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Autore: Abby_da_Edoras    29/12/2018    8 recensioni
Per vostra grande sfortuna, le mie grinfie e i miei deliri sono arrivati anche su questa serie TV! Sì, voglio sottolineare che mi sono ispirata totalmente alla serie TV e che non voglio minimamente mancare di rispetto ai personaggi storici, però la mia "sindrome da lieto fine" è arrivata a tanto che ho deciso di... fare in modo che la Congiura dei Pazzi non ci sia proprio stata! Come ho fatto ad arrivare a tanto? Beh, con una storia a metà tra la parodia e la commedia, in cui ho inserito un nuovo personaggio, Antonio Orsini, completamente inventato, un ragazzo sensibile, allegro e generoso che si impegnerà totalmente per riconciliare Medici e Pazzi... e ci riuscirà, perché nelle mie storie un lieto fine lo devono avere proprio tutti (e chi lo ha detto che i cattivi non hanno un lieto fine? Con me sì!). Ah, il mio prestavolto per Antonio Orsini è il Romeo del musical Ama e cambia il mondo.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono ad autori, registi, sceneggiatori e produttori della serie TV I Medici 2.
Genere: Angst, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo quarto
Antonio si ritrovò nell’atrio di Palazzo Pazzi e rimase lì a guardarsi intorno, senza sapere bene cosa fare o cosa dire. L’idea che gli era parsa così geniale in partenza adesso cominciava a perdere molto del suo fascino…
“E tu che ci fai qui? Si può sapere come mai ti ritrovo sempre tra i piedi, in un modo o nell’altro?” l’accoglienza calorosa di Jacopo Pazzi gli fece capire ancora di più che, forse, non era stata proprio quell’iniziativa brillante… Eppure Antonio andò dritto per la sua strada e, senza mostrarsi intimorito, rispose con tutta la tranquillità che riuscì a trovare.
“Dovevo parlare con voi, Messer Pazzi” disse.
L’uomo alzò gli occhi al cielo, a metà tra lo scocciato e il divertito… in fondo quel giorno aveva avuto la meglio e poteva anche dimostrare un po’ di pazienza.
“Avrei dovuto immaginarlo… perché te l’ho chiesto? E di cosa dovresti parlarmi con tanta urgenza?”
“Messer Pazzi, io devo chiedervelo, davvero. E’ vero che siete stato voi a organizzare tutto, che avete complottato perché Volterra si ribellasse e poi…”
Quando mai l’aveva detto! Jacopo, incredulo di fronte a tanta sfacciataggine, lo afferrò per un braccio e lo tirò dentro casa, poi lo spinse fino alle stanze più interne e si chiuse la porta dietro le spalle.
Antonio ebbe la vaga sensazione che non sarebbe uscito intero da quel palazzo…
“Ma che ti dice la testa, si può sapere? Mi accusi di una cosa del genere così, dove chiunque potrebbe sentirti” esclamò, fissandolo con occhi che mettevano paura. “Per fortuna è già abbastanza tardi e i contabili della mia banca sono tornati a casa, ma tu… Come osi fare simili insinuazioni, ragazzino?”
“Ho soltanto chiesto se eravate stato voi…” tentò Antonio.
“Certo, una domanda innocente” replicò Jacopo, spazientito. “Ti ha mandato Lorenzo, non è così? Visto che non può provare niente, vuole che confessi per poi denunciarmi ai Priori!”
Antonio sembrò scandalizzarsi a quelle parole.
“Perché credete sempre che sia Lorenzo a mandarmi da voi? Quando sono venuto qui l’ho sempre fatto di mia iniziativa” ribatté, con una tale veemenza da non lasciare dubbi sulla sua più totale sincerità. “Non voglio farvi confessare niente, io non so nemmeno se avete fatto qualcosa e, in caso, sarebbe sempre la mia parola contro la vostra. Sono un forestiero, un ragazzino venuto da Roma, a chi crederebbero, a me o a voi? E comunque, per vostra informazione, io non vi denuncerei mai, mai e poi mai, ma per chi mi avete preso?”
Niente. Antonio finiva sempre per spiazzarlo. La rabbia di Jacopo Pazzi sbollì di fronte a una risposta così disarmante…
“Forse ti ho preso per un Medici, ma tu non lo sei, anche se sei loro amico” disse, in tono più calmo. “Va bene, non ti manda Lorenzo, ma sicuramente hai sentito da lui questi discorsi sul fatto che io sarei coinvolto.”
“Questo è vero, Lorenzo e vostro nipote Francesco hanno cercato un mercante che voi avreste pagato per corrompere Volterra e lo hanno trovato morto, hanno detto che siete stato voi” rivelò candidamente Antonio. “Nessuno può provare niente, però io… ho pensato di chiedervi se fosse vero e in caso vorrei soltanto capire… perché, ecco!”
Ma questo ragazzo dov’è vissuto finora? Non lo sa come funzionano la politica e la vita vera?
“Non voglio impicciarmi di cose che non mi riguardano” riprese Antonio, qui chiaramente sfacciato perché in realtà era esattamente quello che faceva, “e soprattutto non farei mai qualcosa che vi potesse danneggiare. Il fatto è che… ho paura che siate voi, spesso, a fare cose che alla fine vi si ritorcono contro.”
“Giovane Orsini, io non ti capisco proprio. Vieni in casa mia ad accusarmi di tradimento come se niente fosse, poi dichiari che, se mai fosse, non mi denunceresti. Ma si può sapere da che parte stai?”
“Devo proprio stare da una parte? Ve l’ho detto fin dall’inizio, io vorrei che le vostre famiglie si riconciliassero e collaborassero, che le vostre banche si unissero” replicò il ragazzo, con calore. Quello era un argomento che lo motivava particolarmente… “Sarebbe un’opportunità straordinaria per entrambe le famiglie e renderebbe la vostra Firenze una delle città più potenti di tutta Italia. Lorenzo voleva che le vostre banche si associassero per vendere l’allume e ancora non capisco perché voi abbiate rifiutato. Non sarebbe stato un guadagno in più anche per voi?”
“Non potrà mai esserci nessuna alleanza tra Pazzi e Medici. Niente di quello che Lorenzo può offrire sarà mai un guadagno per la mia famiglia” tagliò corto Jacopo, al quale questi discorsi risultavano indigesti.
“Ma perché?” domandò Antonio, facendo, senza saperlo, la domanda da un milione di fiorini d’oro!
“Perché? Perché i Medici sono la rovina di Firenze, perché stanno distruggendo l’intera Repubblica per il loro tornaconto, sono meschini, avidi, intriganti, irrispettosi delle antiche tradizioni della città” si infiammò l’uomo, più o meno come faceva tanto volentieri durante le riunioni del Consiglio dei Priori. “Non si fanno scrupoli di distruggere intere famiglie, come quella di mio cugino Francesco Salviati: suo padre è morto in miseria e sua madre si è uccisa e tutto per colpa dei Medici che li hanno rovinati, perché è questo che loro fanno, ogni volta che fa loro comodo!”
Antonio rimase attonito, come se non credesse fino in fondo a quello che sentiva. Aveva conosciuto Salviati a Roma e in tutta sincerità non gli era per niente simpatico, ma non sapeva che avesse vissuto una tragedia simile: forse avrebbe dovuto mostrarsi più amichevole con lui… E Lorenzo, Giuliano, erano così gentili, possibile che fossero dei mostri come Messer Pazzi li dipingeva? Oddio, era vero che anche loro dicevano più o meno lo stesso di Jacopo…
“Mi dispiace moltissimo per vostro cugino e la sua famiglia, ma sono sicuro che Lorenzo non farebbe mai una cosa del genere” ribatté, convinto.
“Infatti non è stato Lorenzo, è stato suo nonno Cosimo… ma non ha importanza, sono tutti uguali in quella famiglia!” reagì Jacopo Pazzi. “Quindi rispondimi, giovane Orsini, da che parte stai? Sei con me o contro di me?”
Non c’era una risposta a quella domanda. Antonio non poteva scegliere, semplicemente non poteva. Lorenzo e Giuliano erano suoi amici e Messer Pazzi era… beh, era Messer Pazzi, meglio non andare troppo a fondo sui motivi che lo spingevano ad affezionarsi tanto a lui senza quasi conoscerlo. Chissà, forse era anche vero quello che Jacopo Pazzi aveva detto sulla famiglia di Lorenzo… ma proprio per quello Pazzi e Medici avrebbero dovuto allearsi e collaborare, così non sarebbero più accadute cose del genere, si sarebbero controllati e equilibrati a vicenda. Quella era l’unica scelta possibile e l’unica in cui Antonio credeva, ma vallo a spiegare a Jacopo!
C’era una sola risposta da dare, l’unica che gli avrebbe consentito di restare in bilico tra le due famiglie e cercare di stare sempre un passo avanti per impedire agli uni e agli altri di nuocersi.
“Io sono con voi, lo sapete che voglio aiutarvi, ve l’ho detto fin dal primo giorno in cui ci siamo parlati” rispose dunque Antonio. “Ma sono e resterò amico anche di Lorenzo e Giuliano e non smetterò di cercare di portare la pace tra le vostre famiglie.”
“Bene, sei dalla mia parte con qualche riserva, lo posso accettare” disse Jacopo Pazzi, compiaciuto. Forse aveva sottovalutato quel ragazzo, la sua risposta rivelava una capacità di diplomazia non indifferente. “E hai detto che vuoi aiutarmi, non è così?”
“Certo, voglio aiutarvi” confermò il giovane con entusiasmo, “ma a modo mio, perché continuo a credere che la strada che avete intrapreso non vi porterà altro che rovina e io non posso permetterlo.”
“Tieni a me, dunque, anche se mi conosci appena” sorrise l’uomo, che con ogni probabilità non avrebbe permesso a nessun altro sulla faccia della Terra di discutere i suoi metodi, eppure da quel ragazzino si faceva anche fare la predica. “E vuoi renderti utile, addirittura sembra che tu voglia… proteggermi?”
“Con tutto il rispetto, Messer Pazzi, proteggervi da voi stesso, sì” ribadì Antonio, rasserenato. Sembrava che l’avesse presa meglio del previsto e lui si era tranquillizzato. Poi, senza alcun preavviso, si ritrovò schiacciato contro la parete, mezzo sollevato da terra, con Jacopo Pazzi che lo stringeva e lo baciava fino quasi a soffocarlo.
E adesso cosa stava succedendo?
Eppure, in qualche oscuro e inesplicabile modo, Antonio cominciava a rendersi conto che la cosa non gli dispiaceva affatto, che forse era quello che, senza saperlo nemmeno, aveva voluto fin dal principio. La confusione di sentimenti e emozioni che si agitava dentro il ragazzo era alle stelle…
Poi, ancora una volta all’improvviso, Jacopo Pazzi si staccò da lui, quasi respingendolo.
“E’ meglio che te ne vai, giovane Orsini” disse, pure lui evidentemente molto confuso su ciò che voleva davvero.
Antonio aveva messo il pilota automatico e si sentì rispondere senza averci nemmeno pensato un istante.
“Ma io non voglio andarmene, Messer Pazzi!”
“Vattene, ti dico, ragazzo, non sai nemmeno quello che ti potrebbe succedere se non te ne vai” il tono era quello di una sorta di minaccia ma chissà, magari quello era il modo di Jacopo di mostrare il suo interesse per qualcuno…
“No, ma voglio rimanere lo stesso, non voglio che voi restiate solo” ripeté Antonio, che in effetti dimostrava di non sapere assolutamente nulla di ciò che gli sarebbe accaduto. Senza nemmeno capire come ci fosse arrivato, si ritrovò nella stanza e nel letto di Jacopo Pazzi, completamente in sua balia, sovrastato e travolto da un uomo che, anche fisicamente, lo dominava in tutto e per tutto. Quello che provò, principalmente, fu dolore mescolato a un immenso imbarazzo e a una confusione totale, ma in tutto quel caos rimaneva la consapevolezza che, in fin dei conti, stava aiutando Messer Pazzi, lo stava distogliendo dalla sua solitudine e dai suoi pensieri negativi e, quindi, andava bene così.
E in fondo Antonio aveva sempre voluto stargli vicino e, insomma… più vicino di così!
Alla fine di tutto quell’ambaradan, il giovane restò rannicchiato nel letto, ancora sbigottito e incredulo per quello che era successo e non sapendo bene cosa fare o cosa dire.
“Pensi di poter restare qui, stanotte, o a Palazzo Medici verranno a cercarti pensando che, magari, io ti abbia assassinato?” gli domandò Jacopo. Forse non era il massimo del romanticismo, ma era una domanda piuttosto legittima, visti gli ultimi sviluppi della situazione tra le famiglie…
“No, io… nessuno mi cercherà” rispose Antonio, pensando che comunque, la mattina seguente, avrebbe avuto alcune spiegazioni da dare a Clarice e agli amici.
“Va bene, allora resta” fu la laconica conclusione di Jacopo Pazzi.
Ma il ragazzo aveva ancora qualcosa da dire.
“Messer Pazzi, ma voi… voi lo sapete come mi chiamo?”
La domanda colse Jacopo di sorpresa.
“Sei il giovane Orsini, no?”
“Eh… sì, ma il mio nome, il nome di battesimo, lo sapete?” insisté Antonio. Insomma, visto che erano arrivati a una simile confidenza, il minimo era che Messer Pazzi perlomeno sapesse come si chiamava! “Mi chiamo Antonio.”
Questa rivelazione strappò un sorrisetto all’uomo.
“Forse l’avevo sentito, ma no, non lo sapevo per certo. Antonio… curioso, porti lo stesso nome di mio fratello, il padre di Guglielmo e Francesco” disse. Nella sua voce trapelava una certa qual sorpresa… un altro Antonio nella sua vita non se lo sarebbe aspettato di certo.
“Davvero?” anche il giovane sorrise, prendendo quella coincidenza come un segno positivo.
“Sì, una strana coincidenza, non trovi? Bene, ora dormi, ragazzino” concluse Jacopo Pazzi. Ma un pensiero fugace gli balenò in testa per un momento, facendolo sentire bene come non gli succedeva da tanto, troppo tempo.
Un altro Antonio nella famiglia Pazzi…
E, più o meno, fu quello che venne in mente anche ad Antonio stesso, prima di riuscire ad addormentarsi, stravolto dagli accadimenti di quella incredibile e infinita giornata.
Di sicuro era un segnale positivo, come se in qualche modo fosse predestinato a stare vicino a Messer Pazzi, ad aiutarlo e a favorire la pace tra la sua famiglia e i Medici. In fondo, non era quello che aveva sempre desiderato l’uomo che si chiamava come lui? Guglielmo e Francesco lo avevano detto, il loro defunto padre avrebbe voluto che Medici e Pazzi fossero un’unica, grande famiglia.
Adesso lui avrebbe lottato perché questo sogno potesse avverarsi. Toccava a lui…
Fine quarto capitolo
 
 
 
 
   
 
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