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Autore: titania76    15/04/2019    1 recensioni
Questa è una raccolta eterogenea di mini-racconti scritti per le gare settimanali #fantastiche10 e #scrivilotu indette dal gruppo fb Letture Sale&Pepe. Racconti nei quali devono comparire dieci parole assegnate ogni settimana o usare una frase specifica come prompt fisso. Poche ore a disposizione per consegnarli.
Pubblicati prima su facebook, ora approdano anche qui su EFP.
Genere: Generale, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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L'ultimo è quello buono



“Sara non riusciva a prendere la decisione giusta. Quell'ascensore l'avrebbe portata fino al 4° piano e fino alla camera 647, e sapeva benissimo cosa, ma soprattutto chi ci avrebbe trovato!!!!”



*****



(parole: 1166)
Durante il tragitto per tornare a casa, seduta sul sedile posteriore del taxi che l'aveva prelevata dall'aeroporto, continuò a domandarsi se quei pochi giorni che si era presa per riflettere sulla sua vita fossero stati sufficienti, oppure se, una volta varcata quella soglia, tutto sarebbe stato come prima.
Sara non era famosa per essere una persona decisa, spesso si sentiva smarrita senza il supporto della sua famiglia, o delle sue amiche. E sì che sul lavoro era tutta un'altra cosa! La chiamavano la draghessa, perché quando qualcosa non andava come voleva lei, o qualcuno non era all'altezza delle sue aspettative, era capace di sbranare il malcapitato di turno. Ma nella vita privata, ahimé...
Quando aprì la porta del suo appartamento e fece il primo passo sul vecchio parquet cigolante, intravide qualcosa sotto la suola del sandalo. Si portò gli occhiali da sole sulla testa e strizzò gli occhi per vedere meglio, poiché l'appartamento era immerso nella penombra e fuori invece c'era un sole estivo.
Era una busta da lettera color acquamarina con piccoli ed eleganti ghirigori argentati in rilievo.
Emise un breve gridolino, lasciando cadere a terra la borsa da viaggio, il mazzo di chiavi con il pupazzetto del suo cartone animato preferito di quando era adolescente e tutta la posta arretrata che aveva faticato ad estrarre dalla casella della posta. Poi, quasi nel panico, guardò a destra e a sinistra del pianerottolo e si affrettò a chiudersi la porta alle spalle.
Il cuore iniziò a battere più veloce.
Questa volta lui c'era andato fin troppo vicino. Non aveva bisogno di aprire e leggere cosa gli scriveva. Raccolse la busta da terra e, stringendola al petto, arrivò fino al frigorifero, dal quale prese  una lattina di soda all'arancia. Le serviva qualcosa di forte. Oh, sì! Questo era uno di quei casi in cui era sacrosanto arrendersi e bere quella dannata bibita. Ce l'aveva lì a disposizione da più di tre mesi dall'ultima litigata. Quella volta alla fine aveva resistito, ma ora...
Buttò i sandali sotto il tavolino basso e si accasciò con uno sbuffo sul divano morbidoso. Sentiva le guance diventare gradualmente bollenti. Picchiettò le unghie sulla lattina, rimuginando sul da farsi: doveva chiamare sua madre e dirglielo, oppure doveva indire una chat d'emergenza con Tina e le altre?
Di certo loro avrebbe voluto essere aggiornate su com'era andata la vacanza che tanto avevano insistito si prendesse e non avrebbero perso tempo a subissarla di consigli, più o meno truculenti, su come risolvere il suo problema.
Sbuffò. Ancora.
Ingollò l'ultimo lunghissimo sorso di veleno zuccheroso e si stravaccò per bene sul divano. Chiuse gli occhi, cercando di non pensare a niente, ma inevitabilmente la sua mente tornava a quella busta che era andata a raggiungere le altre, che dall'inizio dell'anno lui le aveva fatto pervenire e che lei teneva nella mensola portabottiglie del frigorifero. Ogni volta trovava i modi più fantasiosi e originali; ma questa volta, benché fosse andato sul tradizionale, la sorpresa l'aveva travolta come una fresca onda del mare.
Non si accorse del passare delle ore fin quando il suo stomaco non le diede la sveglia con un sonoro gorgoglio; fuori dalla finestra il sole stava ormai tramontando, il bagaglio era rimasto abbandonato nell'ingresso come una vittima di guerra, doveva fare la spesa – altrimenti per cena sarebbe stata costretta a mangiare la pizza surgelata vegana che le aveva portato Tina l'ultima volta che aveva invaso casa sua – e passare dalla vicina per recuperare Perlina, la sua micetta. Ma di tutte quelle cose proprio non aveva voglia di fare niente, almeno in quel momento.
«Ma perché non mi vuole lasciare in pace?» borbottò, entrando in camera da letto e lasciando cadere a terra i vestiti nel tragitto. Questa volta doveva proprio decidersi e chiudere la faccenda in modo definitivo e una bella doccia fredda le avrebbe sicuramente tolto la stanchezza del viaggio e dato la scossa necessaria per affrontarlo.
Ci mise quasi due ore per prepararsi, intanto che ripassava il discorsetto che gli avrebbe fatto; e, una volta messa una pietra sopra si sarebbe concessa una cenetta al ristorante del Grand Hotel, tanto l'avrebbe messa sul suo conto: aragosta e carpaccio di pesce spada avrebbero di certo soddisfatto il suo stomaco.
Quando uscì di casa il suo spirito battagliero era ai massimi livelli, ma più si avvicinava alla sua meta, più i dubbi si riaffacciavano in lei.
«No, no, no. Sarò dura e risoluta!» si ripeteva come un mantra, per farsi coraggio. Persino di fronte alle porte dell'ascensore continuava a recitarlo, persino a dispetto delle occhiate di quelli che le passavano accanto, entrando e uscendo dagli altri ascensori.
Attese che non ci fosse nessuno per salire. Eppure, nonostante le diverse occasioni che le si erano presentate nei minuti successivi, i suoi piedi non volevano collaborare. Quell'ascensore l'avrebbe portata fino al quarto piano e poi, avrebbe dovuto percorrere il corridoio fino in fondo, fino alla camera 647, una suite privata che lei conosceva come casa sua. Sapeva benissimo cosa l'avrebbe aspettata e soprattutto chi ci avrebbe trovato. Ma era davvero pronta ad affrontare tutto quello? Se lo avesse preso, in un modo o nell'altro la sua vita sarebbe cambiata. Stava a lei decidere in che modo.
Era così difficile...
Si ritrovò a camminare in circolo davanti agli ascensori che di tanto in tanto si aprivano e si chiudevano, borbottando fra sé e tormentandosi le unghie. Le sue belle unghie decorate con le nail-art che si era fatta fare sul lungomare di Rimini la mattina prima di partire.
«Ma perché sto ancora qua?» si chiese a voce alta, sempre sovrappensiero.
«Già, me lo chiedo anch'io», le rispose in tono suadente una voce maschile che lei conosceva alla perfezione.
Sara alzò di scatto la testa e in quel momento si sentì avvampare.
«Lorenzo»
«Sara»
L'uomo sfoggiava un sorriso magnifico – proprio come il suo soprannome –, nonostante l'angolo della bocca fosse sporco di briciole di torta.
«Sapevo che questa volta avresti ceduto. I colori Tiffany sono sempre stati i tuoi preferiti. Vieni, sopra stiamo divorando gli assaggi delle torte nuziali. Abbiamo già stabilito tutto, manca solo la farcitura. Se non mi sbaglio la tua preferita era la mousse alla pesca, vero?»
Le prese la mano e la trascinò nell'ascensore, premendo subito il pulsante per il quarto piano per non darle il tempo di fuggire.
Aveva preparato tutto da mesi, gli inviti ufficiali erano stati stampati con ognuna delle carte che le aveva mandato per l'approvazione, gli anelli erano in mano al testimone, la chiesa prenotata, l'abito attendeva la sua padrona nell'armadio, le composizioni floreali decise. Giugno era il momento giusto e non le avrebbe permesso di dirgli di no.
Non era abituato ai rifiuti, ma aveva sempre trovato divertente le titubanze della sua fidanzata. Almeno fino a quel momento, perché se quella farsa si fosse protratta più a lungo, avrebbe perso la faccia con chiunque lo conosceva. Ora era arrivato il tempo per entrambi di mettere la testa a posto e di fare il passo decisivo.



note:
Qui ci vuole un piccolo chiarimento su questa one-shot e sulle prossime due. I brani sono stati scritti per una differente gara indetta dal gruppo fb Letture Sale & Pepe, che consisteva nel dare una frase guida e tirar fuori un racconto. La frase in questione poteva essere ripresa pari pari, modificarla e adattarla all'occorrenza, o anche solo prenderne ispirazione.
In queste tre one-shot, le parole in corsivo quindi non si riferiranno a parole assegnate, ma sono parole se sottolineano o sottintendono qualcosa di particolare, che altrimenti andrebbe messo fra le classiche virgolette; parole che esaltano situazioni, enfatizzano l'ironia dei date situazioni.



   
 
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