54) Quando i Kami si vogliono divertire
Quella sera, nulla doveva
andare storto. Sarebbe stato un piano pulito: carte bomba sul
ponticello e via, ecco due agenti di Yagura a fare da spuntino per le
trote.
Ma i kami avevano voglia di
giocare un po' con i fili del fato. Gli dei degli Shinobi non erano
soggetti particolarmente misericordiosi, in fondo.
“Ecco che arriva...” Sussurrò Genma, prontamente zittito dal resto della comitiva, ben nascosta tra le fronde che coprivano le ripide sponde del torrente.
Inazuma notò lo sguardo di Mei. Brillava di una luce diversa dal solito. Era impossibile che non conoscesse il loro nemico, quella reazione era troppo rivelatrice.
Il falso mercante, nonostante
fosse un ninja molto accorto, non si accorse della loro presenza.
Tutto sembrava procedere secondo i piani. Ora dovevano solo azionarsi
le carte bomba e...
La prima esplosione fece
crollare i piloni del versante destro. Il ponte si crepò e
si
trasformò in una paurosa ed instabile scala verso l'inferno.
Il
ninja di Kiri, ferito, e non in modo lieve, dalle molte schegge, dopo
essersi voltato, frastornato, verso l'abisso, spiccò un
balzo per
cercare di fuggire. Troppo tardi. Ora sarebbero stati distrutti anche
i piloni del versante sinistro... Oppure no?
“Merda,
cosa cazzo aveva quella fottutissima carta bomba per non scoppiare al
momento giusto?” Esclamò poco finemente Yuki.
Tutti si guardarono
in faccia confusi, prima di gettarsi all'inseguimento del proprio
nemico. Non doveva fuggire.
La prima a scattare fu Mei, con
un ghigno malefico dipinto sul volto. Pareva quasi che sapesse
già
cosa sarebbe successo.
No, non pareva. Era proprio
così. Inazuma l'aveva capito un secondo troppo tardi. La
kunoichi di
Kiri voleva averlo vivo.
***
“Salve
Takeshi sensei, come va?”
Mentre cercava disperatamente di scappare, l'uomo si era visto piombare addosso, dal nulla, una figura scura. Ora quella figura l'aveva buttato a terra, senza che lui non si rendesse ben conto del come, e stava seduta sul suo petto, permettendogli a fatica di respirare.
“Chi-chi sei?” Sibilò l'uomo.
“Ma come, non mi riconosci, sensei?” Fece lei, togliendosi il cappuccio e mostrandogli un'espressione di puro odio.
Takeshi, suo malgrado, si lasciò scappare una flebile risata. Le rispose:
“Beh... Se dovessi ricordarmi tutti i ragazzini cui ho insegnato come essere dei veri ninja, nel mio cervello non avrei più spazio per altre informazioni... Ironico... provi risentimento verso una persona che neanche ricorda chi sei.”
“Tu... Tu non mi hai insegnato come essere un vero ninja... Tu mi hai solo e soltanto costretto a macchiarmi le mani del sangue del mio migliore amico... Bastardo!”
E con questo prese il proprio
kunai e con la punta gli lacerò, con studiata lentezza, il
palmo
della mano.
L'uomo non le concesse il
minimo gemito di dolore e, per quanto lo permettesse la sofferenza,
sorrise compiaciuto e trovò la forza di replicare:
“Oh, che sarà
mai... Un ragazzino in più o in meno...”
“Si chiamava Raku Koeji, pezzo di merda! RAKU KOEJI!”
“Tsk... Parli tanto, ma, alla fine, mi pare che tu sia divenuta una perfetta ninja di Kiri... Mi vuoi uccidere? Bene. Ma quello che sei ora, una perfetta macchina per uccidere, un animale che fiuta la preda e la elimina, senza coscienza, senza rimorsi... Beh, non puoi negare che sia merito mio, dolcezza.”
A quelle parole, Mei perse
completamente il senno. Cominciò a conficcare il proprio
kunai con
forza in ogni parte del corpo di Takeshi, urlando disperata.
Le sue grida non avevano nulla
di umano, mentre il sangue del suo antico 'maestro' macchiava senza
fine i suoi vestiti, il suo corpo, il suo volto. Era come se volesse
annegare in un mare di sangue, i suoi occhi vedevano soltanto un
enorme oceano cremisi.
In quel momento arrivò
Inazuma, che tentò di portarla via di forza da quel corpo,
martoriato a tal punto da essere praticamente irriconoscibile.
Mei urlava e scalciava, mentre
la kunoichi del vortice la trascinava lontano.
Calde, copiose lacrime lavavano
il suo volto, straziato dalla disperazione. Un dolore rimasto come
raggrumato nel suo cuore da molto, troppo tempo.
“Basta
Mei, calmati!” Cercò di dirle Inazuma nel tono
più dolce che
poté. Nel frattempo, stavano arrivando anche gli altri,
rimasti come
paralizzati alla vista di quel cadavere maciullato.
La pericolosa ammaliatrice, la
sicura di sé, la spietata e fredda calcolatrice... Ora
rimaneva solo
Mei Terumi. Una bambina di nove anni che aveva visto le sue mani
macchiarsi del sangue di una persona che amava. E che aveva creduto
di poter lavare quel sangue con quello di chi l'aveva costretta a
quel gesto. E che aveva cercato di sigillare quel dolore infinito in
un angolo della sua mente.
Aveva cercato, e si era anche
convinta di esserci riuscita.
Fino a quel giorno.
“Inazuma...
Io... Non ce la faccio più... Basta...Voglio morire. Voglio
morire.
VOGLIO MORIREEE!”
Le sue urla, interrotte dai singhiozzi di un pianto dirotto, erano strazianti. La kunoichi del vortice istintivamente la abbracciò, carezzandole i capelli, per calmarla.
“Ssst... Forza Mei, forza... Non sei sola, ok? Forza. Vedi cosa succede ad aspettare troppo a piangere? Poi le lacrime escono tutte insieme... Quindi adesso tirale fuori tutte, per bene, ok?”
Ma i kami, quella notte, non avevano ancora terminato di divertirsi.
***
“Eccovi, finalmente, brutte ingrate,
siete
voi del vortice che ci affamate! Yo!”
Se questa era una dichiarazione
di guerra, era senza dubbio la più strana che Inazuma avesse
mai
sentito. Un tizio estremamente poderoso, abbronzato, con la barbetta
e i capelli biondi, gli si era parato davanti sguainando due spade
con fare minaccioso.
Per un istante, tutti furono
seriamente indecisi tra il mettersi in guardia e lo scoppiare a
ridere. Nonostante un enorme sforzo (molto difficile, a dire il vero,
soprattutto per Yuki e Genma), optarono per la prima opzione.
Con voce neutra
(pericolosamente neutra, sarebbe il caso di dire), Kakashi
domandò
all'intruso:
“Buonasera, shinobi di Kumo... Non è nostra intenzione essere coinvolti in uno scontro con voi o con alcun ninja del vostro villaggio. Tuttavia, nonostante questo sia un villaggio neutrale, se ritenessi opportuno esigere una taglia dalle nostre teste, sappi che non ci tireremo indietro. Siamo in sette e voi siete solo in... - E a Bee sembrò che per un istante il suo interlocutore annusasse l'aria – tre, se non vado errato.”
Il nerboruto jinchuuriki dell'ottacoda stava per replicare, naturalmente a suon di rime, ma venne fermato da un cenno di un uomo, uscito con calma allo scoperto dal suo nascondiglio.
“Buona sera a voi... Il mio nome è Darui e, come avete giustamente dedotto, siamo tre ninja di Kumo, in missione per il nostro villaggio. Missione che, con ogni probabilità, avrebbe come fine la vostra eliminazione, suppongo...”
A quelle parole, tutta la comitiva si mise in posizione d'attacco, a parte Inazuma che sorreggeva una Mei ancora sotto shock.
Senza darsene per inteso, Darui proseguì il proprio discorso:
“...Tuttavia, le nostre condizioni sono quantomeno sfavorevoli e, del resto, non abbiamo alcuna prova, se non indiziaria, che indichi che voi siate le persone che cerchiamo... Pertanto, chiedo venia per l'irruenza del mio compagno.”
“E, di grazia, cos'è che stareste cercando?” Chiese a quel punto Inazuma.
A quel punto, intervenne, inaspettatamente, Mei, che con una voce ancora tremolante, disse: “Lo so io... E' la squadra inviata dal Raikage per indagare sull'interruzione delle forniture di cereali al paese del fulmine. E' esatto?”
“E' esatto.” Confermò Darui, senza scomporsi minimamente.
“Beh, allora, ragazzoni abbronzati, mi sa che arrivate un po' tardi. Abbiamo già fatto fuori i cattivi, per cui potete anche girare al largo...” Disse Yuki.
“Spiegatevi meglio.” Replicò, sempre in modo molto pacato, Darui, mentre Bee fremeva per un po' d'azione alle sue spalle.
“Il gruppo dietro alle azioni di sabotaggio del traffico commerciale agiva sotto ordine del Mizukage Yagura. La nebbia vuole il drastico deterioramento delle relazioni tra Kumo, Konoha e Uzushi.
Abbiamo combattuto fino all'altro ieri, se così si può dire. Un altro conflitto ridurrebbe ulteriormente la nostra forza militare. Quel tanto che basta da permettere a Nebbia di diventare l'ago incontrastato della bilancia tra le grandi terre.” Spiegò Kakashi.
“E voi sareste dei nukenin che, passando di qui per caso, hanno deciso di fare i buoni samaritani e troncare la questione sul nascere. Mi spiace, ma se credete davvero che ce la beviamo, insultate la nostra intelligenza.”
“A
parte il fatto che lo facciamo per interesse pecuniario e non per
mero amore della pace, consideratelo pure un insulto, ma le cose
stanno esattamente
così.” Ribatté Inazuma, per rafforzare
la
versione di Kakashi.
“Vorrei credervi, davvero... Ma non mi riesce molto facile il farlo, signori miei. Suppongo che l'utilizzo delle maniere forti sia l'inevitabile conclusione del nostro scambio di vedute.” E con quest'ultima, cortese e pacata affermazione, Darui si mise in posizione d'attacco.