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Autore: ineedofthem    06/06/2019    4 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 55

RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 55

Sono proprio curiosa di sapere chi, stamattina, si sia messo in testa di rovinare il mio sonno ristoratore. Biascisco qualcosa, infastidita e intorpidita, ancora in uno stato di dormiveglia.
Afferro il cellulare che, sul comodino accanto al letto, non smette di trillare, e mi impongo di porre fine al ronzio fastidioso che provoca alle mie orecchie.
Soffoco uno sbadiglio, nel momento in cui mi rendo conto che la persona dall'altra parte del capo sia mia madre.
"Quando avevi intenzione di dirmi che tu e Luca state insieme? Ufficialmente, dico?!" esclama lei, fingendosi offesa e con un tono così squillante da farmi sussultare.
Allontano l'apparecchio dal mio orecchio, roteando gli occhi al cielo davanti alla sua impazienza.
"Buongiorno anche a te, mamma..."reprimo un lamento, controllando lo schermo del mio telefono, e sbarro gli occhi, constatando che sia tardi per la mia tabella di marcia.
Scosto con un gesto repentino le lenzuola, mettendomi in piedi e finendo per barcollare data la velocità del mio gesto.
"Sisi, buongiorno..."borbotta lei, indispettita. "Allora, cosa puoi dire a tua discolpa?" mi domanda con un tono di voce buffo.
Raggiungo a piccoli passi la cucina, facendo strascicare i piedi, mentre mi stropiccio un occhio.
"Dammi tregua..."le chiedo, reprimendo un lamento.
"Ok" mi concede, "ma a patto che tu lo porti a pranzo o a cena da noi, un giorno di questi".
"Mamma..."sbuffo un sorriso, sorreggendo il cellulare la tra guancia e la spalla, mentre preparo il caffè. Uno bello forte che riesca a darmi una svegliata.
"Cosa c'è, tesoro? È una cosa bella, non dovresti vergognarti..." nonostante non riesca a vederla, mi sembra di avvertire tutta la sua confusione.
Da prima che apprendesse la notizia, non fa che domandarmi con entusiasmo quando abbia intenzione di presentare loro Luca, ufficialmente. "Non gli farete uno dei vostri soliti interrogatori, vero? Rischierete di farlo scappare e, soprattutto, Marco, lui sì che è un problema, potrebbe incenerirlo con il solo sguardo..."le confesso, allora, anche se non riesco a non pensare che la scena, in sé, potrebbe risultare dilettante.
La risata di mia madre, spensierata e cristallina, si propaga attraverso il mio apparecchio, e sento che stia per contagiarmi, ma faccio di tutto per trattenermi.
"Saremo bravi, promesso. Terrò io a bada tuo fratello, in ogni caso" aggiunge lei in tono solenne, ritrovando una parvenza di serietà.
"Okay..."le concedo, lasciandomi ricadere con un balzo sul divano dietro di me, aspettando di avvertire il borbottio della caffettiera.
"Potremmo fare domenica. Cosa ne dici?" ritorna lei alla carica.
Scuoto il capo, divertita. "Mi dispiace, ma domenica io e Luca abbiamo un impegno. Vuole farmi conoscere la sua famiglia" le confesso in un sorriso.
"Oh, vedi!" strepita lei. "Prima o poi, dovrai fare lo stesso" continua, ridacchiando.
"Lo so!" le faccio presente, "e sarà prima di quanto immagini, mammina cara".
"Ah, ah! Che simpaticona" mi reguardisce lei, senza però sembrare infastidita dalla mia presa in giro. Nonostante ciò, dopo poco il suo tono si addolcisce, affievolendosi lievemente.
"In ogni caso, sono davvero contenta per te, tesoro mio. Ma sapevo che, prima o poi, sarebbe successo" proferisce emozionata.
Non riesco a fare a meno di nasconderle la mia felicità, piegando le mie labbra in un sorriso luminoso. Anche se lei non riesce a vedermi, so che lo stia percependo.
"Grazie, mamma" ammetto, sincera e mi rendo conto che non possa sentirmi più fortunata di così. Ho una famiglia che mi è stato accanto in tutto questo tempo,mi ha sostenuto, e sento che potrei davvero mettermi a piangere per tutta la premura e l'amore che i miei genitori hanno sempre mostrato per me. Presentare Luca a loro sarebbe come fargli conoscere un'altra parte di me, più intima e profonda, e non vedo l'ora che questo accada.
"Adesso, però, devo seriamente lasciarti. Sono in ritardissimo per il lavoro e devo ancora prepararmi" pronuncio, poco dopo, traendo un respiro profondo.
Mia madre non ribatte su questo, ma "mi raccomando" ci tiene a precisare.
Ridacchio, versandomi il caffè in una tazzina, per ottimizzare i tempi. "Lo prometto".
Poi mi premuro di porre fine a questa telefonata e mi rendo conto che, infondo, una risata mi esca spontanea.
Sorseggio poco dopo la mia bevanda, reprimendo un sospiro di piacere.

Che la mia giornata abbia inizio...

Quando arrivo al lavoro, mi accorgo presto che ci sia qualcosa che non vada. C'è un brusio che si ripercuote per i corridoi e non mi piace per nulla. Mi viene subito da pensare a cosa abbiano ancora da blaterare tanto. Forse molti di loro non hanno ancora compreso quale sia la nostra mansione qui dentro. Essere all'oscuro di qualunque cosa stia accadendo, però, mi insospettisce e mi rendo conto che, adesso, avrei proprio bisogno di Luca qui accanto a me. Purtroppo non abbiamo avuto modo di vederci e dopo tutto quello che stiamo condividendo, mi sento mancare il respiro al solo pensiero di non saperlo accanto a me. Mi ha scritto e mi ha fatto presente che passerà presto a salutarmi, in reparto.
Mi incammino verso lo spogliatoio, sentendomi d'un tratto osservata e al centro dell'attenzione. Mi volto quanto basti per accorgermi di un gruppetto di pettegole che si diverte a sparlare alle mie spalle. Affretto i miei passi, trafelata, e passando accanto a quello che per mesi è stato il mio studio, mi rendo conto che la porta sia aperta. Forse non dovrei, ma la curiosità mi mangia viva e ho bisogno di sapere che stia succedendo.
L'ambiente è in ordine, e c'è un forte odore di disinfettante a emanarsi, ma un grosso scatolone campeggia, riposto sulla scrivania. Così senza che me ne accorga, ho già mossi piccoli passi verso l'interno.
Mi guardo intorno, ritrovando una sorta di beatitudine tra queste quattro mura e a tentoni mi muovo verso la scrivania, trovandola spoglia di qualsiasi oggetto, eccetto per la scatola.
"Devo ammettere che non mi aspettavo di trovarti qui, a ficcanasare".
Sussulto, avvertendo la voce sprezzante di Giorgio alle mie spalle.
Socchiudo gli occhi, maledendomi per la mia stupidità. Non sarei mai dovuta entrare qui dentro.
A quel punto, traendo un respiro, mi volto verso di lui, scoprendolo a fissarmi spigoloso.
"Che sta succedendo?" gli chiedo, facendo riferimento ai suoi oggetti personali riposti nello scatolone.
Giorgio assottiglia lo sguardo, indurendo la mascella, poi sulle sue labbra si insinua l'ombra di un ghigno irrisorio.
"Come se non lo sapessi..."
Corruccio la fronte, davanti al suo tentativo di celarmi la verità. Sta andando via?
"Non so di cosa tu stia parlando" ribatto, prontamente.
Lui scuote il capo, non convinto dalle mie parole e noto che abbia mosso un passo nella mia direzione."Ti ho sottovalutata, sai, Anita? Credevo che sarei riuscito a sconfiggerti, a prendere il tuo posto, ma tu sei stata più furba di me".
Le sue labbra si piegano in una risata sprezzante, mentre unisce le mani per batterle, teatralmente. "Brava, complimenti!Sei riuscita a fregarci tutti, facendoti passare per la santarellina di turno, ma dietro questi occhi dolci, si nasconde una grande stratega" sussurra a un palmo dal mio viso.
Indietreggio di colpo, sopraffatta dalle sue parole poco lusinghiere, e sentendomi bloccata tra la scrivania dietro di me e il suo corpo.
Nonostante sia spaventata dalla sua vicinanza, sostengo il suo sguardo, invitandolo a continuare. Sono curiosa di vedere fino a che punto si spingerà.
"Me ne vado, Anita, e mi trovo costretto, ahimè, a farlo. Questo non è posto per me, io ho bisogno di sentirmi valorizzato e qua non potrà mai accadere, fino a quando dovrò competere con te. La tua influenza qui dentro è troppo grande..." ammette, come se ne fosse quasi dispiaciuto. La verità è che uno come lui mi fa davvero pena. È sempre facile accusare gli altri delle proprie mancanze. E lo è ancora di più volersi sentire importante, screditando l'operato altrui.
Saperlo lontano è, però, una mera soddisfazione. Non posso pensare che una persona come lui possa ancora esercitare, eppure sotto l'aspetto lavorativo non ho mai potuto obiettare su nessuna delle sue scelte e non ha potuto farlo nemmeno Visconti.
Così, lui, non colpito dal silenzio che mi ha invaso, afferra lo scatolone tra le sue mani, e riesco a notare un minimo di rassegnazione e sconcerto invadere i suoi occhi mentre si fermano a percorrere lo spazio che ci circonda. Credo che non sia facile come dice, andarsene. Lui si sente sconfitto, un perdente, ma non ha ancora chiaro quale sia il vero obiettivo di questo mestiere.
Poi il suo sguardo ricade, ancora su di me, e avverto ogni suo tratto tendersi.
"A mai più..." digrigna.
"Hai detto che devi andartene, no? E allora fallo, sparisci!"
Ci metto poco a realizzare che la seconda voce appartenga a Luca e quando lo osservo farsi spazio nello studio, mi rendo conto che la mia attenzione, adesso, sia tutta a lui. Vorrei sorridergli per ringraziarlo di essere qui, ma mi sento inerme.
Giorgio, al mio fianco, rotea gli occhi al cielo, voltandosi a scrutarlo, malevolo.
"Oh, ma eccolo qui il tuo fidanzatino!" esclama, beffardo.
Luca mantiene un autocontrollo invidiabile, macinando passi, serio e composto come solo lui sa essere.
Assottiglia lo sguardo, una volta accanto a me, lanciandogli un'occhiata di sottecchi.
"Non farmi essere ripetitivo e allontanati da lei" ammette, impassibile.
Giorgio ghigna, facendo alterare i suoi occhi ripetutamente prima su di lui e poi su di me.
"Su di una cosa, però, non mi ero affatto sbagliato. Siete proprio fatti l'uno per l'altro" proferisce, perdendosi in chissà quali pensieri.
"Vattene!"ribatte Luca, perdendo ogni briciolo di pazienza.
Il mio ormai ex collega lo guarda dall'alto in basso, rinforzando la presa sulla scatola tra le sue mani, poi ci volta le spalle.
Mi riscopro a essere sorpresa di me stessa, quando sono io a fermarlo poco prima che se ne vada.
La mia azione desta la curiosità di Luca, che mi invita con lo sguardo a spiegargli cosa abbia in mente.
Giorgio, sull'uscio, si gira a osservarmi, facendo un cenno con il capo, affinché parli.
"Mi auguro tu possa rinsavire, prima o poi, e possa accorgerti che non sia davvero questo il vero obiettivo della tua vita" gli faccio notare, stupendomi della sicurezza del mio tono.
Luca rinsalda la sua presa sulla mia spalla, come a volermi sostenere.
"Io so esattamente quale sia il mio obiettivo e non saranno le tue parole a farmi desistere dal realizzarlo" ribatte, perentorio. Ma d'altronde cosa mi aspettavo? Che questa esperienza potesse redimerlo? I tipi come lui non cambiano.
Così, quando lo vedo abbassare lo sguardo e andarsene, mi rendo conto di ritornare a respirare sul serio e mi trovo a pensare di non volerlo vedere mai più.
"Stai bene?" mi domanda Luca, accertandosi riguardo alle mie condizioni.
Gli dedico tutta la mia attenzione, perdendomi nei suoi occhi.
"È tutto finito..."ammetto, ancora incredula davanti a quello che è successo.
Luca mi accarezza una spalla, sorridendomi caldamente.
"Sì, Anita, è davvero tutto finito" ripete, abbassandosi sul mio viso per catturare le mie labbra in un bacio e io, sotto le sue premure, mi sciolgo come neve al sole.

...alcuni giorni dopo

Call It magic, call It tue, call It magic when i'm next to you...
Dire se mi sento pronta? Sì, lo sono. Conosco già la famiglia di Luca e questo forse mi dà una certa sicurezza, ma allo stesso modo non significa che non mi possa far prendere dall'ansia. Mi presenterà come la sua ragazza! Sono così emozionata.
Scruto il paesaggio che si presenta davanti ai miei occhi, con i campi coltivati e le distese di girasole, mentre nell'abitacolo dell'automobile di Luca risuonano le note di Magic dei Coldplay. Comincio a pensare che sia davvero magico come cantano. Quando sono con lui, soprattutto, tutto assume una sfumatura diversa. Mi sembra di essere una bambina che osserva con occhi curiosi e affamati qualsiasi cosa la circondi. Come se ogni cosa che capiti sotto al mio sguardo sia una novità.
Mi volto verso di lui, avvertendolo canticchiare alcune strofe, distrattamente, con lo sguardo sereno e attento alla strada davanti a noi e mi premuro di sorridergli, perdutamente spensierata e innamorata. Ben presto la villa di proprietà Franzese si staglia di fronte ai nostri occhi. I genitori di Luca abitano in un casolare ristrutturato in aperta campagna, circondati dal verde e la tranquillità più assoluta.
Ci lasciamo l'ingresso alle spalle, osservando il cancello in ferro battuto, automatico, richiudersi dietro di sé,e ne approfitto per dare un'occhiata intorno a me. La villa rimanda a uno stile rustico, con una costruzione in mattoni, il tetto spiovente, e gli infissi in legno chiaro.
Anche il giardino è tenuto con cura: ammiro una distesa di alberi da frutto che delimita le cinta della casa, mentre il vialetto che conduce all'ingresso è delimitato dalla ghiaia e disseminato da aiuole fiorite. Osservo estasiata un tripudio di colori e odori che si mescolano alla perfezione.
Liscio l'abito dalla stampa floreale che ho scelto per la giornata calda e soleggiata e mi premuro di recuperare il dolce che ho deciso di preparare. Ci tenevo particolarmente a fare qualcosa con le mie mani.
Luca appoggia una mano all'altezza della mia schiena, conducendomi verso l'interno e preoccupandosi che il mio equilibrio non sia troppo precario, nonostante indossi delle scarpe comode e basse.
Anche lui ha optato per un look semplice, con una camicia di jeans sopra dei pantaloni color beige. Ha un'aria particolarmente bella, oggi, più del solito; riesco a intravedere nonostante la montatura a specchio che indossa, i suoi occhi brillare.
Prima che me ne possa solo rendere conto, Sofia corre verso di noi, strepitando a grande voce e facendo svolazzare il suo vestitino rosa a balze.
"C'è lo zio Luchi! C'è Anita. Eccoli, eccoli!"
Luca l'accoglie tra le sue braccia, facendola volteggiare, mentre la piccola ride divertita sotto le sue attenzioni.
Li scruto, sorridendo dolcemente, avvicinandomi quando Sofia si sporge verso di me.
"Anita..."mi saluta lei, entusiasta, gesticolando con le mani davanti al viso. "Ma adesso posso chiamarti zia, vero?" mi domanda. Dolce e tenera come solo lei sa essere.
Le accarezzo con premura il capo, aprendomi in una smorfia buffa.
"Certo che puoi, tesoro..."
Mi è difficile non notare quanto l'abbia resa contenta la notizia, perché subito dopo comincia a battere le mani con entusiasmo.
Luca sorride, voltandosi nella mia direzione e mentre con un braccio, sostiene Sofia a sé, intreccia la mano libera con la mia, conducendoci all'interno.
"Mamma, mamma, Anita ha detto che posso chiamarla zia!" Eleonora si sporge da una delle stanze, dimostrandosi felice di vederci arrivare e mentre la piccola corre via, inoltrandosi per i corridoi della casa, trillando quando sia euforica di averci qui, lei si avvicina per salutarmi.
Oggi la sorella di Luca è particolarmente bella, stretta in un paio di pantaloni a sigaretta che le fascia le gambe lunghe e snelle, mentre la camicia chiara esalta la sua carnagione. La sua somiglianza con Luca è estremamente evidente. Nonostante sul suo viso, struccato, siano evidenti i segni della stanchezza, è luminosa, incantevolmente perfetta.
"Ciao, Anita. È un piacere rivederti" ammette, sciogliendosi in un caldo sorriso e salutandomi poi calorosamente.
"Anche per me, Eleonora" le replico allo stesso modo. Con lei c'è stata da subito una sorta di complicità.
"Certo che ce ne ha messo di tempo mio fratello, eh!" aggiunge lei, colpendolo scherzosamente al braccio e facendomi aprire in una risata. "Sei un testone!"lo rimprovera bonariamente.
Luca fa finta di imbronciarsi, massaggiandosi la parte lesa, ma poi torna a rivolgere il suo sguardo a me, solo a me.
A quel punto sua sorella ridacchia, riportandoci con i piedi a terra.
"Ok, piccioncini, venite. Raggiungiamo gli altri" ci fa presente, prendendo a farci strada e prendendo con sé il dolce che ho preparato per loro.
Attraversiamo un corridoio disseminato di fotografie, e quegli scatti sembrano attraversare tutta la storia di Luca e i suoi fratelli. Da le loro espressioni, poi, traspare tutto l'amore che provano l'uno verso l'altro ed è bellissimo. Trovarmi nella casa in cui lui ha vissuto una parte della sua vita mi provoca una certa emozione, come se mi desse modo di ripercorrere i momenti felici e spensierati che ha trascorso qui dentro.
Non ho molto tempo per dare un'occhiata alla casa in sé, in realtà, nonostante mi viene da pensare che sia arredata con gusto, perché Eleonora ci conduce all'esterno, dove si trovano tutti gli altri.
Le temperature di oggi ci permettono di gustarci un pranzo all'aperto, cullati dalla calura primaverile.
Osservo con un sorriso la piccola Sofia giocare con il nonno, ridere e lanciare urletti divertiti nel tentativo di non farsi acciuffare mentre lui la rincorre, girando in tondo, ma poi sorridere e riempirlo di baci nel momento stesso in cui la coccola tra le sue braccia; la capofamiglia invece è intenta ad apparecchiare il tavolo. Ammiro quanta cura e dedizione ci stia dedicando, sistemando la tovaglia in lino in modo tale che non presenti pieghe. E per finire il più piccolo di casa, Riccardo, che si diletta a compiere alcuni palleggi a basket, nel campetto adibito poco distante da loro.
Non appena tutti si rendono conto che io e Luca siamo arrivati, cala il silenzio, prima che esso sia sostituito da saluti e sorrisi. Mi stupisco sempre di più di quanto possano essere tutti tanto gentili e affettuosi con me.
Luisa, la madre di Luca, mi stringe in un abbraccio, complimentandosi con me, suo padre, invece, si limita a una stretta di mano vigorosa e cordiale e io avverto il mio cuore sciogliersi davanti al loro farmi sentire parte della famiglia. È un'emozione bellissima.
"Wuuh!" Riccardo gesticola platealmente, avvicinandosi con una certa fretta. "Ma che bello rivederti, Anita".
Gli sorrido, cordialmente, soffocando un risolino davanti alla sua espressione sorpresa.
Poi lui afferra una mia mano saldamente, facendomi fare una giravolta su me stessa.
"E sei ancora più bella del solito" ammette, stupito, facendomi ridere lusingata.
"Sì, ok, adesso basta però" lo ammonisce Luca, fulminandolo con lo sguardo.
"Devi perdonarlo, Anita, mio fratello è parecchio sensibile al fascino femminile" aggiunge, voltandosi verso di me per stringermi a sé e sogghignare divertito.
Sbuffo un sorriso, accocolandomi al suo petto, mentre Riccardo mette in mostra un'espressione imbronciata, decisamente infantile.
"Ehi! Cosa ci posso fare io se hai una fidanzata bellissima. Continuo a pensare che ingegneria non sia stata una buona scelta. Non si vede una donna nemmeno per sbaglio!" si difende, incrociando le braccia al petto e suscitando il nostro divertimento.
Luca lo spintona, scompigliandogli i capelli, giocosamente.
"Va a studiare, piuttosto!"
Il fratello minore sorride furbamente. "Ah-ah" nega, scuotendo il capo. "Oggi è domenica!" aggiunge, prendendo poi ad allontanarsi da noi, muovendo una mano a mo' di saluto nella nostra direzione.

"I miei ti adoravano già prima di conoscerti, non avevo dubbi che ti avrebbero accolta così bene" il tocco delicato delle dita di Luca sul mio collo mi fa sussultare e mi volto verso di lui, per sorridergli grata di tutto questo.
Le sue mani percorrono le mie guance, insinuandosi tra i miei capelli e mi stringo a lui mente abbassa il suo viso verso il mio, facendo planare il suo respiro sulla mia guancia.
"Ti amo..." mi confida, baciandomi a fior di labbra.
Sentirgli pronunciare queste parole è ancora un colpo al cuore, ma credo che potranno passare anche anni, e l'effetto che mi produrranno sarà sempre lo stesso.
Appoggio una sua mano all'altezza del suo collo per prolungare la sua vicinanza e sospiro, strofinando il naso contro il suo volto.
"Zia Anita e zio Luchi si stanno baciando, si stanno baciando!" scorgo oltre le spalle la piccola Sofia scrutarci con un certo stupore; le manine portate davanti alla boccuccia, mentre gli occhi le luccicano dalla felicità.
Le sue parole scatenano le risa generale e mi stringo al mio fidanzato, accocolandomi al suo petto, rossa dall'imbarazzo.
"Vieni, andiamo" Luca mi esorta a raggiungerli e annuisco, stringendo la sua mano.
Sofia è a braccia conserte, e sembra lì che ci attende, continuando ad osservarci con quella sorpresa che pare invadere i suoi occhi ogni qualvolta le si presenta qualcosa di nuovo.
"Piccola birbante" mormora Luca, scompigliandole i capelli, e facendola imbronciare sotto i suoi gesti.
I suoi occhi sono però rivolti a me, e non mi stupisco quando tira un lembo del mio vestito per attirare la mia attenzione.
"Tesoro..." le sorrido, abbassandomi alla sua altezza.
Lei ricambia il mio sguardo, gonfiando le guance goffamente.
"Mi posso sedere vicino a te, zia Anita?" domanda, giocherellando con le dita delle manine. Scruto le sue unghie smaltate di colori diversi a formare un arcobaleno.
"Certo che puoi" le replico, completamente ipnotizzata da questa piccola principessa che mi è di fronte.
Lei si sporge tra le mie braccia, abbracciandomi stretta a sé, poi socchiude gli occhi, rilasciando un sospiro.
"Siiiì" trilla, con entusiasmo.
"Il pranzo è servito, a tavola!" annuncia la padrona di casa con un grande sorriso ad affiorare sulle sue labbra e mentre ognuno prende posto, mi rendo conto di sentirmi onorata di far parte di questa grande e armoniosa famiglia.

Il pranzo è stato delizioso, ma non avevo dubbi su questo; Luca mi aveva parlato di quanto sua madre fosse un'ottima cuoca e ho avuto modo di saggiare tutte le prelibatezze preparate dalle sue abili mani. È stato bello scoprire quanto siano legati tra di loro: Luca e i suoi fratelli stravedono per i propri genitori, i loro occhi li osservano con devozione e amore e sembra che ognuno dei componenti abbia un ruolo ben preciso all'interno della famiglia. Sua madre è dolce e gentile, mentre nonostante suo padre sembri burbero e dalle poche parole, è un uomo che attraverso i gesti dimostra quanto tenga alle persone che ama.
Luca è così felice e spensierato accanto a loro, ma non mi hai mai fatto sentire di troppo, nessuno di loro l'ha fatto, coinvolgendomi nei loro discorsi e raccontandomi aneddoti divertenti dello stesso ragazzo. Lui ha sbuffato un po' infastidito, lasciandosi però poi coinvolgere dal loro entusiasmo. Non sono mancati i momenti di imbarazzo, certo, soprattutto quando si è aperto il discorso Vanessa. L'assenza della ragazza mi ha sorpreso, nonostante adesso che so lei non rappresenti e non abbia mai rappresentato una minaccia, mi sento molto più tranquilla. Mi è stato spiegato che sia tornata momentaneamente a Milano per affrontare i suoi genitori. Luca si è accorto ben presto che l'argomento mi avesse provocato un certo disagio; la sua mano poggiata sul mio ginocchio è stata una costante, come a dirmi che lui fosse lì per me, così come quando ogni volta che si è voltato per sorridermi in modo rassicurante.

Dopo il pranzo, quando ormai siamo sazi e appagati, e la piccola Sofia è ormai tra le braccia di Morfeo, dolce e serena, Eleonora e sua madre si alzano dai loro posti per sparecchiare.
Mi offro di aiutarle ma la sorella di Luca prontamente mi lancia un'occhiataccia, facendomi desistere dal mio intento.
"Sei nostra ospite, Anita, non ti permetteremo di fare nulla di tutto questo" mi fa notare." Ci pensiamo noi qui, voi piuttosto andate a farvi una passeggiata, che avete molto da recuperare" aggiunge, sorridendoci maliziosa, prima di rientrare in casa.
Mi apro in un piccolo risolino, portandomi una mano alle labbra.
"Tua sorella è fantastica" ammetto, rivolta a Luca, mentre ci incamminiamo verso il dondolo posto sotto un albero da frutto.
Lui incrocia le braccia dietro la schiena, ricambiando il mio sorriso.
"Sì, Eleonora è una forza della natura..." ammette, e mi sembra di scorgere dietro i suoi occhi una certa malinconia. Non oso chiedere cosa gli abbia fatto cambiare umore, così, gli accarezzo un braccio, come a volergli dar conforto. Lui si volta verso di me, mostrandomi la sua gratitudine, e ritrova ben presto tutta la sua spensieratezza.
Il suo braccio circonda le mie spalle, dandomi modo di accoccolarmi a lui, mentre ci godiamo la vista che la nostra posizione ci consente. Si respira una tranquillità assoluta.
Io e Luca ci lasciamo inondare da questo clima sereno, l'uno vicino all'altro, avvolti nei nostri pensieri.
"Dai, frate', ci facciamo due tiri?!" Riccardo si dirige verso di noi e arriva a spezzare la tranquillità nella quale ci eravamo rifugiati.
Luca sbuffa un po', roteando gli occhi al cielo, davanti all'iniziativa di suo fratello minore, ma riesco a comprendere che la sua proposta lo alletti allo stesso modo.
"Non ti dispiace se te lo rubo per un po', Anita, vero?" Il più piccolo comprende che forse la titubanza possa dipendere da me e mi premuro di soffocare un risolino, scuotendo il capo.
Riccardo, pallone da basket sotto braccio, e lo sguardo furbo e ferio, torna a rivolgersi a suo fratello.
"Allora cosa aspetti, Luchino?" lo scimmiotta. "Non vedo l'ora di schiacciarti!"
Luca si volta a guardarmi, accarezzandomi un braccio, mentre gli faccio cenno di seguirlo.
"Faccio il tifo per te..." gli sussurro, a fior di labbra, prima di lasciarlo andare.
Così, lui, spinto da una certa carica, si alza in piedi, spalleggiando suo fratello mentre si incamminano verso il campetto poco distante.
"O magari sarò io a farlo!" gli fa presente, sicuro di se stesso.

Mi do una spinta con i piedi per dondolarmi, godendomi lo spettacolo. Respiro a pieni polmoni, appoggiando le mie mani ai bordi, lasciando penzolare le mie gambe, con il vento che mi culla. In quel momento, mentre Luca e suo fratello si dilettano in palleggi e canestri, strepitando a gran voce, la mia mente torna indietro nel tempo.

Educazione fisica non mi era mai piaciuta: ero stato chiaro fin da subito che non fosse una materia in cui eccellevo. Avrei preferito studiare un'ora in più, ma non dilettarmi nella pallavolo e altri sport. Nonostante praticassi danza da molti anni e quindi l'agilità non mi mancasse, mettermi davanti a una palla era un supplizio per me. Ci avevo provato una volta, a dilettarmi in una partita, ma era finita miseramente con una pallanota che la sottoscritta si era beccata in pieno volto. Il nostro professore su questo era molto accondiscendente, dopo un accurato riscaldamento muscolare che prevedeva stretching e corsa sul posto, schippata e quant'altro, ci lasciava liberi di fare qualsiasi cosa. E, quindi, mentre i ragazzi si rilettavano in campo da calcio, noi ragazze ci sentivamo libere anche solo di sederci in panchina e respirare aria pulita. C'era però una cosa a cui lui teneva tantissimo: i test d'ingresso che dovevamo svolgere puntualmente ogni inizio dell'anno. Prevedevano un percorso a ostacoli, con relativo canestro, flessioni, e corsa del perimetro della scuola. Vivevo quel momento come un vero supplizio, per una come me che aveva una resistenza del fiato minima, risultava davvero difficile percorrere in tondo l'edificio scolastico. Ma quell'anno, il terzo delle superiori, avevo detto basta: avrei fatto di tutto pur di impegnarmi e fare bella figura. Così, dopo il riscaldamento finale e quando la palestra si era completamente svuotata, in quanto le classi che l'occupavano si erano radunate tutto all'esterno, avevo recuperato un pallone da basket affinché il mio intento riuscisse.
Avevo visto Luca, quel giorno, e la sorpresa di averlo lì, a pochi passi da me, a dividere lo stesso spazio, era stata talmente tanto che non avevo avuto nemmeno il coraggio di salutarlo. Le parole mi si erano incastrate in gola, quando lui, con la sicurezza che sembrava contraddistinguere tutti i suoi gesti, mi era passato accanto, alzando una mano nella mia direzione e il suo sorriso mi aveva stesa.
Pallegiai, una, due, tre volte, muovendomi in circolo, cercando di scaricare tutta la frustrazione che essere rimasta inebetita mi aveva provocato e tentai di fare canestro, invano. Riprovai ancora e ancora, ma non riuscivo.
"Non farai mai canestro in quel modo!"
Ebbi un sussulto nell'avvertire il suono di quella voce, della sua voce. Luca era lì, dietro di me, percepivo i suoi passi in avvicinamento e il cuore cominciò a battermi così tanto in petto che pensai lui potesse percepirlo. Afferrai il pallone più saldamente tra le mani, dato che pensavo potesse scivolare dopo che le dita avevano preso a tremolare.
Mi voltai nella sua direzione, lentamente, sorprendendolo già a pochi passi da me. Luca indossava una maglietta blu, a maniche corte, che delineava alla perfezione il suo petto tornito, su un paio di pantaloni sportivi e mi sentii mancare il respiro alla sua vista. Deglutii, scrutandolo con una certa confusione.
"Dai qua!" mi esortò lui, indicando il pallone tra le mie mani, "ti faccio vedere come si fa canestro".
Annuii, ancora intontita dalla sua presenza e lasciai che mi mostrasse come fare. Seguivo i suoi movimenti attentamente, oserei dire in un modo altrettanto adorante. Ma non era un qualcosa di nuovo per me, ero attirata da qualsiasi cosa lui facesse.
Luca si esibì in un perfetto canestro e mi ritrovai a battere le mani, soffocando un risolino, imbarazzata.
Compì alcuni palleggi, girandomi intorno e spronandomi a scartarlo per recuperare la palla. Mi grattai la nuca, a disagio.
Lui dovette comprendere il mio essere impacciata e mi lanciò la palla, cogliendomi alla sprovvista. Dovetti ringraziare la mia prontezza nei riflessi, perché riuscii ad afferrarla prima che mi colpisse allo stomaco.
Roteai gli occhi al cielo, davanti al suo ridacchiare e con una certa stizza gli diedi le spalle, sentendomi profondamente offesa dalla sua presa in giro.
"Dai, non ti arrabbiare..." proferì, tentando di dissuadermi. Avvertii il suo respiro infrangersi sul mio collo e solo in quel momento mi resi conto di quanto mi fosse vicino. Il suo petto mi sfiorava, adagiandosi alla mia schiena. Mi ritrovai a irrigidirmi per la sua vicinanza mentre ogni fibra del mio corpo era scossa da un tremolio.
Luca posò le sue mani sulle mie, adagiate sul pallone che stringevo e nel farlo i suoi capelli mi solleticarono il collo. Il suo profumo forte e inebriante invase le mie narici, facendomi desiderare che rimanesse al mio fianco per sempre.
Mi aiutò a sistemare le mie mani, a sostenere il pallone, la sinistra sopra, la destra sotto, poi le sue scesero ai miei fianchi, facendomi segno di ruotare lievemente il mio corpo.
"E poi flettiti leggermente sulle ginocchia, in modo tale da darti la giusta spinta per lanciare la palla. Hai capito?"
Io lo ascoltavo, ma i miei occhi erano tutti rivolti alle sue labbra che in quel momento rappresentavano la cosa più invitante.
Luca mi portò a riguardare davanti a me, spingendomi a mostrargli cosa avessi capito e, senza che me ne rendessi davvero conto, esegui il mio tiro e la palla rimase in bilico sul canestro, indugiando prima di cadere in rete.
Esultai, portando le braccia in alto e nel voltarmi, mi ritrovai faccia a faccia con Luca, che mi scrutava con un sorriso divertito a increspargli le labbra.
"La tecnica e lo slancio sono ancora un po' da migliorare, ma direi che sei stata brava..."soppesò le sue parole, come se non volesse darmi facilmente soddisfazione, ma nonostante in un primo momento mi imbronciai, poi gli sorrisi vittoriosa, lasciandomi incantare dai suoi occhi, che sembravano risplendere di luce propria.
Eravamo vicini, fin troppo, e le mani di Luca sostenevano i miei fianchi. Sentivo l'elettricità scorrere tra di noi e mi soffermati a pensare che questo fosse tutto nuovo per noi: non ci eravamo mai sfiorati e guardati in quel modo.
Luca continuava sorridermi e lasciava vagare il suo sguardo dai miei occhi alle mie labbra.
Prese una ciocca dei miei capelli tra le sue dita, giocherellando con essa distrattamente, prima di sopportarla dietro il mio orecchio. Il suo respiro planò sul mio viso e io mi ritrovai a desiderare che mi baciasse. Volevo che le sue labbra catturassero le mie, per conoscere il loro sapore e baciarlo come non avevo mai fatto con nessuno.
La mia amica Giulia, però, arrivò a infrangere il sogno del mio primo bacio.
"Ehi, Anita, eccoti, sei qui!" esclamò, facendoci sussultare spaventati dalla sua intrusione. Luca aveva ben presto messo le distanze tra noi, e dovetti trattenermi per non sembrare arrabbiata con lei.
Ma Giulia non pareva essersi accorta di nulla, così, quando Luca si allontanò da noi, uscendo in cortile, e la mia amica mi prendeva a braccetto per aggiornarmi sulle notizie del momento, mi fermai a pensare se anche lui si sentisse scombussolato con me. Non ci eravamo baciati, ma qualcosa tra di noi, quel giorno, era successo e mi piaceva, maledettamente.

Porto due dita a sfiorare le mie labbra, sorridendo al ricordo che, adesso, ha un sapore piacevolmente dolce.
Non mi rendo conto che Luca sia tornato al mio fianco, fin quando il dondolo non produce un balzo sotto il suo peso.
"Ho vinto!" esulta lui, gongolando colmo di soddisfazione. "Ma non sono sicuro te ne sia resa conto, persa com'eri..."
Incrocio il suo sguardo e mi mordo un labbro, dispiaciuta. "Scusa ero sovrappensiero".
Luca non appare infastidito, anzi ridacchia con divertimento. "Lo so..."
"Lo sai?" gli chiedo incuriosita. "E sai anche a cosa pensavo?"
Lui sembra pensarci su, scrollando le spalle. "Ho una vaga idea" ammette, sorridendomi furbamente.
Dal modo in cui però i suoi occhi indugiano sulle mie labbra, so che abbia capito e mi ritrovo a essere piacevolmente stupita che i nostri pensieri siano sulla stessa lunghezza d'onda.
"Mi avresti baciata quel giorno?" gli domando, allora, giocherellando con le dita delle mie mani.
Luca si appoggia allo schienale, traendo un respiro; sembra colto alla sprovvista dalla mia richiesta. "Ha importanza?" proferisce, confuso.
Scuoto il capo, indecisa. "Non lo so, ma non ho fatto che pensarci per anni, è un dubbio che voglio togliermi, tutto qui..."
Luca annuisce, prendendo a guardare davanti a sé, come se stesse ripercorrendo qualcosa nella sua mente.
"Probabilmente sì, l'avrei fatto. Ero mosso da un istinto di curiosità nei tuoi confronti, tu rappresentavi quasi una novità per me. Ed io ero un ragazzino, ancora un po' troppo giovane e  immaturo, ma mai avrei voluto illuderti. Sarei partito per studiare fuori, pochi mesi dopo, non volevo legarmi a nessuno."
Forse, mi rendo conto, è davvero la prima volta che affrontiamo il nostro passato, eppure non avverto più il minimo peso di quello che è successo tra di noi.
"Ma dobbiamo seriamente pensare a questo, adesso?" mi fa presente, arricciando le labbra in una smorfia divertita.
Annuisco, ricambiando il suo sguardo su di me.
"Hai ragione non ha più importanza, adesso" concordo, avvicinando il mio viso al suo.
Luca mi accarezza una guancia, con dolcezza, facendomi sciogliere sotto il tocco delle sue dita.
"Infatti, ci sono cose più interessanti che potremmo fare, sai..." soffia sulle mie labbra con fare suadente.
Decido di stare al gioco, fingendomi pensierosa.
"Tipo?"
Lui rotea gli occhi al cielo, sbalordito dalla mia affermazione, e porta una mano al petto, aprendosi in un verso di dolore con fare teatrale.
"Tipo baciarti" ammette malizioso.
Sorrido sulle sue labbra, afferrando il suo viso tra le sue mani per avvicinarlo di più a me.
"E cosa stai aspettando?" lo provoco.
Luca non se lo lascia ripetere una seconda volta, perché poco dopo le mie labbra sono lambite dalle sue, dolcemente familiari.
Riccardo, poco lontano, si esibisce nella nostra direzione in fischi di approvazione e mentre Luca abbassa la cappotta del nostro dondolo, per nasconderci dalla sua vista, entrambi ci lasciamo andare a una risata, spensierati, ancora con il respiro corto, fronte contro fronte, occhi dentro occhi.
E, mentre lo guardo, mi rendo conto che Luca abbia rappresentato il mio passato, è il mio presente e, ora che siamo insieme, non riesco davvero a immaginare un futuro senza lui.

ANGOLO AUTRICE:

Buon pomeriggio, miei cari lettori. Allora, come state? Io sono in piena sessione di esami, ma dopo averne sostenuto uno in giornata con un esito più che soddisfacente, ho ritenuto opportuno festeggiare con voi ed eccovi il capitolo. Ci lavoravo da un po' di giorni e sono quasi soddisfatta del risultato. E' abbastanza lungo, lo so, ma non mi sembrava giusto dividerlo e lasciarvi con l'amaro in bocca. Ma passiamo ad analizzarlo insieme: finalmente direi, Giorgio è andato via. Ve lo aspettavate? Beh, un problema in meno per Anita, decisamente.
E pooi, Anita e Luca: io amo scrivere di loro, così dolci e innamorati. Non sono bellissimi?
Luca l'ha presentata ai suoi, nonostante la conoscessero di già, ricordate la festa a sorpresa del ragazzo? Ecco, la conobbero in quella occasione ma, adesso, per la felicità di tutti, lei è la sua fidanzata! E ditemi, Sofia, la nipote di Luca, non è dolcissimaaaa?
Ma a proposito di bambini, che fine pensiate abbia fatto Lucia? Come se la starà passando? Siete felici se vi comunico che presto la rivedremo?

Intanto ne approfitto per ringraziare chiunque continua a seguirmi, dimostrandomi tutto il sostegno e l'affetto; grazie a chi la legge, l'ha inserita nelle sue liste e, soprattutto, chi recensisce. GRAZIE!
Vi abbraccio forte. A presto!

  
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