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Autore: Napee    14/10/2018    7 recensioni
Gli amori finiscono, gli amanti si lasciano, ed i due "ex", a volte, vorrebbero non vedersi mai più.
Ma cosa accadrebbe se ,per un sadico gioco del destino, ci si ritrovasse il proprio ex come capo?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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6. Ma anche no!


Entrarono nel locale dove aleggiava una soffusa luce rosata e l’aria profumava di dolce.
La musica suonava forte, rimbombando nelle casse e nel piccolo abitacolo. Corpi sconclusionati di ragazzoni e demoni si muovevano senza senso in quella che doveva essere una danza folle.
Poco più avanti, al fianco della postazione del dj, svettava un immenso bancone in legno scuro, dove un demone con otto braccia serviva cocktail colorati di ogni genere.
Rin si strinse nelle spalle facendosi più piccola di quel che era.
Non era mai entrata in un locale per gay. Non ne aveva motivo dopotutto.
E solitamente, quando si ritrovava ad uscire a bere qualcosa con Sango e Kagome, mille e più occhi languidi maschili le squadravano sempre insistentemente. Senza contare i baldi giovani che tentavano una sorta approccio con loro senza sortire alcun risultato.
Ma lì, in quel posto popolato da ragazzi, era pressoché invisibile.
E di questo aveva un dannato bisogno: passare inosservata, indisturbata, e lasciare il cervello spento per un po’.
Jakotsu le fece segno di seguirlo al bancone, addentrandosi fra i danzatori pazzi che li separavano dalla loro meta.
Il ragazzo si muoveva suadente ed elegante fra quella marmaglia confusa, schivando con maestria i colpi che i danzatori sembravano riservargli.
Rin non fu altrettanto abile e si procurò un calcio allo stinco ed una gomitata nelle costole, ma riuscì ad arrivare comunque al bancone sulle sue gambe.
Si sedettero allo sgabello ed ordinarono due cocktail scelti da Jakotsu, che andava millantandosi come grande intenditore di bevute, sbronze e postumi devastanti del giorno dopo.
Rin  si lasciò convincere guardandosi intorno curiosa.
Quel posto le piaceva da matti. La gente pareva divertirsi senza freno, sembravano liberi di fare qualunque cosa volessero senza freni inibitori e la musica era l’innesco di tutto, ciò che li faceva scatenare, ciò che gli consentiva di brillare.
E Rin si sentiva attratta da quel clima selvaggio ed indomabile che pareva urlare a gran voce da ogni dove “non pensare a niente e divertiti”.
Il drink le fu messo sotto al naso da un Jakotsu con un sorriso smagliante pieno di gratitudine.
“A te, Rin! La piccola poliziotta coraggiosa!” Esordì alzando la coppa Martini, seguito a ruota da qualche ragazzo nei dintorni che aveva udito.
Rin rise divertita e brindò anche lei.
Uno, due, tre brindisi, finché non perse il conto con fin troppa velocità.
E fu in un momento di estrema euforia in cui sentiva la testa leggera e le gambe malferme che i suoi occhi incontrarono una figura familiare.
Pareva impacciato, ritto con la schiena in una posa fin troppo scomoda e con quella treccia lunghissima che gli carezzava i fianchi stretti.
Barcollò malferma calpestando piedi un po’ ovunque e sbattendo contro schiene finché non piombò letteralmente addosso al ragazzo.
“Ban!” Esultò più brilla di quanto credesse, abbracciando il collega e rovesciandogli sulla camicia scura il suo delizioso cocktail.
Bankotsu impallidì preso alla sprovvista e tremolante poggiò una mano sulla schiena della ragazza.
“Rin… che ci fai qui?” Chiese togliendole di mano il bicchiere prima che facesse altri danni.
“Sono venuta con un amico” rispose lei barcollando indietro fino a che non finì fra le braccia pronte di Jakotsu.
I due si scambiarono un lungo sguardo silenzioso finché Jakotsu non decise di interrompere quel momento.
“Ehi carino!” Miagolò strizzandogli l’occhio e Bankotsu arrossì a dismisura in risposta.
“Ehi… tu…” biascicò impacciato abbassando lo sguardo sulle sue scarpe.
“Come conosci questo splendore?” Chiese Jakotsu all’orecchio della poliziotta e Rin si aprì in una risatina brilla.
“Siamo colleghi e avevo una cotta per lui…” rispose senza inibizioni, rendendo il rossore sulle guance del poliziotto ancor più evidente.
“Ma non mi dire…” bisbigliò Jakotsu squadrando Bankotsu con uno sguardo famelico come pochi.
Si leccò le labbra audacemente e sorrise di nuovo verso l’indirizzato.
“Non ti offendi mica se ci provo io, vero cara?”
“Pff! No, fai pure!”
“Rin, permetti due parole?” E senza attendere risposta, Bankotsu la trascinò fuori dal locale senza troppe cerimonie.
Attraversarono nuovamente la massa informe di gente folle che si dilettava nelle danze più contorte e sconclusionate finché non giunsero infine fuori, dove la brezza fredda colpì il viso accaldato di Rin con più violenza di quanto volesse.
Barcollò fino a metà marciapiede, poi la testa iniziò a girarle paurosamente e Bankotsu fu abbastanza cavaliere da sorreggerla stavolta prima che cadesse indietro.
“Sei ridotta uno straccio!” Commentò severo e scocciato aiutandola a poggiarsi al muro.
“Parla quello che puzza di martini alla fragola.”
“Questo perché me l’hai rovesciato tu addosso.”
“Ma smettila! Non è vero!”
“No certo…”
La issò contro il muro e la sorresse sotto le ascelle come una bambina finché non fu certo che le gambe la reggessero abbastanza per tenerla dritta.
“Quanto sei ubriaca?” Chiese serio improvvisamente. Più serio del solito, serio come quando erano a lavoro e si diceva che non ridesse mai, Bankotsu, nemmeno nell’eventualità in cui un sedere ignudo gli si fosse parato davanti.
“Non molto… quanto basta.” Rispose lei cercando di rimanere sveglia nonostante le palpebre che tentennavano cercando di non chiudersi.
“Quanto basta… in che senso?”
“Quanto basta per stare bene.” Rispose Rin di getto, portandosi le mani sul viso per asciugare quelle lacrime che già le scendevano sugli occhi.
Non voleva piangere. Lui non si meritava le sue lacrime.
“Ok… senti, non me ne importa niente dei tuoi drammi amorosi, mi interessa soltanto che tu sia abbastanza lucida da capire quello che dico. E lo sei?” Chiese scettico squadrandola con sospetto.
“Sì, abbastanza…” pigolò lei in risposta tirando su con il naso.
Fanculo, stava piangendo.
“Bene. Senti, gradirei che tu non dicessi a nessuno dei nostri colleghi che ci siamo incontrati in questo locale. Non voglio che si sappia in giro che sono gay.”
“Perché scusa? Mica c’è qualcosa di male!” Chiese lei protestando candidamente, con una ingenuità nella voce che fece innervosire il poliziotto.
“Certo, come no…” rispose sarcastico Bankotsu passandosi una mano fra i capelli della frangetta scompigliata.
“Cosa ci sarebbe di tanto sbagliato allora?” Chiese una seconda voce, più dura e offesa. Jakotsu troneggiava dietro di lui squadrandolo irato.
Quel tono sarcastico lo aveva ferito immensamente e quel modo in cui aveva parlato… sembrava quasi che ci fosse una sorta di errore divino nell’amare una persona dello stesso sesso.
Bankotsu si voltò verso di lui sorpreso di non averlo sentito arrivare nonostante i tacchi vertiginosi.
“Niente, ma non è per tutti questo pensiero e vorrei evitare di restare senza lavoro per qualche coglione.” Rispose irritato, squadrando il nuovo arrivato con le sopracciglia aggrottate.
Che voleva quel tizio?
Chi gli aveva detto che poteva intromettersi in quel discorso?
Jakotsu gli restituì lo stesso sguardo scocciato. Quelle parole lo avevano ferito e offeso nonostante la giustificazione che le avevano motivate.
“Nhaaaa! Non voglio che litigate!” Subentrò Rin maldestra, asciugandosi il naso con la manica della maglia.
“Sareste così carini insieme… Bankotsu e Jakotsu… è destino che stiate assieme, lo dicono anche i vostri nomi!”
“Stai vaneggiando.” Replicò duro il poliziotto non riuscendo a mascherare un prepotente rossore alle guance.
Jakotsu se la rise sotto i baffi osservandolo di sottecchi, infine avanzò verso Rin dando fintamente per sbaglio una spallata a Bankotsu e finendo per farlo barcollare.
“Scusa carino, ma devo decisamente portare la mia amica a casa.” Esordì infine sorridendogli malizioso.
“Se vuoi, poi potrei accompagnare a casa anche te… sempre che non ti crei troppa vergogna!”
Bankotsu irrigidì la mascella contraendola ed incrociando le braccia al petto.
“Tranquillo, per stasera sono sistemato.” Replicò il poliziotto guardando altrove.
Jakotsu di passò un braccio di Rin dietro le spalle e con una mano le cinse il fianco per aiutarla a camminare.
“Guarda che porn hub non conta.”
“Basta litigare!” Sbottò Rin di nuovo, incespicando sui suoi piedi nel tentativo di compiere un passo avanti.
“E vorreste andare a piedi?” Chiese divertito. Lo sguardo annoiato di Jakotsu gli fece intuire la risposta.
Bankotsu li squadrò irritato e scocciato da quella situazione. Una parte di lui voleva mandare tutto al diavolo, ma una piccolissima parte gli suggerì che dopotutto avrebbe anche potuto accompagnarli. Dopotutto, che aveva da fare?
E magari Rin avrebbe taciuto con i loro colleghi se si fosse mostrato abbastanza gentile nei suoi confronti almeno per quella sera.
Con un sospiro addolorato si rufolò in tasca ed estrasse le chiavi della sua macchina.
“Dai, andiamo, vi porto io.”
“A cosa dobbiamo questo onore Signor ho-già-un-uomo-nel-mio-letto-stasera-ma-non-voglio-che-si-sappia?” Lo schernì Jakotsu con voce acuta ed irritante che fece pentire il poliziotto all’istante per quella buona azione proposta.
“Al mio buon cuore, chiappe d’oro.” Rispose a tono stavolta, strizzandogli l’occhio di rimando con le guance più rosse di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere.

Il viaggio fino all’appartamento di Rin fu abbastanza breve e caratterizzato da un perenne finto bisticcio fra i due ragazzi che sapeva incredibilmente di flirt selvaggio.
Rin se la rideva da sola sul sedile posteriore, convinta di aver fatto da piccolo cupido e gongolando mentalmente come se tutto fosse merito suo.
La sua relazione era colata a picco prendendo in pieno l’iceberg che affondò il titanic, ma almeno sapeva accoppiare la gente. Ben magra consolazione.
Giunse infine in casa dopo una rampa di scale pericolante che si sdoppiava di continuo e continuava a girare su sé stessa nonostante le proteste della poliziotta.
Provò a chiudere il portone di casa, ma la serratura scassinata proprio non voleva saperne.
Prese dunque una sedia e la mise contro alla porta chiusa congratulandosi con sé stessa per l’ottima idea.
Infine, con più alcol in corpo che anima, crollò addormentata sul divano.

La sveglia che suonava impazzita annunciando le sette in punto, fu come una coltellata nella tempia.
Rin saltò per lo spavento lanciando il cellulare chissà dove, mentre quel frastuono continuava ad imperversare in tutto il soggiorno.
Certa che qualcosa fosse andato a morire nella sua bocca quella notte e che quel saporaccio che aveva in bocca altri non era che il sapore della pura putrefazione, si alzò barcollando cercando a tentoni il telefono speranzosa di trovarlo il prima possibile nonostante le sue palpebre incollate.
Miracolosamente gli Dei giunsero in suo soccorso e la poliziotta riuscì a trovarlo quasi subito, sotto una delle sedie del salotto.
Spense quel frastuono infernale e si sedette sulla sedia.
Si sentiva la testa letteralmente spaccata in due, come una noce di cocco. Non aveva gran memoria di quello che era successo la sera precedente, ma era certa che ubriacarsi con Jakotsu non era stato proprio un lampo di genio.
Si guardò intorno sbadigliando.
Almeno non aveva vomitato. Ci sarebbe mancato soltanto il dover ripulire in quelle condizioni.
Controllò l’orario: le sette e dieci.
Era giunto il momento di affogarsi sotto la doccia nel tentativo di recuperare anche solo parte delle sue funzioni neurologiche.

Per le sette e quaranta era già per strada, con i capelli ancora umidi legati in una crocchia sfatta e delle occhiaie spaventose che le arrivavano fino ai piedi.
La pastiglia per il mal di testa che aveva preso le era servita quanto un pugno nello stomaco, ma sperava soltanto che sarebbe passato una volta chiusa a chiave negli archivi a dormire fingendo di lavorare.
“Piccola poliziotta coraggiosa!” La chiamò una voce dall’altro lato della strada.
Una voce fin troppo squillante ed entusiasta per essere le sette e quaranta di mattina, ma era dolcemente inconfondibile e Rin sorrise serena per la prima volta da quando aveva aperto gli occhi.
“Jakotsu, ciao!” Lo salutò a sua volta, osservandolo mentre le correva incontro su dei tacchi vertiginosi e sfoggiando un equilibrio e un’eleganza pressoché invidiabili.
“Come stai cara? Non hai una bella cera…”
“Sto da schifo… non sono adatta all’alcol o alla vita notturna.”
“Nha! Sciocchezze!” Ribatté il ragazzo sistemandosi meglio la giacca sulle spalle.
Una giacca fin troppo grande per lui, troppo maschile e sportiva per i gusti eleganti e raffinati per i vestiti di Jakotsu.
Quest’ultimo parve accorgersi che gli occhi della poliziotta si erano incatenati al giubbotto, quindi le sorrise malizioso arrossendo debolmente.
“Se te lo stai chiedendo, sì, ci siamo divertiti stanotte…” Confessò infine, sistemandosi nervosamente i capelli scuri nello chignon sempre perfetto.
“Bankotsu! Oh santo cielo! Quindi gli piaci?” Esordì entusiasta Rin, iniziando a riempirlo letteralmente di domande curiose.
“Non lo so… cioè, non so se gli piaccio in quel senso… non lo vedo molto un tipo da relazione.”
“Ma questo non vuol dire niente! Con la persona giusta, anche l’essere più inadatto ad una vita di coppia, può cambiare idea!”
“Lo dici come se fosse già successo a te!” Scherzò su Jakotsu ignaro del tasto dolente che aveva appena toccato.
Si accorse di aver parlato troppo quando la vide ammutolirsi all’istante e quel bel sorriso luminoso sparire piano piano.
“Tesoro, tutto bene? Ho parlato troppo, vero?” Chiese cauto poggiandole una mano sulla spalla con fare consolatorio.
Rin si sforzò di indossare un sorriso sereno seppur fintissimo.
“No, non preoccuparti… è acqua passata.” Ma non lo era e quella voce incrinata che preannunciava solo pianto, non lasciava alcun dubbio.
Jakotsu la scrutò per secondi interminabili con uno sguardo colpevole e addolorato prima di stringerla a sé in un abbraccio dolcissimo.
“Tesoro, sono stato un tale cafone! Mi dispiace!”
“Ma no! Non  preoccuparti!”
“Certo che mi preoccupo, scricciolo! Come posso farmi perdonare?”
Rin, nonostante il malumore e la tristezza, rise divertita fra le braccia del suo nuovo amico.
Jakotsu era una persona estremamente espansiva, come lei, e parlare con lui era diventato così naturale che si stupiva lei stessa della facilità con cui era mutato velocemente il loro rapporto.
“Davvero, non occorre…” insistette sciogliendo l’abbraccio ed allontanandosi di qualche passo.
“Che ne dici se ti porto la colazione a lavoro?”
“Ma figurati, Jakotsu, non importa…”
“Certo che importa! È il pasto più importante della giornata!
Sei alla centrale di Nerima come Ban, giusto?”
“Sì, ma-…”
“Perfetto! Caffè e donuts vanno bene?”
Rin sorrise serena annuendo e poi lo vide allontanarsi tutto esuberante ed eccitato.
Un vulcano sempre attivo, un uragano inestinguibile di energia, questo era Jakotsu.
Sorrise rasserenata riniziando a camminare. Finalmente la pastiglia per il mal di testa stava facendo il suo lavoro.

Nell’area ristoro, Rin si stava sorbendo una doverosa lavata di capo da una Sango nervosa e stanca per aver passato la notte sveglia ad aspettarla a casa.
“Mi dispiace, Sango, ma non ero assolutamente in me e mica potevo piombarti in casa in quel modo.” Tentava di giustificarsi Rin, ma niente scalfiva il muro invalicabile di nervosismo della poliziotta.
“Non mi interessa, Rin, mi hai fatto stare in pena tutta la notte! Almeno avresti potuto telefonare!”
“Lo so! Lo so! Sono una pessima amica… mi dispiace!” Si scusò per l’ennesima volta, sdraiandosi sul tavolo con il busto per simulare un profondo inchino.
Kagome rise divertita, ma l’occhiataccia di Sango la fece ammutolire all’istante.
“E tu, smettila. Eravamo d’accordo che saresti stata arrabbiata come me.” La redarguì Sango sventolandole l’indice sotto al naso con fare minatorio.
“Lo so, ma non ha fatto niente di male in fondo…”
“Niente di male?!” Sbottò Sango allucinata.
“Questa sconsiderata ha dormito in una casa con la serratura scassata! E se le fosse successo qualcosa?!”
“Mi sarei difesa a dovere! Ti prego Sango, abbi pietà di me!” Protestò Rin ribattendo.
“Certo! E vorrei proprio sapere come!”
“Tecnicamente ha una pistola anche lei.” Intervenì Kagome, ma l’ennesima occhiataccia di Sango la zittì di nuovo.
“Scricciolo!” Esordì una voce nuova, allegra e festosa che attirò immediatamente l’attenzione di tutti.
“Jakotsu!” Trillò festosa Rin in risposta andandogli in contro per aiutarlo con i caffè e le ciambelle che aveva comperato.
“Ma quanto hai speso? Hai preso un sacco di roba!”
“Non sapevo quale preferissi, quindi ho comprato un po’ di tutto.”
“Lascia almeno che ti rimborsi, avrai speso un patrimonio!”
“Ma no, tranquilla! Non ho speso così tanto!” Ribatté Jakotsu sorridendo garbato.
Si sedettero al tavolo con le altre poliziotte e Rin fece le dovute presentazioni.
Quando Jakotsu, entusiasta delle nuove conoscenze, strinse la mano di Kagome, quest’ultima percepì un brivido gelido lungo la schiena ed una percezione di terrore schiacciante ed opprimente.
Bianca come un lenzuolo, tirò indietro la mano sorridendo blandamente.
Sango le rivolse un’occhiata confusa di nascosto, ma la ragazza le fece cenno con la mano che avrebbero parlato dopo.
Consumarono la colazione fra le chiacchiere più frivole che il buoncostume consentisse a quell’orario mattutino.
Ogni poliziotto che passava di lì, finiva inevitabilmente per diventare una vittima dei commenti hot che Jakotsu emanava come fossero noccioline.
Fu dopo un po’ che le donuts furono diventate solo briciole e che qualche caffè fu bevuto, che Sesshoumaru piombò fra loro come un tuono fragoroso all’improvviso.
Prese Rin per un braccio e la trascinò via sotto lo sguardo attonito e stupito dei presenti e dei colleghi in pausa.
La poliziotta si divincolò come poté, sbraitando infuriata e scalciando come un’ossessa e, quando Sango si riebbe dallo stupore e si frappose fra i due, finalmente Rin poté dirsi libera.
“Che diamine ti prende?!” Urlò Rin oltraggiata, squadrandolo da dietro le spalle di Sango con gli occhi di fuoco inondati di lacrime.
“Vieni via, poi ti spiego.” Replicò lui lapidario. Rin poteva giurare di non averlo mai visto con quell’espressione dura e granitica che non preannunciava niente di buono.
“Sesshoumaru, lasciala subito! Non puoi trattarla così!” Intervenne Sango a sua volta in difesa dell’amica. “Siamo a lavoro! Se dovete parlare, almeno fatelo a fine turno fuori di qui!” Intervenne Kagome più pacifica, cercando di calmare gli animi dei presenti per evitare di dare ancora spettacolo con i colleghi.
Sesshoumaru lasciò la presa e se ne andò sbuffando scocciato da tutta quella pantomima.
Volevano aspettare a fine giornata, bene, l’avrebbe portata in salvo a fine giornata.
Sperava soltanto che non fosse troppo tardi.

  
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