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Autore: Schifottola    18/02/2019    3 recensioni
Kurt, nato e cresciuto a New York, vive solo con la madre, Elisabeth Calhoun, ma dopo che lei muore scopre di essere figlio di Burt Hummel, un meccanico nella cittadina di Lima in Ohio. Costretto a seguire il padre si trova catapultato in una realtà provinciale e bigotta in cui la sua omosessualità non è ben vista e crea motivo di attrito e non accettazione nella sua nuova e detestata famiglia. Un giorno incontra Blaine, un ragazzo ingestibile, spesso protagonista di episodi spiacevoli. Kurt, scoprirà che a Lima, dove la gente non fa altro che parlare, colui che ha più da dire è proprio Blaine, muto selettivo che pur non usando la parola è capace di discorsi che sanno arrivare al cuore.
Tra situazioni tragicomiche Kurt e Blaine si conoscono, stringono amicizia, si innamorano e scoprono che il passato di Lima e di Elisabeth Calhoun e la Banda, i suoi amici di gioventù, è pieno di fatti mai sopiti che influenzeranno il loro presente portando delle conseguenze sull’intera cittadina.
Genere: Commedia, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Burt Hummel, Carole Hudson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Sebastian/Thad
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Gli Hummel erano un po’ straniti dal gruppo dei Newyorkesi che erano così rumorosi ed eccentrici.
Burt si era preso tempo per studiare soprattutto Thad e Sebastian.
“Che sciocca! – Blanche esclamò teatralmente. – Mi stavo per dimenticare che domani sera arriverà qui Isabelle e vorrebbe portarvi tutti fuori a cena.”
“Ma non ce n’è bisogno. - fece Carole prontamente. – posso cucinare io per tutti.”
“Non ti preoccupare signora Hummel. Io e Thad abbiamo cercato quali ristoranti ci fossero qui a Lima e abbiamo fatto la prenotazione al Breadstix.”
“Già su Trip Advisor ha delle belle recensioni. - convenne Thad.- Speriamo che sia buono.”
“Ma non dovevate.” disse Carol con timidezza.
“Isabelle ci teneva.” Spiegò Blanche.
“Chi sarebbe questa Isabelle?” Molly chiese molto interessata e a risponderle ci pensò Burt.
“La vicina di casa di Elisabeth e Kurt a New York, una cara amica di famiglia. Quella signora di cui ha parlato anche Etienne.”
“Sì, ora che me lo ricordi mi è tornato in mente.”
“Oh Isabelle è più di un’amica di famiglia per Kurt. – esordì Carmen. – Kurt la chiama zia.”
Blanche colse l’espressione di Burt incupirsi e per sedare gli animi aggiunse:
“Certo capiamo che è difficile sentire tutto questo, soprattutto perché abbiamo vissuto con Kurt momenti che sarebbero stati destinati a te a Carole e ai tuoi genitori.”
Carole sobbalzò quando si sentì chiamare in causa ma nessuno se ne accorse perché suo marito rispose alla donna.
“Mi sento derubato e sono molto geloso e arrabbiato. Sentire tutto questo mi rende triste perché io non avrò mai la possibilità di riavere quei momenti per me.”
A sorpresa di tutti a rispondere a Burt ci pensò Sebastian.
“Ma il passato non si può cambiare. Quindi perché arrovellarsi tanto? Fai il tuo meglio nel presente e Kurt ti amerà… forse. Anche perché il tuo meglio al momento è discutibile. - Sebastian si sentì pizzicare il fianco da Thad e subito, con le mani alzate, aggiunse. - Senza offesa signor Hummel.”
Burt non sembrò dare peso alle parole del ragazzo e invece chiese:
“Kurt? Amarmi? Non credo che succederà mai.”
Thad provò pena per l’uomo e capì che anche il suo ragazzo dovesse aver pensato la stessa cosa e per un momento mise da parte la sua antipatia e cercò di consolarlo.
“Diciamo che non siete partiti nei migliori dei modi. Ma se provi a cambiare modo di approcciarti a lui, Kurt modificherà il suo approcciarsi a te. Ma sei tu che deve fare questo passo.”
“Già. - Convenne Sebastian. – Kurt ha un modo di fare più adulto della sua età, ma questo è perché ha sempre dovuto essere più responsabile dei suoi anni. Per quanto Elisabeth tentasse di farlo vivere come un qualunque bambino, la verità che lui è sempre stato diverso.”
Molly ascoltava con molto interesse quello che i Newyorkesi avevano da dire, forse farsi raccontare qualcosa del nipote poteva aiutarli a capirlo meglio.
Carole s’intromise nel discorso e chiese:
“Come possiamo avvicinarci a Kurt se non accetta che sua madre potrebbe essere in torto e che noi non siamo il nemico che lui ci dipinge?”
“Io non penso di potervi dire come avrei gestito la situazione al vostro posto. - convenne Blanche. - Ma ci sono state delle incomprensioni molto forti.” La signora Smythe aveva ignorato volutamente la parte riguardante Elisabeth.
“Oh! E basta usare i guanti velluto, che cazzo!- Intervenne Carmen.- Kurt è gay! Fine della storia. Non è una scelta. Quindi come pensate che Kurt possa aprirsi a voi quando lo rifiutate nel centro del suo essere? Come pensate che possa solo parlarvi se insultate sua madre?”
Non ci fu tempo di continuare il discorso perché i presenti sentirono Bob scendere di corsa le scale, abbaiando festante.
“Direi che è arrivato Kurt. -Molly commentò e poi aggiunse in direzione del figlio e della nuora. – Non credo di aver mai visto correre Bob da Finn in questa maniera…anzi non credo di aver mai visto quel cane correre.”
“Mamma, ti prego, manca solo che fai notare questo a Finn per farlo arrabbiare con Kurt ancora di più.”
“Sta arrivando Kurt?” chiese emozionato Thad.
“A quanto pare da quel hot dog ambulante direi di sì.”
“Sebastian!” Esclamò Blanche in tono di rimprovero.
“Non rimproverare il ragazzo quando dice la verità!”
“Carmen c’è modo e modo!”
“Sì va beh, se avessi avuto modo, sai quante donne avrebbero tentato di mettere le grinfie sul mio defunto marito? Sai a quante di loro ho dovuto fare il malocchio?!”
Gli Hummel fissarono molto perplessi la donna ispanica e Thad tentò di salvare la situazione.
“Era una battuta!”
“Se volevo fare una battuta, avrei fatto una battuta.”
 
Kurt fissò la macchina rossa parcheggiata nel vialetto e poi ad Arthur chiese:
“Ma oggi abbiamo ospiti? Io non ho voglia di trattare con gente estranea, soprattutto con il viso conciato così. Mi vado a chiudere in camera.”
Arthur ridacchiò della schiettezza del nipote.
“Sì, ci sono ospiti, ma è gente simpatica, non ti preoccupare.”
Alle orecchie di entrambi arrivò l’abbaiare eccitato di Bob.
“No! - Kurt sospirò, indispettito. – Ho addosso i pantaloni chiari di Armani, me li sbaverà tutti!”
“Povero Bob.”
“A proposito, ora che il cane è mio… mi accompagni in un negozio per animali che gli voglio comprare un po’ di cose?” Kurt pensò che sarebbe stata anche l’occasione perfetta per comprare tutto il necessario per Jessica, anche perché aveva cominciato a frullargli un’idea in testa… Un’idea che forse avrebbe fatto infuriare sia Carole che Burt, ma fintanto che pagava lui non sarebbe stato questo grande problema.
“Certamente, tipo cosa?”
“Un collare nuovo, quello che ha è a strozzo e mi fa paura e impressione. Poi voglio una pettorina, del cibo e dei prodotti per lavarlo. Puzza!”
“È un cane.”
“Non vuol dire. E poi voglio anche comprargli un cappottino, non sia mai che gli venga la tosse.”
Arthur scoppiò a ridere.
“Sono serio, Arthur. In più dopo che ho comprato tutto vorrei anche portarlo dal veterinario per un controllo.”
“Non credo che Bob abbia bisogno di vedere un veterinario, mi pare che stia bene.”
“Non sta bene! Ho letto su Google che un bulldog adulto dovrebbe pesare intorno ai 23 chili; Bob ne pesa sicuramente molti di più.”
Arthur si trattenne dal ridere data la faccia serie e preoccupata del nipote.
“Lo hai letto quando?”
“Oggi a lezione di matematica.”
“Ma dovresti stare attento.”
“Pff. Sono un livello decisamente superiore del corso base. Ho letto il programma del corso avanzato e chiederò di fare l’esame per entrarci... e poi il professore mi è anche antipatico.”
“Ah sì? Altri professori che non gradisci?”
“Quella di storia. Come si chiama? Burgunde Walpurga Wagner. Tralasciando che ha avuto dei genitori veramente cattivi per chiamarla così, ma il suo problema maggiore è che è pazza e credo che sia filo nazista.”
“Sì anche Finn mi ha detto che è un tipo particolare.”
“Per Bob allora mi darai una mano? Mi accompagni al negozio e dal veterinario?”
“Ok, affare fatto, ci organizzeremo. Ora apri la porta che non voglio essere travolto dal cane.”
Kurt riluttante aprì la porta e si trovò investito da Bob che, come aveva previsto, sbavò sui suoi preziosi pantaloni.
“E dai però Bob!” Urlò Kurt pieno rimprovero, ma il cane lo prese come un complimento e si buttò ai suoi piedi, mostrando con orgoglio il pancino tondo.
Arthur vide Kurt rompersi in un sorriso e chinarsi dargli una carezza.
“Che cane prepotente che sei!”
Bob uggiolò felice delle attenzioni ricevute e cercò di spingere la testa verso la mano che lo stava coccolando.
Arthur sorrise alla scena e pensò che Kurt stesse cominciando a sciogliersi. In più il contatto forzato con il cane sembrava averlo reso un po’meno schizzinoso.
“Dai Bob facci entrare.” Il ragazzo spostò gentilmente l’animale e fece spazio all’anziano uomo per andare dentro casa. Arthur, zoppicando entrò svelto, non voleva perdersi la faccia del nipote alla vista della sorpresa che lo attendeva. Vide due ragazzi che si erano nascosti e che a stento trattenevano i sorrisi di gioia sui loro volti.
Riuscì ad andare vicino alla poltrona dove era seduta sua moglie prima che Kurt entrasse in soggiorno accompagnato da Bob e congelarsi sulla soglia quando vide Carmen e Blanche.
 
“Nonne!” Kurt urlò pieno di gioia, ma prima che potesse fare un passo venne investito da Thad e Sebastian che lo strinsero in un abbraccio festoso rotto quasi subito perché Bob, vista dall’irruenza dei ragazzi, cominciò ad abbaiare e ringhiare, convinto di difendere il suo padrone da un attacco.
“Bob finiscila! Loro sono amici. Vedi?” disse abbracciando Sebastian e poi fece la stessa cosa con Thad. Bob, che aveva fissato tutta la scena con sguardo perplesso, incerto si avvicinò ai due sconosciuti e li annusò a distanza e poi con versi penosi si mise ai piedi di Kurt.
“Ma che hai?”
Tutti nella stanza erano rimasero colpiti dalla scena e la prima a commentare fu Molly.
“Ti ripeto Burt- la donna indicò il cane parlando col figlio. - con Finn non ha mai fatto così e mi dispiace se ci rimane male a dirglielo, ma il cane ha scelto il suo padrone. Chi dà attenzione e cura riceve amore.”
Kurt avrebbe voluto dire qualcosa, ma la sua attenzione fu presa da Sebastian che con un’aria preoccupata lo osservava.
“Dire che ti hanno conciato male quegli stronzi è poco!”
Kurt osservò le facce preoccupate della sua famiglia di New York e qualcosa di spiacevole si fece largo dentro di lui.
“Sto bene. - disse cercando di sembrare allegro. – Questi lividi sono solo più brutti da vedere di quello che effettivamente sono.”
Blanche, sospirando, si alzò dalla poltrona e con un sorriso gentile andò verso il ‘nipote’ per abbracciarlo.
“Benedetto ragazzo! Sei come tua madre. Non c’è bisogno di fingere che va tutto bene per non preoccuparci. Siamo qui per te.”
Kurt a quelle parole venne in magone e strinse forte la nonna che gli fece delle amorevoli carezze sulla testa e gli bacio la tempia.
“Quello che Blanche vuole dire che non ci devi tranquillizzare, non siamo da ricovero. E non c’è nulla di male se le cose vanno da schifo.” Carmen fece seriamente allargando le braccia per incitare il ragazzo ad abbracciarla. Kurt fece una risatina commossa, abbracciando l’altra nonna.
“abuela. (Nonna)”
“Querido, te extrañé mucho. (Tesoro mio mi sei mancato molto.)”
“Yo también te extrañé, abuela (Anche tu mi sei mancata nonna.)”
Carmen coccolò il ragazzo fra le sue braccia con una dolcezza che uno sconosciuto non avrebbe sospettato in lei per via dei suoi modi di fare spesso maleducati e rissosi.
 “Kurt.- Blanche attirò l’attenzione del nipote e poi con tono scherzoso lo canzonò.- Je sais qu'il y a d'autres femmes dans ta vie, mais je ne suis pas jalouse. (Kurt, mi rendo conto che ci sono altre donne nella tua vita, ma non sono gelosa.)”
“Gran-mére Ya pas de honte à être jaloux. (Nonna, non bisogna vergognarsi di essere gelosi.)” le rispose Kurt con lo stesso tono, staccandosi da Carmen e tornando ad abbracciarla di nuovo.
Blanche accettò volentieri il ragazzo fra le sue braccia e lo strinse gentilmente, suo figlio le aveva detto che era dolorante. La donna ruppe l’abbraccio per guardare meglio il viso di Kurt e per un momento ebbe la visione del viso di Elisabeth in obitorio e le tornarono alla mente le urla disperate di Kurt…
Blanche sentì le lacrime formarsi e scendere dai suoi occhi e subito si portò le mani in viso per coprirsi.
“Voilà pour la règle de non pleurer.(Tanti saluti alla regola del non piangere.)” Disse Sebastian scherzoso, beccandosi un pizzicotto dal suo ragazzo.
“Est ce que ça va? (Stai bene?)” chiese Kurt preoccupato e gentilmente rimosse le mani dal viso della donna per vederla con le lacrime e il trucco leggermente sbavato.
“Bien, n'ait aucune inquiétude mon enfant. (Bene, non preoccuparti, piccolo mio.)” Lo rassicurò immediatamente Blanche cercando di asciugarsi gli occhi.
“Ne pleurez pas Gran-mére, je vais bien. (Non piangere Nonna, io sto bene.)” Disse Kurt asciugando in un gesto affettuoso le guance della nonna.
“Oui, je sais, je sais. (Sì, lo so, lo so.)”
“Sentite. - Carmen esordì con il suo tono impaziente.- Torniamo alla regola di parlare solo inglese?! Perché io non capisco niente di quel ruttare di animali in amore che voi vi ostinate a chiamare Francese.”
“Agli ordini nonna.” disse Thad mettendosi sull’attenti.
“Prendi poco per il culo, ragazzo. Se voi tre nipoti parlate correntemente due lingue straniere lo dovete a me e alla lacrima facile laggiù.”
“Infatti. - convenne canzonatorio Sebastian. - Andare in una scuola internazionale che già dalle elementari ti prepara per le Ivy League con lezioni obbligatorie in lingua, anche nelle ore come matematica o storia, non ci è servito a nulla.”
Burt e Carole saltarono a quella notizia, non avevano idea che Kurt avesse frequentato una scuola così prestigiosa e costosa.
“Si anche quella ha aiutato. – concesse la donna latina. - ma voi tre avendo noi due che anche fuori da scuola che vi costringevamo a parlare in francese o spagnolo vi ha molto aiutato.”
“Abuela, io e Sebastian siamo cresciuti in famiglie bilingui quindi eravamo già a metà dell’opera.”
“Seb. Thad. - li chiamò Kurt. - Ha ragione nonna Carmen. Io, se non ci fossero state lei e nonna Blanche e anche voi due, non saprei parlare così fluentemente queste lingue.”
“Mi pequeño! – fece felicemente Carmen a Kurt per poi girarsi con le braccia sui fianchi verso gli altri due. – Avete sentito? Almeno qualcuno di voi tre sa cosa sia l’onestà!”
Sebastian si voltò verso Kurt e con voce nemmeno troppo bassa gli soffiò.
“Lecchino!”
Kurt di risposta gli fece una linguaccia e poi con fare arrogante gli disse:
“Sfigato.”
“Sfigato a chi? Vieni qui piccola peste.”
Kurt lanciò un urlo giocoso e iniziò a scappare via salendo le scale con Sebastian alle calcagna.
Thad osservò gli adulti nella stanza e poi con fare educato esordì:
“Io vado a fermarli.” E corse dietro agli altri due.
Bob, che aveva scrutato perplesso la scena, osservò sconsolato le scale e poi con passo lento iniziò a darsi da fare per raggiungere il suo padrone, grugnendo infastidito. Tutto in lui sembrava dire: ‘Guarda che fatica mi tocca fare!’
Burt era molto colpito dal fatto che in pochi minuti che Kurt era stato con i newyorkesi erano venute fuori sfaccettature di lui che sembravano impensabili, difficili da collegare al ragazzino perennemente arrabbiato e chiuso in sé stesso che gli girava per casa.
Blanche e Carmen stavano sorridendo della scena appena avvenuta.
“Scusateli. - disse la signora Smythe. – Quando sono insieme tendono ad essere molto rumorosi e pieni di vita.” La donna riuscì a malapena di finire la frase prima di commuoversi nuovamente.
“Quello che Blanche vorrebbe dire è che i ragazzi non sono più stati così da quando è morta Elisabeth.” Terminò Carmen fissando direttamente Burt e Carole.
Arthur e Molly si scambiarono uno sguardo, avevano capito perfettamente che Carmen non si sarebbe tirata dietro a un confronto diretto.
“Allora sono molto felice che siate venuti se potete donare un po’ di serenità a Kurt.” rispose Burt fissando la donna latina senza nessun timore.
 
Il rumore dell’orologio suonava leggero, il tempo veniva scandito dal tic-tac incessante, ma all’uomo seduto nella poltrona in pelle non ne era infastidito, anzi ne era rassicurato.
Jackson Zizes sedeva nel suo studio e guardava una vecchia fotografia di Elisabeth e Luis appena diciassettenni, scattata in una serata estiva, durante una grigliata a villa Quercia.
Luis era in piedi dietro a Elisabeth, che rideva con gusto con le mani sulla pancia come se cercasse di contenersi, guardandola con quello sguardo che le rivolgeva sempre, quello di un uomo perdutamente innamorato… ma come dargli torto?  Elisabeth in quella fotografia era semplicemente bellissima: i capelli lunghi e boccolosi le scendevano sciolti fino a metà schiena, vestita di un leggero abitino estivo color pesca, il viso era pieno di delicate efelidi che le spuntavano ogni estate appena cominciava a prendere il sole.
Jackson guardava con nostalgia il sorriso spensierato che i suoi amici avevano in quello scatto, congelato nella loro perfezione, un sorriso che solo già l’anno seguente, quando sarebbe cominciata una serie di terribili lutti, non ci sarebbe più stato su nessuno dei due.
Se per Elisabeth e Luis fu un duro colpo perdere i loro genitori e poi i nonni Lopez, niente fu più devastante di quando, appena ventenni, persero Charlie…
Luis si chiuse in un silenzio fatto di disperazione e Elisabeth perse del tutto la ragione, diventando sospettosa e paranoica, mettendosi in testa una strana teoria per spiegarsi tutte le morti che li avevano colpiti in quei pochissimi anni.
Nelle mente di Jackson tornò prepotentemente un ricordo, che da quando aveva saputo l’esistenza di Kurt, lo aveva preso a tormentare…
 
“Non sono pazza, non sono PAZZA! – urlò disperata Elisabeth piangendo. -Ti prego Jackson, almeno tu, credimi. Ti prego!”
Jackson, era spaventato. La donna che aveva davanti conservava ben poco di quello che un tempo era stata sia fisicamente che caratterialmente. Elisabeth che aveva di fronte aveva delle profonde occhiaie sotto gli occhi, i capelli spettinati e crespi ed era scheletrico.  Cercò qualche barlume della ragazza sorridente con le eleganti pettinature e dal corpo sinuoso e armonioso, ma non lo trovò.
 Non sapendo cosa fare abbracciò forte l’amica che riprese a parlare.
“Luis non capisce! Charlie non è stato ucciso da una svista di un medico, è stata una vera esecuzione da parte del KKK.”
 “Elisabeth quello che stai dicendo è molto grave. Hai delle prove per le accuse che stai muovendo?”
“No. Ma pensaci, ha tutto senso. Tutti i Calhoun, tranne me, sono morti per incidenti o sviste mediche. Come è possibile? Senza contare i genitori di Luis…”
 “Elisabeth, Charlie però è morto in un ospedale a Columbus, non a Lima.”
“Non vuol dire nulla, Jack. NULLA! Stiamo parlando del KKK, non di un gruppetto di razzisti qualunque!”
Jackson tenne ancora più stretta la donna.
“La polizia ha fatto un’inchiesta e hanno messo sotto torchio la dottoressa che ha seguito Charlie, l’hanno rivoltata come un calzino. Non hanno trovato nulla su di lei…è descritta come una stimata professionista… che pagherà per il suo errore.”
Elisabeth si staccò da lui come se fosse stata bruciata e lo fissò sconvolta.
“Neanche tu mi credi…”
“Elisabeth. Charlie aveva una patologia che hanno solo 3000 persone al mondo. I medici non sono Dio.”
“Io sono sola.”
“Non lo sei. La Banda è qui per te e Luis.” Jackson provò a rassicurarla ma la donna scoppiò in una risata dal suono cattivo.
“Siete tutti un branco di idioti. Luis compreso. Non capite che sta succedendo qualcosa anche se vi sta capitando sotto il naso.”
Jackson per un attimo non seppe come comportarsi, Elisabeth non aveva mai risposto così a nessuno di loro. “Elly, lo sai che stai accusando sia la polizia di Lima e Columbus, oltre noi della Banda e il tuo fidanzato, di essere degli idioti?”
“No alle polizie di Lima e Columbus sto dando che nel suo corpo ha dei corrotti appartenenti a idee sovversive e razziste. Alle persone a me vicine sto scoprendo che sono un branco di cretini! Il più idiota poi è proprio il mio ragazzo.” commentò irosa la donna.
Jackson per la seconda volta si trovava spiazzato e il suo cuore si spezzò. Quella donna che aveva davanti non aveva davvero nulla della sua amica.
“Hai preso le tue medicine?”
Elisabeth scoppiò nuovamente in quella risata inquietante e poi con voce insolente gli rispose:
“Certo che le ho prese. O forse pensi che sia il caso di farmi internare in un ospedale psichiatrico? Pensi che io sia pazza? È quello che state pensando tutti vero? Luis compreso.”
“No.- Jackson rispose immediatamente per rassicurarla e calmarla. - penso solo che tutti i lutti che hai avuto erano ingiusti e anche la persona più forte non sarebbe in grado di essere forte in un momento come questo. Anche Luis sta seguendo un percorso con uno psichiatra, esattamente come te, perché sa che non ce la fa in questo momento.” Aveva scelto con cura le sue parole, evitandone alcune, per non aizzare la sua amica, che in quel momento appariva davvero una pazzoide pronta a commettere una sciocchezza. Si rese conto che non aveva ottenuto l’effetto sperato perché la donna scoppiò in un pianto di rabbia e gli urlò isterica addosso.
“VI DOMOSTRERÒ CHE HO RAGIONE! ALLORA TUTTI VOI DOVRETE STRISCIARE PER IL MIO PERDONO! MA NON LO AVRETE MAI! PERCHÉ LA PUNIZIONE CHE AVRETE SARÀ QUELLA DI PENTIRVI FINO AL GIORNO CHE CREPERETE! VI PENTIRETE DI AVERMI LASCIATA SOLA AD AFFRONTARE IL KKK, CHE UN GIORNO MI UCCIDERÀ E ALLORA TUTTA LA BANDA AVRÀ LA MIA MORTE SULLA COSCIENZA. E IO GODRÒ DEL VOSTRO STUPIDO RIMPIANTO!”
 
Jackson ricordava perfettamente gli occhi di Elisabeth spiritati e accesi della luce della pazzia. Ricordava il terrore che aveva provato al discorso sconnesso e incoerente della donna fatto in quella camera dalle pareti carta da zucchero nella casa di lei e Luis. Lo ricordava perché gli altri membri della Banda erano accorsi richiamati dalle urla di Elisabeth, che poi vedendoli, gli aveva urlato in faccia quello che aveva urlato a lui poco prima.
Lo ricordava perché in quel momento si era scambiato uno sguardo atterrito con gli altri e aveva la sensazione che la Banda non sarebbe stata in grado di salvare Elly, soprattutto perché Luis non le era corso al fianco nella sua crisi, stava semplicemente sulla soglia di quella cameretta ad osservare quello che restava della donna che amava scomparire… Jackson in quel esatto momento si era reso conto che anche Luis si era arreso.
 
Jackson si asciugò le lacrime che gli bagnavano le guance. Quei ricordi erano dolorosi, soprattutto per l’impotenza che aveva provato non essendo in grado di trovare una soluzione per salvare la sua amica da sé stessa… Per i quattro anni successivi a quel giorno Elisabeth ebbe varie crisi di quel genere e mise a dura prova la banda, che a ripensarci era resistita per miracolo a non sfasciarsi prima della morte di Melanie…
Jackson sapeva che in parte questo era da ringraziare a Burt Hummel.
Burt era riuscito dove tutta la Banda aveva fallito, soprattutto Luis: salvare Elisabeth da sé stessa.
Burt però c’era riuscito perché aveva con sé la benedizione dell’ignoranza. Elisabeth non gli aveva detto di Charlie ed era riuscita a reggere per altri cinque anni prima che scappasse dall’Ohio e da tutti loro, ma soprattutto dal ricordo di Charlie che le era morto fra le braccia…
 
 
 
Blaine e Santana entrarono nella loro pasticceria preferita, Sandy Candy Cake. Il Glee club era stato un inferno: Brittany li aveva ignorati, Rachel aveva ignorato Finn e aveva parlato più del solito, Tina aveva cercato di essere sempre vicina a Blaine e gli aveva dedicato una canzone d’amore, Quinn era furiosa per qualche motivo con Rachel e per estensione con Finn, che aveva cercato di fare il golden boy della situazione.
Santana a fine lezione era sul punto di scoppiare, afferrare Rachel, Tina e anche Artie, solo perché per sfortuna sua era in mezzo alle due, e di sotterrarli tutti e poi incolpare Quinn e mandarla in galera qualche migliaio di chilometri lontano da lei. Così finalmente lei e Blaine avrebbero potuto fumarsi quel sigaro che tenevano per le occasioni speciali.
I ragazzi si sedettero al loro tavolo preferito, che era quello un po’ più in disparte rispetto a tutti gli altri.
Blaine notò che Sandy aveva attaccato un nuovo quadro di dubbio gusto. Il ragazzo prese il suo quaderno e cominciò a fare un disegno.
‘Guarda che capolavoro che sto facendo! Quella frustrata della prof di arte non ha capito che un giorno i miei disegni varranno milioni di dollari.
“Blaine che cavolo stai disegnando? Sembra il finto tacchino del ringraziamento che ha portato Rachel l’anno scorso.”
Blaine la fissò schifato.
Questo non è un tacchino, è un mio autoritratto! E se avessi voluto fare un fottuto tacchino, ci avrei disegnato dietro Martha Stuart che lo massaggiava.
I due ragazzi non poterono dirsi altro che dal laboratorio uscì il proprietario, Sandy Reynolds, che appena li vide afferrò un canovaccio e lo scagliò verso di loro, colpendoli ripetutamente.
“Sciò! Via! Fuori di qui! Andatevene! Questo è un locale di alta classe!”
Intorno al dodicesimo colpo, Blaine, stufo di quella messa in scena, afferrò con i denti il canovaccio e lo tolse dalle mani di Sandy e cominciò a scuoterlo.
Sandy era congelato dalla scena che si stava svolgendo sotto i suoi occhi a differenza di Santana che sorrideva divertita e con una punta di orgoglio.
“Bravo cucciolo, ora restituisci il canovaccio a Nicki Minaj.”
“PUH” il canovaccio, ormai umido finì ai piedi dell’uomo, che non fece in tempo a protestare che Blaine afferrò il suo grembiule e si pulì il mento dalla bava.
“Ma che schifo!”
“Sandy non essere così scontroso con Blaine, ti ha restituito il canovaccio.”
“Questo non è restituire, lo ha sporcato!” strepitò l’uomo con voce ancora più alta.
“Capo è tutto a posto?” chiesero delle voci dietro la porta del laboratorio.
“Per niente! Ci sono Satana e il suo servo infernale!”
“E la biondina?” urlò un coro speranzoso.
“Non pervenuta. Forse l’hanno uccisa!”
“NOOOOO!”
“Non abbiamo ucciso Brittany!” puntualizzò Santana indispettita.
Ci fu un vociare dietro la porta e poi una sola voce parlò.
“Noi non usciamo se non c’è la biondina!”
‘ahahahha Cagasotto!’
“Ma io vi pago per servire i tavoli!” protestò Sandy.
“Ma non abbastanza per servire quei due… e poi il nano è aggressivo.”
‘Sono solo diversamente adorabile!’
Si sentì uno sberlone seguito da un ahia del portavoce ufficiale.
“Sentite…- Santana sospirò. – Per una volta, potete saltare questa parte e servirci?”
Blaine lasciava che Santana gestisse la discussione con Sandy mentre lui cercava di cogliere cosa si dicevano i ‘cagasotto’ chiusi in laboratorio e gli parve di sentire la parola Facebook e ricerca.
Ci fu un forte trambusto in cucina, parole concitate e poi una voce femminile si levò, allarmata.
“Amore allontanati da loro!”
I due ragazzi rotearono gli occhi, infastiditi.
 “Mogliettina mia non temere!”
 ‘Mogliettina mia? Ma da quando una vagina ha fascino per te?’
“Tua moglie? - chiese Santana con un ghigno. – ma che novità è questa?”
“Ci siamo conosciuti e sposati questa estate.”
‘Aaaaa ecco ha un pene!’
“Ha un pene!” esordì Santana.
Sandy rimase congelato, con la mano che gli copriva la bocca.
“Qualcuno ci tradito.” urlò la ‘moglie.
“Noi non abbiamo parlato. - Urlarono le voci in cucina- ve lo abbiamo detto che quei due hanno dei super poteri!”
‘Che Sandy avesse un pene lo sapevano tutti, ma che lo usasse su una vagina è fantascienza! E quasi più irreale della possibilità di me che ceda alle avance di Tina!’
“Chi ve lo ha detto?”
Santana sbuffò.
“Sandy, tu sei etero come Finn Hummel è intelligente. Ora possiamo avere dei menù? Siamo gli unici clienti, dovresti solo ringraziarci che ti facciamo fare cassa.”
Blaine si mise a mostrare i denti in un sorriso feroce.
‘E muoviti!’
Sandy arretrò di alcuni passi e andò in un muro vicino alla porta e indicò un manifesto che i due ragazzi non avevano notato in precedenza.
“Secondo voi perché ho fatto fare questo poster con le vostre due foto?”
Santana fissò le immagini e Blaine scrisse velocemente nel suo quaderno.
Perché siamo belli e facciamo tendenza!
“Perché in realtà sei affezionato a noi.”
“Assolutamente no!- L’uomo sbatté pesantemente la mano sulla loro immagine e poi con l’indice gli fece notare cosa c’era scritto – Queste due persone, Santana Lopez e Blaine Demon Anderson, sono bandite in modo permanete da questa attività!”
I due ragazzi fissarono l’uomo con sguardo vacuo e poi Blaine mostrò una nuova scritta.
Perché Brittany non è bandita?
“Perché Brittany non mi ha mai fatto nulla!”
“Neanche noi.”
 “Lei è un angelo! - si intromise il portavoce, sempre nascosto, tra un coro di assensi. - e voi siete esseri demoniaci che cercate di corromperla.”
“E se ricordo bene- Sandy riportò l’attenzione su di lui- avete avuto una segnalazione anonima alla polizia perché ci stavate spaventando e vi hanno portato via. E tu, ragazzaccia, non era neanche la prima che ricevevi!”
Blaine prese a ringhiare, sbavando copiosamente, arrabbiato. Il fatto che Santana avesse ricevuto delle segnalazioni era una delle cose che lo faceva incazzare di più.
C’era stato un tempo in cui era stato semplicemente il muto di Lima a cui interessava ben poco degli altri al di fuori della sua piccola bolla e che non gli importava che fosse preso di mira o che prendessero in giro lui e Brittany chiamandoli strani o stupidi o freaks...non era importante e poi c’era Santana che li difendeva sempre a discapito di tutto, anche della sua reputazione. Ma poi, un giorno, aveva accompagnato da solo Brittany al parco a dare da mangiare alle papere, o meglio, la ragazza gli dava da mangiare mentre lui si limitava a colpirle, lanciando i pezzettini di pane.
Brittany, quando se ne era accorta, si era arrabbiata e aveva cominciato a sgridarlo, ma erano stati interrotti da tre ragazzi che avevano strappato il sacco del pane dalle mani della sua amica e preso in giro lui perché sapevano che era il famoso muto di Lima. Nel petto gli era esplosa una forte rabbia e prima di rendersi conto al primo aveva dato un pugno, al secondo, quello che stringeva il sacco del pane, gli aveva morso la mano e poi dato una testata e infine all’ultimo gli aveva prima dato un calcio deciso nei genitali e poi, con una pedata nel sedere ben assestata, lo aveva buttato nel laghetto. Quel momento per lui era stato catartico perché qualcosa si era risvegliato: aveva capito di avere forza, di essere potente.
“Tesoro-la moglie parlò allarmata- se vuoi in cucina abbiamo un osso!”
“Magari smette di ringhiare.” Urlò una voce che ancora non avevano sentito.
“Non serve. Quello come minino ingoia fiamme infernali!”
‘Esatto idiota! Io sono peggio di Anakin quando passa al lato oscuro! Io sono l’oscurità! Le ossa è ciò in cui vi riduco!’
“Quindi, visto che siete banditi, fuori!”
Santana scoppiò a ridere.
“So perfettamente che li hai chiamati tu gli sbirri, che quel manifesto non è validato e non siamo davvero banditi dal tuo locale e che porti il perizoma.”
Blaine scrisse furiosamente.
Con il pizzo
Chissà che faccia farebbe Kurt se gli regalassi un perizoma… magari sarebbe lusingato. Un signor Anderson con il perizoma… questa è una fantasia nuova... la esplorerò stasera…
 “Questo non è vero!”
“Lo vediamo.”
Sandy si portò drammaticamente per una seconda volta la mano alla bocca e poi si tirò sulla vita i pantaloni, stringendo meglio la cintura.
“E poi- Santana si scambiò un’occhiata di intesa con Blaine- sappiamo perfettamente che da quel laboratorio non escono solo dolci.”
Il più giovane degli Anderson annuì con aria soddisfatta e alzò il suo quaderno gongolante.
Mi ci gioco il pisellone.
“Maleducato, schifoso! E poi non so che state alludendo.”
“Blaine, spiegalo tu.”
Santana guardò divertita l’amico che arrotolava un tovagliolo come uno spinello e lo mostrava a Sandy che sbiancò rapidamente.
“E voi come lo sapete?”
“Sapere cosa?” chiesero più voci dal laboratorio.
“Che coltivate erba!” spiegò Santana.
Al di là della porta sentirono voci agitate e rimescolamento di pentole.
“Cosa volete? Dolci? Soldi? O Entrambi?”
Per la prima volta da quando erano entrati, Santana e Blaine seppero che Sandy finalmente li avrebbe ascoltati e lanciarono le loro richieste e pochi minuti dopo finalmente poterono cominciare la loro merenda in pace.
Blaine tra un morso di torta alle mele e l’altro finì il suo disegno, lo firmò e poi lo attaccò nella parete vuota alle sue spalle.
“Non è migliore che ti è uscito, ma di certo è la cosa più bella qui dentro.”
Picasso si inginocchierebbe davanti al mio genio.
Blaine stava fissando compiaciuto il suo tocco artistico quando la porta del locale si aprì e sulla soglia comparve una figura famigliare.
“Siete incorreggibili. Mi è arrivato un messaggio nella posta di Facebook che era una richiesta di aiuto da parte di queste persone che erano in panico per il povero Sandy.”
Blaine e Santana guardarono increduli Brittany che a sua volta li fissava con rimprovero, mentre dal laboratorio si levò, sopra dei suoni che sembravano orribilmente piagnucolii di Sandy, un coro:
“È arrivata la biondina! Siamo salvi da Satana e la sua bestia.”
Santana indicò la porta.
“Li senti?”
“Mi hanno scritto che li avete minacciati.”
Blaine corse al suo quaderno e scrisse solamente.
Sono dei cagasotto!
“Allora è vero?”
“No!”
“E quei pacchi di dolciumi imbustati sul vostro tavolo?”
Sono le offerte per non ucciderli.
La ballerina lesse attentamente e poi scosse la testa sedendosi al tavolo.
“Britt, non abbiamo fatto nulla. Hanno fatto tutto loro, come al solito. Lo sai, li hai già visti.” Spiegò con calma la latina.
“Non gli credere-Sandy arrivò al tavolo indicando i due ragazzi- mi hanno minacciato e calunniato.”
Blaine mostrò l’ennesima scritta e Santana protestò.
Porti il perizoma di pizzo.
“Coltivi erba! E ci hai pagato per il nostro silenzio e noi ti avevamo chiesto solo due cappuccini!”
Brittany scosse la testa decisa a lasciare andare gli asti della giornata. Sapeva che i due ragazzi seduti a quel tavolo erano i suoi migliori amici e infondo alla giornata, nonostante i loro difetti e i loro caratteri così schietti e strani, erano le due persone che non avrebbero esitato ad aiutarla e a salvarla in qualsiasi situazione... lo avevano già fatto molte volte. I suoi occhi incontrarono quelli neri e lucidi di Santana e sorrise quando studiò i lineamenti imbronciati del suo viso, adorava quell’espressione che rendeva ancora più belli i suoi tratti così particolari. Si sentì sollevata che l’amica avesse lasciato Puck, non pensava che fosse abbastanza per lei. In realtà pensava che nessuno fosse mai abbastanza per lei...
“Sandy, San e Blaine non sono cattivi e non ti volevano minacciare. Almeno non intenzionalmente.”
“Invece sì.” Si levò il coro dalla cucina.
“Picchiati con il canovaccio.” Santana indicò il panno ancora per terra e Blaine con foga mostrò anche le sue rimostranze.
E porta davvero il perizoma di pizzo.
“Quello non è importante.”
Questo lo dici tu, Satana. Ha accesso le mie fantasie su Kurt con il pizzo e qui non mi posso masturbare!
“Blaine perché hai la faccia da pervertito?”
 
 
 
Finn sedeva in soggiorno osservando gli strani ospiti che popolavano casa sua, onestamente provava anche una sorta di timore per lo sguardo pieno di rimprovero che la donna di nome Carmen gli riservava, mentre parlava con Arthur e Molly. Decise che lui era più sicuro se rimaneva sulla poltrona.
Finn puntò la sua attenzione su Kurt, Sebastian e Thad e dire che erano rumorosi era poco. Non facevano altro che ridere e parlare in spagnolo o Francese, cosa della quale era sia geloso che infastidito. Geloso perché lui per lingue era negato, mentre Kurt e i suoi amici passavano da l’una all’altra oppure le mescolavano senza problemi. Infastidito perché parlando altre lingue non gli permettevano di capire cosa si dicessero. Sospettava che stessero parlando di ragazzi. Insomma, tre ragazzi gay di cosa potevano parlare fra loro?
Finn ebbe un brivido lungo la schiena quando un paio di occhi verdi e un sorriso arrogante si puntarono nella sua direzione. Vide Sebastian parlare con fare cospiratorio agli altri e Thad che gli dava il cinque e Kurt che rideva tenendosi la pancia.
“Parlate in Inglese voi tre. Piccoli maleducati!” Li riprese Carmen con un tono burbero.
“Ok Nonna.” Urlarono ‘i tre’ in coro con tono canzonatorio.
“Ho i capelli di ognuno di voi. Ci metto tre secondi a farvi una fattura.”
“Carmen! Smetti di minacciare i ragazzi con le tue abilità da fattucchiera. -Fece Blanche. –Allora Arthur dicevamo?”
Arthur e Molly si scambiarono un’occhiata piuttosto divertita di tutta quella strana situazione.
Finn, sentii Kurt, Thad e Sebastian che iniziarono a parlare in inglese come se nulla fosse.
“Insomma che stavamo dicendo?” chiese Kurt non ricordandosi più il filo del discorso.
“Parlavamo di chi ti sta scrivendo per sapere come stai.” Sebastian gli ricordò.
“Ah sì! Fra le tante persone mi ha scritto anche Jaineba, per lo più mi manda preghiere e scrive di farmi forza.”
“Jaineba è proprio una bella persona. - commentò Thad- Voleva un mondo di bene a tua madre e anche a te.”
“Già. – concordò Kurt. – La ringrazierò sempre per aver chiamato il coro della sua chiesa per il funerale di mamma e per aver aiutato a cantare Hallelujah.”
“Sì, è stato un bel funerale. – concordò Sebastian con un groppo in gola, sapeva che era ancora troppo difficile affrontare quel giorno e così decise di spostare il discorso. – Kurt sai che papà ha assunto Jaineba allo studio per le pulizie e lui e Isabelle le hanno fatto una lettera di referenze per aiutarla a trovare un altro lavoro?”
“Davvero? Non me lo ha scritto! Mi continua a dire che appena torno a New York a vivere vuole tornare a lavorare per me.”
Thad sorrise a vedere Kurt eccitato per la notizia.
“E tu che ne pensi?”
“La rivorrei immediatamente. Janeiba è casa. Ha prestato servizio a casa mia da quando posso ricordare.”
Finn rimase sorpreso a sentire parlare di questa Janeiba, non capiva bene se fosse una donna delle pulizie o una governante. Quello però dava senso su molte cose di Kurt. Aveva capito che il ragazzo era benestante ma non tanto da avere alle proprie dipendenze una persona che si occupava della casa. A distoglierlo dai suoi pensieri fu il suono del campanello.
 
 
Carole stava finendo di scaldare la salsa ai mirtilli che avrebbe messo sull’arrosto, scrutò suo marito che, mentre le dava una mano a organizzare la cena, ogni tanto spiava il salotto. Non aveva bisogno di chiedersi cosa attirasse lo sguardo di suo marito perché anche lei aveva più volte aveva sbirciato il salotto: Kurt rideva.
Carole ascoltò la risata cristallina e gioiosa del figlio di suo marito, pensò che fosse bella e portasse allegria.
“Carole, secondo te riusciremo mai a far felice Kurt qui?”
La donna controllò la pasta che aveva in forno e sospirò pensando alla domanda che suo marito le aveva fatto.
“Non lo so… Quello che è certo Burt è che hai solo pochi anni prima che tuo figlio torni stabilmente a New York e il consiglio che ci hanno dato i suoi amici non è affatto stupido: dobbiamo cambiare modo di approcciarci con Kurt.”
“Non so come fare.” ammise onestamente suo marito.
“Non lo so nemmeno io, ma ti prometto che lo scopriremo insieme. Anche perché non possiamo andare avanti in questa maniera ancora per molto. Sono stanca dell’ostilità di Kurt.”
Prima che Burt potesse rispondere al commento della moglie sentirono suonare il campanello della porta di ingresso. I due coniugi si scambiarono un’occhiata.
“Non aspettiamo nessuno, vero caro?”
“Nessuno.” confermò Burt.
“Vado io alla porta.” Urlò Finn.
 
Finn accolse con entusiasmo la possibilità di poter alzarsi e andare alla porta e scappare dalle occhiatacce di Carmen e quelle strane di Sebastian.
Aveva i brividi.
Quando aprì la porta, Finn fu sorpreso di trovarsi davanti Blaine e un po’ meno di trovarsi sotto il naso il quaderno con scritto:
‘Fammi vedere Kurt. Immediatamente!’
“Guarda amico, vorrei davvero lasciarti entrare, ma abbiamo ospiti e i miei potrebbero ammazzarmi se ti faccio entrare e cominciare una rissa in casa!”
Finn vide Blaine sbuffare e poi gli mostrò un vassoio gigante e incartato con il marchio della pasticceria Sandy Candy Cake.
“Per cosa sono queste? - chiese incerto Finn e poi un pensiero lo colpì. – Aspetta... non vorrai scusarti con Kurt dopo la figuraccia che ti ha fatto fare? Questo non è assolutamente cool amico!”
Finn ebbe un moto di paura quando Blaine gli fece cenno di no col capo per poi scrivere furiosamente sul suo quaderno:
‘Ma sei impazzito? Io non sono venuto per chiedergli scusa!’
“Finn chi è alla porta?” Sentì sua madre chiedere.
Prima che potesse rispondere, Finn si ritrovò malamente spinto contro la parete e non poté impedire a Blaine di entrare a passo di marcia in casa sua.
Finn era semplicemente terrorizzato dalla situazione, avere a che fare con un Blaine Anderson incazzato era un’esperienza terribile.
 
Arthur alzò lo sguardo per vedere suo figlio e sua nuora annunciare che il pasto che era pronto e di avviarsi verso la tavola. Carole poi urlò verso Finn per chiedergli chi fosse alla porta.
Non fu una sorpresa quando Blaine Anderson entrò in vista dal corridoietto, fu più sorprendente vederlo entrare con un cipiglio, ignorare tutti e posizionarsi di fronte a Kurt che aveva gli occhi spalancati dalla sorpresa.
“Mamma, io gli ho detto che non era il caso che entrasse.”
‘Ma oggi è la giornata che incontro solo cagasotto?’ Si chiese Blaine con una punta di divertimento.
“Cosa ci fai qui?” Gli chiese Kurt, ma non ci prestò caso mentre armeggiava le pagine del suo quaderno per trovare quelle che si era preparato e quando le trovò, soddisfatto, le alzo per permettere al ragazzo di leggerle.
‘Chiedimi scusa!!!’
Kurt incredulo lesse tre volte le parole scritte prima di voltarsi e chiedere conferma a Blaine di quello che stava leggendo, lui non doveva delle scuse a Blaine.
“Scusami?”
Ti perdono!’
“BLAINE!” urlò Kurt indispettito.
‘KURT! Non urlare hai la voce stridula!’
Kurt non fece in tempo a dire altro che si trovò sotto il naso un enorme pacco che evidente proveniva da una pasticceria che Blaine con tutta la malagrazia di cui era capace gli stava mollando in mano.
“Li hai presi per me?” chiese incredulo.
‘In verità no. Se mio padre scopre che ho messo piede nella pasticceria di Sandy mi fa un sermone che non la finisce più. Mi stai aiutando a sbarazzarmi delle prove!’
Blaine però finì di fare un semplice cenno col capo al sorriso felice che Kurt gli stava rivolgendo con un leggero rosa sulle guance.
‘Cazzo è arrossito! Non ti sono indifferente sbarbatello. Come volevasi dimostrare sono irresistibile. Sento già l’odore della prima base!’
“Blaine non dovevi. Avrai speso una fortuna per tutti questi dolci. Il vassoio è gigantesco!”
Blaine prese il suo quadernetto e scrisse:
‘Se poi ti piaceranno ti porterò a quella pasticceria a fare merenda.’
Kurt si sentì sollevato che Blaine non fosse arrabbiato con lui, anche se doveva ammettere che non aveva mai ricevuto delle scuse così bizzarre e fatte male. Sentì una sensazione di calore nello stomaco fatto di sollievo e la felicità. Si rese conto che non aveva ancora risposto a Blaine che in quel momento lo stava fissando con i suoi occhi color caramello, nascosti parzialmente dai riccioli selvaggi, e un sorriso giocoso sul viso. Pensò che fosse bello. Appena si rese conto del pensiero che aveva fatto si sentì arrossire.
“Kurty. – Sebastian si intromise. - Non ci presenti il tuo amico?”
‘Ma chi è sto bel ragazzo? Se non avessi un interesse per dente da latte ti avrei eletto Mister Anderson del mese!’
Kurt fece un saltò e si girò verso Sebastian che aveva posto tutta la sua attenzione a Blaine.
“Anch’io sono molti curioso.” esordì Thad.
‘E signore... oggi è la mia giornata fortunata. Due ragazzi che potevano essere dei signori Anderson.’
“Sebastian, Thad, nonne, vi presento Blaine. Blaine questi sono Sebastian e Thad.”
Blaine strinse la mano ai due ragazzi e gli sorrise.
‘Sono i suoi amici di New York, la coppia di innamorati! Se vi avessi incontrato allo Scaldals vi avrei proposto di fare una cosa a tre.’
“Quella vestita di Blu è nonna Blanche e quella che sorseggia birra come se fosse un boss della malavita è nonna Carmen.”
‘Prego?’
Blaine, dopo che aveva dato un’occhiata alla donna ispanica che lo puntava con uno sguardo feroce, si voltò verso Kurt in cerca di una spiegazione che arrivò sussurrata.
“Nonna Carmen si offenderebbe se non la facessi apparire pericolosa.”
‘Ma direi che non ha bisogno del tuo aiuto.’
Blaine mantenne la faccia seria anche se gli venne un irrefrenabile voglia di ridere e Kurt dovette capirlo perché gli tirò un pizzicotto e gli sussurrò:
“Non ti conviene ridergli in faccia. Potrebbe farti una fattura alla fonte della tua felicità.”
‘Fonte della mia felicità? Cazzo, dobbiamo proprio lavorare sul tuo linguaggio da dama dell’800! Poi calmiamo gli animi: nessuno minaccia il mio Blaine Junior e ne esce incolume! Comunque, per evitare risse, non riderò della vecchia.’
Blaine, per far capire a Kurt che aveva ricevuto il messaggio, gli fece un velocissimo occhiolino e con la bocca gli mimò un grazie.
Kurt gli sorrise.
Thad e Sebastian che non avevano perso nulla dello scambio dei due ragazzi si lanciarono un’occhiata, sapendo che quella sera avrebbero fatto una chiacchierata con Kurt su questo Blaine.
“Blaine è un piacere conoscerti, Kurt ci ha raccontato un sacco di te.” Fece Thad, che rimase sorpreso quando Blaine gli fece segno di aspettare un attimo e lo vide mettersi a scrivere furiosamente sul suo quaderno e mostragli il messaggio:
‘Kurt non ha fatto altro che parlami di tutti voi. Sono felice di conoscervi tutti quanti. Soprattutto nonna Carmen!”
Thad rimase perplesso e Kurt scoppiò a ridere leggendo il messaggio ad alta voce.
“Vedremo se sarò lo stesso per me. Ti tengo d’occhio ragazzo!” Rispose Carmen minacciosa.
Blaine fece un pollice in su e poi si voltò verso Kurt, che aveva ancora il vassoio in mano e gli fece cenno verso la cucina.
“Sì, metto subito questi dolcetti in frigo…- Kurt fissò Burt per un momento e poi incerto si voltò verso Blaine. – dopo che abbiamo cenato, verresti a mangiare qualcuna di queste pastine?”
“Blaine.” lo chiamò Burt e il ragazzo si rivolse a lui.
“Hai qualcuno con te a casa stasera?”
“In teoria se non ricordo male stasera è di turno il dottor Anderson.” Disse Carole per poi voltarsi verso Blaine, che fece un cenno del capo in segno di conferma.
“Se vuoi puoi rimanere. Non è un problema aggiungere un posto a tavola.” Propose Burt.
Blaine valutò la proposta e poi incerto fece un cenno col capo.
Kurt si voltò vero Burt e fece un sorriso. Burt per un attimo si sentì felice di aver azzeccato qualcosa con Kurt e se questo lo rendeva felice, avrebbe reso Blaine un ospite fisso a casa loro. Cosa non difficile visto che il ragazzo rimaneva spesso solo  per via dei turni o delle emergenze di Richard in ospedale e di Cooper a Columbus per l’università.
“Grande amico! – Esordì felicemente Finn. – Così non sono l’unico ragazzo etero stasera e potremo parlare di roba da uomini.”
Nel salotto improvvisamente l’aria allegra divenne fredda e piena di tensione.
“FINN!” urlò Molly in tono di rimprovero e Arthur le prese la mano per tenerla calma.
Blanche e Carmen si fissarono e poi puntarono i loro sguardo ai coniugi Hummel; Carol era pallida con un’espressione delusa, mentre Burt scuoteva la testa esasperato.
Kurt, dopo l’uscita infelice di Finn, puntò istintivamente la sua attenzione su Blaine e lo vide che stava per caricare il quarterback come se fosse un toro, istintivamente lo afferrò per il braccio.
“Blaine! – urlo Kurt. – Non fare scemenze. Poi porti il collare potresti farti seriamente del male.”
Kurt si trovò spinto indietro da Sebastian che si era messo fisicamente fra lui e Finn e sembrava pronto a vomitare una sequela di insulti. Thad fu il più veloce a esprimere il suo pensiero al quarterback.
“Cosa vorresti dire? Che io, Sebastian e Kurt non siamo veri uomini?”
Finn guardò le persone nella stanza e fu dolorosamente chiaro a tutti che non aveva capito la maleducazione che c’era stata nelle sue parole e la conferma fu la sua risposta.
“Tecnicamente siete maschi, ma non vi piacciono le donne e quindi non vi piacciono alle cose che piacciono ai veri uomini.”
Burt guardava con la mascella contratta la scena che si stava svolgendo sotto i suoi occhi. Adorava Finn, ma aveva bisogno di imparare a contenere le sue uscite e a pensare quello che diceva.
A sorpresa di tutti Arthur rispose in maniera sprezzante all’uscita del nipote.
“Perché secondo te, Finn, il tuo il bullismo a scuola per essere popolare è stato un comportamento da vero uomo?”
“Nonno!”
Finn arrossì vistosamente, ma Arthur in quel momento sembrava non aver a cuore l’imbarazzo del nipote.
“Un vero uomo non lo fa il sesso della persona che ama, ma bensì il suo comportamento!”
“Beh ma a me stato insegnato così!”
“Aspetta un secondo Finn. - lo bloccò Carole. – Noi non saremo stati i genitori più aperti di mente sull’omosessualità - L’infermiera guardò le nonne di New York.- ed è vero che pensiamo che l’amore sia solo quello fra uomo e donna. Ma nonostante come la pensiamo, né io né tuo padre ti abbiamo insegnato a disprezzare il prossimo per quello che è, ma per quello che fa.”
Finn alle parole della madre ci vide rosso.
“Non mi pare proprio! Quando papà ha scoperto che Kurt è gay non ha reagito benissimo o sono solo io che lo ha sentito definirlo Fottuto omosessuale?!”
“Già e tu ai tuoi amici a scuola hai migliorato il tiro. – lo riprese Kurt. – Mi hai chiamato un fottuto Frocio!”
Thad a sentire quelle parole iniziò a provare furia, ma vide con la coda dell’occhio Blaine abbassare lo sguardo come se si sentisse colpevole di qualcosa. Notò che anche Sebastian guardava Anderson.
Sia Sebastian che Thad avevano promesso alle loro nonne di mantenere la calma qualunque cosa fosse successa con la nuova famiglia di Kurt …
Secondo i due ragazzi questa però era pura follia. Sebastian notò Kurt che stava tremando dalla rabbia.
“A differenza di te, Finn. – lo riprese Burt. – Io so che ho sbagliato i mei modi e non insisto, cosa che invece tu fai. Ho chiesto scusa a Kurt, che poi non ha accettato le scuse. Ora, che ti piaccia o no, lui fa parte di questa famiglia e gli porterai rispetto. E lo faremo tutti!”
Finn si voltò verso suo padre e lo guardò male. Sebastian e Thad fissarono le loro nonne come a chiedere il permesso di scatenarsi. Le due donne, anche se a malincuore fecero cenno di non fare nulla, avevano bisogno di vedere con i loro occhi come funzionavano le cose a casa Hummel.
“Ha ragione Burt, Finn. - Disse pacatamente Molly. -  Ed è ora che pensi al contesto in cui esprimi le tue opinioni. Non necessariamente devi dire ad alta voce ciò che pensi.”
La pelle di Finn aveva assunto una tonalità rossa davvero preoccupante e Blaine pensò che gli stesse bene essere ripreso e umiliato davanti a degli sconosciuti.
“Sean, il mio capo squadra in Vietnam, era gay. -raccontò Arthur. -  Per questo, secondo le leggi del tempo, non avrebbe potuto essere nell’esercito. Ovviamente lo sapevamo in pochissimi, i cosiddetti fidati, anche perché il suo compagno, Marlon, era il mio migliore amico in Vietnam. Erano due uomini coraggiosi. Grandissimi uomini, Finn. Mai ho pensato meno di loro per via di chi amavano! Una volta finimmo in un’imboscata e Sean sapeva che avrebbe dovuto sacrificarsi per farci uscire vivi. Non ebbe nemmeno un attimo di esitazione a farlo e così come Marlon, che decise di rimanere fino all’ultimo con il suo compagno, sapendo a cosa andava in contro… Se non fosse per loro io oggi non sarei qui.”
“Questo non me lo avevi mai raccontato.” Disse Molly dolcemente.
“Non amo raccontare della guerra... In più so come la pensavi riguardo all’omosessualità o come la nostra comunità la pensava.”
Molly strinse la mano del marito e si scambiarono uno sguardo e Arthur riprese a parlare.
“Dio non commette errori. Non posso pensare che Sean e Marlon siano finiti all’inferno semplicemente perché si sono amati. Che Dio sarebbe quello che punisce due anime che si amano?”
Burt rimase colpito dalle parole di suo padre, non avrebbe mai detto che un uomo come lui la pensasse in questa maniera. Forse questo era uno dei motivi che aveva portato suo padre ed Elisabeth ad andare tanto d’accordo.
“Oh Kurt. -esordì Thad con dolcezza verso l’amico che si asciugava le guance da alcune lacrime. – Ti ha commosso questa storia?”
“Sì. – confermò Kurt. – Anche perché questa storia mi ha fatto tornare in mente la lettera di Brian Keith, soldato gay della seconda guerra mondiale.”
Blaine si appuntò mentalmente di cercare via internet su questa lettera nominata dal ragazzo.
Sebastian ridacchiò e abbracciò Kurt che sbuffò.
“Eccolo qui il mio bambino romanticone che piange.”
‘Brutto bastardo giù le zampe! Dovevo essere io a consolarlo.’
“Già è questo mi rende ancora di più il perfetto stereotipo del ragazzo gay agli occhi dell’essere umano etero ed omofobo.”
‘Certo che non le mandi a dire a nessuno. Non risparmi nemmeno te stesso.’
Sebastian e Thad si scambiarono un’occhiata, il tono usato dal loro amico era amaro e triste.
“Possiamo andare a mangiare?” chiese Kurt portandosi una mano allo stomaco.
Gesto che non passò inosservato a nessuno dei Newyorkesi.
“Stai bene tesoro?” chiese Blanche.
“Sto bene… solo che i succhi gastrici stanno cominciando a darmi fastidio.”
Carmen sospirò, quello era un pessimo segnale e capì che la stessa cosa l’aveva pensata anche Blanche: la postura rigida delle spalle dell’amica era una chiara indicazione.
“Quando vogliamo la cena è pronta. - fece presente Carole. - Solo il tempo di aggiungere il posto a tavola per Blaine e chiedere a Kurt cosa mangia.”
“Ho della verdura e del pollo cotto in un contenitore. Tosto una fetta di pane e sono a posto.”
Blaine pensò che fosse strano che Kurt mangiasse differentemente da tutta la famiglia, ma non ci diede peso, pensò semplicemente che seguisse un regime di alimentazione per tenersi in forma dato che lo aveva sempre visto mangiare in maniera sana e fare sport.
‘Se mai staremo insieme guai a te se provi a mettermi a dieta.’
 
 
Timothy alzò lo sguardo dai documenti e gli oggetti che stava esaminando per controllare Lowen che stava riorganizzando la lavagna degli indizi.
“Dovremo andare a Lima. – Esordì Lowen. - Dobbiamo parlare con un po’ di persone... per ora i frammenti che abbiamo danno luce a un quadro inquietante.”
“Sono curioso di quello che verrà fuori interrogando la banda, ma soprattutto Luis Lopez e Burt Hummel.”
“Già, dettegli che a loro paiono insignificanti a noi potrebbero dare una svolta nelle indagini.”
“Perché sotto la foto di Aron Puckerman hai scritto che è il primo?”
“Perché è il primo che dobbiamo interrogare di quel gruppo. Secondo il file dell’omicidio di Melanie Anderson era il suo amico più stretto e l’ispettore di Lima nella relazione delle indagini ha segnalato Puckerman come rissoso e piantagrane.”
“Non vedo l’ora di poter sbattere in galera quel figlio di puttana di MacManara. Purtroppo al momento non abbiamo prove schiaccianti che lo colleghino come affiliato al KKK.”
“Tim, dobbiamo mantenere un basso profilo su quello che pensiamo dell’ispettore di Lima, almeno finché non scopriamo chi è la talpa nella squadra. Non vorrei mai che facesse una soffiata al diretto interessato e lo facesse scappare.”
Tim sospirò stanco.
“Hai ragione.”
“Piuttosto... hai finito di passare i documenti di Elisabeth?”
“No. E per il momento non ho trovato niente di interessante. Lowen, lo sai vero, che potremo finire nei guai per esserci introdotti illegalmente a casa di una vittima?”
“I motivi del perché lo abbiamo fatto li sai anche tu.” Rispose Lowen mentre attaccava una foto di Blaine Anderson sotto quella della madre.
“Sì, quindi quando Penelope avrà finito di controllare i membri della nostra squadra e trovata la talpa faremo tutto a norma di legge. – Timothy scimmiottò la voce del collega. - Comunque certo che per essere un agente dell’FBI forzi serrature di portinerie e rubi chiavi di appartamenti come un delinquente professionista.”
“Essere cresciuto nel Queens mi ha aperto la mente a tante prospettive.”
“Cristo fossi cresciuto nel Bronx che cosa avresti fatto?”
“Per chi mi hai preso? Nel Bronx ci andavo a fare degli stage.”
“Uomo nero un giorno dovrai spiegarmi davvero in dettaglio come hai fatto a diventare un agente dell’FBI.”
“Se vuoi che qualcosa rimanga un segreto non dirlo ad anima viva, nemmeno al tuo migliore amico.”
Timothy scoppiò a ridere e continuò a controllare i documenti fino a che la sua attenzione non fu attratta da una busta gialla. L’aveva trovata in un cassetto pieno di rendiconti bancari e dentro c’era un dvd, uno di quelli che si vendevano sfusi. Lo prese per esaminarlo, aprì la confezione e vide che era stato scritto. Lo mise da parte fra le cose interessanti e decise che lo avrebbe esaminato dopo.
“Ehi Lowen, domani abbiamo un interrogatorio al carcere con Bedford, portiamo la Haffner con noi?”
“Sì, lei lo esaminerà dallo specchio con Micheal e ci daranno un feedback su quale direzione mandare l’interrogatorio se a noi scappa qualcosa. Ricordati di portare gli auricolari.”
“Pensi sia saggio mettere Brisgau con Tanja?” chiese ridendo l’agente Stone.
Era risaputo in tutto il dipartimento che Micheal Brisgau aveva una cotta ricambiata con Tanja Haffner, ma per qualche ragione i due non riuscivano mai a concretizzare la loro attrazione in una storia e questo portava una strana tensione fra i due.
Prima che Timothy potesse rispondere al collega ci fu un bussare alla porta.
“Ehi ragazzi un pacco per voi da Quantico.”
“Dai pure a me, Kevin.” L’agente Stone aveva lo stomaco stretto in anticipazione, sperava davvero che i tecnici della sede del FBI della Virginia avessero fatto il miracolo che speravano.
Appena Kevin aveva lasciato il pacco sulla scrivania, Lowen abbandonò la riorganizzazione della lavagna degli indizi.
“Tim, andiamo nel bunker di Penelope.”
Stone afferrò il pacco e all’ultimo secondo decise di prendere con sé anche la busta gialla attirando l’attenzione di Lowen.
“Cos’hai preso?”
“Questo.” Tim mostrò al collega il dvd.
“Perché vuoi che Penelope lo controlli? Non puoi farlo tu?”
“Perché è un oggetto fuori luogo. Elisabeth è … era una donna estremamente ordinata.”
“Vero, anche quando abbiamo controllato nei cassetti tutto era in un ordine immacolato e suddiviso in maniera pensata.” Lowen aveva fatto finta di nulla sullo slittamento dell’amico. Chiuse con doppia mandata il suo ufficio in maniera che nessuno potesse ficcanasare in loro assenza.
I due si avviarono a passo spedito nell’ufficio della loro tecnica informatica.
“Appunto. Era in un cassetto contente documenti della banca. Non ha etichetta ne ha scritto nulla.”
“Lo aveva nascosto perché non voleva che Kurt lo trovasse e quindi sopra potrebbe esserci qualcosa di importante.”
“Hai capito perfettamente il punto.”
I due uomini entrarono nell’ufficio di Penelope e subito vennero accolti dall’ambiente grondante di tecnologia.
C’erano così tanti computer e schermi e Tim aveva provato diverse volte a contarli, ma non era mai riuscito ad arrivare allo stesso numero e né a sapere esattamente cosa servissero. L’unica cosa che era certo è che ogni pc veniva usato per una procedura diversa e solo ed esclusivamente dalla loro Tecnica.
“Ehi Penelope come va?” chiese Tim.
“Bene. Sono diventata madre per la terza volta.”
“Cosa?” chiese disorientato Lowen e Timothy scoppiò a ridere di gusto.
“Parla della sua vita digitale: ha una passione sfrenata per The Sims, un video gioco di simulazione.”
“Ah…”
“Che dire a mia discolpa? Sono stramaledettamente brava nel mio lavoro e che non ho tempo di farmi una vita privata.”
“Tu lavori troppo Penelope. Stasera io e l’uomo nero ti portiamo a bere una birra.”
“E dopo la birra tu, Tim, mi porterai a casa?” domandò la donna sbattendo le ciglia in maniera volutamente ridicola.
“Certo se nel frattempo non avrai fatto colpo su qualcuno al pub. ”
“Con due uomini che mi accompagnano?! … Comunque se voi due siete venuti qui è perché avete bisogno di qualcosa, quindi fatemi vedere di che si tratta.”
“Caso Elisabeth Calhoun.”
“Scherzi?”
Tim lanciò il pacco arrivato dalla sede di Quantico alla collega, che lo aprì con entusiasmo ed esaminò quello che era il contenuto.
Lowen, se avesse dovuto descrivere il contenuto di quel pacco era che conteneva un I-phone, ma Penelope la pensava diversamente e l’urlo di gioia che aveva lanciato lo rendeva molto chiaro.
“Ragazzi lo hanno rimontato, è pazzesco! Se non lo sapessi, non direi mai che questo telefono era stato sbalzato dall’impatto e disintegrato da alcune macchine. Sono formidabili quelli del laboratorio di Quantico.”
Penelope iniziò ad armeggiare al computer che aveva più vicino e con un cavo collegò il telefono. Immediatamente apparirono diverse schermate di un simulatore di una schermata come di un I-phone.
“Vediamo se riusciamo a vedere tutto o se le memorie sono state in un qualche modo danneggiate. Cominciamo da qualcosa di semplice come la lista delle chiamate.”
Timothy osservò mentre Penelope armeggiava nei suoi file del caso e tirava fuori la lista delle chiamate che aveva recuperato.
Da quella lista erano riusciti a capire che Elisabeth la sera della sua morte non si era vista con un gruppo di amiche come aveva detto a Kurt, o meglio, non ne avevano trovato riscontro nella loro indagine segreta. Speravano che nel telefono ci fossero delle informazioni che svelassero qualcosa che al tabulato telefonico non risultava.
“Ragazzi c’è qualcosa di strano. Siamo sicuri che vi abbiano spedito il telefono giusto?”
“Perché?” Lowen si sporse per vedere cosa non tornava alla collega.
“La lista delle chiamate non corrisponde.”
“Prova a vedere nella galleria delle foto. Se è il telefono di Elisabeth vedrai che ci saranno delle foto di suo figlio.” Tim esortò Penelope, che lo fece immediatamente. Tutti in quella stanza sapevano che l’errore non era da escludersi: un paio di volte avevano ricevuto materiale di altri casi.
Timothy si scambiò un’occhiata con Lowen, entrambi avevano riposto molte speranze in quel telefono.
Quando Penelope aprì la prima foto molti tasselli iniziarono a mettersi a posto, scorsero velocemente alcune foto e la prima a commentare fu la donna.
“Lowen... credo che la signora Calhoun avesse due telefoni.”
“Credo anche io a questo punto. Questo telefono al momento della morte doveva avere su una Sim anonima che deve essere andata persa dall’impatto dell’incidente. Ma la vera domanda è una: se questo è il secondo telefono, che fine ha fatto il primo?”
Timothy sentiva una scarica di adrenalina scorrergli dentro, mentre le foto sullo schermo scorrevano lentamente.
“Queste foto sono di documenti su la dottoressa Regina Cox e Christopher Hudson… Posso capire la Cox, legata alla morte di Charlie, ma perché Elisabeth era interessata a scoprire di più di quello che avevamo su Hudson?”
“Dovremo leggere quello che la signora ha trovato e magari cercare di capire qual era il filo del suo pensiero.” Commentò Penelope.
“Queste foto sono dei documenti. - ragionò Timothy. – Quindi da qualche parte ci dovrebbero pur essere. Dobbiamo chiedere un mandato e mettere sottosopra casa Calhoun.”
Lowen fece un cenno col capo e poi fece una domanda alla tecnica informatica.
“Riesci a vedere in che data sono le ultime foto?”
“Sono state scattante neanche 20 minuti prima che morisse in quello che sembra essere un bagno molto squallido.”
“Venti minuti?! – Esclamò Lowen. – Allora quei documenti li doveva avere con sé quando è stata investita ma noi non me abbiamo trovato traccia.”
“Merda! – imprecò Timothy. – dobbiamo rintracciare il barbone che aveva la borsetta di Elisabeth e fargli un interrogatorio. Magari ha visto qualcosa o magari sa, oltre i documenti, che fine ha fatto il primo telefono… sempre se lo troviamo.”
“Ah Penelope, controlla anche i numeri che compaio nella cronologia delle chiamate, scopri a chi appartengono e poi vediamo anche che sms ha ricevuto e che informazioni possiamo ricavarne.”
“Okay – la donna cominciò a digitare alla velocità della luce - Credetemi signori, ma stasera noi non usciremo per nessuna birra per fare gli straordinari.”
 
 
Blaine semplicemente adorava i maccheroni al formaggio di Carole e non ebbe remore a farlo sapere alla padrona di casa alzando il suo quadernino con i complimenti, facendo ridere le persone al tavolo.
‘Devo scoprire la ricetta di questa bontà! Tutt’altra cosa dalla busta surgelata che compra papà!’
La cena fino a quel momento era stata tranquilla, era rimasto solo un fondo di imbarazzo dopo l’uscita di Finn e l’amissione del pensiero comune di quella casa sull’amore omosessuale.
Finn cercava di concentrarsi sul suo cibo, fortunatamente nessuno aveva prestato attenzione a lui, nemmeno Blaine che era troppo preso a divorare quello che aveva nel piatto, con una voracità che combatteva con la sua.
Finn aveva provato a sintonizzare la sua attenzione a quello che stavano raccontando Thad e Sebastian a Kurt, ma parlavano di persone che conoscevano della compagnia di spettacolo. Finn pensò che se ci fosse stata Rachel avrebbe fatto domande fino allo sfinimento ai tre ragazzi.
Il quarterback si sorprese di pensare a Rachel e un po’ si sentì in colpa nei confronti Quinn. Finn trovava Rachel una presenza divertente nel Glee e invidiava la perseveranza di ferro della ragazza, ma non quando era indirizzata verso di lui, come a quella settimana che l’obiettivo della piccola ebrea era quello di ribadire che l’amore omosessuale era valido come quello eterosessuale. Rachel però l’unico risultato che otteneva era far incazzare di più Quinn, che ribadiva anche lei le sue posizioni, facendo scoppiare delle feroci litigate che lui non riusciva a sedare…
“Senti Kurt. - cominciò Thad. - Cosa è successo fra te e Adam? Sembra particolarmente arrabbiato ultimamente.”
L’attenzione di Finn venne attratta dall’argomento e così anche quella di Carmen che commentò:
“Thad non mi pare il caso tirare fuori l’argomento Adam.”
Burt al nome ebbe il flash di quel ragazzo biondo che aveva abbracciato forte suo figlio in aeroporto.
“Nonna, io non ho problemi a parlare del mio ex ragazzo con i miei amici a tavola di fronte a chiunque. - fece tranquillamente Kurt. – Non che comunque ci sia molto da dire.” finì mettendosi in bocca una fetta di patata lessa.
Burt rimase spiazzato all’idea che aveva conosciuto l’ex ragazzo di suo figlio.
‘Adam? Ex ragazzo? Questo mi interessa! Meglio conoscere il nemico per vincere l’amico!’
Il silenzio che cadde sulla tavola fu strano. Blanche pensò che fosse chiaro che l’argomento aveva preso alla sprovvista le persone di Lima e forse, tranne Arthur, non erano esattamente pronte di parlare degli interessi amorosi di Kurt.
Quello che prese di contropiede tutti fu che a fare una domanda a Kurt fu Molly.
“Se è diventato ex un motivo ci sarà. È stato scortese?”
“Io volevo essere trattato come una principessa! Compresa la mia verginità fino a quando lo dico io. Al momento, per come mi sento adesso, penso che sarò pronto fra cinque o sei anni prima di perderla.”
‘Ma sei Scemo!?’
Al tavolo ci furono varie reazioni: a Sebastian gli andò di traverso l’acqua che stava bevendo e cominciò a tossire, Thad e Arthur risero, Finn e Molly erano congelati, Burt fissava il figlio con occhi spalancati, Carole arrossì, Carmen e Blanche non diedero peso all’uscita del nipote e infine Blaine scrisse un messaggio sul suo quaderno.
Al massimo più che una principessa sei una bisbetica! Se ragioni così rimarrai zitello a vita!’
“Non ho chiesto il tuo parere!”
‘Ma qualcuno te lo deve dire!”
Blaine! Io ho degli standard!
Anch’io! E ho anche esigenze enon voglio finire dal dottore per un brutto caso di palle blu.
“Ora sono curioso: quali sarebbero i tuoi standard?” Arthur era davvero interessato alla risposta di Kurt.
“Io voglio una persona che non si faccia prendere dagli ormoni.”
‘Non sono io.’
“Che sappia intrattenere un discorso mentalmente impegnato.”
“Non sono io.”
“Che sappia ricevere un No e che quello sia.”
“Non sono io.”
“Una persona che abbia molti interessi.”
“Se consideri interessi Youporn e Gayporn potrei anche essere io.”
“Che sia gentile e amorevole e quando c’è una litigata che la sappia affrontare a parole e non a urli.”
“Non sono io.”
“Che condivida l’amore per una cucina salutare.”
‘Tu sei pazzo!’
Blaine alzò il suo quaderno con scritto:
A Lima non esiste nessuno così!
“Ma a me non interessano i ragazzi qui a Lima.”
Non esiste nessuno così nel mondo!
“Ora non esagerare!”
Se esiste è defunto!
“Finiscila!”
‘Ai ragazzi piace il porno, cibo spazzatura, il rutto libero e ci misuriamo il pisello col righello!’
Ma che schifo!
‘Che schifo no! Io sono il re del rutto libero! E Blaine Junior è il pisello più lungo e grosso della squadra di football del McKinley! Memorabile il giorno che lo abbiamo misurato con il righello di Azimio!’
‘Noi uomini siamo bestie!’
Non so da che parte cominciare per dirti quanto quello che hai scritto è sbagliato!
“Tu sei una donna che non ce l’ha fatta!”
‘E dato che tu sei una donna che non ce l’ha fatta mi rende automaticamente un etero che non ce l’ha fatta… che mondo di merda.’
“Blaine mi stai offendendo!”
‘Mai più di quanto mi sia offeso io.’
“Non so cosa stai pensando ma ti dico di smetterla perché è una cavolata colossale!”
Voi due siete sempre così?Carole era incredula dallo scambio fra i due ragazzi. Blaine era velocissimo a scrivere e sarebbe stata curiosa di leggere il quaderno per capire meglio lo scambio fra i due, dato che l’unico che poteva leggerlo era Kurt.
“Credo di sì.”
‘Certo che siamo sempre così! È la cosa che preferisco!’
“Possiamo cambiare discorso da Kurt e il suo uomo ideale?” chiese Finn con un evidente disagio e beccandosi l’ennesima occhiata di sufficienza da Sebastian, che gli fece venire i brividi lungo la schiena.
Kurt sbuffò e acconsentì non volendo entrare in una discussione e si rivolse alle sue nonne.
“Che pensate di fare domani quando io sarò a scuola?”
“Io e Blanche e i ragazzi faremo i turisti per Lima.”
“Io e Molly saremo molto lieti di farvi da guide. Domani mattina prendo il furgone dell’officina, che ha nove posti, e veniamo a prendere voi ragazzi e accompagniamo Kurt e Blaine a scuola. Dopo questo, recupero voi due signore e io e mia moglie vi portiamo in giro per Lima. Infine, finita scuola, recuperiamo Kurt e Blaine. Che ne dite?”
‘Io domani non dovevo essere accompagnato da voi. Va bene, scriverò a Santana che non c’è bisogno che mi venga a prendere.’
“Non vorremo abusare della vostra gentilezza.”
“Blanche lo facciamo con piacere.” Molly batté una mano sul tavolo.
“Va bene, noi vi offriamo il pranzo fuori.” concordò Carmen.
“A fine lezioni abbiamo il Glee quindi nonno prendi solo Kurt con te. In caso Blaine lo riaccompagno io.”
‘Io non voglio salire in macchina con te!’
“Ah Ok. Grazie di avermelo detto Finn.”
“Blaine qui mi ha scritto di dirvi che suo fratello lo viene a prendere domani pomeriggio.”
Sebastian e Thad alla menzione del Club di canto la loro attenzione venne automaticamente attratta verso il quarterback e lo squadrarono straniti.
“Che c’è?” chiese Finn vedendo lo sguardo fisso dei due ragazzi e a rispondergli ci pensò Sebastian.
“Kurt ci ha detto che fai parte del Glee club della tua scuola.”
“Sì e allora?”
“Nulla, solo che è strano. Non lo avrei mai detto che un ragazzo come te potesse interessarsi ai concorsi corali.”
“Per vostra informazione, sono anche il capitano del mio Glee.”
‘Sì perché io non parlo, se no sarei io il capitano e non Co-capitano come lo sei tu con la Berry!’
“Anche Blaine fa parte del Glee.” Kurt s’intromise per bloccare Sebastian prima che dicesse qualcosa che innescasse una litigata. Thad si voltò verso Blaine.
“Scusa la mia maleducazione, ma tu se non parli cosa fai in un Glee Club?”
Blaine diede un colpo a Kurt.
“Ahia BLAINE!”
‘Invece di piagnucolare rispondi! E che cazzo.’
“Sì, sì, ho capito, finiscila di fare quella faccia e darmi strane indicazione con le dita.”
‘Dai rispondi e vediamo se hai capito cosa ti sto dicendo.’
“Blaine al Glee fa l’accompagnamento musicale: suona il piano e la chitarra. Mentre nei concorsi canori fa numero.”
‘Vedi che non la sai spiegare. Io non solo faccio numero. Sono io quello che li fa vincere. Basta solo la mia presenza per illuminare un auditorium.’
“Pianoforte e chitarra? – Thad era sinceramente ammirato. – Che bravo. I miei sinceri complimenti.”
“Perché hai un fidanzato? Sei così carino che con te scapperei immediatamente verso il tramonto e in una caverna faremo le cosacce!”
“Io suono la batteria!” esordì Finn e Kurt rimase colpito dall’affermazione.
“Ma qui a casa non ne possiedi una.”
“Nel seminterrato c’è ne è una e mi alleno lì. Solo che si è rotto il riscaldamento giù e con questo freddo non vado.”
“In questa casa c’è un seminterrato?” chiese Kurt stupito.
“Sì, si entra dal garage. - spiegò Burt. - Lo abbiamo creato perché Finn suona la batteria e quando lo faceva in casa il fracasso era insopportabile.”
“Ma nessuno di voi mette la macchina in garage.” Commentò Kurt ricordando le macchina nel vialetto.
“Dentro ho un carro attrezzi. Ne ho uno in officina e uno qui. Presto servizio anche la notte e se qualche macchina si ferma mi chiamano e li vado a soccorrere.”
“Ah ok.”
La cena da quel momento proseguì in maniera tranquilla, anche se il gruppo di New York rimase spiazzato dai comportamenti strani del Kicker. Certo, Kurt nelle sue telefonate aveva spesso raccontato come il ragazzo potesse essere, ma avevano pensato che i racconti fossero gonfiati per farli ridere e rassicurarli che lui stesse bene, ma quella sera invece il pensiero comune era che Kurt avesse sgonfiato i racconti perché Blaine era davvero un personaggio scoppiettante.
Carmen analizzò nipote per l’ennesima volta quella sera e pensò, nonostante i lividi che aveva in faccia, che stesse meglio di quanto avrebbe mai immaginato. Prima di lasciare New York Kurt era a pezzi per la morte di Elisabeth, aveva messo su una faccia coraggiosa per cercare di non caricarli col suo dolore. Era indubbio che suo nipote emotivamente non era ancora al suo meglio, ma la presenza di quel Blaine lo rendeva in un qualche modo felice. Decise che in quei giorni avrebbe analizzato meglio la dinamica che si era creata fra i due ragazzi e in più avrebbe controllato Finn e se il caso lo richiedeva avrebbe fatto una fattura al ragazzo.
“Ed ecco qua il dolce e le paste portate da Blaine.” Carole posò sul tavolo uno dei suoi cavalli di battaglia in cucina: torta di cioccolato, caramello e crema mascarpone.
Thad ripensò che a inizio cena Kurt si era lamentato del suo stomaco, negli anni avevano imparato che quello non era un buon segno.
“Kurt come va lo stomaco?”
“Ora che ho mangiato molto meglio. E comunque non è nulla. Seguo la dieta alla lettera ed evito quasi sempre i cibi che potrebbero darmi fastidio. Mi concedo ogni tanto uno sgarro. Insomma, niente di diverso dal solito su quel fronte.”
‘Ha delle allergie?’
Blaine era perplesso del discorso appena ascoltato e non gli scappò l’espressione sardonica di Finn, era certo che gli mancasse qualcosa di fondamentale per capire la conversazione.
Sebastian sopirò preoccupato, la risposta del suo amico non lo aveva convinto ma la verità che nessuno di loro era Elisabeth che sapeva quando un sintomo era un campanello di allarme o un semplice fuoco di paglia.
 “Vuoi torta Blanche?”
“Certo. Però Carole potresti farmi una fetta piccola? Sono davvero sazia dall’ottima cena.”
“Ti ringrazio dei complimenti.”
Carole, dopo aver servito la signora Smythe, si voltò verso Kurt.
“Vuoi della torta Kurt?”
“Una fetta sottilissima, giusto un assaggio. Io e il cioccolato non andiamo d’accordissimo. E per favore mi metteresti pasticcino alla mandorla?”
‘Uno solo? Ti prego dimmi che non sei un fissato che calcola tutte le calorie. Quando abbiamo fatto colazione non mi sembravi un bacchettone del genere!’
“Certo.”
“Ti ringrazio.”
Quando tutti furono serviti cominciarono a mangiare il dolce.
Blaine era sicuro di essere in paradiso, la torta era buonissima, cremosa e dolce al punto giusto. Doveva fare i suoi complimenti alla padrona di casa e prese il quadernino per comunicarlo.
 Scritto quello che voleva alzò il quaderno in bella vista in maniera che Carole potesse leggere.
Dopo i maccheroni favolosi, il buon arrosto, questa torta è più che divina. Fantastica! Signora Hummel, se non fosse già sposata, per come cucina le organizzerei il matrimonio con mio padre!”
Kurt, appena messo in bocca il pasticcino, come tutti lesse il messaggio e gli venne da ridere e il boccone gli andò di traverso e gli si bloccò in gola, immediatamente cominciò a battere la mano sulla tavola.
Alle persone ci volle qualche secondo per capire cosa fosse successo, mentre guardavano Kurt che batteva la tavola, divenendo sempre più rosso.
“Sta soffocando!” Urlò agitato Finn. Carole si alzò immediatamente dal suo posto pronta a fare la manovra di Heimlich[1] al ragazzo.
“Kurt. -  Sebastian chiese il più serenamente possibile.- riesci a parlare?”  anche se l’amico avesse risposto col trambusto che stava accadendo non sarebbe riuscito a sentirlo. Molly Hummel urlava di fare qualcosa e Arthur si era alzato andando verso Kurt, Burt anche si era alzato e urlava, preso dal panico, alla moglie di fare qualcosa; Finn, come una cantilena, ripeteva in continuazione Oh mio Dio. Blanche e Carmen cercavano invano di calmare i presenti, urlando che le loro reazioni peggioravano la situazione.
Blaine voleva andare a battere dietro la schiena di Kurt per aiutarlo, ma venne prontamente bloccato fisicamente da Thad.
“Se cerchi di aiutarlo senza sapere come rischi di peggiorare la situazione.”
 Blaine ascoltò il consiglio e impotente guardò Sebastian che rassicurante parlava a Kurt.
Il soffocamento dato da cibo era una sensazione che a Kurt non era sconosciuta, la odiava. Cercò di rilassarsi per evitare che il panico lo sopraffacesse. Nonostante la mancanza di respiro tentò di deglutire, ma sentiva che il pasticcino era bloccato perché non aveva masticato ed e quindi il corpo nella sua gola era solido. Dopo qualche altro secondo riuscì a rilassarsi quel tanto che bastava per permettere alle sue vie respiratorie di riprendere un minimo di circolo d’aria e una sensazione di dover tossire si fece largo in lui e l’accolse, provocandola. Il sollievo si fece largo in lui quando senti il pasticcino che lasciava la sua trachea per tornagli in bocca, prese un tovagliolo e lo sputò dentro.
“Sto bene!” disse con voce gracchiante, continuando a tossire.
Burt sentì il suo cuore che batteva furiosamente, si mise una mano al petto e cercò di regolarizzare il respiro, mentre guardava suo figlio con le labbra di un preoccupante colore viola e la pelle, solitamente pallida, di un colorito rosso che stava scemando velocemente.
“Mi è venuto da ridere e mi è andato di traverso.”
“Scusato. -disse sbrigativa Carmen. - Ora passatemi una birra. Ogni volta che ti succede perdo vent’anni. Lo giuro!”
“Sì, penso che anche io berrò qualcosa per calmarmi. – Molly prese la bottiglia di vino e se lo versò -. Arthur ne vuoi?” Nonno Hummel fece di sì con la testa e si rivolse al nipote.
“Ci hai fatto prendere un bello spavento Kurt.”
“Scusate.”
“Kurt – Blanche sospirò. – non ti devi scusare, l’imprevedibile accade. Come va la gola?”
“Irritata ma nemmeno troppo. Una tisana tiepida dovrebbe rilassarla.”
“Sei stato fortunato. – osservò Thad. – Un pasticcino intero forse è meglio di quando ti si blocca un boccone masticato almeno ti è andato via tutto di un colpo.”
“Sì è stato sicuramente meglio!” convenne Carole.
“Già non mi piace quando mi sedano per controllare che non ho residui bloccati nella trachea e tutti i controlli che ne seguono dopo.”
“Ed io che pensavo che non vedessi l’ora di farti un giro all’ospedale di Lima e testare la loro ospitalità!” Scherzò Sebastian.
“E dopo che faccio? Lascio una recensione su TripHospital?”
“Bella questa!” Si complimentò Thad scoppiando a ridere con quelli di New York e anche Carole.
Gli Hummel guardarono allibiti la scena. Come facevano a Scherzare di quello che era capitato? 
Blaine dai discorsi fatti si rese conto che questo scenario per le persone di New York dovesse essere qualcosa che era successo più volte … Decise di chiedere spiegazioni… scrisse sul suo quadernino e quando fu pronto diede un pizzicotto a Kurt.
“Ahia BLAINE! Seriamente la devi finire con queste maniere.”
‘E che palle non ti si può nemmeno toccare!’
‘Qui le cose sono due Kurt: O sei un cretino che ripete sempre lo stesso errore o c’è qualcosa che non mi hai detto.’ Poi si voltò verso Sebastian e girò pagina del suo quaderno per fargliela leggere e il ragazzo lo fece ad alta voce.
“Kurt ha già testato le meraviglie dell’ospedale di Lima, ha passato una notte ricoverato… Kurt cosa hai da dire a tua discolpa?”
Kurt fissò con fastidio Blaine.
“Certo che tu per essere muto sei un bello spione!”
‘Certo che tu per essere uno che parla sei piuttosto muto! Vergogna.’
“BLAINE!”
 
 
[1] La manovra di Heimlich è una tecnica di primo soccorso per rimuovere un'ostruzione delle vie aeree. Costituisce un'efficace misura per risolvere in modo rapido molti casi di soffocamento.
   
 
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