulla mia pelle.
Resto per qualche istante in attesa, con le ginocchia piegate e le braccia tese, le mani aperte appoggiate alle lenzuola; la luce tenue della notte filtra appena dalla finestra della mia stanza riempiendo l’ambiente e la mia mente di ombre inquiete. Aspetto ancora, gli occhi socchiusi e il respiro controllato; fino a quando, d’istinto, non sollevo la mano a mezz’aria. Chiudo gli occhi, li strizzo quasi, e ad avere il sopravvento è il profumo che ora invade l’aria saturando ogni mio senso. Lo riconosco … lo sento: è il suo profumo e questa volta porta in sé una nota del tutto nuova, che mi turba profondamente, fino a pungermi i sensi.
Muovo la mano sospesa ed è come se avvertissi una carezza, un gioco leggero che mi porta ad allargare le dita e a sentirne altre, sottili e leggere, intrecciate alle mie; piego appena il braccio e anche l’altra mano deve sollevarsi e seguire lo stesso gioco di carezze e di dita intrecciate. Mi irrigidisco, tento di opporre resistenza, vacillo e poi sento di dover arretrare, lentamente, fino a tornare a stendermi sulle lenzuola, con le braccia aperte e le mani affondate nel cuscino, ai lati del mio capo.
Respiro lentamente, maledico la mia follia, ma non riesco a contrastarla e allora mi muovo, inarco la schiena e poi mi abbandono a ciò che sento.
L’intreccio si scioglie, le dita tornano libere, e carezze gemelle percorrono le mie braccia giungendo alle mie spalle; potrebbe essere un tocco del tutto innocente e niente più, eppure mi spezza il fiato, perché nella mia stanza l’aria è satura del profumo che mi cattura e mi conduce lontano dalla ragione. Deglutisco, quando il tocco torna a muoversi e questa volta sembra ben sapere come percorrere il mio corpo per vincere ogni resistenza e risvegliare il mio istinto di uomo perduto. Nello stesso istante, un soffio raggiunge il mio viso, mi sembra seta leggera e profumata, un alito caldo che sfiora la mia fronte e scende lungo la guancia fino al collo, per insistere lì dove non potrei mai vedere, ma riesco a percepire ogni sensazione fin quasi al mio limite.
E’ una sorta di assedio al mio corpo, una battaglia impari dove io non ho nessuna possibilità di sopravvivere.
Le carezze scendono e risalgono, percorrono lente il mio corpo come una condanna, disegnando su di me ciò che non riesco a governare; cercano curiose, tornano e mi scoprono ormai senza speranza, giocano con ciò che, dall’essere forza, è divenuta debolezza. Caparbie, sembrano sfidare la mia pelle in quello che ormai è tortura, fino al limite, allo spasimo, quando il mio corpo vibra ormai vinto e un gemito profondo si libera dalla mia gola; quando, sfinito, riapro gli occhi, serro le labbra per soffocare la mia voce, e mi ritrovo solo come sapevo di essere e pur tuttavia, sulla mia pelle, riesco a percepire il fiorire di un sorriso non mio.
Una scia calda, allora, prende a muoversi da dietro al mio orecchio, scende lenta e percorre lo spigolo della mia mandibola giungendo ad un soffio dalle mie labbra, dove pare giocare con un nuovo fuoco. Il mio animo si risveglia di nuovo, vinto dal desiderio di questo nuovo duello. Lo chiamo duello, perché questo sembra essere … e forse solo così posso definirlo. Inumidisco le labbra e mi pare di sentirlo ancora, quell’alito caldo, proprio lì, invitante e suadente … irresistibile. Il mio cuore sembra impazzito e rimbomba nella mia gola; dischiudo le labbra, perché è un sogno, ne sono consapevole, ma almeno questo sogno posso viverlo, qui nella solitudine dalla mia follia, e lasciarmi condurre anche dal mio desiderio. Cerco io stesso quel contatto, anelo, ora, di più e muovo le labbra perché riesco a sentire quello sfiorarsi di desideri nascosti che sulla mia pelle accaldata diventano baci roventi, senza pudore. Nella mia pazzia, riesco persino a sentire la risposta ad ogni mio assalto; lo percepisco, quel tocco profondo che mi accarezza l’anima e mi toglie il respiro, mi strappa la ragione e mi …
- Ahhh! – è la mia voce a spezzare il brusio denso dei gemiti che saturavano, fino ad un istante fa, la mia camera.
Una mano corre d’istinto al labbro dolente e le mie dita saggiano la pelle, tremanti. Avverto una sorta di gonfiore e poi, d’un tratto, qualcosa di liquido e denso che trasuda, lasciando le mie dita appena umide.
Sono troppo sconvolto per reagire e resto per qualche istante immobile sul letto a fissare le ombre nel buio, mentre tutto attorno a me sembra essere ritornata la calma e anche quel profumo intenso e suadente, in un istante è svanito; vorrei essere invisibile, fondermi con una di quelle macchie scure e incerte che popolano il mio mondo dai contorni ambigui; vorrei essere ancora padrone del mio tempo e poter sognare un sogno che sia davvero mio … Invece sono schiavo di qualcosa che non conosco, che ha radici lontane anche dentro di me, ma che ora sento di non essere io a guidare … e che mi sfugge di mano quando credo di averlo quasi afferrato.
Cerco di governare il mio respiro, riacquistando lentamente un poco di lucidità; torno a muovere le dita, sfregandole una sull’altra e passo la punta della lingua ancora sul labbro, percependo chiaramente il sentore dolciastro del sangue.
Allora mi muovo, mettendomi di traverso, seduto sul letto, e cerco a tentoni, sul mio comodino, il doppiere. La flebile luce della notte è appena sufficiente per trovare l’acciarino nel mio cassetto e in qualche modo, sforzandomi di essere il più lucido possibile, riesco, dopo qualche vano tentativo, ad accendere un lume. Mi alzo dal letto, malfermo sulle gambe; come un automa, raggiungo la toeletta e mi sporgo sul catino, avvicinando il più possibile il mio volto allo specchio.
Allora, quasi incredulo, spalanco gli occhi, tornando a toccare con le mie stesse dita quel segno ora evidente nell’angolo del labbro, gonfio e sporco di sangue.
Afferro un asciugamano e tampono alla meglio la ferita; sul lino bianco mi sono subito ben visibili le macchie di sangue. Torno a scrutare, non convinto, quel segno sul mio labbro … lo percorro con la lingua e mi sforzo di raggiungerlo in qualche modo, a costo di smorfie inquietanti, cercando di convincermi che posso essere stato io stesso l’artefice di quel danno. Ci provo inutilmente, più e più volte, e infine scuoto il capo di fronte a quello che, a tutti gli effetti, non può che essere il segno di un morso.
Sospiro, arretrando un poco dalla toeletta, mentre nello specchio l’immagine che conoscevo di me stesso si fa sempre più sfocata e confusa, persa in quella pazzia alla quale ormai non posso che arrendermi.
Sono pazzo: non ho alcuna speranza.

Angolo dell'autrice: anche dal luogo di vacanza, sono riuscita ad aggiornare! La connessione non è il massimo, ma il panorama merita (ho anche trovato un buon candidato per il ruolo di André giusto a due passi dalla mia piazzola in campeggio: cosa voglio di più dalle vacanze?)
Per il mio André questa licenza non è certo una vacanza... spero che a voi tutte vada per il meglio!
A presto e... abbiate fiducia!
Bacioni
mgrandier

 
  
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