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Autore: _Pulse_    11/07/2009    5 recensioni
Quella voce, quel viso, quelle labbra, quegli occhi… ma soprattutto quel sorriso le scatenarono in testa una confusione tale da chiudere gli occhi. Venne travolta da miriadi di immagini: risate, sorrisi, scherzi, litigate, pianti, la luna, parole, un’onda, il mare, il sole che calava al tramonto, ma erano tutte così mescolate e, come dire, sfuocate che non ci capì niente. In più, era da tantissimo tempo che non la chiamavano più Jinny. C’era qualcosa che non quadrava, assolutamente.
«Jennifer, stai bene?», le chiese preoccupata la madre, raggiungendola e mettendole una mano sulla fronte.
«Sì, mamma, sto bene, è stato solo un… giramento.»
Fissò i ragazzi di fronte a sé e sentì la testa pulsare. Sapeva chi erano, era fin troppo semplice capire che quei quattro erano i Tokio Hotel, uno dei gruppi più famosi in Germania, ma c’era qualcos’altro di cui sentiva l’importanza, ma che non riusciva a ricordare.
Li aveva visti altre volte, in televisione, sui giornali, e non le aveva mai fatto nessun effetto. Perché dal vivo sì? Perché sentiva dei ricordi premere così tanto nella sua testa, senza sapere quali ricordi?
(Sequel di "Surf che Passione"!!!)
Genere: Romantico, Triste, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo:
Another Neverending Story

 

Jinny sfiorò con le dita la stoffa blu del bracciolo della propria poltroncina. Guardò l’enorme vetrata di fronte a sé, sulla quale atterravano e partivano gli aerei, poi sollevò lo sguardo sul tabellone degli orari e notò che il volo dall’America era in ritardo di quindici minuti, ancora.

«Jinny, stai calma, per favore. Non essere così impaziente», le disse Ary annoiata. Non ricordava nemmeno più quante volte le aveva detto quella frase, talmente erano state tante.

«E pure tu, che credi?», sollevò lo sguardo su Camilla, che camminava avanti e indietro di fronte a loro, con un bicchierone di caffè in mano.

«Ragazze, non ce la faccio più», sussurrò Jinny tenendosi la testa fra le mani.

«Forza e coraggio, manca poco!»

«E se gli fosse successo qualcosa?», chiese Camilla bloccandosi improvvisamente e facendosi cadere del caffè sulla mano. «Cazzo!»

«Tieni, va’», Ary le lanciò un pacchetto di fazzoletti che aveva recuperato dalla borsa e poi fissò le due ragazze nervose.

«Dio, è solo in ritardo il volo! Quando vi ci mettete siete pessimiste peggio della mia Socia!»

«La tua Socia?», chiesero Jinny e Camilla sorridendo.

«Sì, perché quelle facce?»

«Scusa la domanda, ma chi sarebbe la tua… Socia

«È una mia amica, si chiama Virginia! È un po’ pessimista a volte, ma le voglio bene così com’è. Adora la vostra storia!», unì le mani sul petto e guardò Jinny con gli occhioni da cucciola.

«Uhm?», chiese sorridendo.

«Già. Però mi dice che sono affamata di recensioni e che sono solo il mio principale scopo…», disse con il labbrino.

Jinny e Camilla si scambiarono un’occhiata e un sorriso, sollevando il sopracciglio.

«Non vi guardate così, so a cosa state pensando! Non è vero! E poi, carissima Jinny, sei tu che mi hai detto di scriverla!»

«Giusto, hai ragione», annuì con la testa, tanto per farla contenta.

«E che cosa dice?», chiese Camilla.

«Uhm… Di Jinny dice che le piacciono i discorsi filosofici o strani che fa su Tom, soprattutto quando è triste. E poi dice che siete una bella coppia!»

«Oh, beh, ringraziala da parte mia», rispose sorridente.

«E, inoltre, dice che scrivo bene», le fece una linguaccia e risero assieme, dimenticandosi per un attimo di un volo che doveva arrivare dall’America…

«E queste tre belle ragazze che ci fanno qui?»

Camilla si girò all’improvviso con il fiato mozzato e gridò di gioia quando vide Bill di fronte a sé. Gli saltò in braccio e lo baciò, senza aggiungere altro.

Jinny scattò in piedi e lo cercò con lo sguardo all’interno della grandissima sala dell’aeroporto, sentendosi in ansia perché non lo vedeva arrivare da nessuna parte.

Venne afferrata per le braccia, da dietro, e finì con la schiena sulla poltrona, il viso all’incontrario, ma vide bene il suo di viso, altrettanto all’incontrario, i suoi occhi che la guardavano divertiti, il suo sorriso splendente sulle labbra.

«Tom!»

«Piccola!»

Erano precisamente un mese e tre settimane che non si vedevano e fu normale dunque che non appena ebbero varcato la soglia della suite di Tom fossero già intenti a spogliarsi e a baciarsi e a mordersi dappertutto, ridendo fra un «Ti amo» e «Un mi sei mancata» e l’altro.

Jinny indossava una canottiera a righe grigie e viola orizzontali, con la parte del petto stretta e la parte del ventre larga, che le cadeva leggera sulla gonna in jeans che portava.

Tom si sbarazzò in fretta dei suoi indumenti, lasciandola in un completo di velluto rosa con i bordi in pizzo neri.

Jinny ridacchiò vedendo il suo sguardo quasi incantato, come sempre, e gli sollevò il mento per baciarlo sulle labbra, prima di trascinarlo sopra di lei, fra le lenzuola.

E pensare che qualche mese prima era stata lei quella che doveva andare in aeroporto… e di certo non per aspettare qualcuno: se doveva andare, lasciando l’amore della sua vita…

 

***

 

Dopo la nottata passata in spiaggia a fare l’amore, Tom e Jinny tornarono alla villa, notando fra l’altro che era ridotta ad uno schifo dopo la festa che doveva essere durata parecchio anche dopo la loro sparizione misteriosa. Silenziosamente salirono le scale, per non svegliare gli altri, e si fecero la doccia assieme, unendo l’utile al dilettevole, per poi infilarsi di nuovo fra le lenzuola del grande letto di Jinny, in solaio, visto che era prestissimo.

Jinny si alzò sul gomito tenendosi il lenzuolo candido sul seno e lo guardò per una decina di secondi, poi la tentazione era stata troppo forte e gli aveva accarezzato con le labbra la guancia, il mento, fino ad arrivare alla gola e al suo pomo d’Adamo.

Stare con lui era una cosa magnifica, e quella sera aveva pure ricordato cosa voleva dire sentirsi legata a lui anche fisicamente: fare l’amore con lui era semplicemente bello.

«Jinny, ti prego non andartene», sussurrò Tom ad occhi chiusi, celando le lacrime.

Lei si scostò e si mise seduta, fissando le sue valigie sparse per la stanza. Si ravvivò le treccine sulla nuca e sospirò con quella tristezza nel cuore che le fece male, come sempre quando c’era qualcosa che non andava con lui.

«Lo sai che non posso fare altrimenti», sussurrò. «I miei genitori sono felici adesso…»

«E non per questo devi essere infelice tu!»

La raggiunse seduto sul letto, i rasta sciolti sulle spalle e sulla schiena. Le accarezzò la spina dorsale con la punta delle dita, e poi l’accolse in un abbraccio che le fece male, anziché bene come al solito.

Dopo un po’, rannicchiata contro al suo petto, si accorse che, chissà come, Tom era riuscito ad addormentarsi. Il suo respiro era pesante e regolare, come i sospiri del mare fuori dalle finestre. Lo fissò per interminabili secondi, lasciando scivolare qualche lacrima sul viso. Poche ma taglienti.

Non aveva voglia di vestirsi, così tirò fuori dalla prima valigia che le era capitata sotto al naso un paio di jeans e una maglietta bianca con una strana sfumatura rosa.

Si trovò a sorridere fra le lacrime, mentre se la infilava: quella maglietta era ridotta così perché Tom l’aveva fatta andare con una sua maglietta rossa che l’aveva macchiata irreparabilmente.

Scese di sotto come una morta, piano e traballando di qua e di là, e quando sentì delle voci in cucina si passò le mani sul viso e si preparò psicologicamente a quel suicidio.

Entrò in cucina e vide Bill, Georg, Gustav, Ary e Camilla seduti intorno al tavolo, ognuno con in mano una tazza di caffè.

«Ciao Jinny», sussurrò Camilla girando il cucchiaino lentamente, abbandonandosi ad un sospiro triste.

«Ciao», mugugnò Jinny, tirando su col naso.

Sinceramente non le fotteva un cazzo se la vedevano piangere, perché non era una macchina, aveva anche lei dei sentimenti ed era troppo distrutta per nascondersi e tenersi tutto dentro.

«Dove sei sparita ieri sera?», chiese Bill in tono mogio.

Bene, un clima depressivo era proprio quello che le ci voleva!

«Sono andata a fare surf con Tom», sussurrò versandosi il caffè nella sua tazza. «E poi se ti interessa abbiamo anche fatto l’amore per tutta la notte sulla spiaggia e ci siamo detti quanto ci amiamo. Ora partirò e… e non ci rivedremo mai più, a meno che non faccia un altro incidente e perda di nuovo la memoria.»

Era ormai in lacrime. Lasciò la tazza nel lavandino, ancora piena, tanto non avrebbe avuto la forza di far entrare niente nello stomaco che le si era chiuso: sentiva come un tappo di sughero in mezzo al petto, che le attutiva tutti i colpi, che poi riceveva in ritardo con una spinta ancora maggiore. 

Sentirono un tonfo di sopra e Jinny sobbalzò pensando a Tom. Poi sentirono anche una corsa sulle scale e videro Tom fiondarsi in cucina con le lacrime che gli rigavano le guance.

«Jinny, non farlo mai più!», gridò stringendola fra le braccia.

«Che cosa?», chiese lei.

«Mi sono trovato da solo, credevo fossi andata via!»

«Certo, e guarda caso sei inciampato in una mia valigia?»

Tom e Jinny si guardarono negli occhi e un piccolo sorriso apparve sulle loro labbra. Lui le asciugò le guance e la strinse ancora al suo petto.

«Dovresti vederti Tom, fai pena», disse Jinny.

«Vaffanculo Jinny.»

«Anche tu.»

«Tu non te ne vai da nessuna parte», affermò deciso.

«Tom, sarebbe comunque così! Saremmo costretti comunque a stare lontani per mesi a causa dei tuoi continui spostamenti!»

«No, non sarebbe la stessa cosa! Tu non te ne andrai in America.»

«Non mi vorrai mica legare e chiudere in cantina, vero?»

«Sì, se necessario.»

«Ma quanto cavolo sei stupido?»

«Non sono stupido, sono innamorato!»

Jinny arrossì, ma non staccò gli occhi da quelli di Tom. Lui la strinse soffocandole per un attimo il respiro e glielo tolse definitivamente con un bacio appassionato.

«Così è più difficile», disse Jinny cercando di spostarsi.

«Jinny!», la guardò in viso e si allontanò di qualche passo. «Ma tu vuoi partire sul serio?! È quello che davvero vuoi?!»

«No», mormorò tremando.

«E allora non andare, ti supplico. Tu non sai come sono stati i mesi senza te… loro possono confermare che non ero più io. Senza te… senza te, io… non sono niente, non sono me stesso.»

Jinny sgranò gli occhi e si morse con forza il labbro, portandosi una mano sulla fronte.

«Che… che c’è, Jinny?», chiese Gustav un po’ preoccupato.

«Ascoltavo… ascoltavo Ich bin nich’ ich», sussurrò ancora persa in quel ricordo, gli occhi vuoti.

«Quando?»

«Quando ho fatto l’incidente.»

«Oh, che bello!», disse sarcastico Tom, appoggiandosi con la schiena e la testa alla parete, chiudendo gli occhi per non scoppiare a piangere ancora.

«Tom, io sono tua.»

Lui sorrise appena e aprì un occhio per vederla, così tenera ed innocente, il solito micino di sempre, la sua Jinny.

Anche io sono tuo, quando lo capirai?

«Lo so», annuì. «Mi mancherai.»

«Anche tu, stupido bambino viziato di cui mi sono innamorata.»

«Sai, forse non ti amo più», disse offeso, incrociando le braccia, un sorriso nascosto fra le labbra.

«Sì che mi ami, io sono la tua piccola!»

«Mmh, hai proprio ragione. Vieni qui.»

Jinny corse fra le sue braccia e nascose il viso nel suo petto, lasciandosi accarezzare la schiena e le treccine sciolte sulle spalle.

Sentirono la porta aprirsi e i genitori di Jinny fecero capolino in cucina, mano nella mano.

«Ehi piccioncini, com’è andata la prima notte di nozze?», chiese Ary per alleggerire un po’ l’atmosfera.

Non poteva sembrarlo, ma adorava i lieto fine, e ne sperava tanto uno per la sua storia. Cioè… per la storia di Jinny e Tom, tanto tormentata ma tanto appassionante.

«Bene», rispose Victoria, dimostrando che Jinny aveva preso completamente tutto da lei, anche il modo in cui arrossiva sulle guance quando era imbarazzata.

«Jinny?», chiese suo padre.

«Io non vengo», mugugnò lei, stretta più che mai a Tom, soffocando le sue stese parole contro la sua maglia.   

«Cosa?»

«Ho detto che non vengo, non mi ci trasferisco in America, io voglio stare in Germania, con i miei amici e… Tom.»

«Oh, Jinny!», gridò Tom felice come un bambino.

Sua madre Victoria scoppiò a ridere mentre Gabriel nascondeva un sorriso e tirava fuori il portafoglio. Jinny, che ancora non ci credeva e aveva gli occhi sgranati per lo stupore, guardò suo padre tirar fuori cinquanta euro e porgerli a sua madre, che ridacchiò ancora e li strinse nel pugno.

«Io amo l’amore», esultò.

«Questa è bella, avevano scommesso su di noi!», disse Jinny scandalizzata.

«Eh già.»

«Io l’ho sempre detto che non sarebbe venuta», continuò sua madre, prendendosi gioco di Gabriel.

«Allora… non andrà in America?», chiese Camilla con di nuovo quella luce negli occhi, che le brillavano contenti.

«No, devo solo firmare il contratto per l’acquisto della nostra nuovissima casa ad Amburgo», disse Gabriel, mentre Victoria lo abbracciava di lato come una bambina che ha appena ricevuto una bambola nuova.

«E il fatto che dovevi starci vicine, che non volevi abbandonarci?», chiese Jinny.

«Non me ne importa, principessa. Lavorerò in Germania d’ora in poi, così almeno…»

«Tom!», gridò Jinny trattenendo le lacrime di gioia.

«Piccola!»

«Non ci lasceremo mai più!»

«Oh poverino…», commentò Camilla, per poi lasciarsi andare ad una risata che contagiò anche tutti gli altri.

 

***

 

E fu così che Jinny rimase ad Amburgo, in una Germania spesso fredda ed inospitale, ma che riusciva ugualmente a darle calore come il fuoco che sentiva dentro al suo cuore quando stava con le persone che amava: Bill e Camilla, che facevano ormai coppia fissa ed erano felicissimi assieme, Georg, Gustav, Ary, Eve (la rossa che aveva rimorchiato Georg al matrimonio della quale si era pazzamente innamorato e che era diventata amica di tutti), suo padre, sua madre, il suo piccolo fratellino che sarebbe nato da lì a pochi mesi… La sua grande famiglia, in pratica.

Ary aveva scritto la loro storia d’amore, ormai era alle ultime battute, seppure con tristezza, ma sapeva che quella storia, anche se lei non l’avrebbe continuata a scrivere, sarebbe durata per sempre, perché quello che si era instaurato fra Jinny e Tom, per quanto impossibile potesse essere, era amore vero, amore puro, amore pazzamente bello e pazzamente doloroso a volte, ma pur sempre amore.

Prese il suo computer portatile, si attaccò ad internet e con immensa soddisfazione postò l’ultimo capitolo, fresco fresco di quella mattina d’autunno in cui i Tokio Hotel erano ritornati da un mini-tour in America.

Rimase a tamburellare con le dita sul tavolo, mentre sentiva Jinny e Tom in camera ridere e scherzare dopo la doccia che si erano fatti ovviamente assieme.

«Piantala Tom, sei un maniaco!»

«Perché non posso toccarti il culo? Sono il tuo ragazzo, ne ho il diritto! E non per questo devo essere considerato un maniaco!»

«E dai, smettila, mi fai il solletico! Ary, salvami tu!»

Si aggrappò alle spalle dell’amica, ancora in accappatoio, mentre Tom si avvicinava sogghignando, mentre si infilava la maglietta larga che gli ricadde sui jeans oversize.

«Tom, Jinny, se scrivo “E vissero per sempre felici e contenti” è troppo scontato?»

«Ma cos’è, la nostra storia che è diventata anche tua? Giusto perché a me piace molto che tutti ficchino il naso nei miei affari provati, no?», chiese Tom affacciandosi sul computer.

«Come sei palloso!», borbottò Jinny beccandosi una boccaccia da parte sua.

«Ragazzi, è un problema serio! Non so come farla finire.»

«Scrivi: “E Tom rincorse Jinny per tutta la casa per toccarle il culo, anche se lei continuava a dire che era un maniaco. The End”.»

«Come sei profondo, Tom», disse Jinny alzando gli occhi al cielo, le mani unite sul cuore.

«Già, lo so! E ora vieni qui, devo vedere se hai la cellulite!»

«Io non ho la cellulite, puoi anche evitare di controllare!», gridò Jinny non sapendo da che parte andare, visto che Tom era dall’altra parte del tavolo. Si fissarono come due rivali e poi scoppiarono a ridere.

«E se scrivessi: “Questo non è la fine, ma l’inizio”? Che ve ne pare?», propose ancora Ary, ma quando sollevò lo sguardo dal computer vide Tom e Jinny che si baciavano, lui con una mano poggiata sul sedere di lei, dolcemente, senza atti osceni (per quanto potesse essere considerato toccare il fondoschiena della propria ragazza un atto osceno).

Ary vide, appeso alla parete su cui erano appoggiati, il quadro finalmente finito di Jinny: era praticamente tutto bianco, solo un angolo in alto a sinistra era nero, e poi era pieno di schizzi rossi e un po’ meno di quelli blu e verdi.

Il significato era chiaro, no?  

«Chi tace acconsente», mormorò sospirando felice e mettendosi all’opera per (non)concludere quella storia infinita.

 

The (no)End

 

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Nota: E anche questa storia è finita. Il lieto fine non poteva di certo mancare! Anche io sono una romanticona, infondo infondo. Spero che sia davvero piaciuta e vi ringrazio, perché se non ci fossero state così tante persone ad incoraggiarmi e a spronarmi a continuare non credo ci sarebbe stato un seguito.

Comunque. Saluto la mia Socia, Scarabocchio_, e spero che la sua comparsa in questo ultimo capitolo le sia piaciuta. Ti voglio bene tanto tanto tanto, pessimista mia! XD

 
Ringraziamentia tutti quelli che hanno letto, a tutti quelli che mi hanno supportata oltre che via recensioni anche su msn e via cellulare (*Vedi Scarabocchio_, la mia inimitabile Socia), e a tutti quelli che mi hanno lasciato le recensioni!! Scarabocchio_, layla the punkprincess, Ladysimple, marty sweet princess, Kvery12, BigAngel_Dark, Utopy. Grazie mille!!
 

Qui di seguito inserisco tutte le canzoni che ci hanno accompagnato in questa storia a lieto fine, per avere un po’ un indice per chi magari se le è perse e le vuole sentire:

 Surf che Passione

- Una canzone d’amore, Max Pezzali

- Se io non avessi te, Nek

- Tell me what to do, Metro Station (Titolo di un capitolo ^^)

- Bulletproof, Kerli (Titolo di un capitolo ^^)

- By your side, Tokio Hotel

- Geh, Tokio Hotel

 

The end where I begin

- The end where I begin, The Script (Titolo FF, titolo capitolo e canzone all’inizio ^^)

- Just go, Jesse McCartney

- Last night on earth, Green Day

- Fall to pieces, Avril Lavigne

- I caught myself, Paramore

- Sarà perchè ti amo, I Ricchi e Poveri

- With you, Chris Brown

- Let it rock, Kevin Rudolf e Lil’ Wayn

- By your side, Tokio Hotel

- Ich bin nich’ ich, Tokio Hotel

Grazie mille a tutti, alla prossima ff!! Un bacione, Ary

   
 
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