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Autore: Mary P_Stark    15/07/2019    3 recensioni
Clearwater, Canada. 2018.
Il pellegrinaggio forzato di Irish Walsh ha una battuta di arresto a causa di un banale pneumatico forato. Ma, grazie a questo incidente - o al destino -, ciò le permetterà di scoprire particolari di un passato che non conosce e di una vita che non ha voluto ma che le è stata imposta da mani disattente.
Clearwater sarà il punto d'inizio di un viaggio di ri-scoperta di se stessa e delle sue radici ancestrali e, grazie ad altri come lei, depositari dell'antico sangue di Fenrir, i misteri di un passato comune e antico avranno finalmente una risoluzione.
Niente però avviene con facilità, e lunghe ombre si addenseranno su di loro, complicando un cammino di per sé già impervio. Starà ad Iris e ai suoi nuovi compagni di viaggio, riuscire a fare in modo che nulla interferisca con la scoperta della verità. - Segue le storie de La Trilogia della Luna
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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23.

 

 

 

 

La sottomissione prolungata alla Voce del Comando era ormai svanita e, mentre alcuni licantropi piangevano di fronte ai loro figli marchiati come bestie, altri inveivano contro colui che li aveva ingannati per così tanto tempo.

Solo una sparuta minoranza sembrava non essere ancora in grado di riconnettere realtà e finzione e Iris temeva che, per loro, non vi sarebbero state molte possibilità di sfuggire a quel sogno – o incubo – a occhi aperti in cui erano caduti forzatamente.

Non sapeva davvero come avrebbero potuto riprendersi, e dubitava anche che, facendo intervenire i loro amici inglesi, qualcosa avrebbe potuto essere salvato. Valeva comunque la pena tentare e, quanto prima, si sarebbe presa l’onere di avvertire Brianna di quanto avvenuto.

Continuando a guardarsi intorno, Iris non si stupì troppo nel vedere l’odio e la rabbia dipinti sui volti di coloro che, a turno, si ritrovavano a passare accanto a Logan, l’ormai deposto Fenrir.

Lucas non aveva voluto infierire oltre sul suo avversario, né dargli il colpo di grazia, ritenendo giusto che egli si confrontasse con un altro tipo di giustizia. Quella portata da coloro i quali erano stati ingannati dalla sua sete di potere, così come dal suo delirio di onnipotenza.

Lucas si era solo assicurato che, mai più, potesse utilizzare la Voce contro qualcun altro; cosa avrebbero deciso i suoi ex seguaci, non era compito suo, a quel punto.

Era comunque straziante incrociare gli sguardi di genitori piangenti dinanzi ai propri figli, devastati da ciò che loro stessi avevano commesso senza che, alcuno di loro, avesse mosso un dito per impedirlo.

Chelsey non aveva detto nulla in merito alla morte della madre, o al fresco marchio inciso a fuoco sulla sua spalla, livido sulla pelle ambrata e ben evidente anche a un occhio disattento. Si era limitata ad abbracciare alcuni attimi il padre per poi stringersi a Iris senza più lasciarla andare.

A più di tre ore da quel triste e inevitabile evento, le due non si erano ancora separate e sedevano su una toppa di legno senza proferire parola.

Osservandole pensieroso mentre, con l’aiuto di Lucas, era impegnato a curare le ferite più recenti dei bambini sottoposti a tortura, Devereux domandò preoccupato: «Credi che la supereranno? Sembrano così perse in loro stesse.»

«Dal brontolio che avverto nella testa, credo stiano avendo una lunga conversazione. Non ne capisco il senso, perché stanno sussurrando, ma penso che Chelsey stia tentando di calmare i sensi di colpa di Iris» gli spiegò Lucas, sorridendo a un bambino in lacrime, da poco marchiato sul braccio.

Cospargendo di crema antisettica – e ricolma di aconito – la ferita rossa e gonfia, gli disse: «Non rimarrà quasi nulla, non temere. Solo, non toccare la crema o potresti svenire, se la portassi al naso per annusarla.»

Il ragazzino assentì e la madre con lui, ossequiosa, mormorò un ringraziamento prima di allontanarsi per lasciare il posto a un altro bambino.

Sospirando, Lucas scosse il capo e mormorò subito dopo: «Come si può pensare di ridurre in schiavitù delle persone, al solo scopo di avere ai propri piedi dei servitori fedeli quanto soggiogati?»

«Purtroppo, non sono tutti buoni come te, amico» chiosò Dev, dando una pacca sulla testa a una bambina bionda, in compagnia del suo papà.

Quando la coppia si fu allontanata, il primo licantropo con cui Iris aveva parlato durante la battaglia tra capiclan si rivolse timoroso a Lucas, e disse: «Se ci sarà concesso, vorremmo seguirvi al sud, a Clearwater. Ci sono già sei famiglie che desiderano trasferirsi e considerarti loro capoclan.»

Lucas arrossì suo malgrado e mormorò: «Beh… sarò lieto di dare una mano, se vorranno far parte del mio branco.»

Il giovane licantropo, di nome Darren, sorrise appena, rinfrancato da quelle parole, e asserì: «Hanno visto come ti sei comportato, e desiderano proseguire con te il loro percorso di vita, ora che hanno scoperto che esiste una via che non comporti solo l’odio verso gli uomini… o il maltrattamento dei figli tramite una menzogna perpetrata con la forza.»

«Sono innoridito io stesso dall’uso che quell’uomo ha fatto della Voce del Comando, poiché trovo orribile che si possa pensare di rendere schiave altre persone» asserì Lucas, guardandosi poi intorno dubbioso. «Immagino, però, che molti di loro sentano la mancanza della famiglia, e che questa scampagnata fuori porta non fosse esattamente in programma.»

«Per alcuni di loro sarà necessario passare sotto il ventaglio della legge, visto che diversi si sono macchiati di rapimento, e ci sono delle pendenze a loro carico, ma credo che saranno lieti di affrontare il giudizio della legge umana, ora che sanno che esiste un’alternativa» mormorò Darren, sospirando afflitto. «Quanto a me, ho capito di essermi ingannato, nel voler seguire mio fratello in questa follia. Non avevo affatto capito che il suo potere mi aveva soggiogato.»

«Non eri a conoscenza del dono che deteneva impropriamente, mentre lui aveva capito di poterlo sfruttare a proprio vantaggio, e senza essere scoperto» replicò Lucas, vagamente sorpreso da quella parentela che, di certo, non si era aspettato. «Tu sai quando conobbe Julia?»

«Circa cinque anni fa. Se la intesero subito, da quel che ricordo, e venne a entrambi l’idea di radunare una gran quantità di lupi in un luogo sperduto, così da vivere senza le leggi dell’uomo. In seguito, Logan – mio fratello – pensò che fosse giusto portare qui anche i bambini nati in famiglie di licantropi, così che potessero crescere liberi, e Julia fu d’accordo» gli spiegò Darren, osservando turbato la lunga fila di bambini pronti a essere medicati. «Io dovevo già essere schiavo del suo potere, perché li aiutai a trovarli.»

Dev sbuffò contrariato, nell’ascoltare quella storia, e gli domandò: «Perché non portare via subito Chelsey, allora?»

«Abbiamo scoperto, nel corso degli anni, che è possibile capire se un bambino ha sviluppato la licantropia solo al raggiungimento della maturazione sessuale. L’odore cambia, così imparammo a riconoscerli dalla loro traccia odorosa. Prelevarli a giochi fatti, ci permise di portare qui solo i bambini  con il gene mannaro, lasciando stare gli altri» ammise suo malgrado Darren, passandosi una mano tra la zazzera di capelli color paglia. «Julia ci aveva detto che sarebbe passata da Clearwater per capire se la figlia fosse già entrata in quell’arco di maturazione, e che ci avrebbe raggiunti qui con lei, se fosse stata pronta.»

Devereux assentì grave e, nell’osservare il licantropo di nome Logan steso a terra e legato con pesanti catene, ringhiò: «Che senso ha avuto torturare dei bambini? Non lo capisco.»

«Posso solo dirti che, a mente lucida, non so davvero cosa sia passato per la testa di mio fratello. Ciò che noi facevamo era dettato dalla sua coercizione, quindi non posso darti risposte in merito» mormorò spiacente Darren.

«La sete di potere è un demone dalle molte facce, e credo che tuo fratello le abbia sfruttate tutte» dichiarò stanco Lucas, lanciando poi un’occhiata a Iris, ancora stretta a Chelsey. «E’ difficile avere per le mani un simile dono e saperlo gestire con saggezza.»

Darren ne seguì lo sguardo e, rabbrividendo suo malgrado, mormorò: «Non avrei mai immaginato che potesse esistere una simile energia. Spero davvero che la vostra amica sappia gestirla meglio di quanto non sia stato in grado di fare Logan.»

«Iris è forte a sufficienza per gestire qualsiasi cosa e, dove non arriverà lei, arriveremo noi» asserì fiducioso Lucas, sorridendo con orgoglio. «Imparerai presto, Darren – se vorrai venire con noi – che, prima di tutto, per noi conta il gruppo.»

Il giovane annuì contrito e, dopo aver lanciato un’occhiata al fratello, disse: «Non so se può interessarti, ma esistono molti licantropi che vivono nella clandestinità, ma che hanno rifiutato di abbandonare la cività in cambio di ciò che gli offriva Logan. Per quanto fossi sotto coercizione, ricordo bene dove si trovano e, se lo vorrai, ti fornirò i loro nomi.»

Lucas assentì grato, dichiarando: «Li avviserò della possibilità di formare un clan e, se lo vorranno, potranno crearne uno a loro volta, seguendo le antiche regole. Di certo, non mi imporrò mai per essere la loro guida, ma offrirò loro aiuto e collaborazione.»

«Bene» mormorò Darren.

Dopo essersi scusato con loro, si avviò verso il capannello di persone che, uno dopo l’altro, si stava assembrando per decidere delle sorti di Logan.

Lucas si spiacque per il giovane. Non doveva essere semplice scoprire che il proprio fratello era la causa di tanto dolore, e che sarebbe spettato anche a lui decidere come punirlo.

Fu in quel momento che, dopo tante ore di immobilità e apparente silenzio, Chelsey e Iris si levarono in piedi per allontanarsi insieme e dirigersi verso l’esterno del campo.

Mano nella mano, le due presero a camminare lungo ciò che rimaneva dell’accampamento di tende e Dev, in fretta, balzò in piedi per seguirle. Raggiunte poi le due con poche falcate, domandò loro con tono volutamente leggero: «Dove state andando, così alla chetichella? Roba da donne?»

«Seppelliremo la mamma, perché ci sembra brutto lasciarla in pasto ai lupi. Poi, non ne parleremo più» disse Chelsey con aria tranquilla, la mano salda in quella di Iris.

«Volete una mano?» domandò loro Dev, chiedendosi cosa si fossero dette in tutto quel tempo.

Aveva preferito non interferire per rispettare il loro bisogno di privacy, ma la curiosità era tanta.

Iris levò lo sguardo per curiosare nei suoi occhi e Dev, sorridendole, si allungò per darle un bacio sulla guancia, mormorando: «Te l’ho detto mille volte. Quel che c’era tra me è Julia è morto anni fa. Mi spiace soltanto che sia stata tu a dover chiudere una volta per tutte – e nel modo peggiore – questa situazione incresciosa.»

«Ci facciamo dare una mano, allora?» chiese a quel punto Iris, sorridendo a Chelsey.

«Va bene» assentì la ragazzina prima di guardare speranzosa il padre e domandare: «Visto che questo coso sul braccio è brutto e, anche con la pomata di aconito, resteranno dei brutti segni, potrò farmi un tatuaggio per coprirlo?»

Dev la fissò con occhi strabuzzati per alcuni attimi prima di scoppiare in un’allegra risata. Annuendo, esalò: «Oh, beh… visto che la situazione è così particolare, vedrò di chiudere un occhio, o magari anche tutti e due.»

«Sì!» sussurrò vittoriosa Chelsey, facendo sorridere maggiormente anche Iris.

La ragazzina si strinse a lei per un attimo e, dopo averle sollevato una mano, le mordicchiò un dito come avrebbe fatto un lupacchiotto con la propria madre.

Iris, allora, allargò il suo sorriso, la prese in braccio e la tenne stretta a sé in silenzio per tutto il tempo, lasciando a Dev il compito di portare il corpo di Julia nel bosco.

Sempre in silenzio, Dev accettò l’amaro profumo delle lacrime di Iris e, per una volta, preferì che fosse la figlia a prendersi cura della donna che amava, piuttosto che agire in prima persona.

Ci sarebbe voluto del tempo, per tutti loro, per superare quel momento, ma l’unione tra di loro li avrebbe aiutati a passare sopra anche a quella disgrazia.

Una volta nel bosco, Iris depositò Chelsey a terra e, dopo aver lavorato assieme a Dev con gli artigli e con la pura forza per scavare una buca abbastanza profonda, disse con semplicità: «Spero che Madre possa darti la pace che, in Terra, non sei mai stata in grado di trovare.»

Dev e Chelsey annuirono e quest’ultima, inginocchiata accanto alla fossa che conteneva i resti di una madre che non era mai stata tale, per lei, mormorò: «Ho cercato di non odiarti. Ma hai ferito papà. E fatto male a Iris. Forse avrei potuto anche perdonarti per questo…»

Azzittendosi per alcuni attimi, Chelsey si toccò la spalla, fremette e strinse i denti, quasi a trattenere la stizza ma, quando rilasciò le energie trattenute, fu per dire: «… se i nonni me lo diranno, ti perdonerò. Addio.»

In silenzio, Dev e Iris ricoprirono e compattarono la fossa, coprendola poi con diverse pietre, così da impedire che i lupi scavassero per trovarne il corpo.

Sospirando stanca, ma non certo per lo sforzo fisico, Iris si appoggiò a Dev e, tenendo per mano Chelsey, mormorò: «Ora, credo che possiamo tornare a casa.»

***

Chelsey riposava saporitamente nel suo letto mentre Iris e Dev, seduti al tavolo della cucina, stavano sorseggiando una tisana bollente, accompagnata da qualche biscotto.

Erano le quattro del mattino, ma nessuno dei due aveva desiderio di andare a dormire.

All’esterno, la foresta era tranquilla e solo il fischio sommesso di una civetta spezzava il silenzio della notte.

«Cosa vuoi chiedermi?» domandò a sorpresa Iris, poggiando la tazza sul tavolo ligneo.

Dev le sorrise da dietro il bordo della propria e, imitatala, si lasciò andare contro lo schienale della sedia per poi dire: «Mi piacerebbe sapere cosa vi siete dette tu e Chelsey ma, se ritieni sia una segreto tra donne, rispetterò la scelta.»

La giovane sospirò, a quell’accenno, ma ammise: «Abbiamo parlato di Julia, per la maggiore. Anche se ciò che ho fatto è stato necessario, dettato dal momento di pericolo e quant’altro, ho pur sempre ucciso sua madre.»

Dev scosse il capo, replicando con tono quieto: «Hai ucciso la donna che l’ha partorita. Nel caso specifico, non mi sento di definirla sua madre. Tu, invece, ti sei comportata fin dall’inizio come la madre che avrebbe dovuto avere, e che io ho sognato, un tempo, potesse essere Julia. Nel momento stesso in cui l’ha abbandonata, ha perso ogni diritto di essere chiamata con quell’appellativo… e dopo quello che ha fatto a decine di bambini, credo che neppure un santo si sarebbe permesso di vederla in quelle vesti.»

Il solo ripensarci lo fece fremere d’ira e, silenzioso, terminò di bere la sua tisana alle erbe, chiedendosi nervosamente dove, in gioventù, avesse sbagliato così clamorosamente.

Certo, Julia era sempre stata una bella ragazza, e lui aveva sempre avuto un occhio lungo su queste cose. Purtroppo per lui, però, non si era rivelato essere altrettanto scaltro nel vedere dentro le persone.

Era stato superficiale, a basarsi unicamente sul suo aspetto e a credere di poterla cambiare in meglio. Si era infilato nelle vesti del bravo ragazzo che redime l’anima persa ma, in realtà, aveva condannato se stesso – e sua figlia in seguito – ad anni di sofferenza inutile.

Il tutto, perché non aveva saputo riconoscere la sua vera natura. Si era lasciato ingannare dalla bella confezione, preferendo non ammettere che il suo contenuto lasciava a desiderare… e che mai avrebbe potuto bastargli.

«Ora chi ha pensieri oscuri?» ironizzò Iris, poggiando il mento sulle mani aperte a coppa.

Accennando un ghigno, Dev mormorò: «Sono in fase ‘mi sento un idiota per…’ ma mi passerà alla svelta, promesso.»

«Per averla amata?» domandò lei, vedendolo annuire in risposta. «Dev, si commettono sempre degli errori, ma mi sembra che Chelsey sia il tuo massimo riscatto da ciò che, in passato, tu puoi aver sbagliato.»

«Il fatto di aver avuto una madre simile, non lo scorderà mai. E la colpa è mia» sottolineò Devereux, levandosi in piedi per poggiare la sua tazza nel lavandino.

L’attimo seguente, aprì l’acqua per sciacquarla e, mentre il liquido freddo gli scorreva tra le dita, aggiunse: «Dovrà convivere tutta la vita con il pensiero di avere parte del suo retaggio nelle vene.»

«Ha anche quello dei suoi nonni materni… e non mi sembra un male, ti pare?» replicò Iris, levandosi in piedi per raggiungerlo e strinsersi a lui.

Lui assentì cauto, strindendo una mano su quelle intrecciate di Iris e asserì: «Così suona meglio, in effetti.»

Annuendo debolmente contro la sua schiena, Iris comunque replicò: «Mi sentivo in colpa anche nei tuoi confronti, tra le altre cose, se proprio vuoi saperlo.»

«Lo immaginavo» sbuffò lui, sorridendo a mezzo e volgendosi per poterla guardare in volto. «Capirai se non ti facevi delle seghe mentali…»

Iris ammiccò, ma disse seriamente: «Non è facile togliere la vita a una persona.»

«Non lo è perché hai una coscienza» sottolineò Dev, tornando serio a sua volta. «Julia non ha dimostrato di averne una. Ha fatto uccidere colei che l’ha sempre reputata sua migliore amica, ha rapito – e marchiato – la sua stessa figlia, ha aiutato un folle a perpetrare i suoi sogni di dominio ma, prima di tutto questo, ha tradito la fiducia di coloro che la amavano. Non penso meriti molta pietà, ma non sarò io a dirti ciò che devi fare.»

«Forse avrò degli incubi per un po’. Ti scoccia?» dichiarò a quel punto Iris, scrollando le spalle.

«Solo se mi arriverà una gomitata nei denti mentre sto dormendo» celiò lui. «Proviamo a riposare un po’? Domani si torna alla vita normale e…»

Iris sgranò gli occhi sgomenta, a quelle parole e, portandosi le mani al viso, esalò terrorizzata: «Oh, santo cielo!»

Subito preoccupato, Dev la afferrò alle spalle e le chiese: «Che succede, Iris?»

«Non ho chiamato mia zia!» gracchiò Iris, facendo strabuzzare gli occhi per la sorpresa a Dev.

«Che, scusa? Che intendi dire?» borbottò lui, ora assai confuso.

Camminando avanti e indietro per la cucina, preda del più grave attacco di panico di cui Dev fosse stato testimone, Iris esalò: «Le avevo detto che l’avrei chiamata una volta atterrata qui, e invece…»

Devereux impallidì leggermente, a quella notizia, e bofonchiò: «Ehm… cioè, quattro giorni fa?»

«Oddio, oddio, oddio…» gorgogliò sempre più in ansia Iris, correndo verso il salone dove aveva poggiato il suo zainetto, reduce della loro ricerca nei boschi. I suoi bagagli, invece, erano ancora al camping.

Rovistando al suo interno, Iris scoprì suo malgrado che il cellulare aveva esalato il suo ultimo respiro, probabilmente distruttosi quando lei era mutata in lupo e lo zaino era volato a terra in malo modo.

Con le lacrime agli occhi lo mostrò a Dev che, sorridendo sghembo, le offrì il proprio mormorando: «Dai, prova a chiamare. Magari non ha ancora chiamato la Reale Guardia a Cavallo.»

«Non fare dello spirito, su questo» lo minacciò lei, afferrando in fretta il cellulare prima di guardare l’orario, imprecare e bofonchiare: «Al diavolo! Meglio così che aspettare ancora!»

Iris batté nervosamente il piede a terra mentre gli squilli si susseguivano uno accanto all’altro, come tante formichine in fila indiana.

Ne occorsero dieci, prima che la voce insonnolita di Rachel rispondesse un laconico: «Chi è?»

«Zia! Sono Iris! Dio, scusami! Non ti ho chiamato quando sono atterrata perché…» iniziò col dire la giovane, subito bloccata dalla voce sonnacchiosa e impastata di Rachel.

«Va bene… lo so» gorgogliò lei, prima di mormorare alcune parole – presumibilmente a Richard – e proseguire dicendo: «Visto che Glenn mi ha avvisata una volta atterrato, e tu non chiamavi, ho telefonato al campeggio e Mrs Johnson è stata così carina da spiegarmi tutto.»

Sciogliendosi in un sospiro di puro sollievo, Iris crollò contro il torace di Dev, che stava sogghignando divertito, e disse: «Meno male! E’ successo tutto così in fretta che ho proprio dimenticato di chiamare. Scusa ancora.»

Rachel si limitò a dire: «Tesoro, mi sembra il minimo che tu sia andata a cercare Chelsey. Spero soltanto che sia andato tutto bene ma, visto che hai chiamato…»

«Sì, tutto bene» asserì Iris, preferendo evitare di raccontarle la parte più truculenta di quegli eventi. Non aveva bisogno di sapere che lei aveva ucciso Julia, che Chelsey era stata marchiata a fuoco e che il folle capoclan era stato fatto a pezzi da coloro che aveva tradito.

Per certe cose, sua zia non era ancora pronta e, forse, non lo sarebbe mai stata.

Sbadigliando, Rachel allora mormorò: «Mi racconterai tutto più tardi… ora scusami, cara, ma sono davvero a pezzi, e riuscirei a capire sì e no la metà di quello che potresti dirmi.»

Liberandosi in una risata piena di sollievo, Iris assentì e, augurandole buon riposo, chiuse la chiamata. Lanciata poi un’occhiata a Dev, disse: «Dovrò ringraziare Clarisse. Mi ha evitato una grana enorme.»

«Sempre detto che quella donna è un mito» chiosò Dev. «Quindi, ora possiamo andare a riposare?»

«Sì» annuì lei, accettando la mano offertale da Devereux. Insieme, quindi, salirono le scale per raggiungere la camera di lui.

Fu in quel momento che Dev, osservando Iris alla luce diafana della luna – che penetrava dalle alte vetrate del pianterreno – sorrise dolcemente e mormorò: «Claire de lune.»

Lei si bloccò a metà di un gradino, lo sguardo confuso puntato sul suo compagno, e domandò: «Come, prego?»

Ridendo sommessamente, lui le sfiorò i capelli biondo platino che, illuminati dalla perlacea luce lunare, sembravano essere intessuti con l’argento puro. Perso nei suoi pensieri, mormorò: «Mia madre fa la parrucchiera, lo sai, e c’è una tinta per capelli che si chiama così. E’ come il colore dei tuoi capelli in questo momento, e io penso che sia splendida.»

Iris arrossì suo malgrado – era raro che Dev si lanciasse in simili complimenti – e, sorridendogli, disse: «E’ un pensiero carino. Grazie.»

«Sarà il tuo nomignolo. Chiaro di Luna. Visto che ne stavamo cercando uno…» scrollò le spalle lui, come a stemperare quel momento fin troppo sdolcinato, per i suoi gusti.

Lei sorrise, riconoscendo al volo il suo tentativo di fuggire da una situazione imbarazzante e, annuendo, disse: «E’ sicuramente meglio di sottiletta.»

«Sottiletta andava bene quando pesavi quaranta chili coi vestiti e sembravi una tavola da surf…» sottolineò Dev, riprendendo la salita assieme a lei. «…ma ora che hai recuperato il tuo charme, hai bisogno di un nome adatto, ti pare?»

Nel dirlo, le sfiorò la base della schiena con una carezza lievissima e, suo malgrado, Iris sospirò deliziata.

Sapeva benissimo che quello era il suo punto debole, e il mascalzone se ne approfittava sempre.

Ridendo piacevolmente – consapevole di averla fatta eccitare – Dev la diresse verso la sua camera da letto e Iris, nell’entrarvi, sorrise spontaneamente.

Era la prima volta che dormiva in quella stanza in particolare e, quando si infilò tra le coltri fresche e avvertì il suo odore, si rilassò nel breve decorrere di qualche attimo.

Socchiudendo poi gli occhi, si strinse a lui non appena l’ebbe raggiunta e, deposto un bacio sulla sua spalla, mormorò: «Mi è mancato tutto, di te.»

«E tu a me. Ma non montarti troppo la testa» ironizzò lui, avvolgendola con un braccio per stringerla a sé.

Con un bacio, Dev la condusse lentamente verso il piacere, amandola con tenerezza fino a che le loro auree non furono così stremate da non poter reggere oltre.

Fu così che, in breve, Iris finì con l’assopirsi contro il suo torace, ascoltando la musica placida e confortante del suo cuore.

Forse, questo le sarebbe bastato per non avere incubi, ma sapeva che la prova più difficile doveva ancora essere affrontata.

Doveva ancora parlare di ogni cosa a Graham e Jennifer, e non sapeva ancora come l’avrebbero presa.

Di una cosa, però, era certa. Ascoltando quel suono così forte e regolare, avrebbe trovato dentro di sé il coraggio necessario per parlare.

***

Seduta nel salone della casa di Dev, i nonni di Chelsey accomodati sul grande divano mentre la nipote era accoccolata su una poltrona vicina, Iris si sentiva in imbarazzo, oltre che profondamente insicura.

Nel vederli arrivare, la mattina seguente il loro ritorno, aveva quasi desiderato di darsi alla fuga, ma Devereux le aveva fatto coraggio, spingendola a non avere timore della verità.

Iris, quindi, aveva accettato i ringraziamenti di tutti e aveva riso delle battute lanciate a Dev sulla sua conversione da “palla da demolizione” a “uomo rintronato dall’amore”.

Lui aveva liquidato le loro chiacchiere con un’alzata di spalle e una battutaccia di spirito dopodiché, con Iris e Chelsey al fianco, li aveva invitati ad accomodarsi.

Lì, il silenzio era caduto come una pesante coperta, avvolgendoli tutti e Dev, rimanendo sul vago ma sottolineando le colpe di Julia e l’intervento imprevisto di Alyssia, aveva spiegato loro la dinamica degli eventi.

Iris aveva ascoltato, aveva assentito più volte al pari di Chelsey e, quando infine era giunto il momento di ammettere la morte di Julia, aveva sospirato tremula, chiudendo gli occhi per lo sconforto.

Ne era seguito un silenzio ancor più ammorbante, spezzato unicamente dal cinguettio degli uccelli della foresta e dal sibilare leggero del vento tra le fronde.

Non erano giunte accuse o recriminazioni. I genitori di Julia si erano limitati ad accettare la verità così come era stata loro presentata.

Dopo quasi dieci minuti di quella silenziosa accettazione, era però giunto il momento di agire.

Chelsey si levò quindi dalla poltrona per stringere Iris in un abbraccio e la giovane, immediatamente, la prese accanto a sé, replicando con calore alla stretta.

A quel punto, la ragazzina mormorò dura: «Mi ha marchiato a fuoco. E’ stata la mamma

«Fagiolina, basta…» sussurrò Dev, sfiorandole il viso con una carezza.

«Non voglio che si arrabbino con Iris per quello che ha fatto» sottolineò però la figlia, cocciuta.

Fu Jennifer a parlare, chetando così le sue paure.

Sorridendo alla nipote con aria triste quanto consapevole, la madre di Julia disse con immensa onestà e profondo sconforto: «Non siamo arrabbiati, cara. Delusi da nostra figlia, sì. Ma arrabbiati con Iris, no. Davvero.»

Graham assentì alle parole della moglie e aggiunse: «Si fa di tutto per instillare le giuste nozioni ai propri figli ma a volte, semplicemente, questo non basta. E’ difficile accettare che il proprio sangue abbia commesso simili atrocità… sulla propria figlia, poi! Ma l’evidenza dei fatti è lampante, e non possiamo che accettarla.»

Bethany sfiorò comprensiva la spalla di Jennifer e la donna, sorridendo alla madre di Dev, mormorò: «Non so come facciate a sopportare ancora la nostra presenza, dopo tutto questo. Già la fuga di Julia aveva causato danni enormi, ma questo…»

«Non dirlo nemmeno!» replicò Samuel, scuotendo il capo, lanciando occhiate ugualmente comprensive a entrambi i coniugi.

Iris assentì con vigore alle parole di Samuel e, scostata Chelsey, si alzò per raggiungere i genitori di Julia. Inginocchiatasi poi dinanzi a loro, strinse Jennifer in un abbraccio e mormorò addolorata: «Mi spiace tanto di non aver trovato un’altra soluzione!»

«Tesoro, non è colpa tua… avete fatto il possibile, ma lei non desiderava il genere di salvezza che le avete offerto, tutto qui» replicò Jennifer, carezzandole la schiena.

Graham assentì grave, dandole delle gentili carezze sul capo e Dev, con un sospiro, disse: «Alyssia e Julia, alla fine, hanno scelto la stessa soluzione. Questo mondo non era davvero il posto adatto a loro.»

«Carole non ha preso per niente bene la morte di Alyssia» mormorò spiacente Samuel, scuotendo il capo.

Dev a quel punto indurì lo sguardo e replicò duro: «Con tutto il rispetto, ma non mi interessa. Sono stati fin troppo permissivi, con Alyssia, e questo ha portato con sé un sacco di problemi. Mi ci vorrà ancora molto per accettare che Alyssia ha quasi ammazzato Iris, e anche se ora è morta, non significa che il mio rancore verso di lei scemerà così in fretta.»

Bethany sfiorò una mano del figlio con la propria, ma Devereux sbuffò, borbottando: «Amo Iris, d’accordo, ma questo non vuol dire che mi sia del tutto rammollito, sapete? Queste cose non vanno di pari passo.»

Quel tentativo di alleggerire la tensione accumulata funzionò solo in parte e Iris, nell’avvicinarsi a Dev, lo abbracciò per un istante e disse: «Ti amo anche perché sei un po’ cocciuto.»

«Da che pulpito…» brontolò lui, scansandola imbarazzato prima di avviarsi verso la cucina, scuro in volto e con l’aria di non avere più desiderio di parlare.

Sospirando, Iris scrollò le spalle e, guardando alternativamente i quattro nonni, si soffermò in ultimo su Jennifer, mormorando: «E’ sepolta nel bosco, al riparo dai predatori. Abbiamo pensato fosse meglio così.»

La donna assentì, si levò in piedi al pari del marito e, dopo aver abbracciato la nipote, si avvicinò a Iris per dire: «Dopotutto, è dove voleva stare. Credo che avrebbe odiato anche essere sepolta in un cimitero. Sarebbe andato contro i suoi ideali di libertà, a questo punto.»

Iris assentì, non sapendo bene cos’altro dire. Si lasciò perciò andare a un sospiro e a un altro abbraccio, che venne più che accettato da Jennifer e, subito dopo, da Graham.

A quel punto, sia i genitori di Dev che quelli di Julia decisero di tornare a casa, così da permettere al figlio di riprendersi dall’apparente cedimento emotivo che l’aveva colto all’improvviso.

Chelsey e Iris li ringraziarono per la visita e, dopo averli osservati mentre discendevano lungo la stretta via che conduceva alla strada principale, tornarono in casa per cercare Devereux.

Lasciandosi guidare dall’olfatto, lo trovarono appollaiato sul davanzale della finestra della cucina, lo sguardo perso verso la pineta che circondava la casa.

Sembrava assorto in mille pensieri, ma Iris preferì non sbirciare per permettergli di conservare un minimo di privacy. Cosa alquanto difficile, in un branco di licantropi.

Lui, però, le disse mentalmente: “Puoi curiosare finché vuoi, sai?”

“Non vuoi startene un po’ per conto tuo? Mi sei sembrato turbato, prima” replicò confusa Iris.

“Stavo per esplodere, ma nel modo sbagliato. Così sono andato via.”

Sempre più curiosa, la giovane gli domandò: “In che senso, scusa?”

“Volevo che Jenn e Graham si infuriassero con Julia. Non che accettassero passivamente la sua fine, dando per scontato che lei non fosse più recuperabile da anni.”

Sorridendo appena, Iris lo avvicinò per stringerlo a sé e mormorò: “Hai desiderato salvarla fino all’ultimo, vero?”

“Ho pensato che forse, parlandole, avrebbe capito. Avrebbe visto te, e compreso che era possibile convivere con gli umani senza sentirsi sopraffatti dalla nostra doppia natura. Tu ci sei riuscita. Era pur sempre la madre di mia figlia, no? Dovevo provare a darle una mano.”

Il tono di Devereux fu così disperato che anche Chelsey si rese conto del suo dolore – anche se il padre aveva tentato di trattenerlo perché solo Iris ne fosse consapevole.

Stringendosi a sua volta al padre, la ragazzina mormorò: «Papà, ti prego, non essere triste!»

«Ah, fagiolina… mi spiace che tu abbia sentito.»

«Devi smetterla di proteggermi» protestò però Chelsey, sorprendendolo. «Voglio aiutarti! Se sei triste, voglio che tu me lo dica, così ti renderò di nuovo felice.»

Dev, allora, la sollevò per stringerla a sé e, dandole un bacio sulla guancia, replicò: «Ma tu mi rendi sempre felice. Solo, speravo di convincere la mamma a cambiare idea. Iris rappresenta il giusto equilibrio tra umano e mannaro. Lei ci è riuscita, e speravo che Julia capisse a sua volta che non era necessario estraniarsi, per essere felici.»

Accigliandosi, Chelsey borbottò: «Ma tu ami Iris, no?»

Scoppiando suo malgrado a ridere, Devereux assentì e disse: «Ma certo, tesoro. Questo però non significa che io abbia dimenticato tua madre. Solo, non è più la persona che avevo nel cuore quando fosti concepita tu.»

«Quindi, non la odi?»

«No, Chelsey. Non la odio, ma odio ciò che ha fatto a te. Questo sì. Per questo, ho sperato che si redimesse. Soprattutto per te, perché tu non conservassi di lei unicamente ricordi brutti» mormorò Dev. «Io posso convivere con ciò che mi ha fatto, ma avrei sperato sinceramente che si ravvedesse, perché voi poteste avere un qualche genere di rapporto. Così non è stato, e mi spiace.»

«Sei contorto, papà» sentenziò Chelsey, facendo scoppiare a ridere entrambi gli adulti. «Però ti voglio bene lo stesso.»

«Troppo buona, fagiolina» la ringraziò il padre, depositandola nuovamente a terra. «Ora, però, devo andare al lavoro. Vedrò di sistemare le cose per prendermi una settimana intera di ferie da passare con voi due. »

Chelsey strillò eccitata ma Iris domandò: «Puoi farlo?»

«Sono o non sono il capo?» strizzò un occhio Dev, prima di ammettere: «Diciamo che unirò l’utile al dilettevole. Ho un paio di clienti sulla costa che hanno richiesto un incontro con me così, mentre saremo a Vancouver per il tatuaggio di Chelsey, farò anche un salto a incontrare loro.»

Iris si sentì un poco più tranquilla – non voleva che Devereux avesse ulteriori problemi sul lavoro, anche se era lui il titolare – e, sorridendo all’uomo, disse: «Penso io a prenotare, allora.»

«Neanche per sogno. Andremo con il tuo camper. Sono l’unico a non averci viaggiato, e la cosa mi rende un po’ geloso» ironizzò lui, dandole un bacetto sul naso. «Se vuoi, puoi controllare se ci sono delle stazioni di sosta, o dei campeggi.»

«Troppo buono!» ammiccò lei.

«Lo so. Deve essere la fase della novità. In seguito, tornerò lo scorbutico di sempre. Goditela finché dura» rise lui, dandole una pacca sul sedere prima di avviarsi al piano superiore per cambiarsi.

Chelsey ridacchiò di quel gesto e Iris, pur scuotendo il capo, non poté che sorridere.

Dev avrebbe passato anche questa. Era abbastanza forte per reggere qualsiasi cosa.

 

 

 

 

 

N.d.A.: il branco tradito ha deciso le sorti di colui che per primo aveva cospirato contro di loro, mandandolo a morte. Così, i sogni di Logan si sono scontrati contro la volontà di coloro che lui aveva cercato di plagiare fino all’ultimo.

Darren, fratello di Logan, a sua volta plagiato, ha già iniziato il suo percorso di redenzione ed è più che disposto a dare una mano a Lucas per ampliare – in meglio – il branco di Clearwater.

Iris, nel frattempo, affronta le conseguenze di ciò che è successo e mette a parole il suo dispiacere e il suo dolore dapprima con Chelsey e Dev e, in seguito, con i genitori di Julia.

Il percorso di cancellazione del dolore sarà lungo – e, come Brianna insegna, qualcosa rimarrà sempre – ma, alla fine, Iris riuscirà nell’intento, perché ha attorno a sé persone che la amano e la sostengono.

  
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