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Autore: ONLYKORINE    21/02/2019    1 recensioni
Contest ad introduzione comune. Mi è stato dato l'incipit (parte verde del prologo) e io continuerò la storia.
Nicole ha iniziato ad avere dei Flashback di cui non si ricorda. Sta diventando pazza? La sua miglior amica la crederà pazza? Cosa succederà? E poi, perché ha questi flashback?
Genere: Fantasy, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo strizzacervelli

 

Lo studio del dottor Grimini non mi piace. Entro quando mi apre la porta e percorro il piccolo corridoio fino alla stanza dove facciamo le sedute. Sedute. Così le chiama lui. Le sedute. Perché dire che vengo qui a parlare dei fatti miei a uno che non gliene può interessare di meno, è troppo lungo.

Mi avvicino alla poltrona e sospiro appoggiando la borsa per terra, sul tappeto rosso. Almeno la poltrona è comoda. Ma il resto è proprio brutto. No, non è vero. Non è brutto. C’è un vecchio camino sulla mia destra che penso abbia solo una funzione ornamentale perché è stato restaurato ed è troppo pulito per essere stato usato per il suo uso canonico. Le finestre davanti a me lasciano vedere uno scorcio della città vecchia e tutti i tetti delle case sono fantastici da osservare perché siamo al quarto piano e il mondo visto dall’alto è il mio preferito. Tutto è bello, qui. Sono io il problema.

Perché non mi piace venire qui. Non mi piace il dottor Grimini e odio dover far questa cosa. Ogni volta che gli racconto dei miei flashback, lui fa quella faccia strana, i suoi occhi si avvicinano e le sue sopracciglia si aggrottano mentre scrive sul taccuino giallo. Cosa scrive? Mi chiedo tutte le volte. Saranno cose su di me? Sicuramente sono cose su di me. Oppure fa come me e Sabina durante l’ora di Latino, e fa scarabocchi a spirale o gioca a tris da solo?

 Una volta gli ho chiesto di poter leggere quello che c’è scritto. Ma lui ha detto che non si può. Così mi è ancora meno simpatico. Ormai rispondo solo alle domande che mi fa. Dovrei dire ai miei genitori di smetterla di spendere i soldi in questa maniera.

“Ciao, Nicole” Un’altra cosa che mi dà fastidio è il fatto che infila il mio nome in ogni maledettissima frase. Oggi è martedì, Nicole oppure Sta piovendo, Nicole o ancora Gradisci una tazza di tè, Nicole? e così via. Sto per iniziare a odiare il mio nome. Giuro.

“Buongiorno, dottor Grimini” dico, sedendomi direttamente in poltrona. Dovrei raccontargli del flashback di ieri, ma non ne ho voglia. Lui si siede sulla sua, di poltrona, e mi fa una smorfia anche se immagino che sia un sorriso. Prende il taccuino giallo e lo sfoglia, leggendo quello che ha scritto le altre volte su di me.

“Hai avuto altri flashback, dall’ultima volta, Nicole?” Eccolo. Sospiro. Vorrei dire di no. Vorrei chiedergli di smetterla di chiedermelo e di dire il mio nome. Ma sono una persona educata. Vedo già lo sguardo di disapprovazione di mio padre mentre ci penso soltanto.

“Sì” Lui alza lo sguardo su di me, con gli occhi ravvicinati e aggrotta le sopracciglia. Eccolo ancora. Cavolo, è così prevedibile. “Ti va di raccontarmelo?” dice, mentre gira la pagina del taccuino per scrivere su una pagina nuova. Annuisco e glielo racconto.

***

“Così ti ha spinto, Nicole?” domanda il dottore quando ho finito il racconto. Già, Stefano mi ha spinto. Ma a me preoccupa tanto anche un’altra cosa: Dice che gli ho detto qualcosa di brutto. Cosa posso avergli detto? Alzo gli occhi al cielo. Dannazione, non ero io quella nel flashback! Neanche lo conosco, Stefano!

Guardo ancora il dottore, che mi fissa con i suoi occhi vacui. Devono insegnarlo all’università, come fare le espressioni giuste quando un paziente fa o dice cose strane.  “Sì, mi ha spinto contro il muro” Lui sorride come se avesse vinto alla lotteria. “Allora eri tu nel flashback!” ancora quella smorfia vittoriosa.

Ogni volta che vengo qui il dottor Grimini mi fa domande a trabocchetto e gioisce quando pensa che io sia caduta in castagna. Lo odio immensamente quando fa così. Gli ho spiegato che nei miei flashback vivo tutto come se succedesse a me, ma io non conosco niente di tutto quello che accade. Non conosco Stefano, non conosco i posti dove mi trovo. E dannazione, a volte non so neanche quello che dico! So che il ragazzo nei miei flashback è il mio ex ragazzo perché la mia me glielo ha detto una volta e so come si chiama perché l’ho nominato spesso. Ma il resto… non so nient’altro. Ma lui invece è convinto che…

“Ti ricordi quando abbiamo parlato di ‘Amnesia selettiva’, Nicole?” Annuisco. Ora ricomincia a parlare di quella cosa della perdita dei ricordi. Da quando vengo qui, lui sostiene che i flashback che ‘vedo’ o ‘rivivo’ non siano altro che ricordi che ho dimenticato. Ma è possibile? Posso essermi dimenticata così tante cose? E poi… è impossibile. Mi sembra che lo avrei saputo se effettivamente fossero stati miei ricordi. Invece no, anche quando li rivivo, continuo a pensare di essere un’estranea. Uff…

“Quando hai avuto l’incidente a scuola, Nicole, devi aver subìto un trauma…” Non ho più voglia di ascoltarlo e infatti stacco il cervello. Lo guardo come guardo la prof di Latino quando spiega e sorrido annuendo di tanto in tanto. Alla fine resta zitto e mi guarda. Sbatto gli occhi. Mi sono persa qualcosa di troppo? Mi avrà mica fatto una domanda? Sorrido ancora.

“Allora, ci penserai, Nicole?” A cosa? Oddio, dovevo stare attenta! Proprio come a Latino! “Ehm…” cerco di salvarmi. “Secondo me ti farebbe bene, Nicole. Magari parlane prima con i tuoi genitori” Mmm e di cosa parlerò con i miei genitori? “I miei genitori?” cerco ancora di prendere tempo in attesa che mi venga in mente una risposta adeguata.

Lui abbassa lo sguardo e scribacchia qualcosa sul mio taccuino giallo. Quello che riguarda me, quindi è mio, ora. Strappa il foglio, lo piega e me lo allunga. “Sì, parlane con loro, Nicole. Potrebbe essere una soluzione. Così che tu possa trovare un po’ di pace” Annuisco ancora, un po’ sconvolta, e mi alzo dalla poltrona per prendere il biglietto che mi porge.

Una volta che torno a sedermi guardo il pezzo di carta che ho in mano e poi torno a guardare lui. Il dottor Grimini sta ancora scrivendo. “Hai sognato mentre dormivi, Nicole?” infilo in tasca il biglietto senza aprirlo e finisco la mia ora con lui. Gli racconto di quello che ho sognato la notte scorsa e lui scrive tutto soddisfatto. Chissà se nel suo mondo sognare il coniglio nano della mia amica Sabina che scappa dalla porta di casa ha un significato più interessante che nel mio…

***

Quando esco dal portone, mi ricordo del biglietto che ho messo in tasca e lo prendo mentre mi incammino verso casa. Lo apro e leggo cosa ha scritto.

 

Dott. Soluto Davide

Psicoterapeuta – ipnosi

 

Accartoccio il foglio giallo ancor prima di aver letto il numero di telefono. Questa storia è assurda. Secondo lui dovrei farmi ipnotizzare per evocare dei ricordi che non sono i miei? Perché io sono convintissima che non sono miei ricordi.

Due settimane fa sono caduta dalle scale a scuola. Mi sono fatta male a una caviglia e mi hanno portato al pronto soccorso. Tutto qui. Grimini parla di ‘incidente’ come se avessi fatto un frontale in macchina e fossi stata sospesa fra la vita e la morte.

Mi hanno fatto una TAC e non hanno trovato niente. Ma Grimini sostiene che potrei aver battuto la testa senza accorgermene. Davvero? Avrei potuto? Mah… Io non ci credo. E ora sostiene che dovrei farmi ipnotizzare? Ma che siamo matti?

Mentre attraverso la strada al semaforo verde prendo la decisione di non parlarne neanche con i miei. Semplicemente… non ne parlerò. Quando arrivo dall’altra parte della strada tiro fuori la mano dalla tasca e butto il foglietto giallo nel bidone vicino al marciapiede.

Ora farò a modo mio. Per prima cosa, prenderò in mano la situazione. E come? Mi chiedo mentre sono ancora ferma davanti al bidone. Non lo so. Beh, devo scoprire chi è questo Stefano prima di tutto. Penso a quello che so di lui: è un bel tipo, con i capelli scuri e gli occhi scuri e deve essere più grande di me, tipo sulla trentina. Basta. Non so altro. Sospiro.

Vorrei aver parlato a Sabina dei miei flashback. Sarebbe più semplice. E ora mi sembra quasi troppo tardi. Si arrabbierà perché non glielo ho raccontato prima? Probabile. Ma se non posso contare sugli adulti… Prendo il telefono dalla tasca della giacca, per mandarle un messaggio e chiederle di vederci. Sarà una spiegazione lunga.

Mentre sto scrivendo il messaggio, qualcuno mi urta e per poco il mio telefono non si spalma sul marciapiede. Riesco ad afferrarlo dopo che mi è sfuggito di mano e non senza fatica. “Mi sei venuta addosso” Alzo gli occhi sul ragazzo che mi ha urtato, pronta a dirgli che non gli sono per niente andata addosso, quando mi blocco. I miei occhi si spalancano da soli, lo sento.

È Stefano!
   
 
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