Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Holly Marsh    03/05/2005    0 recensioni
Quattro ragazzi diversi. Quattro background diversi. Quattro storie diverse. Quando questi quattro si ritroveranno insieme, la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts non sarà più la stessa. Tuttavia, mentre cresce il potere del mago più malvagio di tutti i tempi, questi quattro amici sono costretti a rendersi conto che ci sono cose più importanti degli scherzi, e che la vita stessa è fragile… Questo è un Prequel alla storia di J.K. Rowling, inizia coi Malandrini da piccoli e li segue, insieme alle loro famiglie e agli amici (e nemici) che si fanno a scuola, nella prima guerra contro Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte. Nota dell’autrice: La stesura di questa storia è iniziata prima della pubblicazione di Harry Potter e l’Ordine della Fenice, e quindi può contenere certi aspetti che non sono concordanti con gli eventi presentati nel quinto libro. Nota della traduttrice (Laura Kanuka): Questa fanfiction è stata originariamente scritta in inglese, e successivamente tradotta in tedesco e in italiano. Per chi fosse interessato alla versione originale, può trovare il link sotto il profilo dell’autrice.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Prequel, Parte 4: Ramoso

Prequel, Parte 4: Ramoso

 

1 - La fuga di Bridget

 

Bridget aprì la porta e guardò ansiosamente nel corridoio. Ascoltò attentamente, cercando di cogliere anche i più piccoli rumori, fino a ingrandirli nella sua mente e farli diventare dei suoni minacciosi. Però era sicura - sicura come non lo era mai stata - che al momento non c'era nessuno in casa eccetto lei. Lui era uscito proprio come aveva detto.

Raccolse da terra un borsone piuttosto ampio foderato con una stoffa a fantasia di rose. La borsa conteneva le uniche cose buone che fossero uscite dalla sua relazione con quel… quell'uomo odioso. Si chiedeva spesso come avesse fatto a essere così cieca da non vedere la malvagità in lui. Perché non aveva visto quello che lui era prima di sposarlo? Di sicuro il suo testimone di nozze avrebbe dovuto insospettirla… Dopotutto, forse suo padre e i suoi amici avevano ragione. Forse lei era troppo giovane per sapere cosa era bene per lei.

Si era rovinata con le sue mani, ma non aveva intenzione di continuare così. Odiava rompere la solenne promessa che aveva fatto in chiesa, ma non avrebbe lasciato in nessun modo che suo figlio crescesse accanto a un padre come quello. Doveva tenerlo al sicuro da quel mostro. Per fortuna non era stata costretta a confessargli di essere incinta, ancora non era evidente, altrimenti…

Non, faceva meglio a non pensarci. Doveva fuggire, e velocemente anche, prima che lui ritornasse.

Una sera piovosa di circa due mesi più tardi, la signora Hilda Hammersmith di Cheapside, Londra, si sorprese nel vedere una ragazza dall'aria desolata con indosso un impermeabile consunto seduta sulla soglia di casa sua, mentre ritornava da una visita molto piacevole all'amica Maureen Dodd, che abitava proprio dietro l'angolo.

"Davvero," pensò, saltando automaticamente alla conclusione che la ragazza aveva bevuto troppo, "i giovani d'oggi non hanno alcun senso del decoro."

"Mi scusi," disse alla ragazza con voce scostante.

La giovane ebbe un sussulto e si alzò in piedi, toccandosi la pancia con una mano e tenendo stretto con l'altra un borsone. La luce di un lampione le illuminò il volto, che era pallido e imperlato di sudore. I suoi riccioli castani erano umidi per la pioggia e si attaccavano alle guance scavate, e gli occhi castani girarono lo sguardo da un'altra parte. Inciampò sui gradini, e la signora Hammersmith sifece subito avanti per aiutarla.

Certo, disapprovava queste ragazze giovani che non sapevano vestirsi bene e non sapevano come vivere la vita - bevevano come uomini nei pub il sabato sera, e assumevano perfino delle droghe, così aveva sentito. Tuttavia si considerava una buona cristiana, per cui considerava suo dovere aiutare i bisognosi. Ed era dai tempi della guerra che non vedeva una giovane in così cattivo stato e bisognosa d'aiuto. Era chiaramente incinta, e completamente sola in una notte di vento e di pioggia a Londra. Non aveva nemmeno un ombrello!

"Ferma lì," disse, prendendola sottobraccio e guidandola all'asciutto sotto la tettoia.

"Non dovresti andartene là fuori in una notte come questa. Lascia che ti chiami un taxi."

"No," rispose la ragazza con voce debole, arretrando contro il muro. "Grazie."

"Ma - almeno lascia che io telefoni a tuo marito, così può venire a prenderti."

"No!" La ragazza sembrò riprendersi per un momento. "Quello no, no," pregò, stringendo forte il braccio dell'anziana signora.

"Per favore, non gli dica dove mi trovo," insistette, con una strana luce negli occhi. "Non deve trovare né me, né il bambino. Lei - lei non gli dirà dove sono, vero?"

"Molto bene," acconsentì riluttante la signora Hammersmith. "Ma dece esserci qualcun altro. I tuoi genitori, amici…"

La ragazza esitò per un attimo. Suo padre. C'era suo padre. Ma no, era meglio di no. L'aveva ripudiata quando lei aveva deciso di sposare quell'uomo contro il suo volere. Calmandosi un po' e appoggiandosi ancora contro il muro, rispose con rassegnazione,

"No. Niente genitori. Niente amici. Nessuno." Sospirò. "Meglio che me ne vada."

"Oh no, no davvero," obiettò la signora Hammersmith, affarrandola per un braccio e aprendo la porta. "Tu vieni dentro con me finchè non ti troviamo un posto adatto. Sei bagnata e febbricitante, non dovresti stare in giro sotto la pioggia nelle tue condzioni. Entra."

Troppo debole pe protestare, La ragazza si lasciò trascinare dentro, fino a un appartamento al quinto piano. Si sarebbe ricordata solo in modo vago di quella notte e dei giorni che seguirono. La prima volta che aprì gli occhi e si rese veramente conto di dov'era era il sabato successivo.

Bridget sbattè le palpebre. Un raggio di sole stava colpendo il letto, attraversando il vetro della finestra ancora picchiettato di pioggia. Si guardò intorno, osservando la stanza che non le era familiare. C'era una piccola sveglia che ticchettava sul comodino. Lesse l'ora: le nove di mattina. Dove si trovava? Non ricordava quasi niente da quando aveva lasciato la casa di suo marito. C'era stato un flusso ininterrotto di giorni, uno dopo l'altro, tutti pieni di preoccupazione, mentre si girava per guardarsi alle spalle, come aspettandosi di vederlo lì, pronto a riportarla inditro e a farle pagare il fatto di aver tentato la fuga. E come gliel'avrebbe fatta pagare, semmai l'avesse trovata!

Sentì dei passi fuori dalla stanza, e lentamente venne aperta la porta. Entrò una signora ormai anziana, vestita con un tailleur di tweed, con un paio di occhiali rotondi dalla montatura di tartaruga sul naso dritto e i capelli grigi.

"Buongiorno," disse la strana donna.

"Bu-buongiorno," balbettò Bridget.

"Sono la signora Hammersmith," continuò la donna, sedendosi sull'orlo del letto. "E tu?" chiese sorridendo.

"Mi chiamo Bridget," fu la risposta esitante. "Bridget Potter."

Sì, avrebbe usato quel cognome d'ora in avanti. Il cognome di sua madre da nubile. Di sicuro lui non si sarebbe aspettato una cosa del genere. Aveva lasciato suo marito e il suo cognome dietro di lei, anche se forse la signora aveva capito che stava dicendo qualcosa di non vero.

"E come stai stamattina?"

"Molto meglio, grazie. Ho un grande debito verso di lei, ne sono sicura. Però devo confessarle che non ricordo assolutamente come ho fatto ad arrivare fin qui."

"Per forza, " sorrise Hilda Hammersmith. "Hai avuto la febbre per diversi giorni."

"La febbre? Oh no, io… "

Sembrò spaventata, ma l'anziana signora, indovinando le sue paure, la rassicurò.

"Non preoccuparti. Il dottore dice che il bambino sta bene."

Bridget emise un sospiro di sollievo, e fece finalmente un sorriso anche lei.

"Allora sono ancora più in debito di quanto credessi, signora Hammersmith. Vorrei trovare il modo di ripagarla. Purtroppo però non ho neanche un penny con me."

"Non ho mai pensato che tu potessi darmi del denaro," rispose la signora Hammersmith. "Ora però non preoccuparti. Sei stata male questa settimana, e devi riprendere le forze. Per ora puoi stare qui. Mi è sempre dispiaciuto lasciare vuota questa stanza. Le camere da letto in più non sono molto utili in un appartamento a Londra, e io non ho mai avuto figli… Beh, sei la benvenuta e puoi restare, se vuoi."

"Grazie," disse Bridget. "È molto gentile da parte sua."

2 - Friday's Child

 

Monday's child is fair of face

Tuesdays' child is full of grace

Wednesday's child is full of woe

Thursday's child has far to go

Friday's child is loving and giving

Saturday's child works hard for a living

But the child that is born on the sabbath day is bonny and blithe and good and gay.

 

Bridget rimase a vivere dalla signora Hammersmith per un po' di tempo. Non aveva nessun posto dove andare, e sarebbe stato difficile per lei trovare un lavoro nel mondo babbano sola e con unfiglio in arrivo. Ma anche vivere con l'anziana donna aveva i suoi rischi, infatti Bridget era determinata a tutti i costi a non farle scopire nulla d'insolito sulla sua coinquilina.

Suo figlio nacque un venerdì verso fine giugno. La signora Hammersmith lo adorò da subito. Il suo entusiasmo per le piccole dita e i rumorini gorgoglianti che il piccolo faceva non era comunque paragonabile a quello che provava Bridget.

Spesso si sedeva e lo cullava tra le braccia, guardando il suo viso mentre dormiva in pace, sicuro e inconsapevole dei pericoli nel mondo intorno a lui. Agli occhi di sua madre, era la cosa più fantastica che avesse mai messo piede sulla terra, e quando iniziò a crescere, si rese conto che aveva ereditato i capelli neri di suo padre ma per fortuna nessun tratto del carattere di quell'uomo.

Quando il bambino compì un anno, Bridget decise che era ora di trasferirsi. Aveva approfittato fin troppo della gentile ospitalità della signora Hammersmith, inoltre temeva che un piccolo mago avrebbe potuto causare strani incidenti in casa, cose che non avrebbe potuto giustificare facilmente. Così, quando si svuotò un appartamento al piano più alto dello stesso edificio, sia lei che il piccolo si trasferirono là, e diventò un appartamento molto felice, perché il bambino amava la madre almeno quanto lei amava lui, e donava amicizia e allegria a chiunque lo incontrasse. Era buono e affezionato, nel cuore se non nelle azioni, perché non c'era niente che amasse di più che fare scherzi agli altri inquilini.

Nella maggioranza delle occasioni la signora Hammersmith era la sua vittima, ma lei rideva e si divertiva agli scherzetti infantili che il piccolo le faceva.

"Hai un figlio in gamba, mia cara," disse una volta a Bridget, "e sarà un uomo in gamba quando sarà cresciuto. Non per niente è nato di venerdì (Friday's child, NdT), e sai quel che si dice, vero?"

L'espressione di Bridget si fece interrogativa.

"I nati di venerdì sono amabili e generosi," disse la signora Hammersmith.

Bridget sorrise orgogliosa. Sì, era la descrizione del suo bambino.

 

 

3 - A scuola

 

James Potter scese correndo le scale di un anonimo condomino di Londra e si fermò appena in tempo per evitare di scontrarsi con la signora Hammersmith, che stava salendo dal quarto piano.

"Mi scusi!" ansimò.

L'anziana signora rise.

"Va tutto bene, ragazzo mio. Ma che cosa ti è successo? Sembra che qualcuno ti stia inseguendo."

James si sistemò gli occhiali sul naso e ghignò.

"Non ancora, signora Hammersmith. Ma forse qualcuno ci sarà se non mi sbrigo a uscire. La mamma sarà furiosa con me se faremo ritardo."

"Beh, allora sbrigati, ragazzo. Inizi la tua nuova scuola domani, non è vero? Dov'è che stai andando già?" chiese con aria furba.

"Mi scusi, signora Hammersmith," disse lui evasivo. "Devo scappare sul serio."

Mentre si affrettava giù per le ultime rampe di scale, cercando nel frattempo - e come al solito fallendo - di appiattire i suoi arruffati capelli neri, James ringraziò dentro di sé la sua buona stella per aver potuto evitare senza sembrare maleducato l'argomento della scuola dove stava per andare domani. E in realtà non poteva dirglielo, anche se era una signora estremamente gentile, la conosceva da tutta la vita e le era molto affezionato. Tuttavia era una babbana, e ciò significava che non poteva uscirsene con frasi tipo "Andrò a Hogwarts, Scuola di Magia e Stregoneria". Voleva urlare dalla gioia al solo pensarci. Hogwarts! Era stato meraviglioso quando la lettera era arrivata. Sua madre era così orgogliosa di lui, e ora stavano andando a Diagon Alley a comprare alcune cose che gli sarebbero servite: due soprabiti neri da indossare sulla divisa, un calderone, libri - e una bacchetta tutta sua. Scese in strada con un ampio sorriso stampato sul volto.

"Ah, eccoti qui," disse sua madre. "Pensavo che non saresti mai arrivato."

"Stai scherazando, mamma!" rise lui.

Bridget fermò un taxi e poco dopo viaggiavano attraverso il traffico londinese, diretti a un luogo di cui l'autista non poteva sospettare l'esistenza.

Il Paiolo Magico. James ci era già stato, ma ogni volta lo affascinava. Avendo trascorso tutta la vita in un appartamento in stile babbano con sua madre, provava sempre gioia nel vedere così tante personae non babbane raggruppate in un solo posto. Come al solito, il luogo era affollato con maghi e streghe di ogni tipo. Maghi con alti cappelli, streghe con cuffie strette da un fiocco. Maghi con la bombetta, streghe con alti copricapi a cono. C'erano perfino alcuni goblin in giro.

James e sua madre si mossero dall'ingresso verso la porta posteriore. Entrarono in un piccolo cortile sul retro, con un murodavanti a loro, e sua mdre toccò alcuni mattoni con la bacchetta. Il muro si ritrasse, e un istante dopo erano a Diagon Alley.

Era come stare dentro a un vecchio racconto di Dickens. Case di ogni forma e dimensione costruite una accanto all'altra si affacciavano su una strada stretta, c'erano persone ovunque, che chiacchieravano e passeggiavano, che spingevano per farsi strada o allungavano il collo per vedere le vetrine. Si sentivano stridere i gufi e si vedevano uccelli tubare e volare qua e là, e si sentiva perfino una strana musica nell'aria. Sua madre James lo prese sottobraccio, e si avviarono in mezzo alla fitta folla verso un edificio bianco e alto, che stava all'angolo della strada - praticamente l'unico edificio che non sembrasse cascante o pittoresco. Gringotts, la banca dei maghi.

James guardò i goblin dietro al lungo bancone. Si chiese immediatamente perché creature così piccole insistessero nel volere tavoli così alti, ma quando lui e sua madre ne raggiunsero uno - e la sua faccia dal naso ricurvo e dall'espressione arcigna apparve dall'alto di uno di quei tavoli - James comprese che lo facevano per apparire più autorevoli e severi. Non che ce ne fosse bisogno, in realtà. Piccoli mostri rugosi.

Sua madre disse il numero della loro camera blindata, e in poco tempo stavano già uscendo dalla banca, con zellini e galeoni che tintinnavano nella borsa di Bridget e lo stomaco di James sottosopra. A dire la verità quei carrelli che ti conducevano nel sottosuolo fino alle camere blindate erano un po' troppo veloci.

"Bene, mio caro," disse sua madre prendendogli la mano e mettendogli alcune monete sul palmo. "Queste dovrebbero bastare per i vestiti. Madam Malkin è proprio là."

Puntò con il dito.

"Io invece vado a comprarti i libri mentre tu compri i vestiti. Basta che tu dica che sono per Hogwarts, sapranno quello che ti serve. Ci vediamo là. Va bene?"

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Holly Marsh