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Autore: Tryskell    18/11/2018    0 recensioni
"E poi c'erano loro: due strani ragazzi, che ascoltando la guida (quasi con noncuranza) si aggiravano con uno strano aggeggio tra i vari reperti storici: scope, calderoni, vestiti, libri... pensai che di gente strana il mondo è davvero pieno, ma come loro... insomma, sembravano usciti da "Ghostbuster".
"sono proprio dei nerd"... pensai. "
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Bobby, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Spoiler! | Contesto: Più stagioni
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La visita terminò, come prevedibile, allo store del museo dove era possibile comprare tutti i gadgets immaginabili. In realtà mi chiesi come mai la gente viene a vedere questi posti e poi compra magliette dai colori sgargianti. Bisognerebbe rimanere in tema e comprare magliette scure. Decisi che il blu, il bianco e il celeste non erano per me, così optai per un'agendina color carne ma con un simpatico disegno in copertina raffigurante una strega sulla scopa e, ovviamente, il logo del museo.
Mi dissi che l'avrei usata per annotare le mie scoperte, un po’ come preludio alle mie nuove conoscenze.
Non vidi i due ragazzi ma non ci feci molto caso. Eppure mi chiesi cosa avrebbero comprato... da quel poco che avevo conosciuto mi balenò in mente una sola cosa: niente. Mi parevano troppo concentrati su fatti paranormali per abbandonarsi a inutili cose. In effetti mi sentii un po' superficiale pure io ma... cavoli, ero al museo delle streghe... cos'altro potevo fare?
Mentre ero in fila alla cassa sentii la persona dietro me che parlava di fatti strani accaduti proprio nel museo. Non capivano da dove provenissero quelle voci, ma secondo quella ragazza alcune persone erano sparite durante le visite, per poi essere ritrovate in stato confusionale sulla witch hill, la collina delle streghe, luogo delle esecuzioni.
Non volevo intromettermi nel discorso, da quel punto di vista sono un po' timida, ma ascoltai attentamente: alcune guide sostenevano che a volte il numero delle ragazze a inizio visita era totalmente diverso da quello alla fine del percorso... nel senso che almeno una o due ragazze durante il tour sparivano. All'inizio nessuno ci faceva caso ma poi sui quotidiani apparve la notizia di almeno tre ragazze ritrovate sulla witch hill, che balbettavano cose senza senso e in evidente stato di agitazione. Nessuna delle tre sapeva cosa fosse successo loro nei giorni precedenti; ricordavano solo di essere entrate al museo e di aver sentito una voce nella loro testa. Poi, il buio.
Quando furono ritrovate e fu chiesto loro le generalità dissero di chiamarsi Abigail, Mercy e Betty. La cosa più strana è che i loro documenti riportavano invece nomi diversi: Susan, Ann e Jodi. Rimasi impressionata da quei dettagli: i nomi pronunciati dalle tre erano quelli delle prime ragazze ad accusare le presunte streghe nel 1692.
Cercai di ascoltare qualche dettaglio in più e nel frattempo, senza accorgermene, presi appunti sul libricino appena comprato. Beh… in realtà non l’avevo ancora comprato, non ero ancora alla cassa per pagarlo. Con notevole disappunto dei guardiani dello shop, ovviamente. Mi scusai dicendo che era mia intenzione assoluta acquistarlo, così senza che me ne accorgessi, persi tempo e le persone che raccontavano questa storia sparirono dalla mia vista.
Pagai in fretta, non presi nemmeno il resto e corsi fuori dal museo sperando di rintracciarle. Non avevo una scusa ancora pronta per attaccare bottone ma dovevo trovarle e parlarci, dovevo!
Uscendo non mi accorsi di un gruppo di giovani che passando mi travolsero letteralmente, gettandomi a terra e facendomi cadere ogni cosa: agendina inclusa, che nella caduta si aprì.
“Sta’ attenta, cazzo, per poco non cadevo!”
Mi girai furibonda…. Pensai alla maleducazione di quel tipo. Eppure a cadere ero stata io!
D’altra parte non potevo certo controbattere… la colpa era mia che ero uscita dal museo di corsa senza curarmi di chi fosse di passaggio in quel momento.
“Ehi, stronzo! Non ti pare il caso di essere più gentile e magari aiutarla?”
Mi girai e vidi Dean, lo strano tizio che con il fratello girava per il museo.
Era seccato e quasi prese a pugni quei cafoni ma il fratello lo trattenne.
“Lascia stare, aiutiamola noi.” Si chinò su di me: “Tutto bene? Niente di rotto?”
“A parte il mio orgoglio, direi di no”.
Le mie calze erano ormai andate; i buchi erano irreparabili e le mie ginocchia sanguinavano. Per non tralasciare il fatto che ero praticamente seduta per terra con la gonna alzata.
Mi tenevo le mani, sbucciate anch’esse e cercai un fazzoletto nella borsa che recuperai poco più avanti.
Sam, il ragazzo più alto, mi tese una mano e mentre cercavo di togliermi la polvere dai vestiti, lasciai che mi aiutasse ad alzarmi.
Dean raccolse la mia agenda. “Non perdi certo tempo, appena comprata e già la usi. Ti piace scrivere eh?” Vidi un'espressione titubante nei suoi occhi: sembrava stesse studiando attentamente le annotazioni che presi circa le tre ragazze e a dire il vero (con mio sommo imbarazzo) anche uno schizzo schematico sulla collina delle esecuzioni.
Gliela strappai di mano.
“non voglio essere scortese….ehm..” balbettai.
“Dean”
“Dean, giusto, ecco… non voglio essere scortese ma non mi piace che la gente legga cose mie. E poi non sono importanti”
Dean sembrò sospettoso.
“Hai ragione. Per farmi perdonare ti offro un drink. Che so, una birra, un bloody mary…”
Sam gli diede una gomitata: “Non farci caso … Eirin… giusto? E’ un po’ goffo ma non sei obbligata ad ascoltarlo”
“come sarebbe a dire, goffo? Ti faccio presente che io sono quello intelligente e se non fosse per me a quest’ora non saresti in grado nemmeno di allacciarti le scarpe”
“Dean, non mi sembra il caso…”
“E’ sempre il caso”
“no, io non credo”
“e invece sì, ti dico…”
Scoppiai in una risata fragorosa.
“Mi dispiace ragazzi ma non ho mai visto un tentativo di approccio così ridicolo in vita mia! Comunque grazie per l'aiuto. E' da poco che sono in America e ancora mi dimentico che non è un posto così tranquillo come il mio villaggio. Allora.... beh.... ciao!"
Mi incamminai dalla parte opposta. Ormai il tentativo di ritrovare quelle ragazze era chiaramente fallito, così decisi di rientrare al Bed and Brekfast dove alloggiavo. Forse la proprietaria poteva dirmi qualcosa su quelle misteriose sparizioni e ritrovamenti. Dovevo saperne di più.
"Ti accompagno!"
Mi girai e vidi Dean incamminarsi nella mia stessa direzione.
"Dean, non occorre, grazie"
"insisto".
Sbuffai un po'. Non che la cosa mi desse particolarmente fastidio, tutt'altro.
Anzi, quasi mi faceva piacere. Ma dovevo ricordare a me stessa che non ero in viaggio di piacere e non avevo bisogno di stupide relazioni a intralciare le mie ricerche.
"Va bene. Però tenete il passo, non voglio fare tardi!"
Dean sembrò dubbioso, come spesso vidi in quei pochi istanti di conoscenza.
"Tenete?"
"Certo, tenete. Non mi farò accompagnare solo da te, non ti conosco e, per quanto ne so, potresti essere un tipo poco raccomandabile!"
Sam rise: "non sai quanto!"
Lo sguardo fulminante di Dean mi rilassò i nervi. Non so perché ma quei ragazzi non sembravano nerd qualsiasi. Voglio dire: mi trovavo a mio agio e in fin dei conti pensai che forse qualche amico su suolo americano mi avrebbe fatto comodo. Meglio se appassionato di occulto come me.
Lungo la strada mi chiesero dove ero alloggiata e come mai avessi scelto proprio quel Bed & Breakfast.
In realtà, dissi, avevo adorato quell'affittacamere fin dal primo momento: si trovava in una stradina secondaria, contornata da un lato da vecchie case: quelle di legno che si vedono nei film che parlano dei primi coloni. Molte colorate, altre nere, ma comunque affascinanti. Dalla finestra della mia camera si vedeva il vecchio cimitero di Salem. Certo, una persona normale non ne sarebbe stata entusiasta, ma capii subito il motivo per il quale quella camera era ancora libera. Pensai che fosse tutto merito della fortuna.
Arrivati alla porta di casa ci salutammo, ma dovetti promettere ai due ragazzi di cenare insieme quella stessa sera. Dean in particolar modo insistette molto. A dire la verità volevo solo entrare, farmi una doccia, medicarmi le ferite e parlare con Miss Annah, la proprietaria della casa, ma in fin dei conti mi avevano appena aiutato e lui aveva praticamente sfiorato una rissa per questo. Almeno una cena gliela dovevo.
Ci demmo appuntamento al pub dietro l'angolo e dopo aver richiuso la porta dietro di me rimasi un po' a pensare a quello strano disegno chiamato destino: cosa mandò quei due ragazzi ad attraversare così improvvisamente la mia strada?
*
"Meeeoooowww" Abbassai lo sguardo e vidi Cagliostro, il gatto nero di Miss Annah, farmi le fusa e strofinarsi contro le mie gambe. Chiamai la padrona un paio di volte ma non ricevendo risposta mi ricordai che quella mattina mi disse di dover passare a trovare una vecchia amica. Probabilmente non era ancora rientrata. Accarezzai un po' il gatto. Sorrisi. Ci conoscevamo solo da poco ma sembrava essersi affezionato a me e la cosa non mi dava fastidio. Avevo un debole per quella piccola palla di pelo. Salii le scale e mi diressi in camera per un bagno caldo. Il bed & breakfast era molto piccolo. Praticamente oltre alla camera della padrona di casa c'era la mia, una stanzetta vicino alle scale e niente altro. Tutta la casa, in effetti, era molto piccola: due piani più una soffitta e risaliva, se non ricordavo male, ai tempi della grande caccia alle streghe, anche se tutto l'arredamento ricordava vagamente i fasti dell'epoca vittoriana. Dalla porta d'ingresso (di legno verniciato di bianco) si accedeva al corridoio, sul quale si affacciavano due stanze perennemente aperte. A destra c'era un piccolo salottino, arredato con un divano e due poltrone che ricordavano tempi ormai passati e di fronte c'era un caminetto sormontato da un meraviglioso dipinto che ritraeva la vecchia via principale di Salem. Al centro della stanza un tavolinetto in legno decorato si intonava a qualche vecchio mobile con preziosi servizi di porcellane. Ricordo che la prima sera io e Miss Annah ci mettemmo sul divano e mentre le raccontavo dell'Irlanda lei mi ascoltava sferruzzando con i suoi ferri da lana. Sulla sinistra invece si apriva la sala da pranzo: un classico di legno intagliato e ricoperto di una tovaglia lavorata all'uncinetto, un centrotavola composto da frutta finta e foglie dai colori autunnali. Qui i mobili riprendevano le linee classiche dei vecchi coloni. La cucina si apriva proprio dietro la sala da pranzo arredata da un tavolino con due sedie e il fornello. Nell'angolo vicino alla porta sul retro faceva la sua bella figura una stufa a legna. Non appena vidi quella vecchia stufa mi venne in mente mia nonna e le pietanze che ancora cuoceva lì sopra, a discapito del progresso e dell'avvento del fornello a gas! Le scale per il piano superiore erano esattamente difronte alla porta d'ingresso e portavano al pianerottolo occupato da una lunga libreria ricolma di libri ormai impolverati e che mi sarebbe piaciuto leggere, se ne avessi avuto il tempo. La camera di Miss Annah che non avevo mai visto era a sinistra, vicino ad una piccola porticina che si apriva su una stanzetta contenente oggetti ormai dimenticati da tutti. Sotto la scala, in perfetto stile americano, una piccola porta trasversale portava al seminterrato. Entrai nella mia camera, a destra del pianerottolo: nonostante le dimensioni ridotte della casa Miss Annah si era premurata di ricavare da una vecchia cabina armadio una specie di piccolo bagno privato. Piccolo, certo, ma aveva tutto quello che serve, compresa una vasca da bagno. Non era certo il bagno privato della regina ma... cavolo, avevo una camera con un bagno tutto mio, roba da ricchi. Entrata nella vasca ripensai alla giornata: il museo delle streghe, le ragazze scomparse e i miei due nuovi amici. Amici??? Dovevo essere impazzita! Li avevo appena conosciuti e di sicuro non era mia intenzione conoscerli meglio. Eppure quel pensiero mi turbò. Qualcosa mi diceva che non sarebbero usciti dalla mia vita tanto facilmente. Sospirai, dando la colpa di quel pensiero solo al fatto che quel giorno erano successe tante cose tutte insieme ed uscii dalla vasca. La stanza profumava delle essenze che avevo versato nell'acqua e per un istante mi sentii così rilassata e serena che quasi venni tentata dal pensiero di disdire la cena. Ma non volevo essere scortese e rozza. Insomma... il bon ton va sempre rispettato. Sono irlandese, non maleducata, eccheccavolo! Si era avvicinata l'ora fissata per la cena, così aprii il mio trolley e con un po' di rammarico mi ricordai di non aver preso nulla da mettere per occasioni come quella. Vero che non avrei mai pensato di ricevere un invito, ma non volevo nemmeno fare la figura della stracciona. Alla fine optai per un pantalone jeans nero, una maglietta più chiara con un'enorme gatto nero raffigurato e una scritta che mi imbarazzava un po', ma in quel momento era la cosa che più si avvicinava a un abbigliamento "decente" per una serata. Guardai l'orologio: le sette e trenta, e non avevo ancora sentito rientrare Miss Anna. "Speriamo non sia successo nulla". Presi la mia borsetta, il mio taccuino nuovo, chiusi la porta di casa e mi incamminai verso l'indirizzo del locale indicatomi da Dean, dove, a dir suo, servivano ottima cucina e birra prestigiosa * "E' uno scherzo vero??" pensai non appena arrivai davanti al locale. Non sono una ragazza che segue sempre quello che si ripromette, ma su una cosa non ho mai avuto dubbi: evitare come la peste tutti quei locali, pub, ristoranti che dir si voglia, che hanno la presunzione di saperne più di te su certe cose. Credevo fosse una cosa da sfigati. O da vecchi. E io non ero vecchia e di sicuro nemmeno sfigata. O almeno lo speravo. Sentivo vacillare le mie stesse convinzioni, e per la prima volta andai contro un mio saldo principio morale: quella regola non doveva mai essere infranta. Quindi, un po' seccata e dispiaciuta per essermi appena inserita nella lista degli sfigati, entrai nel locale, passando proprio sotto l'insegna che riportava, in orribile calligrafia pseudo-celtica il nome : OLD DUBLIN IRISH PUB.
   
 
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