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Autore: DGrey    08/08/2019    1 recensioni
Era sempre una pessima giornata il 13 Aprile.
La giornata più brutta per Luna Lovegood.
Il giorno in cui tutto le crollò addosso e la sua via cambiò per sempre...
«Mamma, Chi è Ben?»
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Luna Lovegood, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Luna/Neville, Luna/Rolf
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Verso le sedici, sentì bussare alla porta. La aprì, ritrovandosi davanti un uomo biondo dall’aspetto gentile.

«Ciao, Lysander, ti ricordi di me?»

«Sono Lorcan» Rispose piccato «Comunque sì. Lei è il professor Longbottom giusto?»

«Bravo, ti ricordi allora. C’è la mamma in casa?»

Lorcan si insospettì «Perché dovrei dirle se c’è la mamma in casa?»

«Voglio solo parlare con lei.»

«Parlare di cosa precisamente?»

Sentì una mano sulla spalla. Luna gli sorrise materna.

«Tranquillo, è un mio amico. Ci penso io adesso, tu torna a giocare.»

 

«Chi era alla porta, Loc?»

«Il professor Longbottom. Vuole parlare con la mamma.»

«Ah. Va bene.»

«Ti va di origliare?»

«Cosa? Ma non è corretto. E poi perché mai?»

«La mamma è strana oggi.»

«E’ sempre strana quando c’è il Porridge a colazione.»

«Non credo sia colpa del Porridge, Lys.»

«E secondo te cos’è?»

«Secondo me è quel Ben di cui ha parlato Dawn.»

«Dici? In effetti è sensato.»

«Io vado. Tu se vuoi seguimi.»

«Aspetta!»

 

Neville e Luna discutevano in soggiorno. I gemelli si misero ad ascoltare dal corridoio più vicino, cercando di non farsi vedere.

«Sei andata a trovarlo quest’anno?»

«Io…»

«Non lo vai mai a trovare.» Neville sembrava severo. Non aveva più l’aria gentile di prima. «Dici che ti manca, ma vedo che non ti preoccupa la possibilità che tu possa mancare a lui...?»

«… è difficile…»

«Perché per me è facilissimo invece. Vedere il suo nome su una tomba è così esilarante, dopotutto. Talmente divertente che piango dal ridere, pensa.»

«Neville…»

«Non mi puoi dirmi “difficile”, come se la cosa riguardasse solo te! Non è così, cerca di mettertelo in testa!»

Ci fu una pausa piuttosto lunga. Si sentì Luna singhiozzare. I due bambini si stupirono. Quel pianto lì non era da lei... o almeno così pensavano...

«Scusami…» la voce di Neville si era addolcita.

«E’ colpa mia… io… mi dispiace…»

Lysander guardò il fratello. Sembrava triste quanto lui. Entrambi decisero che ne avevano abbastanza. Tornarono in camera.

«Che facciamo, Loc?»

«Non lo so… aspettiamo domani. Di solito sta sempre meglio dopo.»

«E se facesse finta, invece?»

Lorcan aprì la bocca per parlare, ma non riuscì a farsi venire in mente nulla. Alla fine, la richiuse.

 

 

Il guaritore era attonito.

«Io… non ho mai visto una cosa del genere.»
Il bambino soffriva di epistassi continue, cefalee cronica, la temperatura che saliva e scendeva, ipotonia progressiva e persino episodi di incontinenza. Qualsiasi tentativo di contatto con un oggetto magico o incantato, soprattutto bacchette, portava come risultato dolore e bruciature sulla pelle. Non funzionava nulla. Gli incantesimi non avevano effetto, le pozioni venivano tutte rigettate. Niente sembrava efficace. L’unica possibilità che c’era di farlo sentire meglio erano le cure palliative babbane. Di cui nessuno di loro sembrava sapere quasi niente.

Neville e Luna erano con lui. Si aspettavano un responso. Ma anche a loro era chiaro che persino l’esperto non sapeva assolutamente cosa dire.

«Sembra… ricoperto di maledizioni… su tutto il corpo… e non si comprende il perché»

Ben non capiva molto cosa stesse accadendo. Rintronato dalla febbre, vedeva solo i suoi genitori preoccupati e il guaritore che lo studiava in modo strano. Lui voleva solo capire il perché di quegli sguardi. Era colpa sua? Aveva di nuovo esagerato con il cibo?

Si vide il sangue scendere dalla sua narice. Di nuovo.

«Che succede, mamma?» chiese Ben inquieto.

 

La sera giunse lentamente. Tornato a casa, Rolf cercò la moglie nel soggiorno e in cucina, senza trovarla. Si diresse quindi in camera.

Luna era seduta su un angolo del letto, ad osservare una foto. Un bimbo biondo con gli occhi d’argento giocava tranquillo con delle semplici costruzioni. A volte alzava la testa e sorrideva salutando. Era l’unica foto di Ben che Luna teneva nel cassetto. Rolf non sapeva dove fossero le altre.

Si sedette alla sua destra, in silenzio. Le mise un braccio sulle spalle, contatto che lei accettò di buon grado.

«Sai, Rolf…» disse Luna, continuando a guardare la foto «Quando mia madre morì, ho imparato che la morte è qualcosa di inevitabile. Sentivo la sua mancanza ma… Sapevo che lei era sempre con me, nonostante tutto. Non pensavo troppo al passato... Avevo il presente: mio padre, la magia, i ricciocorni schiattosi…»

Lui rimase ad ascoltare, senza aggiungere altro. Si chiese come si sarebbe sentito se anche solo uno dei suoi figli lo avesse lasciato. Scoprì di non riuscire a sopportare il pensiero e una piccola parte di sé si rese conto di quanto potesse essere difficile per Luna patirlo ogni giorno.

«Con Ben è diverso. Cioè... perché mai pensare alla possibilità che se ne possa andare prima di me? Di non vederlo più giocare o abbuffarsi di Porridge, di vederlo spegnersi senza sapere precisamente cosa me lo stia portando via? Lento abbastanza da poterlo notare ma troppo veloce per poterlo accettare...»

La sua voce si spezzò. Rolf se ne rese conto.

«A volte vorrei essere al suo posto. Magari a lui non mancherei così tanto. Ma è così egoista tutto questo. È sbagliato, tutto sbagliato. Non deve andare così. Sono un’egoista, un’egoista e basta!»

La abbracciò d’istinto. Se avesse potuto l’avrebbe fatta stare meglio, le avrebbe tolto tutto il dolore che stava provando, tenendoselo per sé. Ma questo non poteva farlo. Poteva al massimo aspettarsi che Luna lo condividesse.

«Fossi io al tuo posto, sarei più egoista di te...»

   
 
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