23.
La
sottomissione prolungata alla Voce del Comando era ormai svanita e,
mentre
alcuni licantropi piangevano di fronte ai loro figli marchiati come
bestie,
altri inveivano contro colui che li aveva ingannati per così
tanto tempo.
Solo
una sparuta minoranza sembrava non essere ancora in grado di
riconnettere
realtà e finzione e Iris temeva che, per loro, non vi
sarebbero state molte
possibilità di sfuggire a quel sogno – o incubo
– a occhi aperti in cui erano
caduti forzatamente.
Non
sapeva davvero come avrebbero potuto riprendersi, e dubitava anche che,
facendo
intervenire i loro amici inglesi, qualcosa avrebbe potuto essere
salvato.
Valeva comunque la pena tentare e, quanto prima, si sarebbe presa
l’onere di
avvertire Brianna di quanto avvenuto.
Continuando
a guardarsi intorno, Iris non si stupì troppo nel vedere
l’odio e la rabbia
dipinti sui volti di coloro che, a turno, si ritrovavano a passare
accanto a
Logan, l’ormai deposto Fenrir.
Lucas
non aveva voluto infierire oltre sul suo avversario, né
dargli il colpo di
grazia, ritenendo giusto che egli si confrontasse con un altro tipo di
giustizia. Quella portata da coloro i quali erano stati ingannati dalla
sua
sete di potere, così come dal suo delirio di onnipotenza.
Lucas
si era solo assicurato che, mai più, potesse utilizzare la
Voce contro qualcun
altro; cosa avrebbero deciso i suoi ex seguaci, non era compito suo, a
quel
punto.
Era
comunque straziante incrociare gli sguardi di genitori piangenti
dinanzi ai propri
figli, devastati da ciò che loro stessi avevano commesso
senza che, alcuno di
loro, avesse mosso un dito per impedirlo.
Chelsey
non aveva detto nulla in merito alla morte della madre, o al fresco
marchio inciso
a fuoco sulla sua spalla, livido sulla pelle ambrata e ben evidente
anche a un
occhio disattento. Si era limitata ad abbracciare alcuni attimi il
padre per
poi stringersi a Iris senza più lasciarla andare.
A
più di tre ore da quel triste e inevitabile evento, le due
non si erano ancora
separate e sedevano su una toppa di legno senza proferire parola.
Osservandole
pensieroso mentre, con l’aiuto di Lucas, era impegnato a
curare le ferite più
recenti dei bambini sottoposti a tortura, Devereux domandò
preoccupato: «Credi
che la supereranno? Sembrano così perse in loro
stesse.»
«Dal
brontolio che avverto nella testa, credo stiano avendo una lunga
conversazione.
Non ne capisco il senso, perché stanno sussurrando, ma penso
che Chelsey stia
tentando di calmare i sensi di colpa di Iris» gli
spiegò Lucas, sorridendo a un
bambino in lacrime, da poco marchiato sul braccio.
Cospargendo
di crema antisettica – e ricolma di aconito – la
ferita rossa e gonfia, gli
disse: «Non rimarrà quasi nulla, non temere. Solo,
non toccare la crema o
potresti svenire, se la portassi al naso per annusarla.»
Il
ragazzino assentì e la madre con lui, ossequiosa,
mormorò un ringraziamento
prima di allontanarsi per lasciare il posto a un altro bambino.
Sospirando,
Lucas scosse il capo e mormorò subito dopo: «Come
si può pensare di ridurre in
schiavitù delle persone, al solo scopo di avere ai propri
piedi dei servitori
fedeli quanto soggiogati?»
«Purtroppo,
non sono tutti buoni come te, amico» chiosò Dev,
dando una pacca sulla testa a
una bambina bionda, in compagnia del suo papà.
Quando
la coppia si fu allontanata, il primo licantropo con cui Iris aveva
parlato
durante la battaglia tra capiclan si rivolse timoroso a Lucas, e disse:
«Se ci
sarà concesso, vorremmo seguirvi al sud, a Clearwater. Ci
sono già sei famiglie
che desiderano trasferirsi e considerarti loro capoclan.»
Lucas
arrossì suo malgrado e mormorò:
«Beh… sarò lieto di dare una mano, se
vorranno
far parte del mio branco.»
Il
giovane licantropo, di nome Darren, sorrise appena, rinfrancato da
quelle
parole, e asserì: «Hanno visto come ti sei
comportato, e desiderano proseguire con te
il loro percorso di vita, ora che
hanno scoperto che esiste una via che non comporti solo
l’odio verso gli uomini…
o il maltrattamento dei figli tramite una menzogna perpetrata con la
forza.»
«Sono
innoridito io stesso dall’uso che quell’uomo ha
fatto della Voce del Comando,
poiché trovo orribile che si possa pensare di rendere
schiave altre persone»
asserì Lucas, guardandosi poi intorno dubbioso.
«Immagino, però, che molti di
loro sentano la mancanza della famiglia, e che questa scampagnata
fuori porta non fosse esattamente in programma.»
«Per
alcuni di loro sarà necessario passare sotto il ventaglio
della legge, visto
che diversi si sono macchiati di rapimento, e ci sono delle pendenze a
loro
carico, ma credo che saranno lieti di affrontare il giudizio della
legge umana,
ora che sanno che esiste un’alternativa»
mormorò Darren, sospirando afflitto.
«Quanto a me, ho capito di essermi ingannato, nel voler
seguire mio fratello in
questa follia. Non avevo affatto capito che il suo potere mi aveva
soggiogato.»
«Non
eri a conoscenza del dono che deteneva impropriamente, mentre lui aveva
capito
di poterlo sfruttare a proprio vantaggio, e senza essere
scoperto» replicò
Lucas, vagamente sorpreso da quella parentela che, di certo, non si era
aspettato. «Tu sai quando conobbe Julia?»
«Circa
cinque anni fa. Se la intesero subito, da quel che ricordo, e venne a
entrambi
l’idea di radunare una gran quantità di lupi in un
luogo sperduto, così da
vivere senza le leggi dell’uomo. In seguito, Logan
– mio fratello – pensò che
fosse giusto portare qui anche i bambini nati in famiglie di
licantropi, così
che potessero crescere liberi, e Julia fu
d’accordo» gli spiegò Darren, osservando
turbato la lunga fila di bambini pronti a essere medicati.
«Io dovevo già
essere schiavo del suo potere, perché li aiutai a
trovarli.»
Dev
sbuffò contrariato, nell’ascoltare quella storia,
e gli domandò: «Perché non
portare via subito Chelsey, allora?»
«Abbiamo
scoperto, nel corso degli anni, che è possibile capire se un
bambino ha
sviluppato la licantropia solo al raggiungimento della maturazione
sessuale. L’odore
cambia, così imparammo a riconoscerli dalla loro traccia
odorosa. Prelevarli a
giochi fatti, ci permise di portare qui solo i bambini con il gene mannaro,
lasciando stare gli altri»
ammise suo malgrado Darren, passandosi una mano tra la zazzera di
capelli color
paglia. «Julia ci aveva detto che sarebbe passata da
Clearwater per capire se
la figlia fosse già entrata in quell’arco di
maturazione, e che ci avrebbe
raggiunti qui con lei, se fosse stata pronta.»
Devereux
assentì grave e, nell’osservare il licantropo di
nome Logan steso a terra e
legato con pesanti catene, ringhiò: «Che senso ha
avuto torturare dei bambini?
Non lo capisco.»
«Posso
solo dirti che, a mente lucida, non so davvero cosa sia passato per la
testa di
mio fratello. Ciò che noi facevamo era dettato dalla sua
coercizione, quindi
non posso darti risposte in merito» mormorò
spiacente Darren.
«La
sete di potere è un demone dalle molte facce, e credo che
tuo fratello le abbia
sfruttate tutte» dichiarò stanco Lucas, lanciando
poi un’occhiata a Iris,
ancora stretta a Chelsey. «E’ difficile avere per
le mani un simile dono e
saperlo gestire con saggezza.»
Darren
ne seguì lo sguardo e, rabbrividendo suo malgrado,
mormorò: «Non avrei mai
immaginato che potesse esistere una simile energia. Spero davvero che
la vostra
amica sappia gestirla meglio di quanto non sia stato in grado di fare
Logan.»
«Iris
è forte a sufficienza per gestire qualsiasi cosa e, dove non
arriverà lei,
arriveremo noi» asserì fiducioso Lucas, sorridendo
con orgoglio. «Imparerai
presto, Darren – se vorrai venire con noi – che,
prima di tutto, per noi conta
il gruppo.»
Il
giovane annuì contrito e, dopo aver lanciato
un’occhiata al fratello, disse:
«Non so se può interessarti, ma esistono molti
licantropi che vivono nella
clandestinità, ma che hanno rifiutato di abbandonare la
cività in cambio di ciò
che gli offriva Logan. Per quanto fossi sotto coercizione, ricordo bene
dove si
trovano e, se lo vorrai, ti fornirò i loro nomi.»
Lucas
assentì grato, dichiarando: «Li
avviserò della possibilità di formare un clan
e, se lo vorranno, potranno crearne uno a loro volta, seguendo le
antiche
regole. Di certo, non mi imporrò mai per essere la loro
guida, ma offrirò loro
aiuto e collaborazione.»
«Bene»
mormorò Darren.
Dopo
essersi scusato con loro, si avviò verso il capannello di
persone che, uno dopo
l’altro, si stava assembrando per decidere delle sorti di
Logan.
Lucas
si spiacque per il giovane. Non doveva essere semplice scoprire che il
proprio
fratello era la causa di tanto dolore, e che sarebbe spettato anche a
lui
decidere come punirlo.
Fu
in quel momento che, dopo tante ore di immobilità e
apparente silenzio, Chelsey
e Iris si levarono in piedi per allontanarsi insieme e dirigersi verso
l’esterno del campo.
Mano
nella mano, le due presero a camminare lungo ciò che
rimaneva dell’accampamento
di tende e Dev, in fretta, balzò in piedi per seguirle.
Raggiunte poi le due
con poche falcate, domandò loro con tono volutamente
leggero: «Dove state
andando, così alla chetichella? Roba da donne?»
«Seppelliremo
la mamma, perché ci sembra brutto lasciarla in pasto ai
lupi. Poi, non ne
parleremo più» disse Chelsey con aria tranquilla,
la mano salda in quella di
Iris.
«Volete
una mano?» domandò loro Dev, chiedendosi cosa si
fossero dette in tutto quel
tempo.
Aveva
preferito non interferire per rispettare il loro bisogno di privacy, ma
la
curiosità era tanta.
Iris
levò lo sguardo per curiosare nei suoi occhi e Dev,
sorridendole, si allungò
per darle un bacio sulla guancia, mormorando: «Te
l’ho detto mille volte. Quel
che c’era tra me è Julia è morto anni
fa. Mi spiace soltanto che sia stata tu a
dover chiudere una volta per tutte – e nel modo peggiore
– questa situazione
incresciosa.»
«Ci
facciamo dare una mano, allora?» chiese a quel punto Iris,
sorridendo a
Chelsey.
«Va
bene» assentì la ragazzina prima di guardare
speranzosa il padre e domandare:
«Visto che questo coso
sul braccio è
brutto e, anche con la pomata di aconito, resteranno dei brutti segni,
potrò
farmi un tatuaggio per coprirlo?»
Dev
la fissò con occhi strabuzzati per alcuni attimi prima di
scoppiare in
un’allegra risata. Annuendo, esalò: «Oh,
beh… visto che la situazione è così
particolare, vedrò di chiudere un occhio, o magari anche
tutti e due.»
«Sì!»
sussurrò vittoriosa Chelsey, facendo sorridere maggiormente
anche Iris.
La
ragazzina si strinse a lei per un attimo e, dopo averle sollevato una
mano, le
mordicchiò un dito come avrebbe fatto un lupacchiotto con la
propria madre.
Iris,
allora, allargò il suo sorriso, la prese in braccio e la
tenne stretta a sé in
silenzio per tutto il tempo, lasciando a Dev il compito di portare il
corpo di
Julia nel bosco.
Sempre
in silenzio, Dev accettò l’amaro profumo delle
lacrime di Iris e, per una
volta, preferì che fosse la figlia a prendersi cura della
donna che amava,
piuttosto che agire in prima persona.
Ci
sarebbe voluto del tempo, per tutti loro, per superare quel momento, ma
l’unione tra di loro li avrebbe aiutati a passare sopra anche
a quella
disgrazia.
Una
volta nel bosco, Iris depositò Chelsey a terra e, dopo aver
lavorato assieme a
Dev con gli artigli e con la pura forza per scavare una buca abbastanza
profonda, disse con semplicità: «Spero che Madre
possa darti la pace che, in
Terra, non sei mai stata in grado di trovare.»
Dev
e Chelsey annuirono e quest’ultima, inginocchiata accanto
alla fossa che
conteneva i resti di una madre che non era mai stata tale, per lei,
mormorò:
«Ho cercato di non odiarti. Ma hai ferito papà. E
fatto male a Iris. Forse
avrei potuto anche perdonarti per questo…»
Azzittendosi
per alcuni attimi, Chelsey si toccò la spalla, fremette e
strinse i denti,
quasi a trattenere la stizza ma, quando rilasciò le energie
trattenute, fu per
dire: «… se i nonni me lo diranno, ti
perdonerò. Addio.»
In
silenzio, Dev e Iris ricoprirono e compattarono la fossa, coprendola
poi con diverse
pietre, così da impedire che i lupi scavassero per trovarne
il corpo.
Sospirando
stanca, ma non certo per lo sforzo fisico, Iris si appoggiò
a Dev e, tenendo
per mano Chelsey, mormorò: «Ora, credo che
possiamo tornare a casa.»
***
Chelsey
riposava saporitamente nel suo letto mentre Iris e Dev, seduti al
tavolo della
cucina, stavano sorseggiando una tisana bollente, accompagnata da
qualche
biscotto.
Erano
le quattro del mattino, ma nessuno dei due aveva desiderio di andare a
dormire.
All’esterno,
la foresta era tranquilla e solo il fischio sommesso di una civetta
spezzava il
silenzio della notte.
«Cosa
vuoi chiedermi?» domandò a sorpresa Iris,
poggiando la tazza sul tavolo ligneo.
Dev
le sorrise da dietro il bordo della propria e, imitatala, si
lasciò andare
contro lo schienale della sedia per poi dire: «Mi piacerebbe
sapere cosa vi
siete dette tu e Chelsey ma, se ritieni sia una segreto tra donne,
rispetterò
la scelta.»
La
giovane sospirò, a quell’accenno, ma ammise:
«Abbiamo parlato di Julia, per la
maggiore. Anche se ciò che ho fatto è stato
necessario, dettato dal momento di
pericolo e quant’altro, ho pur sempre ucciso sua
madre.»
Dev
scosse il capo, replicando con tono quieto: «Hai ucciso la
donna che l’ha
partorita. Nel caso specifico, non mi sento di definirla sua
madre. Tu, invece, ti sei comportata fin
dall’inizio come la
madre che avrebbe dovuto avere, e che io ho sognato, un tempo, potesse
essere
Julia. Nel momento stesso in cui l’ha abbandonata, ha perso
ogni diritto di
essere chiamata con quell’appellativo… e dopo
quello che ha fatto a decine di
bambini, credo che neppure un santo si sarebbe permesso di vederla in
quelle
vesti.»
Il
solo ripensarci lo fece fremere d’ira e, silenzioso,
terminò di bere la sua
tisana alle erbe, chiedendosi nervosamente dove, in
gioventù, avesse sbagliato
così clamorosamente.
Certo,
Julia era sempre stata una bella ragazza, e lui aveva sempre avuto un
occhio
lungo su queste cose. Purtroppo per lui, però, non si era
rivelato essere
altrettanto scaltro nel vedere dentro le persone.
Era
stato superficiale, a basarsi unicamente sul suo aspetto e a credere di
poterla
cambiare in meglio. Si era infilato nelle vesti del bravo ragazzo che
redime
l’anima persa ma, in realtà, aveva condannato se
stesso – e sua figlia in
seguito – ad anni di sofferenza inutile.
Il
tutto, perché non aveva saputo riconoscere la sua vera
natura. Si era lasciato
ingannare dalla bella confezione, preferendo non ammettere che il suo
contenuto
lasciava a desiderare… e che mai avrebbe potuto bastargli.
«Ora
chi ha pensieri oscuri?» ironizzò Iris, poggiando
il mento sulle mani aperte a
coppa.
Accennando
un ghigno, Dev mormorò: «Sono in fase ‘mi
sento un idiota per…’ ma mi
passerà alla svelta, promesso.»
«Per
averla amata?» domandò lei, vedendolo annuire in
risposta. «Dev, si commettono
sempre degli errori, ma mi sembra che Chelsey sia il tuo massimo
riscatto da
ciò che, in passato, tu puoi aver sbagliato.»
«Il
fatto di aver avuto una madre simile, non lo scorderà mai. E
la colpa è mia»
sottolineò Devereux, levandosi in piedi per poggiare la sua
tazza nel
lavandino.
L’attimo
seguente, aprì l’acqua per sciacquarla e, mentre
il liquido freddo gli scorreva
tra le dita, aggiunse: «Dovrà convivere tutta la
vita con il pensiero di avere
parte del suo retaggio nelle vene.»
«Ha
anche quello dei suoi nonni materni… e non mi sembra un
male, ti pare?» replicò
Iris, levandosi in piedi per raggiungerlo e strinsersi a lui.
Lui
assentì cauto, strindendo una mano su quelle intrecciate di
Iris e asserì:
«Così suona meglio, in effetti.»
Annuendo
debolmente contro la sua schiena, Iris comunque replicò:
«Mi sentivo in colpa
anche nei tuoi confronti, tra le altre cose, se proprio vuoi
saperlo.»
«Lo
immaginavo» sbuffò lui, sorridendo a mezzo e
volgendosi per poterla guardare in
volto. «Capirai se non ti facevi delle seghe
mentali…»
Iris
ammiccò, ma disse seriamente: «Non è
facile togliere la vita a una persona.»
«Non
lo è perché hai una coscienza»
sottolineò Dev, tornando serio a sua volta.
«Julia non ha dimostrato di averne una. Ha fatto uccidere
colei che l’ha sempre
reputata sua migliore amica, ha rapito – e marchiato
– la sua stessa figlia, ha aiutato un folle a
perpetrare i suoi sogni di
dominio ma, prima di tutto questo, ha tradito la fiducia di coloro che
la
amavano. Non penso meriti molta pietà, ma non
sarò io a dirti ciò che devi
fare.»
«Forse
avrò degli incubi per un po’. Ti
scoccia?» dichiarò a quel punto Iris,
scrollando le spalle.
«Solo
se mi arriverà una gomitata nei denti mentre sto
dormendo» celiò lui. «Proviamo
a riposare un po’? Domani si torna alla vita normale
e…»
Iris
sgranò gli occhi sgomenta, a quelle parole e, portandosi le
mani al viso, esalò
terrorizzata: «Oh, santo cielo!»
Subito
preoccupato, Dev la afferrò alle spalle e le chiese:
«Che succede, Iris?»
«Non
ho chiamato mia zia!» gracchiò Iris, facendo
strabuzzare gli occhi per la
sorpresa a Dev.
«Che,
scusa? Che intendi dire?» borbottò lui, ora assai
confuso.
Camminando
avanti e indietro per la cucina, preda del più grave attacco
di panico di cui Dev
fosse stato testimone, Iris esalò: «Le avevo detto
che l’avrei chiamata una
volta atterrata qui, e invece…»
Devereux
impallidì leggermente, a quella notizia, e
bofonchiò: «Ehm… cioè,
quattro giorni
fa?»
«Oddio,
oddio, oddio…» gorgogliò sempre
più in ansia Iris, correndo verso il salone
dove aveva poggiato il suo zainetto, reduce della loro ricerca nei
boschi. I
suoi bagagli, invece, erano ancora al camping.
Rovistando
al suo interno, Iris scoprì suo malgrado che il cellulare
aveva esalato il suo
ultimo respiro, probabilmente distruttosi quando lei era mutata in lupo
e lo
zaino era volato a terra in malo modo.
Con
le lacrime agli occhi lo mostrò a Dev che, sorridendo
sghembo, le offrì il
proprio mormorando: «Dai, prova a chiamare. Magari non ha
ancora chiamato la
Reale Guardia a Cavallo.»
«Non
fare dello spirito, su questo» lo minacciò lei,
afferrando in fretta il
cellulare prima di guardare l’orario, imprecare e
bofonchiare: «Al diavolo!
Meglio così che aspettare ancora!»
Iris
batté nervosamente il piede a terra mentre gli squilli si
susseguivano uno
accanto all’altro, come tante formichine in fila indiana.
Ne
occorsero dieci, prima che la voce insonnolita di Rachel rispondesse un
laconico: «Chi è?»
«Zia!
Sono Iris! Dio, scusami! Non ti ho chiamato quando sono atterrata
perché…»
iniziò col dire la giovane, subito bloccata dalla voce
sonnacchiosa e impastata
di Rachel.
«Va
bene… lo so» gorgogliò lei, prima di
mormorare alcune parole – presumibilmente
a Richard – e proseguire dicendo: «Visto che Glenn
mi ha avvisata una volta
atterrato, e tu non chiamavi, ho telefonato al campeggio e Mrs Johnson
è stata
così carina da spiegarmi tutto.»
Sciogliendosi
in un sospiro di puro sollievo, Iris crollò contro il torace
di Dev, che stava
sogghignando divertito, e disse: «Meno male! E’
successo tutto così in fretta
che ho proprio dimenticato di chiamare. Scusa ancora.»
Rachel
si limitò a dire: «Tesoro, mi sembra il minimo che
tu sia andata a cercare
Chelsey. Spero soltanto che sia andato tutto bene ma, visto che hai
chiamato…»
«Sì,
tutto bene» asserì Iris, preferendo evitare di
raccontarle la parte più
truculenta di quegli eventi. Non aveva bisogno di sapere che lei aveva
ucciso
Julia, che Chelsey era stata marchiata a fuoco e che il folle capoclan
era
stato fatto a pezzi da coloro che aveva tradito.
Per
certe cose, sua zia non era ancora pronta e, forse, non lo sarebbe mai
stata.
Sbadigliando,
Rachel allora mormorò: «Mi racconterai tutto
più tardi… ora scusami, cara, ma
sono davvero a pezzi, e riuscirei a capire sì e no la
metà di quello che
potresti dirmi.»
Liberandosi
in una risata piena di sollievo, Iris assentì e, augurandole
buon riposo,
chiuse la chiamata. Lanciata poi un’occhiata a Dev, disse:
«Dovrò ringraziare
Clarisse. Mi ha evitato una grana enorme.»
«Sempre
detto che quella donna è un mito»
chiosò Dev. «Quindi, ora possiamo andare a
riposare?»
«Sì»
annuì lei, accettando la mano offertale da Devereux.
Insieme, quindi, salirono
le scale per raggiungere la camera di lui.
Fu
in quel momento che Dev, osservando Iris alla luce diafana della luna
– che
penetrava dalle alte vetrate del pianterreno – sorrise
dolcemente e mormorò: «Claire
de lune.»
Lei
si bloccò a metà di un gradino, lo sguardo
confuso puntato sul suo compagno, e
domandò: «Come, prego?»
Ridendo
sommessamente, lui le sfiorò i capelli biondo platino che,
illuminati dalla
perlacea luce lunare, sembravano essere intessuti con
l’argento puro. Perso nei
suoi pensieri, mormorò: «Mia madre fa la
parrucchiera, lo sai, e c’è una tinta
per capelli che si chiama così. E’ come il colore
dei tuoi capelli in questo
momento, e io penso che sia splendida.»
Iris
arrossì suo malgrado – era raro che Dev si
lanciasse in simili complimenti – e,
sorridendogli, disse: «E’ un pensiero carino.
Grazie.»
«Sarà
il tuo nomignolo. Chiaro di Luna. Visto che ne stavamo cercando
uno…» scrollò
le spalle lui, come a stemperare quel momento fin troppo sdolcinato,
per i suoi
gusti.
Lei
sorrise, riconoscendo al volo il suo tentativo di fuggire da una
situazione
imbarazzante e, annuendo, disse: «E’ sicuramente
meglio di sottiletta.»
«Sottiletta
andava bene quando pesavi quaranta chili coi vestiti e sembravi una
tavola da
surf…» sottolineò Dev, riprendendo la
salita assieme a lei. «…ma ora che hai
recuperato il tuo charme, hai
bisogno
di un nome adatto, ti pare?»
Nel
dirlo, le sfiorò la base della schiena con una carezza
lievissima e, suo
malgrado, Iris sospirò deliziata.
Sapeva
benissimo che quello era il suo
punto
debole, e il mascalzone se ne approfittava sempre.
Ridendo
piacevolmente – consapevole di averla fatta eccitare
– Dev la diresse verso la
sua camera da letto e Iris, nell’entrarvi, sorrise
spontaneamente.
Era
la prima volta che dormiva in quella stanza in particolare e, quando si
infilò
tra le coltri fresche e avvertì il suo odore, si
rilassò nel breve decorrere di
qualche attimo.
Socchiudendo
poi gli occhi, si strinse a lui non appena l’ebbe raggiunta
e, deposto un bacio
sulla sua spalla, mormorò: «Mi è
mancato tutto, di te.»
«E
tu a me. Ma non montarti troppo la testa» ironizzò
lui, avvolgendola con un
braccio per stringerla a sé.
Con
un bacio, Dev la condusse lentamente verso il piacere, amandola con
tenerezza
fino a che le loro auree non furono così stremate da non
poter reggere oltre.
Fu
così che, in breve, Iris finì con
l’assopirsi contro il suo torace, ascoltando
la musica placida e confortante del suo cuore.
Forse,
questo le sarebbe bastato per non avere incubi, ma sapeva che la prova
più difficile
doveva ancora essere affrontata.
Doveva
ancora parlare di ogni cosa a Graham e Jennifer, e non sapeva ancora
come
l’avrebbero presa.
Di
una cosa, però, era certa. Ascoltando quel suono
così forte e regolare, avrebbe
trovato dentro di sé il coraggio necessario per parlare.
***
Seduta
nel salone della casa di Dev, i nonni di Chelsey accomodati sul grande
divano
mentre la nipote era accoccolata su una poltrona vicina, Iris si
sentiva in
imbarazzo, oltre che profondamente insicura.
Nel
vederli arrivare, la mattina seguente il loro ritorno, aveva quasi
desiderato
di darsi alla fuga, ma Devereux le aveva fatto coraggio, spingendola a
non
avere timore della verità.
Iris,
quindi, aveva accettato i ringraziamenti di tutti e aveva riso delle
battute
lanciate a Dev sulla sua conversione da “palla
da demolizione” a “uomo
rintronato
dall’amore”.
Lui
aveva liquidato le loro chiacchiere con un’alzata di spalle e
una battutaccia
di spirito dopodiché, con Iris e Chelsey al fianco, li aveva
invitati ad
accomodarsi.
Lì,
il silenzio era caduto come una pesante coperta, avvolgendoli tutti e
Dev,
rimanendo sul vago ma sottolineando le colpe di Julia e
l’intervento imprevisto
di Alyssia, aveva spiegato loro la dinamica degli eventi.
Iris
aveva ascoltato, aveva assentito più volte al pari di
Chelsey e, quando infine
era giunto il momento di ammettere la morte di Julia, aveva sospirato
tremula,
chiudendo gli occhi per lo sconforto.
Ne
era seguito un silenzio ancor più ammorbante, spezzato
unicamente dal
cinguettio degli uccelli della foresta e dal sibilare leggero del vento
tra le
fronde.
Non
erano giunte accuse o recriminazioni. I genitori di Julia si erano
limitati ad
accettare la verità così come era stata loro
presentata.
Dopo
quasi dieci minuti di quella silenziosa accettazione, era
però giunto il
momento di agire.
Chelsey
si levò quindi dalla poltrona per stringere Iris in un
abbraccio e la giovane,
immediatamente, la prese accanto a sé, replicando con calore
alla stretta.
A
quel punto, la ragazzina mormorò dura: «Mi ha
marchiato a fuoco. E’ stata la mamma.»
«Fagiolina,
basta…» sussurrò Dev, sfiorandole il
viso con una carezza.
«Non
voglio che si arrabbino con Iris per quello che ha fatto»
sottolineò però la
figlia, cocciuta.
Fu
Jennifer a parlare, chetando così le sue paure.
Sorridendo
alla nipote con aria triste quanto consapevole, la madre di Julia disse
con
immensa onestà e profondo sconforto: «Non siamo
arrabbiati, cara. Delusi da
nostra figlia, sì. Ma arrabbiati con Iris, no.
Davvero.»
Graham
assentì alle parole della moglie e aggiunse: «Si
fa di tutto per instillare le
giuste nozioni ai propri figli ma a volte, semplicemente, questo non
basta. E’
difficile accettare che il proprio sangue abbia commesso simili
atrocità… sulla
propria figlia, poi! Ma l’evidenza dei fatti è
lampante, e non possiamo che
accettarla.»
Bethany
sfiorò comprensiva la spalla di Jennifer e la donna,
sorridendo alla madre di
Dev, mormorò: «Non so come facciate a sopportare
ancora la nostra presenza,
dopo tutto questo. Già la fuga di Julia aveva causato danni
enormi, ma questo…»
«Non
dirlo nemmeno!» replicò Samuel, scuotendo il capo,
lanciando occhiate
ugualmente comprensive a entrambi i coniugi.
Iris
assentì con vigore alle parole di Samuel e, scostata
Chelsey, si alzò per
raggiungere i genitori di Julia. Inginocchiatasi poi dinanzi a loro,
strinse
Jennifer in un abbraccio e mormorò addolorata: «Mi
spiace tanto di non aver
trovato un’altra soluzione!»
«Tesoro,
non è colpa tua… avete fatto il possibile, ma lei
non desiderava il genere di
salvezza che le avete offerto, tutto qui» replicò
Jennifer, carezzandole la
schiena.
Graham
assentì grave, dandole delle gentili carezze sul capo e Dev,
con un sospiro,
disse: «Alyssia e Julia, alla fine, hanno scelto la stessa
soluzione. Questo
mondo non era davvero il posto adatto a loro.»
«Carole
non ha preso per niente bene la morte di Alyssia»
mormorò spiacente Samuel,
scuotendo il capo.
Dev
a quel punto indurì lo sguardo e replicò duro:
«Con tutto il rispetto, ma non
mi interessa. Sono stati fin troppo permissivi, con Alyssia, e questo
ha
portato con sé un sacco di problemi. Mi ci vorrà
ancora molto per accettare che
Alyssia ha quasi ammazzato Iris, e anche se ora è morta, non
significa che il
mio rancore verso di lei scemerà così in
fretta.»
Bethany
sfiorò una mano del figlio con la propria, ma Devereux
sbuffò, borbottando:
«Amo Iris, d’accordo, ma questo non vuol dire che
mi sia del tutto rammollito,
sapete? Queste cose non vanno di pari passo.»
Quel
tentativo di alleggerire la tensione accumulata funzionò
solo in parte e Iris,
nell’avvicinarsi a Dev, lo abbracciò per un
istante e disse: «Ti amo anche
perché sei un po’ cocciuto.»
«Da
che pulpito…» brontolò lui, scansandola
imbarazzato prima di avviarsi verso la
cucina, scuro in volto e con l’aria di non avere
più desiderio di parlare.
Sospirando,
Iris scrollò le spalle e, guardando alternativamente i
quattro nonni, si
soffermò in ultimo su Jennifer, mormorando:
«E’ sepolta nel bosco, al riparo
dai predatori. Abbiamo pensato fosse meglio così.»
La
donna assentì, si levò in piedi al pari del
marito e, dopo aver abbracciato la
nipote, si avvicinò a Iris per dire: «Dopotutto,
è dove voleva stare. Credo che
avrebbe odiato anche essere sepolta in un cimitero. Sarebbe andato
contro i
suoi ideali di libertà, a questo punto.»
Iris
assentì, non sapendo bene cos’altro dire. Si
lasciò perciò andare a un sospiro
e a un altro abbraccio, che venne più che accettato da
Jennifer e, subito dopo,
da Graham.
A
quel punto, sia i genitori di Dev che quelli di Julia decisero di
tornare a
casa, così da permettere al figlio di riprendersi
dall’apparente cedimento
emotivo che l’aveva colto all’improvviso.
Chelsey
e Iris li ringraziarono per la visita e, dopo averli osservati mentre
discendevano lungo la stretta via che conduceva alla strada principale,
tornarono in casa per cercare Devereux.
Lasciandosi
guidare dall’olfatto, lo trovarono appollaiato sul davanzale
della finestra
della cucina, lo sguardo perso verso la pineta che circondava la casa.
Sembrava
assorto in mille pensieri, ma Iris preferì non sbirciare per
permettergli di
conservare un minimo di privacy. Cosa alquanto difficile, in un branco
di
licantropi.
Lui,
però, le disse mentalmente: “Puoi
curiosare finché vuoi, sai?”
“Non
vuoi
startene un po’ per conto tuo? Mi sei sembrato turbato,
prima” replicò confusa
Iris.
“Stavo
per
esplodere, ma nel modo sbagliato. Così sono andato
via.”
Sempre
più curiosa, la giovane gli domandò: “In
che senso, scusa?”
“Volevo
che Jenn
e Graham si infuriassero con Julia. Non che accettassero passivamente
la sua
fine, dando per scontato che lei non fosse più recuperabile
da anni.”
Sorridendo
appena, Iris lo avvicinò per stringerlo a sé e
mormorò: “Hai desiderato
salvarla fino all’ultimo, vero?”
“Ho
pensato che
forse, parlandole, avrebbe capito. Avrebbe visto te, e compreso che era
possibile convivere con gli umani senza sentirsi sopraffatti dalla
nostra
doppia natura. Tu
ci sei riuscita. Era pur sempre la madre
di mia figlia, no? Dovevo provare a
darle una mano.”
Il
tono di Devereux fu così disperato che anche Chelsey si rese
conto del suo
dolore – anche se il padre aveva tentato di trattenerlo
perché solo Iris ne
fosse consapevole.
Stringendosi
a sua volta al padre, la ragazzina mormorò:
«Papà, ti prego, non essere
triste!»
«Ah,
fagiolina… mi spiace che tu abbia sentito.»
«Devi
smetterla di proteggermi» protestò però
Chelsey, sorprendendolo. «Voglio
aiutarti! Se sei triste, voglio che tu me lo dica, così ti
renderò di nuovo
felice.»
Dev,
allora, la sollevò per stringerla a sé e, dandole
un bacio sulla guancia,
replicò: «Ma tu mi rendi sempre
felice.
Solo, speravo di convincere la mamma a cambiare idea. Iris rappresenta
il
giusto equilibrio tra umano e mannaro. Lei ci è riuscita, e
speravo che Julia
capisse a sua volta che non era necessario estraniarsi, per essere
felici.»
Accigliandosi,
Chelsey borbottò: «Ma tu ami Iris, no?»
Scoppiando
suo malgrado a ridere, Devereux assentì e disse:
«Ma certo, tesoro. Questo però
non significa che io abbia dimenticato tua madre. Solo, non
è più la persona
che avevo nel cuore quando fosti concepita tu.»
«Quindi,
non la odi?»
«No,
Chelsey. Non la odio, ma odio ciò che ha fatto a te. Questo
sì. Per questo, ho
sperato che si redimesse. Soprattutto per te, perché tu non
conservassi di lei unicamente
ricordi brutti» mormorò Dev. «Io posso
convivere con ciò che mi ha fatto, ma
avrei sperato sinceramente che si ravvedesse, perché voi
poteste avere un
qualche genere di rapporto. Così non è stato, e
mi spiace.»
«Sei
contorto, papà» sentenziò Chelsey,
facendo scoppiare a ridere entrambi gli
adulti. «Però ti voglio bene lo stesso.»
«Troppo
buona, fagiolina» la ringraziò il padre,
depositandola nuovamente a terra.
«Ora, però, devo andare al lavoro.
Vedrò di sistemare le cose per prendermi una
settimana intera di ferie da passare con voi due. »
Chelsey
strillò eccitata ma Iris domandò: «Puoi
farlo?»
«Sono
o non sono il capo?» strizzò un occhio Dev, prima
di ammettere: «Diciamo che
unirò l’utile al dilettevole. Ho un paio di
clienti sulla costa che hanno
richiesto un incontro con me così, mentre saremo a Vancouver
per il tatuaggio
di Chelsey, farò anche un salto a incontrare loro.»
Iris
si sentì un poco più tranquilla – non
voleva che Devereux avesse ulteriori
problemi sul lavoro, anche se era lui il titolare – e,
sorridendo all’uomo,
disse: «Penso io a prenotare, allora.»
«Neanche
per sogno. Andremo con il tuo camper. Sono l’unico a non
averci viaggiato, e la
cosa mi rende un po’ geloso» ironizzò
lui, dandole un bacetto sul naso. «Se
vuoi, puoi controllare se ci sono delle stazioni di sosta, o dei
campeggi.»
«Troppo
buono!» ammiccò lei.
«Lo
so. Deve essere la fase della novità. In seguito,
tornerò lo scorbutico di
sempre. Goditela finché dura» rise lui, dandole
una pacca sul sedere prima di
avviarsi al piano superiore per cambiarsi.
Chelsey
ridacchiò di quel gesto e Iris, pur scuotendo il capo, non
poté che sorridere.
Dev
avrebbe passato anche questa. Era abbastanza forte per reggere
qualsiasi cosa.
N.d.A.:
il branco tradito ha deciso le sorti di colui che per primo aveva
cospirato
contro di loro, mandandolo a morte. Così, i sogni di Logan
si sono scontrati
contro la volontà di coloro che lui aveva cercato di
plagiare fino all’ultimo.
Darren,
fratello di Logan, a sua volta plagiato, ha già iniziato il
suo percorso di
redenzione ed è più che disposto a dare una mano
a Lucas per ampliare – in meglio
– il branco di Clearwater.
Iris,
nel frattempo, affronta le conseguenze di ciò che
è successo e mette a parole
il suo dispiacere e il suo dolore dapprima con Chelsey e Dev e, in
seguito, con
i genitori di Julia.
Il
percorso di cancellazione del dolore sarà lungo –
e, come Brianna insegna,
qualcosa rimarrà sempre – ma, alla fine, Iris
riuscirà nell’intento, perché ha
attorno a sé persone che la amano e la sostengono.