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Autore: Herm97    17/02/2019    0 recensioni
Lei si trasferisce.
Lei incontra lui.
L'ultimo anno da liceali, e il diploma non è per niente vicino.
(Potete trovare la stessa storia su Wattpad - IAmTavi)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Theodore

 

Sollevo lentamente la mano e mi porto la sigaretta alle labbra, il fumo che raggiunge i polmoni in un paio di secondi. Una piacevole sensazione di tranquillità prende possesso del mio corpo, facendomi sentire in pace col mondo intero. Lascio passare quindici secondi e poi alzo la testa verso il cielo: una nuvoletta bianca esce dalle mie labbra, aleggia nell'aria e infine sparisce.

Ripeto lo stesso processo tre o quattro volte, e non appena ho finito spengo il mozzicone nel posacenere che ho appoggiato sulla ringhiera del balcone. Medito sull'accendermi un'altra sigaretta, ma poi cambio idea e mi dico che è ora di andare a letto. Non è tardi e non ho nemmeno sonno, ma una bella dormita è quello che ci vuole.

Prendo il posacenere e lo porto in camera, abbandonandolo sul mobile che ospita vecchi trofei di baseball e dvd che non guardo da anni. Mi gratto il torace mentre raggiungo il letto, ricordandomi che più di un'ora fa mi sono tolto la maglietta mollandola da qualche parte nella stanza; prima di buttarmi sul morbido materasso mi tolgo anche i pantaloncini.

Quando la mia pelle entra in contatto col lenzuolo sorrido, constatando che è fresco e accogliente. Infilo le braccia sotto il cuscino e mi lascio andare ad un sospiro rilassato, gli occhi che si chiudono praticamente da soli.

Sogno il termine di un pomeriggio caldo e afoso, la pelle liscia e sudata di una ragazza che si strofina contro la mia, della musica che risuona da qualche parte, in sottofondo. Delle labbra si muovono insieme alle mie, e di tanto in tanto si piegano in un sorriso.

«Theo»

Una voce femminile mormora il mio nome più e più volte, l'alito caldo e dolce che si infrange prima sulla mia bocca e poi sul mento. Sotto lo stomaco si crea una sensazione eccitante, so che tra poco mi scioglierò in una pozza di piacere puro. Il letto cigola un paio di volte, delle unghie mi graffiano piano le spalle.

Dalla bocca della mia misteriosa compagna esce un gemito soffocato e, quando il mio cervello registra quel suono, capisco che sto per scoppiare.

«Non ancora» sussurra lei, leggendomi nel pensiero. «Non ancora, Theo»

E allora lo ripeto anch'io, nella mia mente: Non ancora, Theo. Non ancora.

Le mordo delicatamente il collo e respiro il suo profumo. La sua risata, leggera e melodiosa, invade la stanza. Faccio scivolare piano una mano su tutto il suo corpo, partendo dal collo e passando sopra a un seno; quando arrivo alla coscia, lei infila una mano fra i miei capelli e li tira piano.

«Theo» le sfugge un'ultima volta, prima di lasciarsi andare con un tremolio e, infine, con il relax più totale.

A quel punto, col fiatone e un sorriso compiaciuto, decido di aprire gli occhi. Vedo capelli arancioni e lunghi, naso e parte del viso coperti da lentiggini, pelle chiara come la luna e iridi di due colori diversi: una verde e l'altra marrone. Il rossetto rosso sulle labbra è sbavato.

Registro chi è. «Heidi?»

Mi sveglio di soprassalto, rendendomi conto che tutto quello che ho appena vissuto fa semplicemente parte di un sogno. Ho comunque il fiato corto e il cuore che va a mille, la fronte è imperlata di sudore e una delle mie mani è pericolosamente vicina all'elastico dei boxer.

Adesso la musica è svanita, il caldo e l'afa non ci sono più. Dalla porta-finestra che ho lasciato spalancata entra un'aria fresca, muove piano le tende e raggiunge i fogli che ricoprono la scrivania. Mi metto seduto e allungo il collo: il cielo è ancora coperto di stelle, ma della luna neanche l'ombra.

Chiudo gli occhi per una manciata di secondi e cerco di riprendere il controllo, sforzandomi in tutti i modi di non rivivere il sogno appena fatto. Il problema è che ancora mi sembra di sentire il respiro di Heidi, le sue labbra sulle mie, la sua risata e il modo in cui mi chiama tra un sospiro e l'altro. La domanda "Come mai c'era Heidi e non Vanessa?" mi muore sulle punta della lingua.

Decido di liberare la mente così da poter tornare a dormire e torno a stendermi, ma dopo dieci minuti capisco che il sonno non ha nessuna intenzione di accogliermi fra le sue braccia. Sbuffando, mi trascino fuori dal letto e recupero posacenere, accendino e pacchetto di sigarette.

Una volta fuori mi chiudo alle spalle la porta-finestra, così da non far entrare il fumo in camera mia. Ancora ricordo il giorno in cui i miei genitori mi hanno beccato a fumare: mia madre era sull'orlo delle lacrime e mio padre aveva la faccia rossa per la rabbia. Ogni sera dovevo sorbirmi una ramanzina dopo l'altra. Alla fine siamo arrivati ad un compromesso: niente fumo o cenere in casa, e a me sta benissimo.

Sto ancora pensando a quella volta in cui mia madre non ha fatto che chiedermi se fumassi spinelli, oltre alle sigarette, che mi rendo conto che sto fissando il balcone di fronte al mio. La porta-finestra è spalancata, le tende si muovono piano e, da qualche parte della stanza, c'è una lampada accesa.

«Che cosa stai facendo, Heidi Granger?» domando a bassa voce, appoggiando il posacenere alla ringhiera.

Dal pacchetto tiro fuori una sigaretta e me la porto alla bocca, un secondo dopo la sto già accendendo. Insipiro ed espiro, inspiro ed espiro, il fumo che entra ed esce dal mio sistema. Delle piccole nuvolette bianche lasciano le mie labbra e svaniscono nell'aria, la calma più totale che prende il sopravvento.

Spendo un momento per rivivere quella scena di qualche sera fa, quando Heidi e Jaime se ne stavano sul balcone a ballare una delle canzoni di Michael Jackson. Se mi concentro posso ancora vedere le loro espressioni: lui che ride ogni due per tre, lei che se ne frega completamente di chi la sta guardando – e giudicando, nel caso di Vanessa.

Posso ancora vedere i capelli arancioni di Heidi che le cadono sulla schiena come una cascata, le sue iridi, una marrone e l'altra verde, che si fondono per un misero secondo con le mie.

Nella stanza di Heidi torna l'oscurità, segno che lei ha appena spento la lampada. Rimango in silenzio, trattenendo persino il respiro, e ascolto. Purtroppo però, il mio udito non capta assolutamente nulla. Attendo qualche altro minuto e mi accendo una seconda sigaretta. Ho praticamente deciso di arrendermi quando, assottigliando lo sguardo, mi accorgo di una figura scura che si sposta verso la porta.

«Dove stai andando, Heidi Granger?» domando nuovamente, piegando leggermente il capo – cosa che faccio sempre, quando c'è la curiosità di mezzo.

Mi pare di vedere la porta di camera sua che viene aperta e poi richiusa, e qualche minuto dopo una macchia arancione che si avvicina alla piscina dei Granger attira la mia attenzione. Accendo la terza sigaretta mentre lei si siede sul bordo, immergendo piedi e parte delle gambe nell'acqua. Si lascia andare e sospira, i palmi delle mani che sfiorano l'erba e lo sguardo fisso al cielo.

Mi chiedo a cosa stia pensando, come mai sia sveglia a quest'ora e per quale motivo se ne stia lì tutta sola. Da quando lei e la sua famiglia si sono trasferiti qua accanto, Heidi non ha fatto altro che isolarsi. Spesso, quando io e Kaden andiamo da Jaime per giocare alla play, o anche solo per fare quattro chiacchiere, lei si chiude nella sua stanza ed esce solo poche volte.

Forse le manca casa sua, rifletto. E subito mi rendo conto che è l'opzione più plausibile.

Resto ad osservarla da lontano, standomene coi gomiti appoggiati alla ringhiera del balcone. Nonostante una piccola parte di me vorrebbe raggiungerla, il mio cervello mi consiglia di starle lontato per adesso – e non solo per quel sogno che ho fatto.

Heidi smette di guardare il cielo e abbassa il capo, i capelli le cadono ai lati del capo e le mani raggiungono in fretta il viso. Assottiglio lo sguardo e mi rendo conto che le spalle hanno iniziato a muoversi su e giù, scosse da silenziosi singhiozzi.

Mi mordo un labbro: e adesso che faccio?

Medito se scendere per andare a parlarne, rifletto sui pro e i contro e, istintivamente, tiro fuori un'altra sigaretta dal pacchetto e me l'accendo. Arrivato a metà, annuisco e mi dico che adesso la raggiungo e le chiedo che cos'ha, ma Jaime sbuca all'improvviso e le si avvicina. Prende posto accanto alla sorella e le mette un braccio sulle spalle, confortandola come solo lui sa fare; Heidi non ci pensa due volte e, girandosi verso di lui, lo stringe in un abbraccio.

Lo prendo come un segno.

Spengo la sigaretta nel posacenere, riapro la porta-finestra e torno a letto.

°*°

Il mattino seguente mi sveglio con la gola secca, la mascella serrata. Nonostante abbia la bocca chiusa, riesco a percepire il mio orribile alito: vorrei correre a lavarmi i denti, ma i muscoli delle gambe mi pregano di prendermela con calma, di non fare tutto di fretta – li assecondo.

Rimanendo ancora sdraiato, allungo un braccio verso il comodino per prendere i miei occhiali. Sbadiglio un paio di volte, allungo gli arti il più possibile e, solo allora, mi tiro su a sedere.

Dalla porta-finestra entrano i raggi del sole e il canto degli uccellini, le che tende si muovono piano, scosse da una leggera brezza estiva. Vorrei uscire e andare a prendere una boccata d'aria, ma il mio stomaco decide che forse è meglio scendere per la colazione. Un minuto più tardi, infatti, sto entrando in cucina, accompagnato dall'ennesimo sbadiglio.

Nell'aria c'è profumo di brioche alla marmellata appena sfornate e caffè caldo, accanto ai fornelli c'è un piatto con su una pila di pancake. Il mio stomaco fa un salto di gioia, festeggiando quelle prelibatezze che mia madre deve aver preparato prima di andare al lavoro; in tempo record mi sono già preso forchetta e coltello, i pancake e lo sciroppo d'acero.

Finisco di fare colazione con calma, spostando diverse volte lo sguardo verso la casa dei Granger. Da qui posso vedere la loro cucina e, se assottiglio lo sguardo, anche parte del loro salotto: sembra tutto così silenzioso. Qualche minuto più tardi però, mentre sto finendo di bere il caffè, vedo Heidi che si avvicina ad un mobiletto per prendere un bicchiere, poi va verso il rubinetto e fa scorrere l'acqua.

I capelli sono legati in una coda alta e stretta, qualche ciuffo è però scappato alla presa dell'elastico – lei non fa che portarseli dietro l'orecchio, dato che le cadono sul viso in continuazione. Le labbra sono piegate in un sorriso appena accennato, rilassato e calmo; tiene gli occhi puntati verso qualcosa che io, da qui, non posso vedere.

Sposto lo sguardo sul suo corpo, osservando gli stessi indumenti che indossava il giorno in cui l'ho vista andare a correre. I pantaloncini le stanno alla perfezione, la maglietta anche: mettono in risalto le sue curve. Per un attimo mi chiedo come sia la sua pelle al tatto, mi chiedo se è profumata come lo era nel mio sogno, poi scuoto il capo per levarmi il pensiero dalla mia testa.

Jaime la raggiunge con gli occhi pieni di sonno, i capelli arruffati e un enorme sbadiglio. Le lascia un bacio sulla fronte prima di prendere una scodella da un mobiletto e una scatola di cereali da un altro. Jaime va a sedersi a tavola, le dice qualcosa e lei, scoppiando a ridere, alza una mano e gli mostra il dito medio.

«Ti prego, dimmi che hai qualcosa da mangiare!»

Il mio migliore amico entra in cucina con le mani allo stomaco, sul viso l'espressione di chi non tocca cibo da giorni. Lo guardo corrugando la fronte, chiedendomi come mai non l'ho nemmeno sentito arrivare – né il motore della sua auto, né la porta d'ingresso... assolutamente nulla.

Forse ero troppo concetrato sui fratelli Granger nella villa accanto, penso.

Gli faccio un cenno col capo, indicandogli le brioche alla marmellata. «Prendine quante ne vuoi»

Kaden non se lo fa ripetere due volte e in meno di un secondo ha già mangiato metà di un cornetto. Divertito, mantengo lo sguardo sul mio migliore amico: ha la marmellata ai lati della bocca, addirittura sulla punta del naso; finito il primo cornetto si guarda le mani e decide di leccarsi le dita per pulirsi dallo zucchero. Alla fine, di brioche ne rimane solo una.

«Di caffè ce n'è ancora?» mi chiede, e senza aspettare risposta va alla macchinetta e si prepara una bella tazza del luquido scuro.

«Ma non potevi fare colazione a casa tua?» gli domando, finendo l'ultimo pancake.

«L'ho fatto» replica lui, con lo stesso tono di chi sottolinea l'ovvio.

Annuisco e torno a guardare casa Granger, ma la cucina è tornata ad essere vuota e silenziosa. Evito di chiedermi dove siano andati Heidi e Jaime e decido di alzarmi, lasciando piatto e tazza nel lavandino. Aspetto che anche Kaden faccia lo stesso, con la tazza di caffè che ha preso poco fa, e poi gli faccio segno di seguirmi in camera mia.

«Non andiamo da Jaime a giocare alla play?» mi chiede Kaden, mentre saliamo le scale.

Io scuoto il capo ed entro in camera, andando direttamente all'armadio per prendere qualcosa da mettermi – perché sì, sono ancora in boxer. Trovo una maglietta nera e un paio di pantaloncini bianchi che possono andar bene per la giornata, tanto più tardi dovrò cambiarmi per l'allenamenti.

«Ho promesso a Vanessa che saremmo andati in centro a fare un giro» spiego, infilandomi calze e scarpe. «Ha detto che avrebbe portato un'amica per te. Sapeva che saresti venuto qui, perché sei sempre a casa mia, e allora mi ha chiesto dirtelo»

Kaden alza gli occhi al cielo, esasperato. «Non è la prima volta che Vanessa si diverte a fare Cupido, Theo. L'ultima che mi ha fatto conoscere me la sono trovata sotto casa alle tre di mattina: si è attaccata al citofono e non se n'è andata fino a quando mio padre non ha minacciato di chiamare la polizia»

«Questa volta è diverso» replico, cercando di trattenere un sorriso divertito. «Mi ha assicurato che non è una pazza come quella là»

Lui scuote comunque il capo. «E' inutile che provi a farmi cambiare idea, Theo: non ci vengo e basta»

Da quando ha conosciuto l'amica di Heidi, attraverso Skype, Kaden non ne vuole sapere delle altre ragazze di qui. Continua a ripetermi che Desiree – la ballerina dai capelli blu – è perfetta per lui: spiritosa, bella, molto intelligente e talentuosa. Da una parte sono contento per lui, perché hanno molte cose in comune e si parlano da mattina a sera via messaggio, ma dall'altra ho sempre paura che qualcosa possa andar storto. Inoltre, bisogna tenere in conto anche la distanza.

«E allora che farai tutto il pomeriggio?» gli chiedo.

Kaden si stringe nelle spalle, poi il suo volto si apre in un sorriso. «Vado da Jaime e Heidi e sto con loro fino a quando non è ora di andare al campo per gli allenamenti»

Annuisco senza aggiungere altro e nel frattempo rifletto sul da farsi. Non ho moltissima voglia di passare il resto della giornata con l'amica di Vanessa, in realtà; se fossimo stati solo io e la mia ragazza ancora ancora, ma senza il mio migliore amico so già che mi toccherà fare quello che da pareri su questo o su quest'altro vestito – e magari persino tirare fuori i soldi come al solito.

No, adesso mando un messaggio a Vanessa e le dico che oggi non si fa nulla.

«Andiamo» dico a Kaden, facendogli un cenno verso il piano inferiore di casa mia. Lui mi domanda silenziosamente dove lo sto portando e io, stringendomi nelle spalle, gli rispondo: «Dai Granger»

°*°

Heidi entra in camera di suo fratello come una furia, buttandosi sul letto a peso morto. Incrocia le braccia al petto e, come una bambina piccola, batte le gambe sul materasso, con forza. Io e Jaime ci giriamo verso di lei, confusi, mentre Kaden continua a giocare alla play.

«Regina ha deciso di dare un party, a casa sua» spiega.

Io la guardo, confuso, perché non ho idea di cosa stia parlando.

«E ha invitato tutta la famiglia» sbuffa. Si gira verso di me e assottiglia lo sguardo, quasi fosse colpa mia il fatto che mia madre ha deciso di dare una festa – forse per dare il benvenuto nel quartiere alla famiglia Granger. «Io odio questo genere di party»

«Heidi, smettila» la rimprovera suo fratello. «Non è colpa di Theo»

«Non posso prendermela con Regina, no?» si lamenta lei, mettendosi a sedere. «O con la mamma per aver accettato»

«Ma non puoi nemmeno prendertela con me, Shortcake!» replico io, assottigliando lo sguardo. «Insomma, io neanche sapevo ci sarebbe stata una festa fino a quando non l'hai menzionata te»

«Come l'hai chiamata?» interviene Kaden, schiaccia il pulsante pausa e il suo omino sullo schermo della tv si blocca. Sorridendo divertito, si volta verso di me e ripete: «Shortcake

Jaime scuote il capo e richiama l'attenzione di tutti. «Ci andremo, Heidi. Fine della storia»

Heidi incrocia le braccia al petto con fare testardo, alza un poco il mento e dice: «Se non posso uccidelo per la festa organizzata da sua madre, allora posso farlo per aver usato quello stupido nomignolo»

Io sorrido, divertito. «Ma se lo adori»

   
 
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