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Autore: kannuki    29/04/2005    43 recensioni
“Nel mio paese si dice ‘Ascolta la donna quando ti guarda, non quando ti parla.’”
“E cosa leggi nei miei occhi?” domandò stringendosi a lui.
L’uomo la fissò per un po’ e poi esplose in una risatina ironica “Un bel niente, c’è troppo buio qua dentro!”
“Bestia!”
“Non so quanto durerà…magari qualche mese, o forse tutta la vita.” Mormorò facendole sgranare gli occhi a quelle parole “se durasse per sempre non mi dispiacerebbe.”
La donna annuì con un groppo in gola “neanche a me. Strano, siamo d’accordo su una cosa
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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“Perché vuoi raccontarmela

Datemi un sogno in cui vivere perché la realtà mi sta uccidendo.

 

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Shaz guardò il corpo riverso a terra e non potè impedire ad una lacrima di uscirle furtivamente dagli occhi.

Vi gettò sopra un fiore e ripose la pistola nel giubbotto di jeans che le teneva fin troppo caldo.

Il cellulare ronzava leggero nella tasca dei jeans...i jeans che indossava al concerto degli U2… i jeans con i quali aveva arrestato Vic a suo tempo….devo buttarli prima o poi...devo liberarmene.

“Si?” ripose secca e diretta.

“Shaz, hai finito? Se sei ancora da quelle parti, potresti fare un salto al parco e stendere un tipo?”

La voce pacata di Jesus risuona piacevolmente nell’orecchio della ragazza.

“Come no? Descrivimelo” gli disse meccanicamente senza traccia di calore nella voce.

“Sei sicura?”

“Se ti ho detto di si..”

Stette ad ascoltare la descrizione fisica dell’uomo, seduta su un cartellone basso di ferro che pubblicizzava un nuovo film al cinema. Le era venuta voglia di andarlo a vedere ma ancora non si decideva. Non sapeva a chi domandarlo sebbene avesse l’imbarazzo della scelta, da quando abitava alla Villa con gli altri.

 

La novità aveva entusiasmato gli animi dei suoi abitanti anche se Shaz passava più tempo in giro a  stendere gente che con loro a cazzeggiare  

Jesus la chiamava sempre per prima, quando c’era bisogno di spostarsi. Lei non si lamentava mai e non faceva storie.

Era cambiata completamente e certe volte anche Jack col quale aveva continui scontri fisici a boxe, si stupiva di trovarla a fare yoga da sola nella palestra. 

 

Shaz lavorava ancora come poliziotta. L’avevano riassunta di corsa, dopo essere stata scagionata dalle accuse.

All’inizio quasi si vergognava, a presentarsi al commissariato in quelle condizioni pietose. I suoi colleghi erano stati tutti molto gentili con lei, così gentili da farle venire la nausea.

Solo lavoro d’ufficio, per un pò. Lei l’aveva richiesto espressamente. Si metteva seduta alla scrivania e non si alzava neanche per mangiare. Finiva regolarmente le scartoffie, tanto che Drake si stupiva sempre di trovare i suoi rapporti ordinatamente compilati sulla scrivania.

Felix passava sempre a trovarla, così come tutti gli altri, e lei rispondeva a monosillabi, scoraggiandoli dal continuare.

L’agente della Buoncostume era l’unico intestardito che l’accompagnava anche a trovare Alex in ospedale.

Lui non si riprendeva e lei moriva ogni giorno di più. 

 

E quando decideva di essere ‘morta’ al punto giusto, andava a lavorare per Jesus.

 

Si piantava davanti a lui con le mani nelle tasche dei jeans e aspettava, finchè per togliersela di torno non la spediva lontano anche miglia da casa. In quei casi Shaz mostrava regolare richiesta di ferie a Drake che l’accontentava in tutto e per tutto.

 

Aveva imparato a camuffarsi perfettamente, a cambiare di personalità, a calarsi in tutti i possibili personaggi…pur di non tornare nella propria pelle.

 

Alex si era svegliato il 15 aprile, giorno in cui spendeva un pallido sole primaverile che scaldava appena la pelle.

Shazzer era al massimo della felicità. Erano tornati insieme ma era stato poco, troppo poco. Ogni volta che la guardava, Alex non riusciva a fare a meno di ricordare; il suo volto tumefatto era una prova dell’incubo che avevano vissuto in quei giorni.

Il loro rapporto si era raffreddato del tutto fino a spegnersi completamente. L’aveva lasciata così...semplicemente. L’aveva guardata un’ultima volta abbozzando un sorriso di circostanza, desideroso solo di andarsene al più presto.

Lei l’aveva osservato chiudersi la porta alle spalle e in quel momento il suo cuore si era barricato, isolandosi completamente da qualsiasi interferenza del mondo esterno.

 

Quella sera arrivò al parco, fece quello che doveva fare e poi tornò a casa in silenzio, sempre con quell’espressione vacua e assente che si portava appresso da tre mesi.

 

Bussò delicatamente allo studio di Jesus e lo trovò super impegnato in una partita al computer. Aggirò la scrivania e sorrise vedendolo alle prese con GTA.

“Vice City o San Andreas?” domandò proprio nel momento in cui il suo capo si schiantava contro un odrante con la macchina.

“Merda! E mi era anche scaduto il tempo!” esclamò schioccando le dita di una mano. Guardò Shaz che accennava un piccolo sorriso e le indicò lo schermo, sperando in una risposta affermativa “vuoi fare una partita?”

Lei scosse la testa e sospirò, staccandosi dalla sua sedia sulla quale era mezza piegata. “Meglio di no. Se lo finisco prima di te, chi ti sente” ridacchiò senza neanche guardarlo.

Jesus l’aveva già notata questa cosa.

Difficilmente Shaz dava realmente retta a qualcuno, da tre mesi a quella parte. Difficilmente guardava una persona negli occhi.

Sempre assente… se fosse caduto stecchito di fronte a lei, la ragazza si sarebbe limitata a scavalcare il suo corpo e tornare a dedicarsi tranquillamente ai propri affari.

 

“Tutto fatto” gli disse prima di uscire dallo studio guardando il pomello della porta. “Se hai altro da farmi fare, dimmelo. Se sto ferma mi annoio” mormorò distratta.

 

Jesus la guardò giocare con la zip del giubbotto che portava sul braccio e strinse un attimo il labbro inferiore fra i denti. “Shaz…torna qua, siediti un attimo”

Lei annuì senza guardarlo. Si sedette sulla poltrona e aspettò che parlasse. Ramanzina in vista?

Restò stupita quando s’inginocchiò davanti a lei e le prese una mano “Guardami, fai questo sforzo”

Lei sollevò lo sguardo, incontrò i suoi occhi azzurri e si sentì nuovamente in colpa.

“Non è colpa tua se Maret se n’è andata” scandì per bene le parole, sebbene sapesse che lei a malapena lo ascoltava.

“Ti stanno bene le lenti verdi” le disse notando le lenti a contatto colorate che aveva indossato prima di uscire per illavoro.’

“Grazie. Posso andare?” gli chiese gentilmente senza alcuna inflessione nella voce.

Sciolse la mano dalla sua presa e si tolse la parrucca bionda che indossava. Sotto, la crocchia dei suoi capelli neri come la notte, stava soffrendo per il giogo delle migliaia di forcine che tenevano ferme la chioma ribelle arricciolata.

In un momento di pura follia, si era tinta i capelli di un nero violaceo che le facevano risaltare la pelle bianchissima.

E dulcis in fundo, una bella permanente che aveva trasformato i suoi capelli sempre leggermente mossi, in una cascata di riccioli setosi.

 

Strana contro - reazione che Jesus non aveva preventivato. Si aspettava urla, distruzione di soprammobili, porte sbattute e risse con Jack, memore delle ire funeste di Maret che si fermava - fortunatamente - ai soli scontri verbali con gli altri abitanti della Villa.  

Nulla di tutto questo era accaduto…o almeno NON era accaduto in quella casa. Per quel poco che la conosceva, la donna aveva sempre dimostrato un carattere focoso e irascibile…se stava così male da non riuscire neanche a prendersela, all’ennesimo gelato al cioccolato finito, voleva dire che era proprio annichilita dal dolore…e da qualcos’ altro che Jesus non riusciva ad afferrare pienamente e al quale non voleva dare un nome, per il timore che la domanda che barcamenava nella sua testa, trovasse finalmente una risposta.

Per lo meno non si lasciava andare, pensò quando la vide con il nuovo look...non come me. 

I suoi capelli dorati, erano ricresciuti in una discreta coda e gli occhi, una volta così limpidi, erano perennemente cerchiati dalla stanchezza e dalle occhiaie. Una mattina si era guardato allo specchio e aveva scoperto tre capelli bianchi e qualche ruga nuova. Così aveva rinunciato del tutto a farsi la barba.

Il pizzetto diventava sempre più folto e copriva la smorfia amara che periodicamente deformava la sua bocca, in serate tristi e solitarie. Non usciva mai dalla Villa: solo una volta si era spostato personalmente per fare un favore a Rowan.

Shaz l’aveva guardato sprofondare nell’apatia e si era limitata a restare in silenzio.

Solo una volta aveva dimostrato il suo disappunto: quando l’aveva beccato a scolarsi tutto il minibar. Gli aveva tirato un cazzotto, al quale Jesus aveva risposto con un sonoro ceffone dettato più dalla sorpresa che dalla rabbia e il litigio silenzioso era degenerato in un rissone che aveva fatto accorrere i ragazzi al rumore di vetri rotti.

“Ma che cazzo state facendo?!”

L’esclamazione di Rex li aveva fatti voltare come due furie contro di lui e il ragazzo si era ritrovato a fissare la porta chiusa a chiave mentre il rumore, i tonfi e le imprecazioni proseguivano,  lasciandolo confuso di fronte ad una tale sceneggiata.

Il diverbio era finito alla pari: Jesus si era trascinato contro un muro, appoggiandosi stanco contro di esso e Shaz l’aveva raggiunto, massaggiandosi un nuovo livido che l’uomo aveva guardato con una smorfia di disprezzo e colpa verso se stesso. L’aveva abbracciata con forza, passandole l’unica bottiglia rimasta integra nel loro scontro e mormorando uno ‘scusa’ roco al quale la donna aveva risposto con un’alzata di spalle.

“Sarebbe successo prima o poi  aveva decretato attaccandosi alla bottiglia e mettendogliela in mano con un gesto secco. “Lo sapevamo entrambi”

Jesus annuì dentro di se posandola da una parte e restando a guardare quel livido che faceva urlare indignata la sua coscienza “Scusami…non alzo le mani sulle donne ma mi hai fatto proprio incazzare!”

Shaz si era voltata di qualche grado, facendo spallucce e mormorando ‘quanto fosse figlio di puttana a non averla chiamata per avvelenarsi un po’ insieme.’

Jesus aveva sospirato sedendosi meglio e tirandola contro di se: la rabbia che provava verso di lei era scomparsa. Inconsciamente le dava la colpa della sparizione di Maret anche se sapeva la triste verità. Si era sforzato di essere razionale, ma alla fine aveva ceduto alla parte impulsiva del carattere che aveva ereditato dalla madre e che non era molto diversa da quella impetuosa di Shaz.

Quel corpo caldo e morbido accanto a se, era stata una tentazione troppo forte a cui resistere. Aveva voltato la testa, guardandola negli occhi per qualche istante. Shaz lo stava fissando allo stesso modo, irrigidendosi alla stretta che andava accentuandosi sempre di più.

“Non ci pensare neanche” aveva mormorato la donna scostandosi bruscamente. “Non sono Maret”

“Mai pensato” aveva riposto lasciandola andare con un sospiro profondo e vergognoso…cristo santo come sono ridotto male!

 

Si tolse le forcine lentamente, raccogliendole nel palmo della mano e scosse la testa, facendo una smorfia per il fastidio di un capello tirato.

Si alzò in piedi e ficcò le mollettine nella tasca dei jeans, abbozzando un sorriso e un ‘buonanotte’ a mezza bocca.

“Shaz..”

La voce di Jesus la ferma nuovamente.

“Votan è tornato”

La ragazza restò immobile a quelle parole, stringendo in una mano la parrucca e nell’altra il giubbotto.

Annuì, chiuse la porta alle sue spalle e scese i gradini di legno che odoravano intensamente di olio.

C’è del rumore in cucina.

Posa le sue cose su un ripiano e si affaccia nella stanza.

Votan se ne sta lì a mangiare un tramezzino, leggendo una rivista con i piedi su tavolo.

Ha i capelli neri…come mai?

Resta a fissarlo assolutamente immobile, sentendo qualcosa dentro che si muove, facendole male. 

Lo scricchiolio della spalla contro lo stipite che Rex è riuscito ad incrinare, sbattendoci contro con la sedia, durante un’accesa discussione con Jack, richiama l’attenzione dell’uomo che alza gli occhi in fretta, restando a metà di un boccone.

Una rasoiata sul cuore di Shaz.

La osserva col viso impassibile. Ingoia il tramezzino e la guarda con aria sarcastica. Shaz entra nella cucina e si dirige verso il frigo, scoprendo con disappunto che l’acqua frizzante è finita.

Apre il rubinetto e riempie un bicchiere d’acqua, rabbrividendo sotto i colpi di quelle lame che si conficcano nella schiena.  

Che ci fai qui?”

La sua voce fredda e dura la trapassa da parte a parte. Le gambe le tremano e si appoggia al lavello dandogli le spalle. “Ci lavoro”

 

Ode il fruscio della rivista che viene gettata su tavolo: un lungo rumore cartaceo che rompe il silenzio.

“Stronzate”

Shaz non gli risponde. Si limita a posare il bicchiere sul ripiano e a passargli accanto con aria distratta.

Un’altra rasoiata.

Si dirige in salotto, riprende le sue cose e si avvia verso la camera da letto perennemente in disordine. 

Appena entra, sente qualcuno che la spinge dentro e la porta che viene sbattuta alle sue spalle.

Non fa una piega.

Si volta a guardare Votan che la fissa incredulo. “Come sarebbe a dire che lavori qui?!”

Shaz annuisce tranquillamente. Infila le mani nelle tasche posteriore dei jeans e borbotta a bassa voce che è il suo secondo lavoro.

Il sorriso che si allarga sul volto di Votan la lascia perplessa “me la voglio proprio vedere tutta, questa! Quant’è incazzata la scimmia urlatrice per la tua presenza?”

Shaz fissa il ripiano delle creme e si muove verso di esso, per chiudere un paio di boccette che ha avvitato male prima di uscire. “Maret se n’è andata”

Quella frase lo fa smettere di gracchiare come un folle.

“Ha perso il bambino e se n’è andata. Ha lasciato Jesus. Evita d’uscirtene di fronte a lui con una battuta del genere” lo avverte con voce atona.

“Oh...merda”

Adesso non parla più. La guarda seriamente preoccupato. “Ehi ragazzina..” Mormora avvicinandosi a Shaz che sta mettendo a posto una maglietta lasciata sul letto.

“TU come stai?”    

“Bene. Alex è uscito dal coma e mi ha mollato perché non riusciva più a sopportare la mia presenza” risponde asciutta aprendo l’armadio e afferrando una stampella.”Mi passi quella camicetta?”

La sua voce incolore lo lascia allibito.

Guarda la camicetta sul letto e poi guarda lei. La prende con due dita e gliela allunga lentamente. Shaz la afferra e nel momento in cui le loro dita si sfiorano, la mano le trema e la lascia cadere a terra. Si china a raccoglierla e gli volta nuovamente le spalle.

Sente delle continue rasoiate che la colpiscono e le strappano via brandelli di pelle dalla schiena.

Quando lo sente avvicinarsi, si volta e lo sorpassa agilmente.

Per un momento ha respirato troppo forte e l’odore del suo dopobarba le ha riempito le narici solleticandole quella ‘cosa’ che tiene fermamente sepolta dentro di se.

“Ti fermi un attimo?”

“Ti dispiace andartene? Stasera ho ammazzato due cristiani e avrei bisogno di riposare” gli dice con voce stentata aprendogli la porta e continuando a mettere a posto i campioncini di profumo che deve decidersi a buttare prima o poi, tanto non li metto, che li tengo a fare?     

Votan si dirige piano verso la porta, stentando a riconoscere in lei la pazza frignona di alcuni mesi prima.

Se ti serve qualcosa...chiamami” mormora con tono grave. Shaz percepisce una nota stonata. È troppo preoccupato. E da quando in qua? Sono stata mesi senza di te, me la so cavare benissimo da sola.

“Certo, come no” mormora con voce incolore…un chiaro messaggio di stare fuori dalle palle.

 

 

 

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Terzo e ultimo atto, neanche nel Padrino scassavano così! Una fict molto più romantica e introspettiva delle precedenti, una storia che tutti possono leggere anche senza avere letto le prime. Sia chiaro: il rating è PG13, ma tanto lo so che mi toccherà cambiarlo!Come tema portante, abbiamo gli aforismi di Jim Morrison:ho trovato una discreta raccolta, reperibile su Internet che mi ha ispirato tantissimo, idem per Il diario di Claudine di Isabella Santacroce, la mia dea! 

ps: 'Votan Unsaid' è lo spoiler di questa fict, sarebbe carino leggerle prima, così vi fate un’idea di cosa stesse facendo Votan mentre tutti piangevano e si disperavano(se la divertiva, mica è scemo!).  

  
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