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Autore: Mirwen    28/07/2009    4 recensioni
Quando sei diventato un lupo mannaro, Remus? Avevo otto anni e il mondo sembrava molto più piccolo… (Chi legge la mia storia "Safely, for the last time" troverà alcuni dei personaggi lì citati e da me inventati, ma la storia si può benissimo leggere senza l'altra.)
Genere: Triste, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le lacrime della Fenice'
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When did you became a Werewolf

When did you became a Werewolf, RJ?

 

 

Quando sei diventato un lupo mannaro, Remus?

Avevo otto anni e non capivo dove si potesse nascondere il pericolo…

 Quarry Hill, Dorset, UK

 

Erano passati un paio di giorni da quello che era successo di ritorno dal Golden Cap e Remus stava tranquillamente leggendo un libro in camera sua, quando un raggio di sole lo colpì in pieno viso. Sbettè un paio di volte gli occhi lasciando, abbandonando il libro sul letto. Ethan gli stava mandando un messaggio usando uno specchietto e un codice che avevano concordato, molto simile al codice morse.

Tua padre è venuto qui, sembra che abbia risolto con quel pazzo dell’altro giorno… mia madre ti invita a venire a prendere il the.

Remus sorrise, prendendo lo specchietto che aveva appoggiato al davanzale della finestra e rispondendo un: Grazie, arrivo subito.

Ho avvertito anche gli altri, gli rispose Ethan, vi aspetto.

Remus si mise le scarpe correndo giù per le scale.

“MAMMA! VADO DA DORIAN!” gridò aprendo la porta.

“Remus, aspetta un momento…”

“Si?” chiese rientrando

“Potresti portare questo ad Anne… me lo aveva prestato ieri…” le disse la madre porgendogli uno scialle.

“Mamma… senti…”

“Si, tesoro?”

“Ma io perché non ho un fratellino?” chiese ingenuamente

“Ne parleremo più tardi io e tuo padre… ora và, torna presto mi raccomando…” rise, facendolo uscire.

Helen scosse la testa, erano da quasi tre mesi che Remus continuava con la storia del fratello e onestamente cominciava a credere che non fosse in fondo una cattiva idea.

Quando Remus arrivò a casa Swan, suo padre se ne stava appena andando.

“Ciao, papà!” lo salutò il bambino sorridendo.

“Ehi, campione!” gli sorrise l’uomo “che ci fai qui?”

“Ethan mi ha detto che c’è il the…” disse appena, a confermare l’affermazione, da una finestra Ethan indirizzò un raggio di sole negli occhi dell’amico.

“Muoviti lumaca!”

John Lupin rise, mentre il figlio entrava di corsa in casa Swan.

***

“Sai, Remus mi ha chiesto di nuovo perché non ha un fratello…” disse Helen mentre John guardava fuori dalla finestra, era quasi il tramonto e aspettava di veder comparire il figlio fuori dalla porta degli Swan a momenti.

“Potremmo accontentarlo, che dici?” continuò lei.

“Potremmo…” disse lui sovrappensiero

“John, ma mi ascolti?”

“Come? Si, scusa… stavo pensando…” disse voltandosi appena verso la moglie.

“Hai risolto poi con Fenrir?” chiese lei avvicinandosi e abbracciandolo.

“Credo di si… mi ha detto di non preoccuparmi… che capisce che tutti gli umani lo trattano in questa maniera… e non è un problema… se ne andava oggi…” disse memore dell’incontro con il lupo mannaro che aveva avuto quella mattina, gli era sembrato più smunto del solito, ma forse era perché quella notte c’era il plenilunio.

Sorrise quando vide la esile figura del figlio correre per il campo che separava casa loro da quella degli Swan.

“Forse dovremmo davvero accontentarlo…” sorrise in direzione della moglie.

“Scusa, non ho visto che stava tramontando!” disse Remus entrando con il fiatone…

“Non fa nulla, non è ancora buio…” sorrise comprensivo suo padre. Da giovane lui e Erik avevano fatto di peggio… Remus aveva il carattere calmo di Helen, grazie al cielo.

“Papà…” il bambino aggrottò la fronte guardandolo “ti saluta il signore…” disse.

“Quale signore?” chiese John non  capendo.

“Quello dell’ombrello…” John rabbrividì, ma allora non se ne era andato, e quella notte c’era anche il plenilunio, prese il figlio per le spalle.

“Dov’era? Remus dove lo hai visto?”

“Era nel campo… vicino a casa di Dorian…” spiegò il bambino, non capendo l’ansia del padre.

“John?” la moglie guardò John allarmata.

“Sigillo porte e finestre di questo piano…” disse convinto. “Helen avverti via camino Anne e Diane… devono proteggere le case…” Remus guardò suo padre non capendo.

***

Dopo cena Remus era disteso a pancia in giù sul suo letto a leggere, quel libro era di Dorian, glielo aveva prestato e voleva restituirglielo al più presto, quando qualcosa attirò la sua attenzione. Ethan o Dorian stavano utilizzando il loro sistema di comunicazione segreta, questa volta usando una candela.

Vieni qui. Ti devo mostrare una cosa…

Remus si grattò la testa, non era la prima volta che Dorian lo chiamava quando era già buio, ma quella volta suo padre aveva sigillato le porte, era chiaro che non voleva che uscisse.

Non posso. Si sbrigò a rispondere.

Dai non farti pregare. Non lo saprà nessuno. Ti aspetto dietro il fienile, al campo di zucche. Muoviti lumaca.

Remus si guardò attorno. In fondo che c’era male ad uscire, sarebbe tornato subito, era già sceso e salito dalla grondaia un paio di volte, suo padre non avrebbe saputo nulla, e poi anche se non poteva usare una candela, presto la luna sarebbe sorta, e se si ricordava bene quella notte era piena.

Va bene, vengo.  Rispose rapidamente aprendo la finestra. Si lasciò scivolare giù per la grondaia stando attento che sua madre e suo padre non fossero ancora in cucina, e poi corse attraverso il campo. Quando arrivò al fienile degli Swan, rallentò appena. La luna era sorta e vedeva benissimo che dei suoi due amici non c’era traccia.

“Dorian? Ethan?” chiamò piano girando attorno al fienile verso il campo di zucche.

Remus si voltò sentendosi osservato.

“Ethan? Questo non è uno scherzo divertente…” disse mentre senza sapere il motivo aveva paura. Sentì qualcosa muoversi dietro di lui, un gemito soffocato. Si voltò di scatto avvicinandosi all’erba alta. C’era un’animale a terra, gli sembrò ferito, si avvicinò ancora.

L’animale si alzò da terra velocemente e Remus lo vide. Lanciò un grido, era qualcosa di grosso, un grosso cane. Gli occhi gialli lo guardarono voraci. Il bambino fece un passo all’indietro, osservando l’animale e in attimo l’illustrazione del libro di Difesa che gli aveva mostrato Dorian gli venne in mente. Quello era un lupo mannaro, ne era sicuro, ma questo non lo tranquillizzò per nulla.

Remus fece ancora un passo indietro, il lupo ringhiò. Remus non ci pensò due volte si voltò e scappò verso casa, senza nemmeno aver il coraggio di gridare. Sentì la bestia dietro di lui e ad un tratto se la trovò davanti. Incespicò cambiando velocemente direzione, correndo nei campi degli Swan. Il lupo ringhiò eccitato dalla caccia, non pensava che quel soldo di cacio corresse così forte, si sarebbe divertito.

Remus si voltò appena per controllare se il lupo era ancora lì, quando inciampò nell’erba alta del foraggio.

Il lupo fece un balzo, Remus rotolò su un fianco, ma non abbastanza lontano. Una zampata e venne sbalzato lontano. Gridò di dolore, sentendo gli artigli lacerargli la carne. Piangeva, non capiva nemmeno di farlo. Il dolore era troppo grande. Voleva solo suo padre, voleva solo tornare a casa.

PAPà!!!” gridò, il lupo ululò annusando l’aria intrisa di sangue.

Remus singhiozzò arretrando appena.

Il lupo si mosse lentamente verso di lui studiandolo. Remus tremò. Il mannaro gli diede un’altra zampata, Remus rotolò di schiena, tentò di alzarsi. Il lupo spazientito gli poggiò una zampa sulla schiena. Remus urlò divincolandosi, menti gli artigli del lupo penetravano la tenera carne.

“LASCIAMI! LASCIAMI! PAPà! Papà! AIUTO! LASCIAMI! TI PREGO!” urlò disperato, ma sapeva che era troppo distante da suo padre perché lo sentisse, solo il signor Swan avrebbe potuto salvarlo. Il lupo gli diede un’altra zampata, e gli occhi di Remus fissarono carichi di lacrime la luna sopra la sua testa finché non venne oscurata dalla testa del lupo. E allora il dolore fu troppo e Remus non ricordò null’altro.

***

La luna era appena scena quando Erik aprì la porta, stava albeggiando. Ethan tremava dietro di lui.

“Non era Remus quello che urlava, vero?” chiese il quattordicenne guardando il padre incerto.

“Dorian, va dai Lupin, chiama John…” disse senza guardare i figli. Sua moglie gli aveva dato dal codardo, non le dava tutti i torti, ma cosa avrebbe potuto fare da solo contro un lupo mannaro…

“Ethan vieni con me…” continuò guardandosi attorno circospetto.

***

La luna era appena scesa quando John Lupin sentì bussare alla porta. Quando aprì si trovò di fronte a Fenrir Greyback.

“Buongiorno John!” sorrise il lupo. John rabbrividì, i denti dell’uomo erano sporchi di sangue, i capelli ne erano incrostati, lo stesso valeva per le unghie.

“Che vuoi?” chiese John cercando di mantenere controllo di se stesso. Greyback barcollò appoggiandosi a John, si avvicinò al suo orecchio.

“Ora è mio… e gli odierà quelli come voi… ora è il MIO bambino…” così dicendo l’uomo si allontanò ridendo. John lo osservò non capendo per alcuni istanti. Poi la chiarezza prese strada. Non era possibile, Remus non poteva essere uscito.

“HELEN!” chiamò con tutta la voce che aveva in corpo, rientrando e facendo i gradini che portavano di sopra a due alla volta.

“John?” chiese appena la moglie uscendo dal bagno “John cosa succede?”

“REMUS?! APRI!” gridò l’uomo alla porta della camera del figlio, Remus aveva la brutta abitudine di chiudersi dentro ogni sera. “REMUS!” l’uomo restò in silenzio. Non era possibile. 

John tirò fuori la bacchetta, facendo saltare la serratura. La porta si aprì lentamente.

“REMUS?” chiamò ancora… non era possibile… la finestra era aperta, la candela abbandonata sul davanzale accanto allo specchietto.

“John?” Helen era alle sue spalle ora davvero preoccupata.

“Maledetto… maledetto… non ti porterai via mio figlio…” esclamò l’uomo uscendo di corsa. Helen non poté far altro che corrergli dietro. Erano appena usciti dalla porta quando Dorian si fece loro incontro.

“DORIAN!” John prese il ragazzo per le spalle “Dorian, hai visto, Remus? L’hai visto?” chiese con voce incrinata.

Dorian lo guardò spaventato, quindi era successo davvero.

“Abbiamo sentito delle grida dietro il fienile… papà stava andando a controllare…”

John Lupin corse, non poteva portarglielo via, semplicemente non poteva permetterlo.

***

“Papà… qui c’è uno pezzo di specchio e una candela spenta…” accennò Ethan all’ingresso del capanno. Un sospetto si fece strada nella mente di Erik Swan: Greyback non poteva aver attirato apposta Remus fuori, nessun uomo sarebbe stato così… ma non riuscì più a pensare guardando il campo davanti a lui. C’erano tracce di sangue dappertutto, tracce che provenivano dal campo di foraggio. Si avvicinò con cautela, i fili d’erba alta ondeggiavano appena al vento. Ethan seguì il padre circospetto, e forse vide più in là di suo padre, sbiancando.

“Pa…papà…” chiamò non staccando gli occhi da ciò che vedeva. Erik si voltò verso il figlio seguendo il suo sguardo. Si sentì le gambe pesanti e dovette correre per raggiungere il corpicino steso a terra. Ethan restò indietro con gli occhi sbarrati, quel sangue non poteva essere tutto di Remus, se così era, dubitava il suo amico fosse ancora vivo.

“Papà… cosa…”

“Un lupo mannaro…” disse appena il padre. Ethan lo guardò portare due dita al collo di Remus.

“Ethan va a casa, di a tua madre di chiamare qualcuno al San Mungo! È vivo, grazie a Dio! Vivo!” guardò poi il figlio che sembrava incapace di muoversi.

“ETHAN! MUOVITI! O REMUS MORIRA’!”

Erik sollevò il corpicino privo di sensi, era così leggero. Si avviò verso casa nello stesso istante in cui John sopraggiunse.

“REMUS!”

“È vivo John… ma dobbiamo portarlo al San Muno… subito…” Erik lasciò il bambino tra le braccia del padre. John lo strinse al petto piangendo, accarezzandogli i capelli chiari. Helen si portò una mano alla bocca, correndo loro incontro.

“Il mio bambino…” singhiozzò.

Dorian fissò suo padre, Remus, il loro piccolo fratellino, Remus che voleva diventare insegnate, Remus che nonostante fosse il più piccolo sapeva un sacco di cose, che nonostante fosse gracilino non si tirava mai indietro, il loro Remus, lui stava morendo. Non era possibile, si disse, Remus doveva vivere. Semplicemente doveva!

“ERIK! Stanno arrivando due del San Mungo… hanno anche chiamato degli Auror… se Greyback è ancora qui attorno…” gridò Anne raggiungendoli.

“John, per favore, John…” Helen scosse il marito che stringeva convulsamente il figlio. “Portiamolo da Erik… stanno arrivando i medimaghi… loro  lo salveranno… loro…” singhiozzò appoggiando una mano sulla fronte gelata del figlio.

 

Erano seduti in quella maledetta sala da attesa da ore. Erik era rimasto con gli Auror, ma di Greyback si erano perse le tracce. John si prese la testa fra le mani, era tutta colpa sua, se suo figlio stava morendo era colpa sua.

“John?” la piccola mano di sua moglie scivolò sulle sue spalle fino ad abbracciarlo.

“Helen, se io…”

“Shhh… andrà tutto bene… andrà tutto bene…” disse accarezzandogli i capelli proprio come faceva a Remus quando aveva avuto un incubo.

John  si strinse a lei, Helen tremava, era certo che stava piangendo. John maledì di nuovo se stesso: cosa aveva fatto alla sua famiglia.

“Signori Lupin?” la guaritrice era seria davanti a loro.  Si alzarono in fretta, John guardò la donna con occhi lucidi.

“Allora?”

“Gli abbiamo dato delle pozioni rimpolpa sangue, era quasi dissanguato… le ferite sono maledette ma con gli unguenti dovrebbero chiudersi in un paio di giorni, al massimo una settimana… però… penso sappiate cosa succede quando si viene morsi da un lupo mannaro… vostro figlio è stato contagiato… mi dispiace…” disse abbassando gli occhi la guaritrice.

Helen deglutì pesantemente.

“Possiamo vederlo?” chiese.

“Certamente… ma non penso che si risveglierà tanto presto… ha bisogno di riposo…” disse prima di allontanarsi. Helen aprì lentamente la porta. Remus era l’unica persona ricoverata in quella stanza, lì al primo piano. Si avvicinò piano accostando una sedia al letto. L’unica cosa che vedeva del figlio era la testa e la base del collo, intuiva che il corpicino del figlio fosse fasciato da spesse bende, intravedeva quelle che gli coprivano la spalla destra. Accarezzò dolcemente i capelli del figlio.

“La mamma è qui, Remus… la mamma è qui con te…” disse con voce calda scoprendogli una mano e stringendola fra le sue. John lo osservava dalla porta, Helen gli fece cenno di entrare. L’uomo si avvicinò non staccando gli occhi dal figlio.

“Gli ho rovinato la vita…”

“È vivo John, è quello l’importante…”

“Sarebbe stato meglio fosse morto…” la moglie lo fulminò con lo sguardo, John si sbrigò a spiegare “Che futuro avrà… i lupi mannari non hanno futuro…”

“I lupi mannari di solito non hanno una famiglia… io sarò sempre accanto a nostro figlio, e spero lo farai anche tu…”

“Certo, è mio figlio, ma…”

“Se noi saremo con lui, potrà affrontare tutte le difficoltà del mondo, perché non sarà solo… lo sento John… l’importante è che sia vivo.”

“Helen, lui…”

“È sempre il nostro bambino, il nostro caro, gentile, Remus…” sorrise tristemente accarezzando la mano del figlio.

John scosse la testa. “Non me lo perdonerò mai, Helen. Gli ho rovinato la vita… io… ora vorrei sol poter mettere le mani su Greyback…”

“Remus non dovrà saperlo…”

“Cosa?”

“Che Greyback lo ha aggredito di proposito… lui è meglio che pensi che si sia trattato di un terribile incidente…”

***

Quando Remus aprì gli occhi, due giorni dopo, li richiuse subito, c’era troppa luce. Si portò leggermente la mano sinistra agli occhi.

“Remus?” era la voce di sua madre, ma lei non usava mai quel tono così alto.

“Remus?” ora sua madre stava pressoché gridando.

“Non gridare mamma, ti sento…” disse con voce roca, impastata… da quando aveva una voce così bassa.

“Tesoro… io non sto gridando…” disse appena sfiorandogli il braccio. Remus aprì gli occhi, questa volta abituandoli alla luce.

“Mamma… dove siamo?”

“Al San Mungo tesoro…”

“Che è successo?”

Non si aspettava quella domanda così presto, restò in silenzio.

 

Quando sei diventato un lupo mannaro, Remus?

Avevo otto anni, ed ero troppo piccolo per capire…

Langdom Hill, Dorset, UK

 

Come già fatto di persona ringrazio Alohomora per il sostegno e il gentile commento.

   
 
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