2.
«Quindi,
hai
cucinato una cena tremenda per due, avete mangiato e poi tu lo hai
cacciato
fuori di casa, inventandoti di dover lavorare.»
Ogni volta che
Brienne invitava Margaery a casa, finiva per sentirsi come la
principale
sospettata di un caso irrisolto di cui la polizia ancora cercava il
colpevole.
Iniziava sempre con le domande di rito: “Dov’eri
ieri sera, cosa hai fatto, con
chi?” e a ogni pausa arrivava puntuale il riepilogo della
situazione.
«Io
sono basita
dal tuo comportamento.»
Dopo il
riepilogo,
arrivava la parte preferita dell’amica: i commenti. Margaery
non si risparmiava
mai, con nessuno, non importava che lei e Brienne si conoscessero da
anni e che
la famiglia Tyrell l’avesse affettivamente adottata; Margaery
ci teneva a far
conoscere la sua opinione e Brienne almeno sapeva che, con lei, i suoi
commenti
erano spinti solo dall’affetto e dalla convinzione che con il
suo aiuto avrebbe
potuto migliorare la sua situazione. Non tutti avevano questa fortuna,
Brienne
era testimone diretta di più di un caso in cui i commenti di
Margaery erano
serviti al solo scopo di ingannare e distruggere qualche rivale; era
una ragazza
vendicativa, lo riconosceva, ma Brienne credeva che essere allevati da
Olenna
Tyrell dovesse per forza lasciare dei segni su una persona.
Lei non
approvava
atteggiamenti subdoli come complotti e giochi d’astuzia,
preferiva sempre il
confronto diretto, ma non poteva negare che alcuni piani avessero
favorito in
modo significativo la vita di Margaery, e, quando era felice, la
ragazza era
davvero una persona generosa e affabile. Inoltre, i bersagli di
Margaery e
Olenna erano di solito persone con una dubbia morale, che
già avevano ingannato
o truffato qualcuno; Brienne sapeva che l’amica non avrebbe
mai giocato un
brutto tiro a lei, le chiedeva solo di non renderla partecipe dei suoi
mirabolanti piani d’azione, così da non venire
indotta a rimproverarla o,
peggio, sedotta dall’idea di farne parte. Era difficile a
volte stare a
contatto con tutte quelle intricate situazioni senza esserne
affascinati.
Dopotutto,
Margaery e la sua famiglia non erano gli unici a giocare sporco;
lavorando a
stretto contatto con Catelyn Stark, Brienne sapeva come funzionavano le
cose
nel loro mondo. Ned una volta aveva quasi rischiato di perdere
l’attività di
famiglia a causa della sua ingenuità, Catelyn e il figlio
maggiore, Robb,
stavano ancora cercando con tutte le loro forze di riparare alcuni
errori che
trascinavano pesanti strascichi. Le venne in mente, mentre pensava agli
Stark,
che aveva notato alcuni strani movimenti tra Margaery, già
molto amica della
figlia di Catelyn, Sansa, e Robb, nel periodo in cui la famiglia Stark
al
completo era stata a King’s Landing. Si fece scappare un
piccolo sorriso mentre
pensava di dover chiedere più informazioni in seguito.
«Cos’è
quel
sorrisetto?» chiese subito Margaery, allungandosi per
afferrare il bicchiere
che aveva appoggiato sul tavolino. Era piombata a casa di Brienne
un’ora prima
e, anche se erano solo le sette di sera, aveva preteso che aprissero la
costosa
bottiglia di vino che aveva portato. “Un regalo per celebrare
il tuo nuovo, bellissimo,
vicino” aveva sorriso maliziosa, alzando un sopracciglio alla
vista dei due
anonimi bicchieri che Brienne le porgeva; non c’erano calici
in giro per casa,
i pochi che aveva comprato erano stati distrutti da Renly e Loras
durante una
delle loro notti brave, che di solito iniziavano proprio nel suo
appartamento.
Loras una volta le aveva detto che l’unico buon motivo per
vivere nel suo
quartiere fosse la fortuna di uscire di casa e ritrovarsi accerchiati
di pub e
gente pronta a far festa. Di sicuro attorno alla tenuta dei Tyrell non
c’era
posto per giovani studenti scatenati.
Brienne scosse
la
testa. «Niente di importante, il lavoro non era una scusa
comunque, stamattina
Catelyn mi aspettava in ufficio alle sei.»
Margaery si
imbronciò e finì il contenuto del suo bicchiere
in un sorso. «Davvero Brie,
quel posto nelle pubbliche relazioni è tuo se lo vuoi, nonna
ha licenziato
l’ultimo assunto dopo appena cinque mesi. Dice che nessuno la
convince ma
entrambe sappiamo che lo sta tenendo libero nella speranza che tu possa
accettare la sua offerta.»
«Dille
che farà
meglio a farsi convincere da qualcuno allora, o le vostre pubbliche
relazioni
potrebbero attraversare un brutto periodo» disse Brienne.
Olenna e Margaery la
corteggiavano per la posizione da un bel pezzo, esponendole tutte le
possibilità di carriera e i privilegi che poteva offrirle
quell’incarico.
L’unico a scoraggiarla era Loras, che le ripeteva a cadenza
regolare quanto
fosse terribile lavorare con la sorella e con Olenna -anche se Brienne
sapeva
che in realtà fosse solo geloso del fatto che Margaery
avrebbe un giorno
ereditato la posizione della nonna- e quanto facesse bene a stare alla
larga
dall’azienda, lei che poteva.
«Lavorare
con
Catelyn è fantastico, lo sai. Non penso che la
lascerò a breve.»
Margaery
alzò gli
occhi al cielo, borbottando qualche parola indistinta sugli Stark e
strani
incantesimi di persuasione ma Brienne non le diede retta, a Margaery
gli Stark
in fondo piacevano, era solo annoiata che lei rifiutasse di lavorare
con la sua
famiglia per loro. A Brienne avrebbe fatto piacere lavorare a contatto
con
Margaery e Loras, si conoscevano da anni e dopo un primo periodo
turbolento –
per lo più a causa di alcune incomprensioni con Renly
Baratheon- ora si
trovavano bene insieme. La famiglia Tyrell aveva però
già fatto tanto per lei
dopo che si era trasferita da Tarth, non voleva che anche il suo posto
di
lavoro dipendesse dalle sue conoscenze. Catelyn l’aveva
assunta per i suoi
meriti e, pur essendosi affezionata a lei, non la teneva in azienda
solo per il
loro rapporto umano, ma perché il suo impegno era rimasto
costante e i suoi
risultati validi. Con Margaery non avrebbe mai avuto questa sicurezza;
Olenna poteva
anche essere un capo severo ma Brienne sapeva che la nipote
l’avrebbe di sicuro
convinta a darle più privilegi che a chiunque altro
dipendente che non portasse
il loro cognome.
«Catelyn
evidentemente non si interessa alla tua vita amorosa come faccio io, o
non
cercherebbe di rovinarla in questo modo.»
Brienne per poco
non sputò il piccolo sorso di vino che aveva bevuto.
«La
mia vita
amorosa?» chiese, stupita, guardando l’altra
annuire convinta. «Credevo che la
mia vita amorosa non fosse più affar tuo da quando Renly mi
ha confessato di
usarmi come copertura per proteggere la storia con tuo
fratello» le ricordò.
Margaery scosse
una mano, come se quello fosse un dettaglio di poco conto.
«La tua vita amorosa
è sempre anche affar mio, per questo sono la tua migliore
amica. Come quando ti
racconto i particolari dei miei appuntamenti con quei ricchi facoltosi
che mia
nonna sceglie per me.»
«Non
li ho mai
voluti sentire quei particolari» piagnucolò
Brienne, inghiottendo dell’altro
vino. Margaery fece finta di non sentirla.
«Quindi,
io sarei
una collega molto più efficiente di quel Podrick, e Olenna
un capo sicuramente
più comprensivo. Sai che anche a lei piacerebbe saperti
sistemata con un bel
ragazzo» disse, sorridendole maliziosa.
Brienne
ridacchiò
nervosamente. «Non credo che le qualità di un
collega si misurino a seconda del
suo grado di esperto in pettegolezzi, e anche la tua scala di
valutazione per
un capo efficiente sembra difettosa. Ma poi da quando dovrei sistemarmi
con un
bel ragazzo?»
«Da
quando
Lannister ti vive accanto, mi sembra ovvio» spiegò
con semplicità l’altra.
«Si
è traferito
qui ieri mattina, Marge, perché tu stai già
organizzando il nostro matrimonio?»
chiese Brienne, imbarazzata, alzandosi per portare il proprio bicchiere
al lavandino.
Era ancora pieno per metà e le dispiaceva gettare un vino
così costoso, ma
erano appena le otto e mezza e lei aveva già un gran sonno.
Svegliarsi il
giorno dopo con il mal di testa non era nei suoi piani. «E
anche vivesse qui da
anni, Jaime Lannister che si accasa con me? Forse hai bevuto troppo
vino.»
«Non
ti ha detto
che sei carina quando sorridi?» chiese Margaery con
espressione angelica,
riportandole le parole che lei aveva usato per raccontarle la cena
della sera
prima. «E comunque grazie per non aver negato che, a te, lui
piaccia. Non avevo
davvero voglia di strapparti questa ovvia confessione.»
Brienne
arrossì,
guardandola male. «Non ho nemmeno confermato che sia
così» chiarì poi.
Margaery si
alzò
dal divano, sistemandosi la gonna del vestito sartoriale.
«Certo, certo…» finse
di stare al gioco. «Capisco dal tuo linguaggio del corpo che
mi stai chiedendo
di lasciarti sola» sorrise poi, avvicinandosi e alzandosi
sulle punte per
lasciarle due bacetti sulle guance. Margaery era piccola e carina,
cresciuta
per avere la grazia di una principessa e la testa di un’abile
donna d’affari.
Se Brienne non avesse pensato che sarebbe finita con il rampollo degli
Stark,
avrebbe proposto di far incontrare a lei Lannister. Loro sì
che sarebbero stati
una coppia perfetta per le copertine di tutto Westeros. La differenza
d’età
poteva essere l’unico problema ma Margaery non sembrava
ritenerlo tale quando
parlava di accoppiare Brienne con Jaime.
«Sabato
ci vieni
con me e Loras alla Terrazza, vero?» chiese, recuperando la
borsa e il cappotto
e fermandosi con una mano sul pomello della porta. Brienne
annuì, un assenso
che mise ancor più di buon umore l’altra.
Quando Margaery
uscì sul pianerottolo, un sorriso involontario le nacque sul
viso, guardando
senza pudore il fondoschiena di Jaime Lannister chino su varie borse di
plastica abbandonate davanti alla porta dell’appartamento.
L’uomo stava borbottando
qualcosa e Brienne si accorse della sua presenza con qualche secondo di
ritardo. Cercò di chiudere la porta, con un veloce saluto a
Margaery, ma la
ragazza fece un passo indietro, appoggiandosi alla cornice su cui stava
la
serratura.
«Tu
devi essere il
nuovo vicino di Brie!» cinguettò contenta, il
sorriso sempre più ampio mentre
l’uomo si voltava verso di loro. Sembrava davvero stanco, i
capelli spettinati
e la faccia tirata, ma Brienne pensò comunque che la gente
come lui, o
Margaery, avesse una fortuna sfacciata nel risultare solo adorabilmente
stropicciata dopo una giornata infernale.
Jaime comunque
sorrise, spostando lo sguardo sulla sua imponente dirimpettaia.
«Beccato» disse
a Margaery. «Tu devi essere Margaery Tyrell, Brie»
marcò il nomignolo, facendo alzare gli occhi al cielo a
Brienne, «mi aveva accennato di conoscerti.»
«Oh,
sì, ci
conosciamo da molto tempo.» Dal ghigno che le rivolse,
Brienne capì che si era
accidentalmente ritrovata in mezzo a due squali. Non avrebbe potuto
uscire viva
da quella conversazione, così imparava a non controllare
dallo spioncino prima
di uscire dall’appartamento. «Mi ha detto che ti ha
offerto la cena ieri»
continuò Margaery.
Jaime
annuì.
«Hamburger bruciato e insalata floscia,
c’ero» ridacchiò mentre Brienne gli
lanciava un’occhiataccia.
«La
prossima volta
resterai senza cibo» sibilò, incrociando le
braccia ma arrossendo un po’. Se
suo padre avesse saputo che accoglienza riservava agli ospiti nella sua
casa,
l’avrebbe sottoposta a una ramanzina che si sarebbe di certo
ricordata, come
quelle di quando da piccola si lanciava dagli scogli sotto Evenfall per
gettarsi nel mare, rischiando di rompersi l’osso del collo.
«Potresti
offrirla
tu stasera» continuò Margaery, fingendo di non
averla sentita e prestando
attenzione solo alle varie borse accatastate intorno ai piedi
dell’uomo.
«Sembra che tu abbia fatto spesa.»
Jaime
guardò ai
suoi piedi. «Sì, mio fratello ha un po’
esagerato con le spedizioni online.»
«Beh,
Brie,» Margaery
si voltò verso di lei, «ti darà
sicuramente una mano a portare tutto dentro,
vedrai, è un’ottima vicina di casa.»
Brienne avrebbe
voluto
strozzarla proprio in quel momento, ma Margaery si allontanò
da lei per
avvicinarsi all’uomo, attenta a non calpestare qualche bene
alimentare nel
cammino. Gli porse la mano, salutandolo e mettendolo al corrente di
quale
grande piacere fosse stato conoscere il nuovo inquilino.
«Anzi,
ora che ci
penso, potresti unirti a noi sabato sera» propose. Brienne
impallidì, quello
andava oltre ogni sua più negativa premonizione.
«Io e Brienne usciamo con mio
fratello e il suo ragazzo, dovresti conoscerlo no? Renly
Baratheon.»
Jaime si
irrigidì
un po’ e, per il sollievo di Brienne, sembrò sul
punto di rifiutare. Margaery
strinse la presa sulla mano che ancora non aveva lasciato.
«Puoi anche portare
tuo fratello se vuoi, sarà divertente, una buona occasione
per conoscere un po’
il quartiere.»
Jaime alla fine
accettò e Margaery si beccò un’altra
occhiata di fuoco dall’amica, ancora ferma
sulla porta, prima di salutare con allegria e lasciare definitivamente
il
pianerottolo.
«Esuberante»
commentò Jaime, dedicando a Margaery un ultimo sguardo prima
di concentrare di
nuovo l’attenzione sulla sua spesa, aprendo la porta
dell’appartamento dietro di
lui e iniziando a far rotolare i sacchetti dentro la casa. Brienne lo
osservò
spostare con malagrazia tutte le borse, alzando un sopracciglio nel
vedere il
contenuto rotolare sul pavimento.
Jaime
avvertì lo
sguardo dell’altra, insistente su di sé, e
ghignò. «Se devi restare lì ad
ammirarmi,
aiutami a portare tutto dentro, Brie.»
«Non
chiamarmi
così» disse lei, restando ancora ferma, senza
muoversi per dargli una mano ma
nemmeno per rientrare in casa.
«Non
vuoi che ti
chiami donzella, non vuoi che ti chiami Brie; la nostra amicizia non
può avere tutti
questi divieti.»
Brienne
alzò un
sopracciglio. «Amicizia?» chiese scettica.
Jaime
annuì con
forza. «Mi hai offerto l’hamburger della pace,
ricordi? Abbiamo stretto il
nostro personale patto di sangue… o di carbone, considerando
quanto fosse bruciato.»
A Brienne venne
da
ridere, ma si trattenne, tirando il viso in una smorfia strana. Trovava
assurdo
il comportamento dell’uomo e anche tutto quello che diceva.
Le sembrava sempre più
spesso di parlare con un bambino nel corpo di un trentenne.
Jaime, come per
confermare la sua silenziosa idea, fece in quel momento un passo
indietro, schiacciando
con il piede un cartone di succo di frutta che si ruppe, schizzandogli
i pantaloni
e bagnando tutto il parquet del pavimento.
«Oh,
merda» commentò,
alzando l’orlo dei jeans fradici. Nell’aria si
espanse l’odore dolciastro di
ananas e Brienne non riuscì più a trattenersi,
scoppiando in una risatina.
Jaime alzò lo sguardo divertito, sorridendo.
«Sono
contento di
essere diventato la tua barzelletta personale, sai» le disse,
camminando fuori
dalla pozzanghera zuccherata e dirigendosi verso il bagno.
«Stai
lasciando
impronte ovunque!» gli urlò dietro Brienne, lui
sventolò una mano sopra la
testa, incurante, e la ragazza tirò un sospiro. Si
avvicinò ai sacchetti
rimasti ancora sul pianerottolo e li afferrò senza sforzo,
schivò il pavimento
bagnato e raggiunse la cucina. L’appartamento era simile al
suo negli spazi,
una copia simmetrica delle stanze, e riconobbe molti mobili lasciati
dai precedenti
inquilini che Jaime non si era dato peso di sostituire.
Alcuni oggetti,
però,
tradivano l’area da appartamento di periferia che aleggiava
in tutto il condominio;
c’era il piano a induzione della cucina che oscurava il suo
fornello a gas
malandato, il divano nero in salotto che sembrava appena uscito da una
rivista
di design, Brienne riuscì a contare passando almeno tre
diverse console
disposte in ordine sotto lo schermo al plasma appeso alla parete.
Sbuffò
mentre lasciava
cadere le borse a terra, accanto a un tavolo da quattro posti. Jaime
uscì dal
corridoio in quel momento, i jeans bagnati sostituiti da dei pantaloni
della
tuta morbidi, di un verde spento.
«Grazie
donzella»
le disse, vedendo le borse accanto a lei. Brienne alzò le
spalle e lui ghignò. «Sapevo
che saresti diventata il mio cavaliere senza macchia e senza
paura.»
«La
macchia tra
poco sarà sul tuo pavimento e sui tuoi pantaloni, se non li
hai già messi a
lavare» replicò Brienne, incrociando le braccia.
Jaime diede
un’occhiata
al succo che ancora bagnava l’ingresso. «I
pantaloni li butto» disse poi, non
avrebbe dovuto sorprenderla, era un Lannister, probabilmente gettava i
vestiti
dopo un solo utilizzo per comprarne di nuovi. «Ma quel
pavimento mi piace,
cavolo.»
La
superò per chinarsi
e aprire le ante sotto il lavello della cucina, cercando
all’interno, e tornò
da lei con diversi spray in mano. «Quale uso?» le
chiese, evidentemente confuso.
«Tyrion mi ha detto che li ha lasciati la domestica
stamattina ma io non ho
idea di che farne. Immagino che se aspetto lei, per domani mattina
quella cosa
sarà parte integrante del mio parquet.»
Brienne lo
guardò
scioccata, non si capacitava di come l’uomo potesse
già aver assunto una domestica
dopo appena ventiquattro ore dal suo trasferimento. Gli
indicò sconsolata il
detergente da utilizzare e lo lasciò in ginocchio
all’ingresso, intento a
pulire con attenzione i residui di liquido, mentre lei trasportava le
altre borse
in casa e iniziava a mettere in frigo gli alimenti che le sembravano
facilmente
deperibili.
Quando Jaime
tornò
da lei, il danno sul pavimento sembrava essere risolto.
«È
salvo» le disse
infatti, rimettendo tutto in ordine. «Grazie per
l’aiuto.»
Brienne scosse
la
testa, quella sera non avrebbe comunque avuto molto da fare, se non
mandarsi un
po’ avanti con il lavoro che la attendeva la mattina seguente
in ufficio; con
Catelyn che tra pochi giorni sarebbe tornata a Winterfell il lavoro
lì nella
capitale si sarebbe ridotto notevolmente, ma quegli ultimi giorni si
stavano
dimostrando infernali. Comunque, non aveva voglia di lavorare, quella
giornata
in ufficio era stata già abbastanza pesante. «Va
bene, non avevo molto da fare.»
«Per
sdebitarmi,
ti invito io a cena stasera.»
Brienne lo
guardò
storto. «Io ieri non ti avevo invitato» gli
ricordò. Non capiva perché si
comportasse tanto seccamente con lui, di solito era una persona meno
ruvida e
anzi, molto più ingenua e timida. Immaginò che
fosse quel cipiglio che Jaime
assumeva ogni volta che lei gli rispondeva a tono, era soddisfacente
vederlo per
un secondo irritato dal suo comportamento testardo.
L’uomo
però si riprendeva
subito, tornando a sorriderle e non mollando la presa sulle sue
intenzioni. «Ti
invito comunque, così poi domani dovrai invitarmi tu e io
dovrò pensare solo a
metà delle mie cene mensili.»
Brienne
sbuffò una
risatina, poi si guardò per un attimo. Era ancora in abiti
da casa, la vecchia felpa
della squadra sportiva delle superiori, scolorita e larga, i leggings
che usava
ogni tanto per andare in palestra e un brutto paio di pantofole a forma
di
orso. Non si faceva mai troppi pensieri sul suo abbigliamento, ma un
po’ si
vergognò di essere rimasta fuori casa per così
tanto tempo in quegli abiti poco
adatti. Ormai, comunque, il danno era fatto, e Jaime aveva avuto
abbastanza
tatto da non commentare le sue terribili ciabatte.
«D’accordo»
disse
quindi, stuzzicata dall’idea di non dover cucinare almeno per
quella sera e
magari di riuscire anche a strappargli una partita alla playstation; ci
giocava
sempre con Margaery e Loras quando era a casa loro, ma
nell’ultimo periodo si
trovavano sempre nel suo quartiere e non aveva più avuto
occasione. «Vediamo
come cucini tu, dato che prendi tanto in giro.»
«Ah!
Non crederai
davvero che mi metta a cucinare, non saprei nemmeno trovare delle
pentole al
momento.» Si avvicinò alle borse rimaste vicino al
tavolo, tirando fuori due
cartoni della pizza. «Guarda che culo, sono anche
già scongelate.»
Brienne dovette
trattenersi nell’affondare il viso tra le mani più
volte, mentre lo aiutava a
trovare delle teglie per il forno - e, nella ricerca, riuscirono a
scovare anche
qualche pentola -, i piatti su cui mettere le pizze, delle posate e,
infine, il
modo giusto per far scaldare il forno senza distruggere la loro cena.
A missione
completata, si ritrovarono sul tappeto ai piedi del divano, poggiati
sul basso
tavolino che li divideva dalla tv. Jaime si allungò per
raggiungere il telecomando
e avviò un programma di streaming video.
«Ti
lascio scegliere
cosa guardare, ma rifletti bene donzella, potrebbe essere di vitale
importanza
nella nostra amicizia quello che vedremo stasera.»
«Perché?»
chiese
Brienne concentrata, mentre sfogliava i vari titoli.
«Perché
non voglio
sorbirmi ogni volta tre ore di melensi drammi romantici»
spiegò, tirando fuori
la lingua per esibirsi in una faccia schifata.
Ridacchiò
mentre
continuava a cercare e di tanto in tanto batteva la forchetta sul palmo
dell’altro,
che allungava la mano per rubarle una fetta di pizza.
«Ma tu
hai quella
con il salame!» si lamentò, tentando di nuovo il
furto.
«Hai
scelto tu quella
al formaggio, ora te la tieni.»
Finalmente,
Brienne trovò qualcosa che sembrava fare al caso suo tra
l’infinita scelta del
catalogo.
«Se
questo non ti
piace, credo anch’io che avremo dei problemi» gli
disse, accomodandosi meglio
contro il divano dietro di lei e portandosi il piatto sulle ginocchia.
Sullo
schermo intanto, lo stridore familiare della breve sigla di Lost la
fece
sorridere.
Jaime
spalancò la
bocca. «Non ci credo, sono anni che voglio
riguardarlo.»
«Prova
superata
quindi» sussurrò Brienne, mordendo la sua prima
fetta. Ricordava quando a Tarth
passava la serata con suo padre e Goodwin, guardando proprio quella
serie. Era
molto tempo che anche lei non la vedeva, era contenta di sapere che
fosse stata
la scelta giusta per entrambi.
«Io e
mio fratello
l’avremo recuperata tutta in meno di un mese»
rivelò Jaime, girandosi poi a
guardarla. «Personaggio preferito?» le chiese a
bruciapelo.
Brienne ci
rifletté
per un po’. «Desmond, credo.»
«Sawyer»
disse
convinto Jaime.
Brienne
ridacchiò.
«Solo perché ti somiglia vagamente.»
«Al
massimo,
questo dovrebbe renderlo il tuo
personaggio
preferito» la prese in giro.
Brienne scosse
la
testa e gli diede una spinta, abbastanza forte da fargli perdere
l’equilibrio,
mandando una fetta della sua pizza a sporcare di nuovo il pavimento.
Rise
davvero mentre lo ascoltava imprecare, e lo aiutò di nuovo a
pulire per terra
mentre continuavano a sorridere entrambi.
L’invito
a cena
sembrò diventare davvero una tradizione, ogni sera per il
resto della settimana,
uno dei due si ritrovava a bussare all’appartamento
dell’altro. Brienne portava
da bere a casa di Jaime quando si trovavano da lui, mentre Jaime
iniziò a
cucinare nella piccola cucina di Brienne, sostenendo di non voler
più ripetere
l’esperienza dell’insalata floscia.
Si
scoprì che come
cuoco non era male, una volta che qualcuno gli avesse fornito tutte le
pentole
di cui necessitava, e dopo aver cucinato portava tutto ciò
che c’era da lavare
nel suo appartamento, sostenendo che la sua domestica non vedesse mai
padelle da
lavare da lui. A Brienne dispiaceva per la signora, costretta a lavare
anche i
suoi utensili, ma Jaime le aveva assicurato che la pagava
profumatamente e che
lei spesso gli diceva di quanto poco ci fosse da fare in
realtà nella casa.
«Non
sono uno che
sporca molto» aveva infatti detto Jaime.
«Tranne
quando si
tratta di succo d’ananas» l’aveva preso
in girò, guadagnandosi un pomodoro
tirato sulla camicetta bianca che usava per il lavoro.
Quel
venerdì,
anche se sarebbe toccato alla casa di Jaime ospitarli, lui le scrisse
sul
cellulare per avvisarla di non avere niente in freezer e se potessero
spostarsi
invece nel suo appartamento. Brienne si cambiò e
cercò di sistemare alla meglio
le stanze visibili. Jaime poteva anche essere una persona ordinata, ma
lei
sicuramente non aveva quel pregio.
Riuscì
a sentire Jaime
camminare sulle scale e andò alla porta, un sorriso che
involontario le saliva
sulle labbra. Era stranamente piacevole il loro tempo condiviso, lui
continuava
ad essere irritante e a far viaggiare le sue battute sempre al limite
dell’offensivo,
ma Brienne era stupita dalla sua schiettezza. Non era affatto nuova a
uomini
che davanti a lei fingevano mille carinerie solo per poi affossarla non
appena girava
le spalle, la sua adolescenza era costellata di persone del genere;
Jaime aveva
mille difetti e forse anche qualcuno in più, ma Brienne
poteva dire con
sicurezza di parlare con il vero Jaime Lannister e non con un uomo
filtrato da
qualche doppio fine o dalla semplice convenzione sociale. Se Jaime
passava del
tempo con lei, Brienne sapeva che fosse perché gradiva la
sua compagnia proprio
come faceva lei, in caso contrario era certa che l’avrebbe
ignorata senza
problemi, non importava vivessero a venti centimetri di distanza.
Aprì
la porta
quando lo sentì bussare, e rise non appena la sua figura fu
visibile.
«Per i
sette Dèi,
cos’è quello?»
Jaime si
imbronciò, stringendosi al petto un pesante cappotto
marrone, con del pelo
arruffato che faceva capolino dai bordi. «Smettila di ridere,
donzella, è un
montone» spiegò semplicemente, accarezzando il
morbido tessuto e spingendola di
lato per entrare. «Smettila di ridere!» le
ripeté, offeso.
Brienne
cercò di
contenersi. «Ma perché diavolo hai comprato un
montone?»
Lui si strinse
nelle spalle. «L’ho trovato in uno di questi
negozietti sulla strada, avrò
freddo nei prossimi mesi immagino, questo condominio non mi sembra ben
isolato.»
Brienne gli
aveva
chiesto una volta il motivo di quello strano trasloco, un uomo ricco
con una
famiglia come la sua, era strano si ritrovasse in un quartiere come
quello. Lo
avrebbe visto meglio nelle vie piene di case residenziali che si
trovavano
attorno alla Fortezza Rossa, magari a qualche passo dalla magione dei
Tyrell.
Jaime era stato piuttosto elusivo sull’argomento e Brienne
non aveva voluto
insistere.
«Non
credo che le
temperature siano così basse a King’s
Landing» lo prese in girò.
«Non
sono i tuoi
capi a dire sempre che l’inverno sta arrivando? Li ho presi
in parola e non
voglio farmi trovare impreparato quando succederà.»
Si
levò il montone,
che iniziava in effetti a fargli caldo, e prima di darsi da fare in
cucina si lasciò
cadere per un po’ sul divano, chiudendo gli occhi mentre
lasciava riposare a
testa su un cuscino.
«Giornata
dura?»
chiese Brienne lanciandogli qualche occhiata mentre continuava a
raccogliere
oggetti sparsi per la stanza. Jaime annuì e
mugugnò qualche parola di assenso.
«Ho
solo bisogno
di vedere Jack fare qualche cazzata delle sue al momento» le
disse, alludendo alla
serie che ormai guardavano insieme ogni sera, dalla televisione di lui
o dal
portatile di Brienne. Rise e portò in cucina qualche vecchia
carta da buttare.
Jaime intanto si
mosse
a disagio, avvertendo un bozzo dietro la schiena che gli impediva di
mettersi
comodo. Frugò per qualche istante alla cieca, con la mano
che tentava di
riconoscere il difetto, e alla fine afferrò una pallina di
tessuto che trascinò
fuori dalle pieghe del divano. Guardò con divertimento i due
brutti calzini che
aveva tra le mani, pieni di paperelle gialle che nuotavano.
«E poi
mi prendi in
giro per il mio montone» disse, quando Brienne fu di ritorno
in sala, sventolando
in aria i calzini. La ragazza arrossì mentre gli si
avvicinava di scatto,
cercando di strapparglieli dalle mani. «Vergognati»
continuò, riuscendo a
trattenerne uno.
«Sta
zitto Lannister!»
urlò lei imbarazzata, allungandosi per prendere anche
l’altro indumento
incriminato. Si era completamente dimenticata di averli lasciati
sepolti nel
suo divano per così tanti giorni.
«Mai»
gli sorrise,
ricadendo spaparanzato tra i cuscini, finalmente libero dallo scomodo
bozzo. «Altro
che armatura, sei un cavaliere dai calzini a papera e le pantofole a
forma di
orso. Sai che il simbolo della mia famiglia è un leone?
Facciamo un bello zoo
insieme.»
Brienne rise e
ci
pensò su. «Gli Stark hanno una specie di creatura
mitologia sugli stendardi di
famiglia, dei lupi ma molto più grossi.»
Jaime
annuì. «Lo
so, ma Catelyn è una Tully, no? Loro hanno quella specie di
trota… papà mi
aveva fatto imparare ogni simbolo di ogni casata da piccolo, avevo
impiegato
giorni interi e Cers-» si bloccò a metà
frase, aggrottando le sopracciglia.
Sembrava essersi incupito e Brienne giocherellò un
po’ con i suoi calzini prima
di trovare qualcosa da dire.
«Anche
la mia famiglia
aveva un simbolo, anche se ormai non possediamo più nessun
titolo da millenni. È
uno sfondo blu e rosso, con due lune e tre soli.»
Questo
sembrò
distrarre Jaime, che la guardò sforzando un sorriso.
«L’isola di zaffiro» disse,
mostrandole di conoscere anche la sua terra, poi il sorriso divenne
reale e gli
occhi brillarono divertiti. «Se vuoi la mia opinione, delle
papere sarebbero
state un simbolo migliore.»
Brienne
sorrise e gli strappò un cuscino da sotto la schiena, solo
per lanciarglielo in
faccia. Sperava di non dover rivedere presto l’espressione
scura che lo aveva
colto poco prima, anche se la incuriosiva e si andava a sommare alla
pila di
curiosità che aveva su di lui. Era certa che Jaime Lannister
fosse una persona
trasparente, ma questo non significava che non potesse celare segreti.
Note: in
terribile ritardo, purtroppo l’università
ha tagliato gran parte del mio tempo libero, ma la storia
continuerà e avrà una
conclusione, di questo sono fermamente convinta e vorrei affermare
anche che i
tempi d’attesa saranno più brevi d’ora
in poi. Ringrazio di cuore le persone
che hanno recensito il primo capitolo, chi ha inserito la storia nelle
preferite e seguite e anche tutti coloro che sono passati di qui per
leggere. (Sono
state apportate delle modifiche al primo capitolo che comunque non
interferiscono
con la trama o con la comprensione dei capitoli a venire, solo qualche
ritocco
di estetica e poche correzioni.)