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Epilogo:
Another Neverending
Story
Jinny
sfiorò con le
dita la stoffa blu del bracciolo della propria poltroncina.
Guardò l’enorme
vetrata di fronte a sé, sulla quale atterravano e partivano
gli aerei, poi
sollevò lo sguardo sul tabellone degli orari e
notò che il volo dall’America
era in ritardo di quindici minuti, ancora.
«Jinny,
stai calma, per
favore. Non essere così impaziente», le disse Ary
annoiata. Non ricordava nemmeno
più quante volte le aveva detto quella frase, talmente erano
state tante.
«E
pure tu, che credi?»,
sollevò lo sguardo su Camilla, che camminava avanti e
indietro di fronte a
loro, con un bicchierone di caffè in mano.
«Ragazze,
non ce la
faccio più», sussurrò Jinny tenendosi
la testa fra le mani.
«Forza
e coraggio, manca
poco!»
«E
se gli fosse
successo qualcosa?», chiese Camilla bloccandosi
improvvisamente e facendosi
cadere del caffè sulla mano. «Cazzo!»
«Tieni,
va’», Ary le
lanciò un pacchetto di fazzoletti che aveva recuperato dalla
borsa e poi fissò
le due ragazze nervose.
«Dio,
è solo in ritardo
il volo! Quando vi ci mettete siete pessimiste peggio della mia
Socia!»
«La
tua Socia?»,
chiesero Jinny e Camilla
sorridendo.
«Sì,
perché quelle
facce?»
«Scusa
la domanda, ma
chi sarebbe la tua… Socia?»
«È
una mia amica, si
chiama Virginia! È un po’ pessimista a volte, ma
le voglio bene così com’è.
Adora la vostra storia!», unì le mani sul petto e
guardò Jinny con gli occhioni
da cucciola.
«Uhm?»,
chiese
sorridendo.
«Già.
Però mi dice che
sono affamata
di recensioni e che
sono solo il
mio principale scopo…»,
disse con il labbrino.
Jinny
e Camilla si
scambiarono un’occhiata e un sorriso, sollevando il
sopracciglio.
«Non
vi guardate così,
so a cosa state pensando! Non è vero! E poi, carissima
Jinny, sei tu che mi hai
detto di scriverla!»
«Giusto,
hai ragione»,
annuì con la testa, tanto per farla contenta.
«E
che cosa dice?»,
chiese Camilla.
«Uhm…
Di Jinny dice che
le piacciono i discorsi
filosofici o
strani che fa su Tom,
soprattutto quando è triste. E poi dice che siete una
bella coppia!»
«Oh,
beh, ringraziala
da parte mia», rispose sorridente.
«E,
inoltre, dice che
scrivo bene», le fece una linguaccia e risero assieme,
dimenticandosi per un
attimo di un volo che doveva arrivare dall’America…
«E
queste tre belle
ragazze che ci fanno qui?»
Camilla
si girò
all’improvviso con il fiato mozzato e gridò di
gioia quando vide Bill di fronte
a sé. Gli saltò in braccio e lo baciò,
senza aggiungere altro.
Jinny
scattò in piedi e
lo cercò con lo sguardo all’interno della
grandissima sala dell’aeroporto,
sentendosi in ansia perché non lo vedeva arrivare da nessuna
parte.
Venne
afferrata per le
braccia, da dietro, e finì con la schiena sulla poltrona, il
viso
all’incontrario, ma vide bene il suo di viso, altrettanto
all’incontrario, i suoi
occhi che la guardavano divertiti, il suo sorriso splendente sulle
labbra.
«Tom!»
«Piccola!»
Erano
precisamente un
mese e tre settimane che non si vedevano e fu normale dunque che non
appena
ebbero varcato la soglia della suite di Tom fossero già
intenti a spogliarsi e
a baciarsi e a mordersi dappertutto, ridendo fra un «Ti
amo» e «Un mi sei
mancata» e l’altro.
Jinny
indossava una
canottiera a righe grigie e viola orizzontali, con la parte del petto
stretta e
la parte del ventre larga, che le cadeva leggera sulla gonna in jeans
che
portava.
Tom
si sbarazzò in
fretta dei suoi indumenti, lasciandola in un completo di velluto rosa
con i
bordi in pizzo neri.
Jinny
ridacchiò vedendo
il suo sguardo quasi incantato, come sempre, e gli sollevò
il mento per
baciarlo sulle labbra, prima di trascinarlo sopra di lei, fra le
lenzuola.
E
pensare che qualche
mese prima era stata lei quella che doveva andare in
aeroporto… e di certo non per
aspettare qualcuno: se doveva andare, lasciando l’amore della
sua vita…
***
Dopo
la nottata passata
in spiaggia a fare l’amore, Tom e Jinny tornarono alla villa,
notando fra
l’altro che era ridotta ad uno schifo dopo la festa che
doveva essere durata
parecchio anche dopo la loro sparizione misteriosa. Silenziosamente
salirono le
scale, per non svegliare gli altri, e si fecero la doccia assieme,
unendo
l’utile al dilettevole, per poi infilarsi di nuovo fra le
lenzuola del grande
letto di Jinny, in solaio, visto che era prestissimo.
Jinny
si alzò sul
gomito tenendosi il lenzuolo candido sul seno e lo guardò
per una decina di
secondi, poi la tentazione era stata troppo forte e gli aveva
accarezzato con
le labbra la guancia, il mento, fino ad arrivare alla gola e al suo
pomo
d’Adamo.
Stare
con lui era una
cosa magnifica, e quella sera aveva pure ricordato cosa voleva dire
sentirsi
legata a lui anche fisicamente: fare l’amore con lui era
semplicemente bello.
«Jinny,
ti prego non
andartene», sussurrò Tom ad occhi chiusi, celando
le lacrime.
Lei
si scostò e si mise
seduta, fissando le sue valigie sparse per la stanza. Si
ravvivò le treccine
sulla nuca e sospirò con quella tristezza nel cuore che le
fece male, come
sempre quando c’era qualcosa che non andava con lui.
«Lo
sai che non posso
fare altrimenti», sussurrò. «I miei
genitori sono felici adesso…»
«E
non per questo devi
essere infelice tu!»
La
raggiunse seduto sul
letto, i rasta sciolti sulle spalle e sulla schiena. Le
accarezzò la spina
dorsale con la punta delle dita, e poi l’accolse in un
abbraccio che le fece
male, anziché bene come al solito.
Dopo
un po’,
rannicchiata contro al suo petto, si accorse che, chissà
come, Tom era riuscito
ad addormentarsi. Il suo respiro era pesante e regolare, come i sospiri
del
mare fuori dalle finestre. Lo fissò per interminabili
secondi, lasciando
scivolare qualche lacrima sul viso. Poche ma taglienti.
Non
aveva voglia di
vestirsi, così tirò fuori dalla prima valigia che
le era capitata sotto al naso
un paio di jeans e una maglietta bianca con una strana sfumatura rosa.
Si
trovò a sorridere fra
le lacrime, mentre se la infilava: quella maglietta era ridotta
così perché Tom
l’aveva fatta andare con una sua maglietta rossa che
l’aveva macchiata irreparabilmente.
Scese
di sotto come una
morta, piano e traballando di qua e di là, e quando
sentì delle voci in cucina
si passò le mani sul viso e si preparò
psicologicamente a quel suicidio.
Entrò
in cucina e vide
Bill, Georg, Gustav, Ary e Camilla seduti intorno al tavolo, ognuno con
in mano
una tazza di caffè.
«Ciao
Jinny», sussurrò
Camilla girando il cucchiaino lentamente, abbandonandosi ad un sospiro
triste.
«Ciao»,
mugugnò Jinny,
tirando su col naso.
Sinceramente
non le
fotteva un cazzo se la vedevano piangere, perché non era una
macchina, aveva
anche lei dei sentimenti ed era troppo distrutta per nascondersi e
tenersi
tutto dentro.
«Dove
sei sparita ieri
sera?», chiese Bill in tono mogio.
Bene,
un clima
depressivo era proprio quello che le ci voleva!
«Sono
andata a fare
surf con Tom», sussurrò versandosi il
caffè nella sua tazza. «E poi se ti interessa
abbiamo anche fatto l’amore per tutta la notte sulla spiaggia
e ci siamo detti
quanto ci amiamo. Ora partirò e… e non ci
rivedremo mai più, a meno che non
faccia un altro incidente e perda di nuovo la memoria.»
Era
ormai in lacrime.
Lasciò la tazza nel lavandino, ancora piena, tanto non
avrebbe avuto la forza
di far entrare niente nello stomaco che le si era chiuso: sentiva come
un tappo
di sughero in mezzo al petto, che le attutiva tutti i colpi, che poi
riceveva
in ritardo con una spinta ancora maggiore.
Sentirono
un tonfo di
sopra e Jinny sobbalzò pensando a Tom. Poi sentirono anche
una corsa sulle
scale e videro Tom fiondarsi in cucina con le lacrime che gli rigavano
le
guance.
«Jinny,
non farlo mai
più!», gridò stringendola fra le
braccia.
«Che
cosa?», chiese
lei.
«Mi
sono trovato da
solo, credevo fossi andata via!»
«Certo,
e guarda caso
sei inciampato in una mia valigia?»
Tom
e Jinny si
guardarono negli occhi e un piccolo sorriso apparve sulle loro labbra.
Lui le
asciugò le guance e la strinse ancora al suo petto.
«Dovresti
vederti Tom,
fai pena», disse Jinny.
«Vaffanculo
Jinny.»
«Anche
tu.»
«Tu
non te ne vai da
nessuna parte», affermò deciso.
«Tom,
sarebbe comunque
così! Saremmo costretti comunque a stare lontani per mesi a
causa dei tuoi
continui spostamenti!»
«No,
non sarebbe la
stessa cosa! Tu non te ne andrai in America.»
«Non
mi vorrai mica
legare e chiudere in cantina, vero?»
«Sì,
se necessario.»
«Ma
quanto cavolo sei
stupido?»
«Non
sono stupido, sono
innamorato!»
Jinny
arrossì, ma non
staccò gli occhi da quelli di Tom. Lui la strinse
soffocandole per un attimo il
respiro e glielo tolse definitivamente con un bacio appassionato.
«Così
è più difficile»,
disse Jinny cercando di spostarsi.
«Jinny!»,
la guardò in
viso e si allontanò di qualche passo. «Ma tu vuoi
partire sul serio?! È quello
che davvero
vuoi?!»
«No»,
mormorò tremando.
«E
allora non andare,
ti supplico. Tu non sai come sono stati i mesi senza te…
loro possono
confermare che non ero più io. Senza te… senza
te, io… non sono niente, non
sono me stesso.»
Jinny
sgranò gli occhi
e si morse con forza il labbro, portandosi una mano sulla fronte.
«Che…
che c’è, Jinny?»,
chiese Gustav un po’ preoccupato.
«Ascoltavo…
ascoltavo Ich
bin nich’ ich»,
sussurrò ancora
persa in quel ricordo, gli occhi vuoti.
«Quando?»
«Quando
ho fatto
l’incidente.»
«Oh,
che bello!», disse
sarcastico Tom, appoggiandosi con la schiena e la testa alla parete,
chiudendo
gli occhi per non scoppiare a piangere ancora.
«Tom,
io sono tua.»
Lui
sorrise appena e
aprì un occhio per vederla, così tenera ed
innocente, il solito micino di
sempre, la sua Jinny.
Anche
io sono tuo, quando lo capirai?
«Lo
so», annuì. «Mi
mancherai.»
«Anche
tu, stupido
bambino viziato di cui mi sono innamorata.»
«Sai,
forse non ti amo più»,
disse offeso, incrociando le braccia, un sorriso nascosto fra le
labbra.
«Sì
che mi ami, io sono
la tua piccola!»
«Mmh,
hai proprio
ragione. Vieni qui.»
Jinny
corse fra le sue
braccia e nascose il viso nel suo petto, lasciandosi accarezzare la
schiena e
le treccine sciolte sulle spalle.
Sentirono
la porta
aprirsi e i genitori di Jinny fecero capolino in cucina, mano nella
mano.
«Ehi
piccioncini, com’è
andata la prima notte di nozze?», chiese Ary per alleggerire
un po’
l’atmosfera.
Non
poteva sembrarlo,
ma adorava i lieto fine, e ne sperava tanto uno per la sua storia.
Cioè… per la
storia di Jinny e Tom, tanto tormentata ma tanto appassionante.
«Bene»,
rispose Victoria,
dimostrando che Jinny aveva preso completamente tutto da lei, anche il
modo in
cui arrossiva sulle guance quando era imbarazzata.
«Jinny?»,
chiese suo
padre.
«Io
non vengo», mugugnò
lei, stretta più che mai a Tom, soffocando le sue stese
parole contro la sua
maglia.
«Cosa?»
«Ho
detto che non
vengo, non mi ci trasferisco in America, io voglio stare in Germania,
con i
miei amici e… Tom.»
«Oh,
Jinny!», gridò Tom
felice come un bambino.
Sua
madre Victoria
scoppiò a ridere mentre Gabriel nascondeva un sorriso e
tirava fuori il
portafoglio. Jinny, che ancora non ci credeva e aveva gli occhi
sgranati per lo
stupore, guardò suo padre tirar fuori cinquanta euro e
porgerli a sua madre,
che ridacchiò ancora e li strinse nel pugno.
«Io
amo l’amore»,
esultò.
«Questa
è bella,
avevano scommesso su di noi!», disse Jinny scandalizzata.
«Eh
già.»
«Io
l’ho sempre detto
che non sarebbe venuta», continuò sua madre,
prendendosi gioco di Gabriel.
«Allora…
non andrà in
America?», chiese Camilla con di nuovo quella luce negli
occhi, che le
brillavano contenti.
«No,
devo solo firmare
il contratto per l’acquisto della nostra nuovissima casa ad
Amburgo», disse
Gabriel, mentre Victoria lo abbracciava di lato come una bambina che ha
appena
ricevuto una bambola nuova.
«E
il fatto che dovevi
starci vicine, che non volevi abbandonarci?», chiese Jinny.
«Non
me ne importa,
principessa. Lavorerò in Germania d’ora in poi,
così almeno…»
«Tom!»,
gridò Jinny
trattenendo le lacrime di gioia.
«Piccola!»
«Non
ci lasceremo mai
più!»
«Oh
poverino…»,
commentò Camilla, per poi lasciarsi andare ad una risata che
contagiò anche
tutti gli altri.
***
E
fu così che Jinny
rimase ad Amburgo, in una Germania spesso fredda ed inospitale, ma che
riusciva
ugualmente a darle calore come il fuoco che sentiva dentro al suo cuore
quando
stava con le persone che amava: Bill e Camilla, che facevano ormai
coppia fissa
ed erano felicissimi assieme, Georg, Gustav, Ary, Eve (la rossa che
aveva
rimorchiato Georg al matrimonio della quale si era pazzamente
innamorato e che
era diventata amica di tutti), suo padre, sua madre, il suo piccolo
fratellino
che sarebbe nato da lì a pochi mesi… La sua
grande famiglia, in pratica.
Ary
aveva scritto la
loro storia d’amore, ormai era alle ultime battute, seppure
con tristezza, ma
sapeva che quella storia, anche se lei non l’avrebbe
continuata a scrivere, sarebbe
durata per sempre, perché quello che si era instaurato fra
Jinny e Tom, per
quanto impossibile potesse essere, era amore vero, amore puro, amore
pazzamente
bello e pazzamente doloroso a volte, ma pur sempre amore.
Prese
il suo computer
portatile, si attaccò ad internet e con immensa
soddisfazione postò l’ultimo
capitolo, fresco fresco di quella mattina d’autunno in cui i
Tokio Hotel erano
ritornati da un mini-tour in America.
Rimase
a tamburellare
con le dita sul tavolo, mentre sentiva Jinny e Tom in camera ridere e
scherzare
dopo la doccia che si erano fatti ovviamente assieme.
«Piantala
Tom, sei un
maniaco!»
«Perché
non posso
toccarti il culo? Sono il tuo ragazzo, ne ho il diritto! E non per
questo devo
essere considerato un maniaco!»
«E
dai, smettila, mi
fai il solletico! Ary, salvami tu!»
Si
aggrappò alle spalle
dell’amica, ancora in accappatoio, mentre Tom si avvicinava
sogghignando,
mentre si infilava la maglietta larga che gli ricadde sui jeans
oversize.
«Tom,
Jinny, se scrivo
“E vissero per sempre felici e contenti”
è troppo scontato?»
«Ma
cos’è, la nostra
storia che è diventata anche tua? Giusto perché a
me piace molto che tutti
ficchino il naso nei miei affari provati, no?», chiese Tom
affacciandosi sul
computer.
«Come
sei palloso!»,
borbottò Jinny beccandosi una boccaccia da parte sua.
«Ragazzi,
è un problema
serio! Non so come farla finire.»
«Scrivi:
“E Tom
rincorse Jinny per tutta la casa per toccarle il culo, anche se lei
continuava
a dire che era un maniaco. The End”.»
«Come
sei profondo, Tom»,
disse Jinny alzando gli occhi al cielo, le mani unite sul cuore.
«Già,
lo so! E ora
vieni qui, devo vedere se hai la cellulite!»
«Io
non ho la
cellulite, puoi anche evitare di controllare!»,
gridò Jinny non sapendo da che
parte andare, visto che Tom era dall’altra parte del tavolo.
Si fissarono come
due rivali e poi scoppiarono a ridere.
«E
se scrivessi: “Questo
non è la fine, ma l’inizio”? Che ve ne
pare?», propose ancora Ary, ma quando
sollevò lo sguardo dal computer vide Tom e Jinny che si
baciavano, lui con una
mano poggiata sul sedere di lei, dolcemente, senza atti osceni
(per quanto potesse essere considerato toccare il
fondoschiena della propria ragazza un atto
osceno).
Ary
vide, appeso alla
parete su cui erano appoggiati, il quadro finalmente finito di Jinny:
era
praticamente tutto bianco, solo un angolo in alto a sinistra era nero,
e poi
era pieno di schizzi rossi e un po’ meno di quelli blu e
verdi.
Il
significato era
chiaro, no?
«Chi
tace acconsente»,
mormorò sospirando felice e mettendosi all’opera
per (non)concludere quella
storia infinita.
The
(no)End
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Nota: E anche questa storia
è finita. Il lieto fine non poteva
di certo mancare! Anche io sono una romanticona, infondo infondo. Spero
che sia
davvero piaciuta e vi ringrazio, perché se non ci fossero
state così tante
persone ad incoraggiarmi e a spronarmi a continuare non credo ci
sarebbe stato
un seguito.
Comunque. Saluto la mia Socia, Scarabocchio_,
e spero che la sua comparsa in questo ultimo
capitolo le sia piaciuta. Ti voglio bene tanto tanto tanto, pessimista
mia! XD
Ringraziamenti:
Qui di seguito inserisco tutte
le canzoni che ci hanno
accompagnato in questa storia a lieto fine, per avere un po’
un indice per chi
magari se le è perse e le vuole sentire:
- Se io non avessi te, Nek
- Tell me what to do,
Metro Station
(Titolo di un capitolo ^^)
- Bulletproof,
Kerli (Titolo di un capitolo ^^)
- By your
side, Tokio Hotel
- Geh, Tokio
Hotel
The end
where I begin
- The end where I begin,
The Script
(Titolo FF, titolo capitolo e canzone all’inizio ^^)
- Just go,
Jesse McCartney
- Last
night on earth, Green Day
- Fall to
pieces, Avril Lavigne
- I caught
myself, Paramore
- Sarà perchè ti amo,
I Ricchi e Poveri
- With you,
Chris Brown
- Let it
rock, Kevin Rudolf e
Lil’ Wayn
- By your
side, Tokio Hotel
- Ich bin nich’ ich, Tokio Hotel
Grazie
mille a tutti, alla prossima ff!! Un bacione, Ary