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Autore: _Princess_    23/07/2009    4 recensioni
Ti sei mai sentita lontana senza di me?
Il mio amore giace così in profondità
Mi sogni mai?

Tarja, la sua vita in Argentina con suo marito, lontana dalla Finlandia, da casa.
Tuomas, le sue parole, le sue musiche, la sua incapacità di lasciare andare il passato.
E un sogno. Un sogno che, la notte, li porta via entrambi, in un luogo al di fuori da tempo e spazio, dove tutto può essere ciò che era una volta, o ciò che non ha mai avuto modo di essere.
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fly to a dream
Far across the sea
All the burdens gone
Open the chest once more

[Dark Chest Of Wonders, Nightwish]

 

 

***

 

Le notti argentine erano calde e afose, piene di rumori e profumi che a lei sarebbero sempre rimasti estranei. Il frinire dei grilli, la fragranza del vento, e perfino i fruscii delle piante… Non era casa sua.

Ricordava la sua Finlandia, Kitee, e quei paesaggi dai colori surreali che l’avevano guardata crescere. Ricordava l’aria fresca della brezza estiva quando, in qualche notte insonne, usciva sulla terrazza a guardare il sole di mezzanotte brillare pallido su campi e colline, sull’acqua del mare o del fiume. Ricordava, in mezzo a tutto questo, le lunghe ore trascorse a chiacchierare con qualcuno che ora non era che un fantasma del suo passato, impalpabile ma eternamente incombente su di lei, su ogni suo passo, ogni suo gesto.

C’era un oceano in mezzo a loro, eppure, da quando si erano separati per sempre, non c’era stato giorno in cui Tarja non avesse pensato a Tuomas, in cui non avesse sentito la sua sorda mancanza.

Era tramontata, ora, l’epoca in cui loro due abitavano la stessa favola, perché la favola era finita, e nessuno dei due aveva trovato un lieto fine. Forse lo avevano cercato nei posti sbagliati – nelle persone sbagliate – o forse lo avevano sì trovato, ma non erano stati in grado di riconoscerlo.

Il senso di colpa che le bruciava dentro non la avrebbe mai abbandonata.

Con un sospiro, posò la spazzola sulla grande ed elegante specchiera del bagno e ritornò nella stanza da letto. Marcelo già dormiva, steso su un fianco tra le lenzuola. La finestra che dava sul giardino era chiusa. A lui dava fastidio l’aria notturna.

Si avvicinò al letto, la seta leggera della camicia da notte che frusciava ai suoi piedi. Non aveva sonno, ma preferiva dormire piuttosto che rimanere sveglia a pensare. C’erano vuoti coperti di bugie dentro di lei che lottava quotidianamente per mantenere chiusi e non voleva rischiare di infrangere il delicato equilibrio che teneva in piedi la sua vita.

Ma prima di coricarsi voleva fare ancora una cosa.

Scese al piano di sotto e aprì la porta a vetri della veranda. Uscì. I piedi nudi si posarono con piacere sull’erba, più fresca e morbida di come lei la ricordasse. Si guardò intorno e con sgomento si rese conto che l’intero giardino non era come avrebbe dovuto essere. Non sembrava nemmeno un giardino. Le alte mura di recinzione erano svanite, così come gli ulivi e i salici, che avevano lasciato posto ai sottili tronchi sinuosi di bianche betulle, che si estendevano davanti a lei a perdita d’occhio su prati rigogliosi.

Tarja rimase senza fiato. Non era un paesaggio argentino, quello. Era una foresta finlandese.

La luce della luna piena rischiarava ogni cosa e, all’improvviso, il canto dei grilli era scomparso, così come la villa alle sue spalle. C’era soltanto lei, nel bel mezzo di un bosco che non poteva essere reale.

È un sogno, ragionò, muovendo qualche passo incerto.

Non molti metri più avanti, notò uno specchio d’acqua limpida, un lago abbracciato su ogni lato da schiere di alberi silenti. Una brezza fresca soffiava dolcemente tra le loro fronde.

Se non era un sogno, allora doveva essere un’allucinazione, o un miraggio. E tutto, in quel miraggio, sembrava essere stato dipinto da una musica, da melodie familiari e lontane, dolorose per ciò che raccontavano e rappresentavano. Era come se ciascuno di quei particolari portasse impressa in sé una firma ben precisa.

Tuomas.

Avanzò fino alle rive del lago, guardandosi intorno. Si sentiva bene, serena, in pace con se stessa, i suoi demoni erano assopiti dentro di lei, lasciandola libera di respirare senza oppressioni. Si sentiva a casa.

Si sporse al di sopra della superficie immobile dell’acqua e si ritrovò di fronte a se stessa, ma anche lei era diversa. Non portava più la camicia da notte di seta, bensì un lungo abito bianco che brillava luminoso sotto a quella luna così vivida. Era un abito che conosceva bene, nonostante fossero ormai anni che lo teneva gelosamente rinchiuso in un armadio del proprio guardaroba, per non doverlo più vedere, per tenere segregati con esso e molti altri ricordi un sentimento che non aveva mai visto la luce, eppure era sempre vissuto. Era un vestito che aveva indossato spesso, anni prima, in numerosi concerti e nel video della versione 2005 di Sleeping Sun.

Si vide bella come lo era stata dieci anni prima, e forse ancora di più. Il tempo era stato generoso con lei, le aveva donato un’avvenenza fuori dal comune, eterea ma duratura, eppure a lei ormai non importava più di come appariva. Fuori era bella, sì, ma quel che aveva dentro era solo un deserto di opportunità sprecate. Un oceano di rimpianti e rimorsi.

Chinò il capo e si risollevò, e solo allora notò che il vestito era sporco: sul lato sinistro del petto c’era una macchia di un intenso rosso vermiglio che si stava allargando lentamente, e più si ingrandiva, più lei avvertiva un intenso dolore penetrante al cuore.

Si premette una mano su quel punto, stringendo i denti. Avrebbe voluto chiamare aiuto, ma non c’era nessuno lì con lei, e, anche se così non fosse stato, l’unico nome che le indugiava sulle labbra apparteneva a qualcuno che probabilmente avrebbe di gran lunga preferito vederla soffrire.

Sentì delle lacrime nascere dentro i propri occhi serrati, ma le trattenne in gola. Stava ansimando, e respirare era sempre più difficoltoso.

Ma era solo un sogno. Soltanto un sogno.

Cadde a terra in ginocchio, come trafitta da parte a parte da una lama di ghiaccio. Annaspava cercando aria, ma non ne trovava.

Udiva i propri gemiti come se fossero appartenuti a qualcun altro, lontani e soffusi, angosciati. Era disperata.

Poi, d’un tratto, così com’era cominciato, il dolore cessò.

L’ossigeno tornò a riempirle i polmoni, le fitte al petto si dissolsero, e lei si accorse che qualcuno le aveva posato una mano su una spalla. Una mano forte, ma delicata, gentile, con un tocco pieno di premura.

“Tarja,” disse una voce maschile che lei conosceva fin troppo bene, con una strana incrinatura. “Sei davvero tu?”

Lei si voltò, e ciò che vide la paralizzò. Due occhi azzurri e malinconici la scrutavano da vicino.

Il suo cuore di colpo smise di battere.

No…

Erano stati lontani così a lungo che aveva dimenticato che effetto facesse averlo accanto, il potere infinito di un suo sguardo.

Non può essere.

Anche lui, come lei, portava gli abiti che aveva portato per il video di Sleeping Sun, e anche lui, alla sinistra del petto, aveva un’inconfondibile macchia di un denso rosso pulsante.

Era così vicino che poteva quasi percepire il male che da troppo tempo lo logorava da dentro. Così vicino che le sembrava che non fossero mai stati lontani.

Sulle labbra tremanti di Tarja, flebile e incredulo, quel suono prese vita in un sussurro, senza che lei ne fosse cosciente, e riempì la breve distanza tra loro come una preghiera di salvezza da un destino già deciso.

E così lo disse, in una anelito soffocato misto di stupore e sollievo, quel nome che le sue labbra tacevano da troppo tempo:

“Tuomas.”

 

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Note: ebbene sì, ladies and gentlemen, _Princess_ si butta sui Nightwish. La mia ff d’esordio su di loro, nata dall’ispirazione che le meraviglie scritte da LadyCassandra e Lady Vibeke (leggetele tutte! Se amate i Nightwish, amerete le loro storie!) hanno suscitato in me, senza ovviamente contare la potenza delle sensazioni trasmesse dalle canzoni stesse dei Nightwish.

Va da sé che questa storia è tutta frutto della mia fervida immaginazione (anche se sarebbe ipocrita non ammettere che un certo fondo di verità lo abbia) ed è scritta nel massimo rispetto delle persone di cui tratta, senza presunzione di rispecchiare la realtà.

Prevedo che la storia sarà al massimo di cinque capitoli, epilogo incluso, quindi se nell’attesa del prossimo aggiornamento vorrete lasciare un commento a questo breve capitolo introduttivo, a me farebbe solo molto piacere. ^^

Grazie in anticipo a tutti!

   
 
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