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Autore: Pan84    28/08/2018    0 recensioni
Un sogno per quanto brutto non fa più paura alla luce del sole. Ma quando i personaggi dei tuoi incubi varcano il confine della dimensione onirica, allora nulla è più come sembra.
La vita di Elena non sarà più la stessa, stretta in una realtà confinata tra sogno e veglia, tra la rassicurante presenza di Damon e l'inqiuetante insistenza di Klaus. Tenetevi pronti per un viaggio attraverso i vostri peggiori incubi.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Klaus | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Davanti allo specchio rifletto me stessa, capelli nero corvino ricadono in morbidi boccoli sulle spalle.

È forte il contrasto con il vestito bianco di seta e organza che indosso.

In vita una cinta color cremisi dello stesso colore del ciondolo di rubini che porto al collo.

«È incantevole Signora», continuano ad adularmi le mie servitrici, come api attorno alla loro regina.

«Il giorno più bello della sua vita» continuano a ronzare, ma allora perchè i miei occhi riflettono solo spavento e tristezza?

Una morsa mi attanaglia lo stomaco, "Così deve essere" continuo a ripetermi come una litania da giorni.

«Mia Signora, Sir Damon è qui per vederla».

«Fatelo entrare» rispondo con voce austera.

«Gradirei parlare con lui in privato. Lasciatemi sola» sono avezza ormai agli ordini e le mie ancelle con un frusciare di vesti a capo chino, si allontanano.

Io resto sola in attesa di Damon.

Non riesco nemmeno a sostenere il mio sguardo riflesso figurarsi il suo ora. Distolgo lo sguardo dalla mia sconsolata immagine e mi allontano dallo specchio.

Lontana da una realtà che non riesco ad accettare ricado stanca e stremata sulla poltrona di broccato accanto alla finestra.

Un leggero bussare alla porta mi ritrascina alla realtà.

«La porta è aperta» dico.

Un tremito mi scuote quando avverto la sua presenza nella stanza. Istintivamente vorrei corrergli incontro e cercare riparo tra le sue braccia, conforto nella sua voce e compassione nei suoi occhi, ma tutto quello che riesco a fare è restare pietrificata nella mia posizione con lo sguardo perso oltre la finestra.

Sento i suoi passi avvicinarsi e fermarsi alle mie spalle.

«Tutti ti aspettano di sotto. E' quasi ora, dobbiamo andare», dice in modo solenne dandomi del tu, lo fa solo quando siamo soli.

Ma avverto nella sua voce un che di rotto, di spezzato: il suo cuore.

Non rispondo e aspetto che continui.

«Volevo accertarmi che stessi bene»

A quelle parole mi alzo in piedi e con occhi supplicanti mi volgo verso di lui. 

«Come posso stare bene?»

Incontro il suo viso, pelle color ambra, capelli scuri che alla luce del sole rivelano riflessi dorati.

Le mie mani si protendono verso le sue che si incontrano stringendosi

all' unisono con le nostre anime.

« Tranquilla, andrà tutto bene», mi dice con voce rassicurante. «Io sarò lì accanto a te»

Gli prendo il viso tra le mani ancora calde dopo il contatto e incontro il suo sguardo, occhi più profondi di una caverna, azzurri con schizzi verdi come smeraldo sepolto negli abissi del mare. Avvicino le mie labbra alle sue e mi perdo nel suo bacio, forse l'ultimo.

Quegli occhi, i suoi occhi sono nei miei, sono i miei.

E... mi sveglio.

Era solo un sogno.

Con ancora addosso il peso di quello sguardo prendo con difficoltà contatto con la realtà. Mi metto seduta sul letto, afferro il bicchiere d'acqua che ho messo sul comodino la sera prima e bevo tutto d'un fiato.

Fisso la radio sveglia digitale che con il suo rosso metallico mi avverte che sono ancora le cinque del mattino. Accanto a me il respiro regolare di Matt, il mio fidanzato, fa da sottofondo al mio inquieto stato d'animo.

"Era solo un sogno, devo cercare di riaddormentarmi prima che suoni la sveglia" dico a me stessa.

Affondo la testa sotto il piumone, mi sfioro le labbra con la mano e arrossisco. Le sento ancora calde al ricordo di quel bacio.

Alle otto sono in treno diretta al lavoro, riesco a conquistarmi un posto a sedere nel rush mattitutino. Il rumore è assordante, alzo il volume del mio IPod e mi isolo dal resto del mondo.

Non riesco a distogliere il pensiero da quel sogno, troppo reale per non essere vero. Il volto di quel ragazzo, ogni tratto del suo viso troppo dettagliato, troppo vivido, per essere frutto della mia fantasia.

Scuoto la testa con forza, come se volessi cancellare dalla mia mente quell'immagine, come si fa con un disegno fatto sulla sabbia e nel mio rimuginare per un soffio non perdo la mia fermata.

Facendomi largo tra la folla scendo dal treno. "Il piacere di vivere a Roma". Dico a denti stretti a me stessa, maledicendo la mia testardaggine nel voler continuare a vivere in questa città.

Con Matt eravamo giunti ad un compromesso, una villetta alle porte di Roma per conciliare il suo desiderio di tranquillità e il mio stupido amore per la città eterna.

Non avevo minimamente considerato lo scontro con la triste realtà di una vita da pendolare, e l'inferno del treno regionale ogni mattina per arrivare al lavoro.

Fino a due anni prima vivevo in un piccolo monolocale nel cuore di Roma ad un passo da Campo dei Fiori e a cinque minuti a piedi dalla galleria dove lavoro.

Poi, dopo che Matt è entrato nella mia vita, quel nido al centro è diventato troppo piccolo per due e così ora affronto questo inferno tutti i giorni.

Dopo treno e bus arrivo già stanca, sono da poco passate le nove e mezza ed entro in galleria trascinandomi pesantemente.

Tyler mi saluta sorridendo, il suo buon umore a volte diventa davvero fastidioso.

«Il ritorno degli Zombie» dice ridendo a crepapelle non appena posa gli occhi su di me.

«Caffè...» dico agonizzante gettando la borsa sulla mia scrivania.

Dorothy Circus Gallery, la mia seconda casa ormai da quattro anni.

All'interno delle sale esponiamo pezzi di giovani artisti del pop surrealismo.

Stiamo allestendo una nuova mostra che avrà luogo tra due settimane. Un campo minato di scatoloni e cornici, la nostra trincea di guerra per i prossimi quindici giorni.

Tyler accende lo stereo, lavorare senza musica è per noi impossibile.

"Dancing Queen" degli Abba risuona tra le pareti tappezzate di velluto rosso.

Tyler fa qualche piroetta aprendo uno scatolone indicandomi sul tavolino lì vicino la mia tazza di caffè fumante.

Non posso che lasciarmi scappare un sorriso nonostante il mio umore.

«Non riesci davvero a resistermi» dice il mio collega venendomi incontro e invitandomi a ballare.

Avere a nostra completa disposizione la galleria chiusa al pubblico per allestimento è davvero rilassante.

Tyler riesce con poco a farmi dimenticare il mio cattivo umore da pendolare e dopo aver finito di ballare gli chiedo «Allora, com'è andata ieri con la tua nuova fiamma?»

«Ah, quello. Altro che fiamma...si è rivelato un fuoco di paglia. Era una checca isterica peggio di me. E voleva solo scopare. L'ho lasciato con le mutande abbassate nel bagno del Mucca Assassina»

Gli scoppio a ridere in faccia immaginando la faccia di quel poverello abbandonato senza pietà.

Tyler è l'unico dei miei amici gay a non accontentarsi di relazioni fortuite e scappatelle. A quasi trent'anni è ancora alla disperata ricerca del vero amore.

Siamo amici dai tempi dell'università, ci siamo trovati seduti vicini nelle retrovie della classe per caso.

Da poco era iniziata la lezione di arte contemporanea e lui come una star si era presentanto con dieci minuti di ridardo. Aveva esitato un attimo all'ingresso, e incurante dello sguardo gelido del professore aveva scelto con cura il posto dove sedersi. Proprio accanto a me.

Aveva da subito attaccato bottone dicendomi, «Sei quella che mi è sembrata la meno sfigata in questo mare di perdenti» riferendosi ai miei compagni di corso.

Da quel giorno siamo diventati culo e camicia.

A pranzo incontro la mia vecchia amica Caroline, la razionalità e la pragmatica fatte donna. Ci incontriamo all'uscita del suo ufficio e ci dirigiamo verso il nostro bistrò preferito. E' un piccolo dining cafè che ha aperto da poco. Si accede tramite una piccola scaletta di legno che affaccia su una strada secondaria.

L'ambiente è molto confortevole e familiare. Lo staff ci accoglie con un sorriso e la cameriera ci fa strada verso il nostro tavolo, in fondo alla sala. Sediamo sui divanetti di velluto e diamo uno sguardo ai piatti del giorno. Dopo aver fatto le nostre scelte ci rilassiamo e le racconto il breve il sogno della scorsa notte.

E lei: «Devi finirla di dare troppo peso ai sogni e alle tue strambe sensazioni. Se mi dessi retta capiresti che c'è una spiegazione razionale per ogni proiezione del nostro inconscio», mi aggredisce.

Io la guardo scettica e continuo ad ascoltare la sua manfrina.

«Te lo dico io Elena qual è l'interpretazione a questo sogno, ansia pre matrimoniale. Tutto qui. Piantala con queste paturnie e pensa piuttosto alla luna di miele!».

Con un sospiro le rispondo: «Forse hai ragione, mi faccio sempre condizionare troppo da queste cose», ma in fondo cerco di convincere più me stessa che lei. «E' solo che... va beh, dai lascia perdere...». continuo a mangiare svogliata la mia insalata.

«A proposito» mi incalza Caroline «com'era sto strafigo che hai baciato? Dai, condividi con la tua amica i dettagli piccanti» ammicca curiosa.

«Troppo anche per te!», le rispondo e finiamo col ridere come bambine.

Più tardi in attesa dei nostri caffè, Caroline si scosta un ciuffo di capelli biondi dalla fronte e mi ricorda, «Allora, per stasera alle 21.30 da McGregory. Ci vediamo tutti direttamente lì, non fare tardi.».

Avevo completamente dimenticato l'appuntamento di stasera.

Nel frattempo arrivano i nostri caffè, con un gesto automatico verso un cucchiaino di zucchero nella tazza, girando il caffè alzo lo sguardo e rispondo distrattamente, «Tranquilla, io e Matt saremo puntualissimi»

Porto la tazzina alla bocca e penso che sarà l'ennesima serata passata in compagnia di persone che fingono interesse per me e la mia vita.

Caroline mi fissa con sguardo torvo, « So a che cosa stai pensando! Smettila di fare l'asociale. Una piccola festicciola pre nozze ci sta tutta.»

«Rilassati, verrò.» Le rispondo rassegnata.

Quella sera al McGregory ci sono davvero tutti.

Gli amici di sempre e le persone che non vedevo da anni che mi si avvicinano chiedendomi notizie della mia vita, per poi spostare il discorso sulla loro di vita, molto più interessante della mia.

Le voci attorno a me si confondono e diventano un suono indistinto.

Bevo un altro sorso del mio drink, ma l'alcool mi resta in gola e mi blocca il respiro.

Con una scusa mi allontano dalla sala per cercare riparo e ritrovare un po' d'aria.

Mi dirigo verso il bagno. Entro e chiudo a chiave la porta dietro di me.

Mi appoggio allo stipite di mogano scuro, provando a rallentare il respiro, chiudo gli occhi. Mi aggrappo al piano del lavandino.

Alzo lo sguardo e lascio scorrere l'acqua. Con la mano mi bagno le labbra e la fronte. Guardo il mio volto allo specchio. L'acqua mi ricade sui capelli e sulle guance rosse e roventi per i troppi cocktail bevuti.

Avrei dovuto andarci più piano, penso con rammarico asciugandomi il viso.

Chiudo di nuovo gli occhi e faccio un profondo respiro.

Sento una mano toccarmi la spalla,

Eileen, Mia Signora..." , mi sento sussurrare all'orecchio da quella voce che ho già sentito nei miei sogni. 

Apro gli occhi, mi giro di scatto e una folata d'aria gelida mi colpisce, spalanca la porta poco prima chiusa a chiave e si perde nel corridoio.

Mi guardo attorno, sono completamente sola.

Una paura primordiale mi scorre come un brivido lungo la schiena.

Corro verso il corridoio e incontro Matt.

«Tutto bene piccola?» mi chiede con apprensione.

«Prima sei entrato in bagno?» gli chiedo.

«No, perchè? Ti vedo strana, c'è qualcosa che non va?» mi chiede sinceramente preoccupato.

«Mi è sembrato che ci fosse qualcuno, non so...» gli rispondo con fare concitato.

«Tesoro, forse hai bevuto un po' troppo. Ti prendo dell'acqua», mi cinge la vita e mi bacia sulla guancia.

Mi avvicino al bancone insieme a lui. Bevo l'acqua e poi mi dirigo sola verso l'uscita per prendere un po' d'aria.

Siedo poco distante dall'entrata del pub su una panchina di legno e provo a fare ordine nel vortice dei miei pensieri.

«Sicuramente quella voce è stata frutto della mia immaginazione, eppure... sono sicura di non aver bevuto così tanto... quel nome Eileen... surrurrato appena, è della stessa persona del sogno della notte scorsa.»

L'aria frizzante che mi colpisce il volto mi ricorda che siamo ancora ai primi di Marzo. Per il freddo mi stringo nelle spalle e decido di tornare dentro al caldo. Quando sento qualcosa sfiorarmi le caviglie.

Mi sporgo in avanti e vedo un grosso gatto nero che si strofina su di me. Quasi volesse scaldarmi e trovare un po' di coccole.

«Ehi, tu! Da dove sbuchi fuori?» tendo una mano per accarezzarlo, ma mi sfugge via. Riesco a sfiorargli appena la coda.

Con un salto sale sulla panchina, mi si avvicina e appoggia la testa sul mio grembo. «Hai freddo anche tu?» gli chiedo, e mi risponde con un miagolio sommesso.

Mi accorgo che porta al collo un piccolo ciondolo. Non la solita medaglietta per gatti, ma un piccolo medaglione in metallo. Lo prendo tra le dita e seguo il contorno dell'incisione riportata: due mani che abbracciano un cuore sormontato da una corona.

Sfioro ancora il rilievo e leggo:

Per l'amicizia son le mani

Per l'amore è il cuore

In alto li sovrasta la Corona

Di lunga ed eterna Lealtà

Il gatto solleva il capo e per un istante ci fissiamo. Resto rapita dal suo sguardo magnetico.

La porta del pub si spalanca e la luce di dentro inonda con il suo fascio la panchina.

«Ecco dov'eri finita!». La voce di Caroline rimbomba nel silenzio della strada.

Con uno scatto il gatto salta giù dalla panchina e atterra sul marciapiede , corre via spaventato sparendo dietro l'angolo.

«Dai torna dentro, qui si gela» mi dice Caroline tenendo con una mano aperta la porta del locale. Mi alzo e la seguo dentro.

Nella mia testa risuonano ancora quelle parole incise sulla medaglietta.

Una filastrocca per bambini imparata tanto tempo fa.  

   
 
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