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Autore: HatoKosui    18/09/2018    2 recensioni
Nishiyoshi Mayori è una studentessa dello Yosen. Dalla fervida immaginazione e dal carattere diretto e diffidente, se ne sta sempre sulle sue, fa poca attenzione al mondo che la circonda ed ancora di meno ai ragazzi che le parlano. A malapena ricorda i loro nomi.
O almeno questo accadeva prima di conoscere Kise Ryouta. Travolta dal modello durante un viaggio in bus si ritrova a dover resistere ai suoi corteggiamenti... e come se non bastasse, sembra che la coach del club di basket della sua scuola la voglia in squadra ad ogni costo come manager.
Mayori è una ragazza semplice.
O almeno credeva di esserlo prima di innamorarsi di... di chi, esattamente?
Genere: Erotico, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Murasakibara, Nuovo personaggio, Ryouta Kise, Tatsuya Himuro
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 20 – Simili

 

 

 

Le mie gambe si muovono quasi come se non fossero più sotto il mio controllo.

Io non corro, non mi va e non mi piace. Eppure facevo Basket ed ero anche una delle più veloci. Ora mi sembra di essere impantanata in una melma che mi tiene incollata al terreno. Ogni mio passo mi fa formicolare le cosce. Mi allontano forse di qualche centinaio di metri dal locale, non lo trovo da nessuna parte. Corro ancora, mi faccio i vicoli, i negozi, la strada ed i locali, ma niente.

Mettiti l’anima in pace, se ne è andato”

Mi dico, fermandomi piano, mentre il marciapiede si riempie di suoni che prima non sentivo. Ho il cuore in gola, sento il sudore cadermi dietro la schiena ed i miei capelli fanno schifo – ma questo succede sempre, non è una novità.

Mi siedo su di una panchina, quella che mi sta vicino, tanto per non morire di crepacuore. Anche se il mio cuore non sta molto bene e penso che la cosa non sia dovuta alla corsa.

Come ho fatto a ridurmi così?

Il primo amore...”

Mi viene in mente e questa volta il mio cervello segue quello che voglio pensare, invece di venirmi contro. Abbasso lo sguardo e le pietre di Riolite sono lì, sulla mia caviglia. Mi si riempiono gli occhi di lacrime, mi sento una vera cretina. Una cretina che non piange mai e che adesso sta facendo tutte queste storie perché… si è fatta abbandonare dall’amore della sua vita.

Non ho neanche pianto per Aika, ora sto così male per un ragazzo, è incredibile.

Porto i piedi sulla panchina e mi chiudo a guscio. Resto un po' così perché con quell’anfratto senza senso che ho in testa non mi riconoscerà nessuno.

-Mayochin…?

E invece mi sbaglio.

La voce di Murasakibara è vicina, ma ragiono sul fatto che fino a poco tempo fa non l’avrei riconosciuta ed ora invece sembra essere cambiato tutto.

-Ciao…

Sussurro e lui piega subito la testa curioso, quando mi sistemo i capelli e cerco di non sembrare tanto disperata.

-Che stai facendo qui?

Io scollo le spalle e guardo altrove.

-Niente. Tu piuttosto?

Lui si guarda dietro e poi rimane con gli occhi volti altrove, così io mi giro per fissarlo.

-Accompagnavo Muro-chin ma ora mi sono perso.

Non ce la faccio molto a sorridere, né a dire altro perciò mi limito ad annuire, ma d’un tratto il Gigante mi guarda.

-Hai uno sguardo orribile, sembri un'anguilla.

Sento la lama trapassarmi le spalle.

-Grazie… - Sospiro e ancora guardo la Riolite. -Piangere mi distrugge.

Lui si avvicina e si siede accanto a me, piuttosto vicino. Io lo guardo curiosa.

-E allora non farlo.

Dice piano, mentre con le braccia sistema quel pacco enorme di dolci di tutti i colori e gusti.

-Ci provo, ma ogni volta che si parla di Kise va a finire così – sento di nuovo gli occhi bruciare, e qualche lacrima scende pianissimo -Vedi? Mi sembra d’impazzire!

Mi pulisco le guance con forza e un pizzico di rabbia, ma il fatto è che nonostante la presenza del Gigante mi aiuti a rimanere lucida, non riesco a vedere un modo per riportare Kise a me.

E la cosa mi fa male.

-Aaaah, che brutta situazione… - Borbotta lui, ed io annuisco, ma d’un tratto lo vedo avvicinarsi e i nostri corpi si toccano per qualche istante. Io lo guardo quasi come se avesse tentato di uccidermi, ma lui è girato e mi porge piano un dolce colorato di rosso.

-Te l’avevo detto che Kisechin ha un sacco di pretendenti…

Il suo tono non mi innervosisce, perché per la prima volta noto in lui quello di cui parlava Hashi. Una gentilezza particolare, che va accettata per com’è, rozza e infantile, ma dolcissima.

Sorrido, dal cuore, prendo il dolce e lo stringo tra le mani.

-E’ cioccolato…

Lui emette un suono gutturale.

-Ne ho preso solo uno, a me non piacciono molto, preferis -

-Grazie.

Lui mi guarda, ma io non ho la forza di guardarlo, solo crollo sulla sua spalla, lasciandomi andare.

-Kise se ne è andato. Cosa dovrei fare ora?

Lui si irrigidisce quando nota che non ho la minima intenzione di muovermi. Tanto grosso, ma tanto scemo.

-Non lo so… - Si lagna, poi addenta una sua barretta. - Se Kisechin ti piace sai anche cosa dirgli.

Io strabuzzo gli occhi e per un attimo trattengo il fiato. Io non so cosa dirgli… o forse si? Io saprei come prenderlo? Dovrei davvero fare una cosa del genere? Ma… come?

-Cosa intendi, Atsushi?

Lui mi rivolge i suoi occhi e quasi mi sembra di intravedere una luce scura. Sono forse impazzita del tutto?

-Kisechin è legato alle ragazze, alle medie aveva molto… da fare.

Io mi tiro su ed ora lo guardo.

-Quindi mi stai dicendo che dovrei andarci a letto?

Lui aggrotta le sopracciglia e sembra lagnarsi ancora, ma il suo viso è leggermente rosso.

-Non ti sto dicendo nulla, io! - Mi scaccia con una mano. -Fai quello che vuoi ma Kisechin non da confidenza a tutte, perciò ci sarà qualcosa che lo ha attirato…

-Io questo non lo so…

Lui si gira ancora ed io non lo guardo più. Poi lo sento abbassare la voce di molto.

-Certo, se poi tu sei peggio di lui…

-Guarda che ti ho sentito.

-Non ho detto nulla di male…

Aggrotto le sopracciglia. -Hai ragione. - Lui mi guarda stranito e forse anche un po' schifato, ma a chi importa?

-IO sono peggio di lui… devo provare a dirgli tutto, è l’ultima cosa...

Il Gigante mi guarda sconcertato.

-Eeeeh? Io non ho detto ques-

D’un tratto, mentre il mio cuore riprende a battere come deve, vedo in lontananza la figura di Himuro avanzare verso di noi, con lo sguardo preoccupato di una mamma che si è persa il figlio.

-Himuro!

Sono quasi certa di aver gridato, ma non me ne curo. Il ragazzo quando si avvicina guarda Murasakibara che mi fissava incredulo e apre la bocca per dire qualcosa ma io mi avvicino talmente tanto in fretta che lo costringo a fare un passo indietro.

-HIMURO

-M… Mayori?

-Puoi darmi il tuo cellulare?

Lui sbatte le palpebre più volte, del tutto confuso, ma poi il Gigante lo guarda male e lui tira fuori il telefono piano e sta ancora per dire qualcosa, ma io glielo rubo dalle mani, e mi giro di spalle.

-Sono quasi sicura che se lo chiamassi con il mio telefono non mi risponderebbe. Ora vediamo… -

Faccio il numero a memoria mentre Himuro e Murasakibara si guardano in silenzio.

Dopo due squilli risponde.

-Pronto?

Per un secondo mi blocco, non so bene cosa dire, perché anche se ero sicura che avrebbe risposto non sono altrettanto pronta a fare il primo passo. Perciò rimango poco tempo con la bocca chiusa, serrata, a fissare un punto, respirando a fatica.

-Pronto?

Dice ancora lui, la sua voce è fredda e atona e sono sicura che non mi abbia riconosciuta. Dopo qualche istante sento i polmoni contrarsi e prendo un bel respiro profondo, mettendomi ben dritta con la schiena.

-Sono Mayori, non provare a riattaccare il telefono.

-Mayori! - Sembra essere del tutto sorpreso, ma ignoro la cosa e chiudo gli occhi per qualche secondo. -Ma da quale telefono mi stai chiama…

-Non importa, Kise – Cerco di trattenere le lacrime -Volevo solo dirti che mi dispiace, per come sia finita, perché mi pare ovvio che lo sia, a questo punto.

Sento il silenzio dall’altra parte della cornetta. Mi sento morire, ma continuo.

-Non… Non sono mai stata una tipa da relazione seria.

-Mayori puoi lasciarmi parla -

-Io volevo solo che sapessi, quanto mi sarebbe piaciuto condividere un po' di più la mia vita con te… un po', giusto quanto basta per sentirmi di nuovo come la prima volta che ti ho visto.

La mia voce muore nella gola, perché il groppo che ho è troppo grande e allora mi fermo un attimo, cercando di non far venire fuori quello che invece premeva per uscire.

-Mayori… - Kise ha una voce flebile, quasi non la sento. Sorrido amaramente.

-Non è che io ti odi, se non l’avessi capito… -Guardo Murasakibara, che è accanto a me e ricambia i miei occhi stanchi. -Mi sono accorta di avere un carattere che mente, nasconde le cose, s’impaurisce così tanto da rimanere fermo immobile davanti a tutto perché se non fosse così… mi toccherebbe venire fuori e sono sicura che non piacerei a nessuno, strano vero? Anche ora non capisco come tu abbia fatto a sopportarmi…

Sorrido quando vedo Himuro e Murasakibara strabuzzare gli occhi perché ormai quelle che mi scendono sulle guance non sono lacrime ma veri e propri torrenti in piena.

Ma ancora posso farcela a parlare.

-Non mi importa se sei un modello, un attore, un donnaiolo o che altro… Avrei dovuto dirlo subito, ma quando Hibiki è stata male… non ce l’ho fatta. Kise, sei stato… sei stato davvero un buon amico.

Lo sento sobbalzare al di là della cornetta perché il suo respiro di mozza e quasi sembra strozzarsi. Io mi sento davvero una scema, ma non posso continuare a parlare perché il petto mi duole così tanto che sono costretta ad accasciarmi e lascio andare il telefono, interrompendo la chiamata.

Tutto, ancora una volta, si ferma, le lacrime scendono e per non so quale ragione, quando Himuro si avvicina per consolarmi e tocca la mia spalla, tutto viene fuori e l’unica cosa che mi sento di are è liberarmi in un pianto singhiozzante, soffocante, perché nonostante io abbia le attenzioni di Murasakibara e l’affetto di Himuro, loro non sono quello che mi rende felice.

E allora piango, sperando che prima o poi quel dolore che ho nel petto mi abbandoni.

 

°°°

 

Himuro e Murasakibara mi riaccompagnano a casa, ma non entrano. Li lascio fuori dal vialetto e li saluto con la mano, anche se ho gli occhi talmente tanto gonfi da impedirmi di vedere dove emtto i piedi e infatti prendo subito lo scalino con il mignolo.

-Porca….

Mi massaggio e zoppicando mi tolgo le scarpe. In casa non c’è ancora nessuno, nonostante siano le sette. Dove sono andati tutti? Probabilmente a qualche incontro, cena o riunione, ma sono troppo stanca per farmi problemi a riguardo e senza neanche cambiarmi mi sdraio sul letto, chiudendo gli occhi e cadendo in un sonno profondo in men che non si dica.

Dopo circa tre ore buone un rumore mi riporta alla realtà, ma non troppo da farmi aprire gli occhi.

“Saranno tornati” Penso “Non serve che mi alzi”

E mi rigiro subito dall’altra parte, stringendo il mio cuscino.

“Voglio dormire”

Penso, quando il rumore è più forte, molto più forte. Sembra anche vicino e in pochi attimi si trasforma in qualcosa di troppo. Apro di scatto gli occhi e mi tiro subito a sedere, ma proprio quando prendo coscienza della stanza intorno a me allora vedo la tendina della finestra accanto al letto ondeggiare mossa dal vento. Mi paralizzo, perché io non apro mai la finestra e sono quasi sicura di non averlo fatto neanche questa volta. Oltre il tessuto bianco vedo una figura che si materializza quasi come un’ombra, poggiando un piede sul mio davanzale.

Trattengo il respiro, ma so chi è. E quasi quasi sarebbe stato meglio un ladro.

-Kise.

Sussurro quando una folata di vento me lo presenta in tutta la sa bellezza. Ha ancora quella divisa celeste, poggia le scarpe da ginnastica sul davanzale ed ha i capelli completamente scarmigliati, il viso contristo e il sudore che gli cola vicino alle tempie. Aggrotto le sopracciglia, ma lui con un balzo entra in camera e sembra cercare di stabilizzare il respiro affannoso.

-Ma… ma che cosa è successo? Non potevi entrare dalla port-

Lui mi inchioda al letto con un’occhiataccia, facendomi raggelare.

-E’ mezzanotte, i tuoi mi avrebbero ucciso.

Io deglutisco solo ora, perché mi rendo conto di quanto sia arrabbiato; i suoi occhi sono così affilati che sembrano quasi tagliare l’aria. Mi faccio indietro e poggio al muro la schiena, avvertendo un certo pericolo perché lui non accenna a muoversi.

-C… che cosa vuoi?

Dico, flebilmente, stringendomi le spalle con le mie stesse mani. Lui si toglie il giacchetto e rimane con la maglia scura che s’intona con la penombra della stanza. Da qui i suoi occhi sembrano brillare al buio ed io ritiro subito le gambe al petto, chiudendole.

-Mayoricchi… -Dice piano, la sua voce è del tutto diversa, sembra quasi melliflua ed il mio nome sembra un pretesto per avvicinarsi.

-Ho passato tutta la serata a cercarti. Non mi rispondi ai messaggi

Lancia il suo giacchetto altrove.

– Non mi hai richiamato

Poggia il ginocchio sul mio letto, avvicinandosi a me e poggiando la mano vicino al mio fianco -Non mi hai neanche lasciato parlare.

I nostri volti sono decisamente troppo vicini, sento il suo respiro sul naso, perché non ho il coraggio di muovere un muscolo. Mi limito a chiudermi a riccio, lasciando solo la faccia fuori, perché i suoi occhi mi incatenano al letto.

-Non è stato carino – Dice e quella nota di rabbia mi arriva chiara. - Io merito la tua attenzione, perché non ho fatto nulla di male. Volevi lasciarmi, senza un motivo e ci sei riuscita, ma voglio che tu mi dica quelle cose in faccia, ora. Me lo devi, Mayoricchi.

Io mi sento morire. Apro la bocca per dire qualcosa ma subito la richiudo perché non capisco di che cosa stia parlando.

-Tu mi hai abbando -

-No, non sono io quello di cui dobbiamo parlare… sei tu.

Mi sento gelare e sono sicura di sudare freddo. Il suo volto si avvicina ancora, ma questa volta i suoi occhi volteggiano sulle mie labbra, tanto che mi sento arrossire quando si incastrano nei miei perché non so cosa diavolo stia succedendo.

-K...Kise… - Dico, ma la mia voce fa schifo e allora mi fermo.

-Kise – Dice lui -E’ qui davanti a te, e vuole sapere se davvero, davvero è un amico.

Io mi sento in dovere di urlare. -COSA?

Lui non si scompone per niente, anzi, porta anche l’altra mano accanto al mio fianco e mi blocca tra le sue braccia.

-Io non voglio essere tuo amico. - Dice, piano e la sua voce trema per qualcosa che non capisco -Non voglio che tu mi veda così, hai capito?

Non riesco neanche ad elaborare quello che mi ha detto che mi ritrovo le sue labbra stampate sulle mie. Avverto quanto sono calde e morbide, umide e accoglienti, ma per la prima volta dopo tanti mesi, Kise mi sembra davvero combaciare perfettamente con me. Approfondisce subito il bacio, nonostante io sia rimasta con il fiato corto dall’inizio e per la forza con cui lo fa sono costretta ad aggrapparmi alla sua maglietta, mentre entrambi ci guardiamo negli occhi socchiusi. I suoi brillano, i miei sono umidi. Mi lascia cadere sul letto, senza aumentare la distanza tra i nostri corpi e quasi con urgenza inizia a dettare il ritmo del bacio, mentre sento la sua mano prendermi la schiena e stringermi a lui con forza, facendo combaciare i nostri petti. Mi sento quasi soffocare e quando mi alza una gamba per accomodarsi meglio mi sento avvampare.

Cerco di staccarmi da quel bacio e fortunatamente ci riesco.

Sento il respiro affannoso, le labbra completamente umide e fredde al contatto con l’aria gelida, ma il mio corpo è ancora al caldo, attaccato al suo.

-K...K...KISE -Dico, completamente indignata -Ma che cosa ti salta in mente…

Lui si avvicina ancora al mio viso ed io lo guardo negli occhi magnetici.

-Non ti lascerò andare neanche se mi rifiuterai, Mayori.

-Io non capisco – Dico nel panico -Tu te ne sei andato… io ero convinta che ti fossi arrabbiato e…

Sento ancora gli occhi bruciare. Cosa diavolo sta succedendo?

Lui sembra sorpreso.

-Arrabbiato?

Ripete, piano ed io annuisco, coprendomi il volto con le mani anche se siamo vicini.

-Eri… eri così annoiato quando siamo usciti che non ce l’ho fatta a dichiararmi, pensavo che ti fossi stancato di me, io ho… ho un brutto carattere!

Lui rimane con gli occhi sbarrati per qualche secondo, poi inizia, piano piano, a disegnarsi un sorriso cretino sul suo volto. Io tolgo le mani e aggrotto le sopracciglia.

-Ma… Mayori, tu mi hai invitato al bar per lasciarmi…

Mi viene quasi da dargli uno schiaffo.

-Ma come ti salta in mente!

Lui si allontana di molto, come se si fosse scottato.

-Mi hai chiamato con il telefono di un altro ragazzo! Sei tu che te ne sei andata dal locale!

Io mi poggio al letto con i gomiti.

-COSA?! L’ho incontrato mentre cercavo di ritrovare te, brutto stupido!

Il silenzio cala come un mattone e Kise sembra sciogliere la sua postura rigida e quasi si incurva, mentre fa cadere gli occhi a terra.

Io mi avvicino con il busto, visto che è ancora sopra di me.

-Non posso crederci…

Dico, piano. Lui si copre il viso con i capelli e poi con una mano.

-Io non volevo lasciarti… -Dico, piano -Non so come tu abbia potuto pensarlo…

Lui è completamente nascosto.

-Mayori… avevi detto che dovevamo parlare e quando una ragazza dice così…

D’un tratto un pensiero perverso mi attraversa la mente e mentre lo guardo nascondere gli occhi, allora inizio a capire.

-Kise, stavi tentando di lasciarmi per primo pur di non essere lasciato?

Lui sussulta ma non si muove e non parla.

Io rimango a bocca aperta per un bel po' di tempo, ma il mio cuore è molto molto più leggero. Non so cosa stia succedendo, ma sul io volto comapre un sorriso.

-Io ho… perso la lucidità, per un momento…

Dice, pianissimo. Io lo ascolto tranquilla.

-Ogni volta che penso di averti per me, tu mi respingi e allora ho pensato che -

Si blocca tutto d’un tratto ed io mi sento davvero in colpa, per avergli fatto patire tutto questo. Io non me ne ero davvero accorta.

-Scusa

Mi dice. Quella parola mi rimbomba nella testa, mi pare un vero e proprio mantra. Porto una mano sulla sua nuca, sento i capelli morbidi tra le dita e arrossisco.

-Visto che non siamo fidanzati, ho pensato che volessi solo approfittarti di me.

Lui tira su il viso e mi guarda, ora i suoi occhi sono un poco lucidi – quasi stento a crederlo – e le gote sono rosse.

-Ora so che non è così….

Mi guarda con affetto, non sembra più famelico o arrabbiato, credo che abbia il mio stesso sguardo. Sorrido.

-I tuoi genitori mi uccideranno.

Dice, sorridendo anche lui. Io guardo di scatto la porta, che era chiusa. Qualcuno doveva essere tornato per forza, ma non sembravano essersi accorti di nulla. Sospiro.

-Dopo l’ultima volta mio fratello mi ha perseguitato…

Lui mi avvicina al suo corpo di scatto, abbracciandomi in quel modo che mi piace tanto, con la mano impressa quasi a fuoco sulla mia schiena.

Io rimango ferma e lui nasconde il viso nell’incavo del mio collo, facendomi il solletico con il naso sulla pelle.

-K...kise, sono messa male, ok? Non ti conviene stare così attaccato…

-Ho corso per non so quanto tempo, sono sudato e non credo che qualcuno a casa mia mi abbia mai visto in questo stato.

Io sorrido senza pensarci.

-Ma dai, non hai nulla che non va.

-Neanche tu, Mayori.

Il mio nome pronunciato con quella voce bassa mi fa vibrare la schiena a lui se ne accorge, perché con la mano inizia ad accarezzarla, piano piano. Io rabbrividisco ancora di più e mi aggrappo alla sua maglia, ma sento i muscoli tirati, sotto sforzo e la cosa peggiora la situazione perché avvampo. Lui soffia sul collo con delicatezza, poi inizia a lasciare dei piccoli baci, sulla clavicola, sui tendini, sul lobo dell’orecchio e sugli zigomi, per poi ricominciare scendendo.

Mi sento andare a fuoco, ma per la prima volta sono estremamente sicura di quello che voglio.

Quando lo sento scendere sulle clavicole, con il respiro caldo a farmi venire la pelle d’oca, mi azzardo a prendergli la nuca, accarezzando i capelli biondi pianissimo. Lui si ferma per qualche secondo, poi alza lo sguardo su di me cercando conferma.

-Smettila di guardarmi…

Sussurro. Lui rimane per un secondo sorpreso, poi mi sorride, contento.

-Non posso Mayori, non ci sono mai riuscito

Io mi giro altrove, completamente rossa, ma lui mi coglie alla sprovvista e prendendomi con entrambe le mani mi alza leggermente, facendo combaciare i nostri corpi e mettendomi a cavalcioni su di lui. I nostri bacini si toccano quasi con fare rude, vista la velocità del movimento e mi lascio sfuggire un sospiro di piacere quando, per non lasciarmi cadere, le sue mani mi afferrano il sedere.

Arrossisco coprendomi subito la bocca.

-Mayori… - Mi chiama e incontro il suo sguardo. -Possiamo? Ora possiamo?

Il mio cuore perde un battito e lo riacquista subito dopo, quando parte all’impazzata pompando anche troppo sangue.

Faccio cadere la mia fronte sulla sua.

-Cerca di fare piano, stupido.

 

  
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