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Autore: Blueeyedgirl    24/08/2018    1 recensioni
Alcune persone passano e sono soltanto un nome, un volto in una fotografia.
«Questo è Edgar Bones... il fratello di Amelia Bones, hanno preso lui e la sua famiglia, era un gran mago... Sturgis Podmore, accidenti, com'era giovane... Caradoc Dearborn, scomparso sei mesi dopo, non abbiamo mai ritrovato il corpo... Hagrid, naturalmente, è sempre lo stesso... Elphias Doge, l'hai conosciuto, mi ero dimenticato che portava sempre quello stupido cappello... Gideon Prewett, ci sono voluti cinque Mangiamorte per uccidere lui e suo fratello Fabian, hanno combattuto da eroi...»
-Harry Potter e l'Ordine della Fenice, Capitolo 9
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Amelia Bones, Edgar Bones, Emmeline Vance, Sturgis Podmore
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
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"Evan, muoviti, è tardi!" gridò spazientita Amelia, sporgendosi dall'ingresso della casa di zio Elijah, dove lei e i suoi fratelli si erano trasferiti subito dopo la morte dei loro genitori. Lanciò un'occhiata all'orologio con i pianeti che i suoi genitori le avevano regalato pochi mesi prima, per il suo diciassettesimo compleanno. Erano in ritardo davvero; erano le 10 e 30, e se avessero atteso oltre avrebbero rischiato di perdere l'Espresso per Hogwarts. "Guarda che se non ti dai una mossa me ne vado!"
"Arrivo, arrivo," borbottò l'interessato, precipitandosi giù dalle scale e facendo un gran baccano. Il suo gufo, Luthor, che sonnecchiava dentro la sua gabbia, si riscosse infastidito.
Zia Henrietta e zio Elijah li aspettavano davanti al camino da cui lei e Evan avrebbero raggiunto la stazione di King's Cross, via Polvere Volante. Edgar aveva raggiunto Florence in Galles da un paio di settimane, e sarebbe arrivato a Londra in auto con i genitori di lei. Amelia sistemò il baule e il manico di scopa nel caminetto, poi si avvicinò agli zii per salutarli.
"Fai la brava, mi raccomando," disse ironica la zia, ma Amelia sapeva che stava cercando di nascondere la sua reale commozione. Dopotutto, nei tre mesi che avevano passato a casa loro dopo la morte di Benjamin e Julia, si era occupata dei tre ragazzi come una madre. Abbracciò Amelia e le diede due baci sulle guance. Lo zio fece lo stesso, ma lui non si curò di dissimulare quello che provava; aveva gli occhiali già appannati, e non disse nulla, ma se avesse parlato probabilmente gli si sarebbe spezzata la voce. Dopodichè, Amelia entrò nel caminetto, prese un pugno di Polvere Volante dal vasetto che la zia le porgeva ed esclamò: "Stazione di King's Cross!"

Quando riaprì gli occhi, poco dopo, si trovava nel familiare vicoletto dietro la stazione che nascondeva uno dei camini ministeriali. Un giovane inserviente in divisa verde smeraldo la aiutò ad uscire dal caminetto e, mentre lei si ripuliva le mani e i vestiti macchiati di fuliggine, le riconsegnò i bagagli. Un attimo dopo, anche Evan emerse da una nuvola di fumo, tossendo.
"Buon anno scolastico," li salutò il ragazzo. Amelia e Evan ringraziarono con un cenno e si allontanarono, diretti al binario 9 e 3/4. Entrambi si guardavano intorno attenti, in cerca di volti familiari. Una volta oltrepassata la barriera, Evan adocchiò un gruppetto di amici del quinto anno e, dopo aver bofonchiato un "Ci vediamo più tardi," ad Amelia, si allontanò e li raggiunse. Amelia, intanto, aveva visto da lontano la sua amica Rosalind, un'altra Grifondoro come lei, e aveva allungato il passo per raggiungerla.
Rosalind Price era una ragazza robusta, mascolina, dai tratti asiatici, con i capelli neri e mossi. Lei e Amelia erano compagne di dormitorio dal primo anno, e al secondo anno erano entrate insieme nella squadra di Quidditch, nel ruolo di Cacciatore, Amelia, e di Portiere, Rosalind. Oltre che compagne di squadra, Amelia e Rosalind erano soprattutto amiche del cuore, da sempre; ma Amelia di questo non era più così sicura. Il fatto era che, nell'ultimo anno, i suoi sentimenti per l'amica si erano evoluti in qualcosa che non sapeva bene come definire. Rosalind non aveva mai nascosto la propria sessualità; aveva fatto coming out al terzo anno, con la sua solita disinvoltura, e chiunque aveva anche solo provato a farla sentire a disagio si era beccato un cazzotto sui denti senza troppe cerimonie. La sua relazione con Bertha Jorkins era durata circa un anno e mezzo, e si era conclusa quando quest'ultima si era improvvisamente resa conto che dopotutto non era lesbica; tant'è che stava giusto giusto salutando con grandi effusioni e bacerie un ragazzotto occhialuto dalla pelle scura che Amelia non riconobbe. Rosalind ci era rimasta molto male; e ora Amelia si ritrovava, da circa un anno, con una bella gatta da pelare. Non aveva più visto Rosalind dal funerale dei suoi genitori, e si può dire che allora avesse altri pensieri per la testa.
"Ciao, Ames," la salutò Rosalind quando la vide. "Tutto a posto?"
"Ehi," Amelia ricambiò il saluto. "Sono arrivata adesso con la Metropolvere. Saliamo? Mio fratello è già sul treno con Flo."
Aiutandosi a vicenda, riuscirono a caricare i bauli, le scope e la gabbietta con il gatto di Rosalind, Shiva, sul treno; poi si allontanarono lungo il corridoio, scansando studenti sovraeccitati che correvano su e giù, in cerca di uno scompartimento libero. Trovarono Edgar, Florence, Sturgis Podmore ed Emmeline Vance stravaccati in uno scompartimento, con l'atteggiamento tipico degli studenti dell'ultimo anno.
Oddio, sono tutte coppie.., pensò Amelia, a disagio, ma intanto Rosalind era già entrata e aveva già preso posto, così fu costretta a fare lo stesso. Un coro di saluti le accolse quando entrarono.
"Ciao, ragazze," le salutò Edgar, che teneva un braccio attorno alle spalle di Florence e aveva al collo la sua immancabile macchina fotografica. Non sorrideva; negli ultimi mesi, sorrideva poco. Si rivolse ad Amelia: "Tutto a posto a casa? Dov'è Evan?"
"Non so, se n'è andato con i suoi amici," sbuffò Amelia. "Speriamo non perdano il treno."
Sturgis leggeva la Gazzetta del Profeta insieme ad Emmeline, che teneva la testa bionda appoggiata sulla sua spalla; in prima pagina, accanto al titolone: TERRORISMO; SIAMO DAVVERO IN PERICOLO?, campeggiava una foto che fece rabbrividire Amelia. Il teschio verde che pochi mesi prima era comparso sopra la casa di Edgar e Amelia ghignava, e dalla sua bocca si srotolava un serpente.
"Non se ne sono ancora convinti?" chiese Amelia ad alta voce, indicando il giornale.
"Sai come sono alla Gazzetta," commentò Florence. "Non riconoscerebbero la verità nemmeno se ballasse nuda davanti a loro." Emmeline ridacchiò alla battuta. Amelia rimase seria. "La gente muore, e nessuno fa niente. Mi chiedo chi saranno i prossimi."
"Ne stavamo parlando ieri, io e Flo," disse Edgar, serio. "Che gli eventi degli ultimi mesi...non so tu, ma a me hanno fatto incazzare. E mi hanno fatto venire voglia di fare qualcosa." Florence annuì. Sturgis riemerse dalle pagine del giornale. Era un ragazzo alto e magro, estremamente espansivo e vivace, ed era il migliore amico di Edgar. E come lui, in quel momento non sorrideva.
"Tipo cosa?" chiese Rosalind.
Edgar tacque. Lanciò un'occhiata eloquente ad Amelia e poi alla porta dello scompartimento. Amelia si alzò e la chiuse.
"Vogliamo unirci all'Ordine della Fenice, dopo i M.A.G.O," disse Florence a bassa voce.
"Che cos'è l'Ordine della Fenice?" chiese Amelia, guardando dritto il fratello.
"E' una società segreta che sta mettendo insieme Silente, per combattere Voi-Sapete-Chi. Mi ha scritto una lettera un paio di settimane fa per parlarmi del progetto," spiegò Edgar, "e mi ha chiesto di diffondere la voce fra gli studenti del settimo anno, quelli che reputo più affidabili, ovviamente. Non te ne ho parlato per evitare che ne giungesse voce a Evan o agli zii," disse ad Amelia, in tono di scusa. "So che non approverebbero."
Nessuno disse nulla per qualche attimo. Poi Sturgis chiese: "Chi ha reclutato, finora?"
"Non me lo ha detto," rispose Edgar. "Solo i membri possono sapere i dettagli sull'organizzazione. Io e Flo ci fidiamo di Silente, comunque." I suoi occhi grigi si spostarono da Emmeline, a Sturgis, a Rosalind, e infine ad Amelia. La conversazione finì lì.
Intanto il treno era partito, e si allontanava veloce per la campagna inglese. Amelia guardava Edgar. Si era lasciato crescere la barba, si atteggiava a uomo, ma lei vedeva che sotto la superficie aveva paura. E non ha torto ad averne, pensò. Vuole schierarsi in prima linea contro un mago potente, che sta terrorizzando il Mondo Magico. Anch'io avrei paura.
Anch'io ho paura.
Di colpo la prese il terrore profondo di perdere anche Edgar. Non doveva toccare a lui, pensò. Non era giusto. Non deve toccare a noi combattere per sopravvivere. In silenzio, Amelia posò la testa contro il finestrino e guardò fuori. Il paesaggio era dolce e sereno, come solo la campagna inglese di fine estate sa essere. Amelia pensò che avrebbe dato qualunque cosa per essere un filo d'erba, una coccinella, una nuvola, una parte della natura, ignara del male.

  
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