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Autore: Saigo il SenzaVolto    16/08/2019    2 recensioni
AU, CROSSOVER.
Prequel de 'La Battaglia di Eldia'
Boruto Uzumaki, il figlio del Settimo Hokage di Konoha. Un prodigio, un genio. Un ragazzo unico nel suo genere.
Un ragazzo il cui sogno verrà infranto.
Una famiglia spezzata. Una situazione ingestibile. Un dolore indomabile. Una depressione profonda. Un cuore trafitto.
Ma, anche alla fine di un tunnel di oscurità, c'è sempre una luce che brilla nel buio.
Leggete e scoprite la storia di Boruto Uzumaki. La sua crescita, la sua famiglia, il suo credo, i suoi valori.
Leggete e scoprite la storia di Boruto Uzumaki. Un prodigio. Un ninja. Un traditore. Un Guerriero.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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UNA BATTAGLIA A CUI NON SI PUÒ PARTECIPARE





 

Tempo Sconosciuto
Luogo Sconosciuto

Quando Boruto riaprì gli occhi, la confusione più totale lo pervase come un fiume. Non era di certo questo il modo in cui si aspettava di svegliarsi. Perché, a meno che non fosse impazzito, la sua mente non si ricordava assolutamente di essersi addormentato nel bel mezzo di una foresta minacciosa, circondato da altissimi alberi secolari, immerso nel buio e nella solitudine più totale. Il suo occhio sinistro guizzò a destra e sinistra, confuso e agitato, osservandosi attorno con circospezione. Dove si trovava? Come aveva fatto a finire lì? Questo non era l’Astro Celeste. Stava forse sognando? La sua mente non riusciva a comprendere.

Fu una strana voce familiare alle sue spalle a risvegliarlo dallo stupore. “Cosa sta succedendo?”

I peli sul suo collo si rizzarono. Il suo istinto gli urlò immediatamente di mettersi in guardia. La sua mente riconobbe all’istante quella voce. Non avrebbe mai potuto dimenticarla. “Sarada!” esclamò, ruotando con il corpo verso la giovane apparsa improvvisamente dietro di lui. In meno di un battito di ciglia, la sua mano si era istintivamente mossa per sguainare la sua spada in caso di pericolo, puntandola minacciosamente verso di lei. “Che ci fai tu qui? Che cosa è successo?”

Sarada, a sua volta, posò immediatamente lo sguardo su di lui; il suo volto una maschera di stupore e i suoi occhi sgranati per lo sconvolgimento. “Boruto! Anche tu sei qui? Che cosa-”

Il biondo la osservò con uno sguardo minaccioso. La ragazza era visibilmente sconvolta e terrorizzata, gli bastò una sola occhiata per vederlo. Sembrava persa quanto lui. Il suo occhio si assottigliò con sospetto. “Piantala di prendermi in giro,” sibilò ferocemente, facendo un passo verso di lei. “Cosa diavolo hai fatto? Dove siamo?”

La corvina alzò immediatamente le mani in segno di non ostilità, impallidendo per il terrore. “N-Non ho idea di cosa stia succedendo!” giurò, la sua voce frenetica per lo spavento. “Sono confusa quanto te! Lo giuro!”

Boruto esitò, vedendo la palese confusione nei suoi occhi. Serrò la presa sulla sua lama. Sentì la sua mente cominciare a ragionare furiosamente, scandagliando migliaia di idee al secondo, tentando di mettere assieme i pezzi e di trovare una spiegazione logica a tutto quello che stava succedendo. Se non era opera di Sarada, e nemmeno sua, allora come avevano fatto a finire in quella foresta? Com’erano finiti in quel luogo? Il biondo aprì la bocca per parlare.

“Calmatevi,” fece improvvisamente una voce alle loro spalle.

I due ragazzi sobbalzarono per lo stupore, voltandosi verso la figura che aveva parlato. Boruto fece scattare le braccia in avanti, puntando ora la sua arma verso il pericolo incombente. Sarada, dal canto suo, rimase rigida come la pietra, i suoi occhi sgranati e confusi. Un uomo anziano e dall’aspetto decisamente strano era comparso dinanzi a loro. “Chi diavolo sei tu? Che cosa vuoi?” domandò minacciosamente Boruto.

Un piccolo sorriso contornò le labbra dell’essere anziano. “Il mio nome è Hagoromo Otsutsuki,” rispose la figura vestita di bianco, calma e pacata. “Voi due dovreste conoscermi come l’Eremita delle Sei Vie della Trasmigrazione. Sono stato io a portarvi in questo posto.”

Boruto sentì un brivido gelido di tensione percorrergli prepotentemente la spina dorsale appena registrò quel nome. Un’Otsutsuki? Un altro? Com’era possibile? Che cosa diavolo aveva fatto? Cosa voleva da loro? Era veramente il leggendario Eremita delle Sei vie? Non lo sapeva. Non poteva saperlo. La sua mente si rifiutava di abbassare la guardia. Lanciò un’occhiata verso Sarada. La ragazza era chiaramente sconvolta e atterrita come lui. Focalizzò nuovamente la sua attenzione verso l’intruso. “Non prendermi in giro!” sbottò a denti stretti. Il suo occhio era ridotto ad una fessura ormai. “Dimmi ora chi sei e che cosa hai fatto, prima che perda la pazienza!”

Non ebbe nemmeno il tempo di ammiccare. In meno di un battito di ciglia, l’anziano essere gli apparve improvvisamente davanti come un fulmine, afferrandogli la spada con una mano e disarmandolo con una facilità inaudita. Boruto trasalì e sgranò l’occhio, completamente sconvolto, facendo istintivamente un passo indietro. Similmente a lui, Sarada rimase a bocca aperta. “Ti basta come prova?” domandò Hagoromo. Sembrava stranamente divertito.

Ma Boruto non si tirò indietro dalla sfida. Non era da lui lasciarsi sopraffare in quel modo. Con un sorriso ferale ed uno scatto impercettibile delle dita, il suo corpo scomparve improvvisamente dal punto in cui si trovava, per poi riapparire alle spalle dell’anziano dopo nemmeno un secondo e puntargli una seconda spada sul collo. “Non sottovalutarmi, vecchio. Ci vuole ben altro per cogliermi di sorpresa,” lo minacciò gelidamente, la sua voce priva di emozione.

Con suo sommo stupore, l’essere dinanzi a lui sorrise nuovamente. “Non c’è bisogno di ricorrere alla violenza, giovane Boruto,” lo esortò pacatamente. La sua voce era bassa e stranamente amichevole. “Possiamo risolvere la questione in maniera pacifica, ed io risponderò a tutte le vostre domande. Che ne dici?”

Boruto esitò, senza rimuovere neanche di un millimetro la lama dal suo collo. Scoccò un’occhiata a Sarada, ferma e immobile per la tensione, con una mano sulle labbra. La sua mente esitò momentaneamente, cercando di ragionare e capire quale fosse la mossa più vantaggiosa da fare. Passarono diversi secondi di silenzio assoluto, secondi in cui persino il fruscio degli alberi sembrò divenire muto per la tensione. Fino a quando, dopo quella che parve a tutti un’eternità, il Nukenin si decise a rimuovere la spada dal collo dello strano essere bianco.

“Molto bene,” disse, rinfoderando la sua arma dietro la schiena e guardandolo negli occhi. “Allora comincia a parlare.”

 

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29 Marzo, 0019 AIT
Luna, Astro Celeste
Castello di Toneri
11:25

Mikasa sfondò prepotentemente la porta della sala principale, il suo volto una maschera di furia e tensione. “DOV’È?” urlò ferocemente.

Il suo grido rimbombò fragorosamente nella sala, echeggiando sulle pareti e vetrate. Una frenetica aria di spavento e tensione aleggiava in tutte le stanze del castello. Le marionette e i suoi abitanti correvano in tutte le direzioni per i corridoi e le porte, i volti frenetici e le menti ricolme di apprensione e terrore puro. Nella sala, i Kara rimanenti erano ugualmente sommersi dal panico. “I primi rapporti stanno iniziando ad arrivare adesso,” esclamò a gran voce Mitsuki, le mani che si muovevano rapidamente per schiacciare i tasti di una specie di macchinario tecnologico sulla destra. Sembrava un computer di qualche tipo. “Le nostre spie non hanno trovato nessuna pista!”

Mikasa avanzò a passo rapido e minaccioso, gli occhi sgranati e feroci. “E le marionette?” domandò, praticamente urlando.

“Negativo!” la voce gracchiante di Kumo era tinta di terrore. “Non hanno trovato nulla. Nessun indizio, nessuna voce, niente di niente!”

Un profondo senso di terrore viscerale le pervase le membra all’udire ciò. Di nuovo, per l’ennesima volta in soli quattro giorni. Era da quando il loro leader era scomparso che la ragazza conviveva con quell’opprimente sensazione di angoscia e spavento. La nera si riscosse, voltando di scatto la testa verso la sua sinistra. “Toneri!” urlò. “Giuro che se anche stavolta non ti deciderai a darmi una risposta immediata, ti strapperò personalmente gli occhi dalla faccia!”

L’Otsutsuki, prevedibilmente, non le rispose; gli occhi chiusi e le mani portate in avanti sopra una grossa sfera di cristallo che brillava sommessamente di luce. Era il suo tramite per una Tecnica di Divinazione che gli permetteva di osservare ciò che accadeva anche a grandi distanze. Il suo volto non si contrasse nemmeno dopo averla sentita parlare. Rimase fermo e immobile come prima.

Mikasa vide rosso. “TONERI!” sbraitò, marciando minacciosamente verso l’essere celeste.

Una mano salda l’afferrò improvvisamente dalla spalla, tenendola ferma con una presa d’acciaio. La ragazza fece ruotare di scatto la testa, gli occhi spalancati e ricolmi di terrore, furia, e tensione tutt’assieme. “Calmati, Mikasa,” disse gelidamente Urahara, il suo volto una maschera d’acciaio. Le sue parole suonarono serie come un comando, completamente in contrasto con la sua solita attitudine. “Non disturbarlo. Si sta concentrando al massimo per riuscire a scovarlo con la sua Tecnica. Potrai riempirlo di botte una volta che avrà finito. Lasciarsi prendere dal panico è inutile.”

Le sue mani si serrarono con talmente tanta forza che i pugni presero a tremarle. Mikasa serrò i denti con frustrazione, scrollandosi di dosso la mano del maestro e scuotendo furiosamente la testa. “E gli altri?” domandò ancora ad alta voce, rivolgendosi a tutti gli altri presenti nella sala. “Hanno scoperto qualcosa?”

Due secondi di solenne silenzio passarono dopo le sue parole. “Negativo, nessuno è riuscito a trovarlo. Siamo in contatto diretto con Galatea e Jigen da giorni. Abbiamo dato loro l’ordine di continuare a cercare,” esordì Mitsuki, visibilmente più nervoso del solito.

“Nemmeno Annie ha avuto sue notizie,” disse subito dopo Kumo.

“E neanche Lucy e Shizuma,” aggiunse Urahara, incrociando le braccia con un’espressione accigliata e tesa. “Lo stanno continuando a cercare ancora adesso.”

La ragazza sentì il panico inondarle prepotentemente la testa mentre le sue braccia iniziavano a tremare per la furia e l’orrore che provava nel cuore. Grandioso! Veramente grandioso! Il loro leader e amico era sparito da giorni senza lasciare traccia, e ancora adesso nessuno riusciva a capire che fine avesse fatto. Era da quattro giorni che Mikasa e gli altri non riuscivano a dormire la notte a causa di ciò. La loro continua e incessante ricerca non li stava portando da nessuna parte. Imprecò profumatamente nella sua testa. Come diavolo era possibile?

SLAM!

In quel momento, la porta alle loro spalle si spalancò all’improvviso, rivelando i volti nervosi e ricolmi di panico di Sora, Gray, Juvia, Kairi e Shirou. I sei ragazzi praticamente corsero nella stanza a perdifiato. Il cuore di Mikasa ebbe un fremito di speranza appena li rivide. “Allora?” esclamò, correndo verso di loro. “Avete novità?”

Sora si piegò verso il basso per riprendere fiato, le mani poggiate sulle ginocchia, scuotendo la testa. “Abbiamo cercato ovunque,” disse affannosamente. “Ma è sempre la stessa storia.”

“Non si trova sulla Luna, non si trova nell’Occhio della Tempesta, non si trova sulla Terra. È praticamente sparito nel nulla!” dichiarò freneticamente Kairi.

La rabbia e il terrore nel suo cuore aumentarono a dismisura. “Non può essere! Dovete continuare a cercare!” ordinò Mikasa con ferocia.

Gray si risollevò, la sua espressione un misto d’incredulità e rabbia. “Mikasa, abbiamo esplorato ogni angolo del globo!” ruggì. “Ogni anfratto, ogni Nazione, ogni possibile pista! Di Boruto non c’era traccia! È sparito!”

Non è sparito!” ruggì a sua volta la ragazza, la sua voce alta e feroce come non era mai stata prima in tutta la sua vita. “Non può essere sparito! Deve trovarsi da qualche parte! Perciò datevi una mossa e continuate a cercare!”

Gray snudò i denti in un ringhio bestiale. Sollevò la testa e si portò faccia a faccia con la nera, sfidandola con gli occhi. “Solo perché ti ha nominato leader in sua assenza, questo non significa che hai il diritto di darci un ordine privo di senso!” ringhiò, la sua voce pericolosamente vicina ad esplodere. “Lo abbiamo cercato, non l’abbiamo trovato! Mi rifiuto di perdere altro tempo in questo modo! Cercarlo sulla Terra è inutile!”

Mikasa non si tirò indietro da quella sfida di sguardi, sollevando il mento e afferrando il Signore del Gelo per il colletto. “E se è stato catturato? Se è stato fatto di nuovo prigioniero dal nemico?” sibilò a denti stretti.

“Questo è impossibile, e lo sai anche tu!” sbraitò a gran voce lui, scrollandosi dal colletto la sua mano e battendo un piede a terra. “Nessuno avrebbe potuto raggiungere la Luna senza che ce ne fossimo accorti! Nemmeno il Settimo Hokage o Sasuke Uchiha!”

“Gray ha ragione,” s’intromise anche Juvia. I due ragazzi la guardarono di sbieco. “Non potrebbe essere stato rapito proprio sotto i nostri baffi,” anche se la sua voce era calma, i suoi occhi tradivano una tensione indescrivibile.

Shirou si fece avanti. “Abbiamo anche mandato delle spie nelle varie Nazioni. Nessuno lo ha catturato o fatto prigioniero. Né suo padre, né gli altri Kage,” dichiarò, più freddo e teso del solito.

La ragazza aprì la bocca per controbattere, ma Sora le mise una mano sulla spalla. Il moro la guardò con due occhi ricolmi di lacrime, visibilmente disperato e confuso quanto lei. “Mikasa… è inutile,” sibilò. “Boruto è sparito.”

NON È SPARITO!” urlò ancora una volta lei, sentendo le sue stesse lacrime cominciare a formarsi. “Mi rifiuto di pensare-”

“DIAMOCI TUTTI QUANTI UNA CALMATA!” la voce furiosa di Urahara risuonò nel castello come un tuono. Tutti i presenti si zittirono all’istante, trasalendo e voltandosi verso di lui. Lo spadaccino era in piedi e immobile, la sua espressione solenne e ferma mentre osservava ognuno di loro. “Lasciarsi prendere dal panico è la cosa peggiore che potremmo fare in questo momento.”

“Questo è il momento perfetto per lasciarsi prendere dal panico!” ribatté invece Sora, frenetico. “Boruto è sparito, sensei! Lo capisci? È scomparso!! E nessuno di noi riesce a spiegarselo! Cosa faremo adesso?!”

“La Rivoluzione si sgretolerà senza di lui!” esclamò Kairi, in preda all’orrore.

“Non lo farà!” dichiarò gelidamente Urahara. “Non fino a quando ci saremo noi a sostenerla. Ma dobbiamo riprendere a ragionare a mente lucida. Di questo passo, noi per primi finiremo per dividerci irrimediabilmente se non riusciremo a calmarci.”

Tutti i ragazzi abbassarono la testa, serrando i pugni per la tensione. In quello stesso momento, Toneri riaprì gli occhi, allontanandosi dalla sfera di cristallo a passo lento. Mikasa e gli altri si voltarono verso di lui. “Ancora niente?” domandò Juvia.

L’Otsutsuki sospirò pesantemente. “Niente,” confermò lentamente, distruggendo ogni loro ultimo barlume di speranza. “Ovunque sia andato, Boruto è troppo lontano dal raggio d’azione della mia Tecnica di Divinazione. Non posso riuscire a mettermi in contatto con la sua segnatura di chakra.”

“Ma non c’è un altro modo per poterlo rintracciare?” domandò Kairi, le mani unite nervosamente assieme mentre le dita si intrecciavano tra di loro.

Fu Mitsuki a rispondere. “No, purtroppo,” le sue dita smisero di maneggiare i tasti del computer su cui stava furiosamente scrivendo. Evocò col pensiero due anelli nel palmo della sua mano. “Non senza di questi. Zero e l’anello per la comunicazione astrale di Boruto sono rimasti qui. Mikasa li ha trovati nella sua stanza la mattina in cui Boruto è scomparso. Non c’è modo di riuscire a localizzare la sua posizione senza di essi.”

Il silenzio più totale calò nel castello sulla Luna dopo quelle parole. Tutti i ragazzi sentirono i loro cuori stringersi dolorosamente nei loro petti per l’impotenza. Non c’era nulla che potessero fare per riuscire a comprendere che cosa fosse successo. Mikasa lottò inutilmente per tentare di trattenere le lacrime. Non riusciva a comprenderlo. Non riusciva ad assimilarlo. Boruto era letteralmente sparito nel nulla da un giorno all’altro, senza nessun segno di preavviso. Così, all’improvviso. Il giorno prima era assieme a tutti loro, e quello dopo non c’era più. Si era volatilizzato nel nulla come fumo, senza lasciare traccia. Era una cosa inspiegabile. Una cosa inconcepibile. Dove poteva essere finito? Cosa gli era successo? Non si trovava nelle loro dimensioni spazio-temporali, e nemmeno sulla Terra. E se quanto gli avevano riferito le loro innumerevoli spie all’interno delle varie Nazioni del mondo era vero, non era nemmeno stato rapito dai loro nemici. Era un vero e proprio mistero.

“L’unica spiegazione ragionevole, a questo punto delle cose… è che se ne sia andato di sua volontà,” disse Mitsuki, la sua voce triste e depressa.

Mikasa scosse la testa. Non era vero. Lei lo sapeva. Non poteva essere vero. Boruto non li avrebbe mai abbandonati di sua spontanea volontà. Non l’aveva mai fatto, e mai avrebbe potuto. Lei lo conosceva fin troppo bene. Non sarebbe mai stato capace di scomparire nel nulla e di lasciarsi tutti loro alle spalle in quel modo così repentino. Era inconcepibile. E poi, Boruto aveva promesso loro che sarebbero rimasti per sempre insieme. Che li avrebbe protetti ad ogni costo. E il suo biondino non si rimangiava mai le sue promesse.

“Ne dubito,” ribatté pacatamente Toneri. Tra tutti, era l’unico che riusciva a mantenere un’apparente calma senza essere turbato. “Boruto non ci avrebbe mai lasciati soli in questo modo. Lo sapete tutti.”

Sora tirò su col naso. “M-Ma allora, cosa può essergli successo?” domandò, sconfitto.

Gli occhi imperscrutabili dell’Otsutsuki si posarono verso la finestra, scrutando l’esterno del castello. “La mia ipotesi… è che dietro tutta questa faccenda ci sia lo zampino di qualche entità al di fuori di noi,” dichiarò solennemente, sconvolgendoli tutti.

I presenti rimasero a bocca aperta. Urahara assottigliò gli occhi. “Intendi dire Zeref?” chiese, sospettoso.

“Lui, o qualcun altro,” rispose Toneri, incrociando le braccia, senza mai smettere di fissare lo spazio. “Se Boruto non è sulla Terra, e se non se n’è andato di sua volontà, allora qualcuno deve averlo portato via. Qualcuno con un potere che va al di là della nostra attuale comprensione. Qualcuno proveniente da un altro mondo.”

Mikasa non riusciva a crederci. “Ma perché?” domandò, furiosa e solenne. “Perché qualcuno avrebbe voluto portarcelo via?”

Assieme a lei, tutti i presenti si fecero silenziosamente quella stessa domanda. Toneri la fissò coi suoi occhi fosforescenti, il suo volto una maschera indecifrabile. “Questo, mia cara Mikasa, è quello che ci domandiamo tutti.”
 


30 Marzo, 0019 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Torre dell’Hokage
12:00

“Ancora nessuna traccia di lei?” chiese Naruto, la sua voce autoritaria e decisa.

Gli ANBU dinanzi a lui sobbalzarono nervosamente nei loro posti. Sai, invece, si fece solenne. “No, Hokage-sama. Abbiamo cercato per giorni, interrogando chiunque ed esplorando ogni angolo del territorio, anche fino ai confini del Paese. Non si trova nella Terra del Fuoco, questo è certo,” rispose gravemente, la sua espressione tesa.

Un sospiro rassegnato sfuggì fuori dalle sue labbra. “Continuate a cercare,” disse il Settimo. “Appena trovate qualcosa, qualsiasi cosa, avvisatemi. Potete andare.”

Il capitano e i suoi ANBU si dileguarono da lì come ombre silenziose senza il minimo rumore. Naruto rivolse un’occhiata incerta alla donna alla sua destra, la sua espressione afflitta. Sakura era una frenetica massa di nervi e tensione in questi giorni. Sin da quando Shikadai e Sumire erano andati da lei a riferirle la misteriosa scomparsa di sua figlia, la donna era piombata in uno stato di agitazione perenne. “Non preoccuparti, Sakura. Troveremo Sarada ad ogni costo, te lo prometto,” disse, cercando di infonderle coraggio.

Le sue parole non sembrarono avere effetto. La donna continuò a fissarsi le mani, seduta su una sedia vicino alla finestra, con un’espressione spenta e piena di timore. Accanto a lei, Shizune e Hinata le passavano ritmicamente una mano sulla schiena per darle conforto. “Sono passati cinque giorni, Naruto. Le loro possibilità di riuscita stanno calando drasticamente, ormai,” sussurrò la rosa.

“La troveranno!” dichiarò risolutamente l’Hokage. Non poteva lasciarla deprimere così. Doveva spingerla ad avere fede. “Anche Sasuke la sta cercando personalmente. Sappiamo entrambi che di lui ci si può fidare.”

Sakura annuì debolmente, senza alzare la testa su di lui. “Naruto ha ragione, Sakura,” disse anche Shizune. “Devi avere fede. Vedrai che riusciranno a trovarla, ne sono certa. Non lasciarti scoraggiare dai tempi.”

Hinata le rivolse un sorriso comprensivo. “Tutto si sistemerà, vedrai.”

Il silenzio fu la loro unica risposta. La donna sorrise debolmente, osservandosi le mani con uno sguardo afflitto. “Adesso comincio a capire quello che dovete provare voi due, Naruto, Hinata,” disse all’improvviso. Marito e moglie si scambiarono un’occhiata afflitta dopo quelle parole. “Non sapere dove si trova vostro figlio, non sapere se sta bene, o quello che sta facendo… adesso lo sto sperimentando anch’io. È… devastante. Una sensazione che ti fa stringere il cuore, togliendoti il fiato, e che non ti fa dormire la notte.”

La mano di Hinata si strinse attorno alla sua, tentando disperatamente di offrirle un minimo di sostegno. Poteva capire perfettamente quello che provava la sua amica. Sakura guardò la Hyuuga con un’espressione devastata. “Dimmi, Hinata… come fate a sopportarlo?” le chiese disperatamente. “Come fate a convivere ogni giorno con questa sensazione?”

Hinata le rivolse un sorriso triste, i suoi occhi pallidi pieni di comprensione, dolore, e sostegno. “Ci riusciamo perché abbiamo fede. Perché, in fondo al nostro cuore, io e Naruto-kun continuiamo a sperare ogni giorno che nostro figlio possa tornare a casa. Che possa tornare da noi, riunendo assieme la nostra famiglia,” rispose, accarezzandole la schiena con affetto. “È questa l’unica cosa che ci spinge ad andare avanti. Ancora adesso.”

Sakura non disse niente, non fece niente. “Hinata ha ragione,” aggiunse sommessamente Naruto. “Sakura, non possiamo abbandonare la speranza. Senza di essa… tutto è finito. Non avremmo più nessun motivo per combattere, per alzarci dal letto ogni mattina, per continuare a vivere. La speranza è l’unica cosa che ci rimane, e che non ci abbandonerà mai. Non puoi lasciarla morire, neanche tu.”

Passarono due secondi di silenzio. Poi, Sakura annuì una volta con la testa. Poi due. “Forse avete ragione,” ammise, cercando di essere ottimista. “Forse c’è ancora speranza.”

“Ma certo che c’è!” esclamò Naruto con un ghigno dentato, alzandosi dalla scrivania per portarsi accanto a lei. Le mise a sua volta una mano sulla spalla. “E poi, Sarada è una ragazza forte. È vostra figlia, tua e di Sasuke. Sa benissimo come difendersi da sola. Ha lo Sharingan di Sasuke e la tua super-forza. Ovunque sia, sono certo che nessuno potrebbe farle del male.”

Nonostante la preoccupazione, quelle parole la fecero ridacchiare. Anche Hinata non poté trattenere il suo sorriso. “È vero. Sarada sta diventando una ragazza meravigliosa. Non hai nulla da temere, Sakura,” la rassicurò sinceramente.

La rosa sorrise, aprendo la bocca per parlare. In quello stesso momento, però, la porta dell’ufficio si aprì di colpo. Sasuke entrò nella stanza a passo deciso, richiudendo la porta con un solo pensiero ed una contrazione delle dita. Naruto, Hinata e Shizune trasalirono fisicamente quando lo videro.

Sakura si alzò immediatamente dalla sedia appena vide entrare suo marito. “Sasuke-kun!” esclamò, correndogli contro. “L’hai trovata?”

L’Uchiha scosse lentamente la testa. “No,” rispose. Anche se a prima vista poteva apparire freddo e indifferente come sempre, Sakura lo conosceva troppo bene per non riuscire a notare il modo in cui la sua mascella era serrata più del normale, assieme al sommesso bagliore di tensione che gli brillava nell’occhio destro. Erano gli unici segni che mostravano quanto fosse preoccupato in realtà. “Ma credo di aver capito cosa fare per trovarla.” aggiunse.

Sakura sentì immediatamente una fiammella di speranza iniziare ad arderle dentro al cuore. “Cosa vuoi dire?”

Sasuke posò gli occhi su Naruto. “Boruto,” disse, la sua voce gelida. “Dobbiamo trovare Boruto.”

Il Settimo Hokage e sua moglie trasalirono. Naruto assottigliò lo sguardo, iniziando a comprendere quello a cui si stava riferendo il suo amico. “Pensi che ci sia lui dietro alla scomparsa di Sarada?” chiese, mortalmente serio.

“Ne sono convinto,” rispose quello, senza mai distogliere gli occhi da quelli del biondo. “L’ho intuito mentre la cercavo nella Terra dei Fiumi. Sarada è sparita troppo repentinamente, troppo misteriosamente. Non può essere stata rapita da qualche semplice Shinobi qualunque. Ma tuo figlio e i suoi amici? Con la loro abilità di teletrasportarsi lontano da tutto e tutti? Sono gli unici che avrebbero potuto prenderla e portarla furtivamente in qualche posto sperduto dove nessuno l’avrebbe potuta trovare.”

Naruto abbassò lo sguardo a terra, vergognoso. Il suo cuore sentì una fitta di dolore a quel pensiero. Non voleva crederci. Non voleva credere che il responsabile della scomparsa di Sarada fosse davvero Boruto o uno dei suoi compagni. Eppure, sapeva che la teoria di Sasuke aveva un fondo di verità. Suo figlio era in grado di teletrasportarsi in qualche posto misterioso, questo l’aveva capito, dove nessuno era mai riuscito a scovarlo fino ad ora. Se avesse portato lì anche la figlia di Sasuke, allora questo avrebbe spiegato del tutto la sua scomparsa così improvvisa e inaspettata. Shikadai e Sumire avevano detto di non essersi neanche accorti della sua sparizione, ed erano stati assieme a lei. Un chiaro segnale che rendeva l’ipotesi del teletrasporto più che consistente.

“Credo… Credo che tu possa avere ragione,” ammise, alzando lo sguardo per guardarlo di nuovo negli occhi. “Nel qual caso, non posso nemmeno giustificarlo per ciò che ha fatto. Mi dispiace.”

Sasuke sospirò. “Non temere, non è colpa tua. Sarò io stesso a dargli una bella lezione, una volta che lo avremo trovato.”

“Sempre se questa ipotesi sia vera,” aggiunse subito dopo Sakura, attirando l’attenzione di suo marito. “Sarada potrebbe benissimo essere scappata da sola. Ma anche se lo fosse, cosa possiamo fare?”

La risposta di Sasuke fu immediata. “Dobbiamo scovare dove si nasconde Boruto,” rispose semplicemente. “Se troveremo il nascondiglio dei Kara, troveremo Sarada. Ne sono certo.”

“Ma come vorresti fare? Nessuno è riuscito a scovarli fino ad ora,” domandò Hinata, le sue dita intrecciate nervosamente assieme come ai vecchi tempi.

L’Uchiha fissò tutti i presenti con uno sguardo determinato. “Quello che sappiamo in questo momento è che Boruto e i suoi amici non si nascondono qui sulla Terra,” rivelò, scioccando di gran lunga coloro che ancora non sapevano questa informazione, come Hinata e Sakura. “Quindi, è logico dedurre che abbiano preso dimora in un altro mondo. Per tutto questo tempo si sono nascosti in un’altra dimensione, facendoci credere che il loro nascondiglio fosse da qualche parte su questo pianeta.”

“E con ciò?” la domanda di Shizune diede voce ai pensieri di tutti. “Se questo è vero, allora Sarada potrebbe essere ovunque! Ci sono innumerevoli mondi al di fuori del nostro! Come farete a trovarli?”

Sasuke scosse la testa. “Non è necessario esplorare tutti i mondi esistenti,” la corresse. “Ma capire quale mondo sia quello giusto. E credo di aver già intuito la risposta a questa domanda.”

Gli occhi dei presenti si sgranarono.

“Rifletteteci,” li incalzò Sasuke, le sue labbra incurvate in un bieco sorriso che prometteva dolore nei confronti di un certo biondino ribelle. “Quale pianeta abbastanza vicino alla Terra abbiamo appurato che è adatto ad ospitare la vita, in passato? Su quale pianeta avrebbe potuto nascondersi quel ragazzo, restando contemporaneamente lontano e vicino alla Terra? Su quale pianeta avrebbe potuto allontanarsi da noi, restando contemporaneamente in grado di osservare tutto ciò che avveniva qui anche in sua assenza?”

Naruto esitò, cercando di ragionare su quella domanda. Dentro la sua testa, il giovane Hokage sentì Kurama ridacchiare sinistramente, facendolo confondere. Poi però, di colpo, i suoi occhi e quelli di tutti gli altri si sgranarono a dismisura non appena un’intuizione silenziosa e oscura prese ad insinuarsi nelle loro menti. Naruto, Hinata, Sakura e Shizune rimasero a bocca aperta, completamente allibiti e incapaci di dare voce a quel minuscolo, insignificante pensiero che gli aveva illuminato la realtà delle cose.

Sasuke li osservò con quel suo sorriso minaccioso. “Esattamente,” disse. “L’Organizzazione Kara si nasconde sulla Luna.”
 


03 Aprile, 0019 AIT
Luna, Astro Celeste
Castello di Toneri
20:30

Dolore, tristezza, sconforto e disperazione. Questi erano i sentimenti che, da una settimana a questa parte, non facevano altro che tormentare il cuore distrutto e devastato della giovane Mikasa Ackerman. Una settimana era passata ormai. Una settimana fatta di continue ed incessanti ricerche che, ancora una volta e con molta più delusione di prima, non avevano condotto a niente. Del suo amato biondino non c’era ancora traccia. Boruto continuava ad essere scomparso, senza che nessuno fosse riuscito a scoprire come e perché.

Mikasa non poteva accettarlo. Non riusciva ad accettarlo. Il dolore della sua perdita era troppo grande, troppo agonizzante. Aveva già rischiato di perderlo in passato, durante la sua prigionia nella Foglia, e non era stata affatto un’esperienza piacevole. Ma adesso, questa situazione era ancora più opprimente. Non sapere dove fosse, non sapere se stesse bene… erano tutti quesiti a cui lei non sapeva rispondere. E non saperlo la stava uccidendo. Boruto avrebbe potuto essere ovunque, sperduto in qualche dimensione lontana o nascosto sotto ai loro stessi baffi, e lei non avrebbe mai potuto saperlo. Era un pensiero straziante. Una consapevolezza amara e opprimente che le toglieva il fiato e che non la faceva dormire la notte.

Boruto era sparito.

Mikasa non tentò nemmeno di trattenere il singhiozzo affranto che le sfuggì dalle labbra. Non aveva la forza per riuscire a fermare il pianto. Le lacrime scendevano, scendevano, e scendevano; e continuavano a farlo da giorni ormai. Perché il suo biondino era scomparso, e lei non poteva fare nulla al riguardo.

Mai, ma proprio mai, la giovane si sarebbe aspettata di dover vivere un’esperienza del genere. La repentina e misteriosa scomparsa della persona che si ama di più non è certo una cosa a cui ci si può preparare, in fondo. Non in questo modo, almeno. Mikasa non sapeva come fosse successo, non sapeva quando fosse successo, e non sapeva nemmeno il perché. Tutto ciò che le restava erano il dolore, la rabbia e i suoi dubbi incessanti. Dubbi oscuri e velenosi, che ogni giorno, ogni ora, ogni istante la tormentavano senza sosta. Domande e quesiti che inevitabilmente il suo inconscio le imponeva nella mente. Domande come: cosa ne sarà di lui adesso? Come avrebbe fatto a trovarlo? Sarebbe riuscita a rivederlo, un giorno? E soprattutto, sarà ancora vivo…

…oppure sarà morto?

Quella, più di ogni altra cosa, era la domanda che più la spaventava. Talmente tanto che, ogni volta che ci pensava, il suo cuore sembrava esploderle dentro al petto. Non poteva pensarci. Non voleva pensarci. Ma non riusciva neanche ad evitarlo. Era costretta, per via dell’amore e dell’affetto che nutriva nei suoi confronti. Era inevitabile. Si era sempre preoccupata della salute e delle condizioni generali di Boruto quando era ancora con lei, e questo sentimento non era sparito adesso che lui non c’era più. Anzi, semmai si era moltiplicato.

Lei non voleva piangere. Non voleva provare tutto questo dolore. Ma non riusciva a resistere. Non sapeva come fare. Non sapeva cosa fare. Ora che il suo biondino era sparito – temporaneamente o per sempre, non sapeva dirlo – cosa avrebbe dovuto fare lei? Avrebbe dovuto continuare a perseguire il suo sogno? Avrebbe dovuto continuare a guidare la Rivoluzione? A spingere il mondo verso la loro Guerra? Sinceramente, Mikasa non credeva che ne sarebbe stata capace. Non più ormai. Non senza di lui. Quello era il sogno di Boruto. Era il destino di Boruto. Non il suo. Tutto ciò che lei aveva voluto era restargli affianco, sostenerlo, aiutarlo. Ma desso che era sparito… cosa ne restava di lei? Solo un guscio vuoto. Una candela spenta, priva di fiamma, troppo stanca e devastata per riprendere ad ardere di nuovo. Boruto era la luce della sua vita, e senza di lui, tutto il mondo aveva perso la sua bellezza.

“Il mondo è un posto crudele. Ma anche bellissimo…” era ciò che lei credeva. Era ciò che aveva sempre creduto. Ma ora?

Senza il suo Boruto, ora, il mondo era diventato solamente crudele.

E poi… che cosa ne sarebbe stato degli altri? Senza Boruto, i Kara erano sprofondati nella disperazione. Non sapevano più cosa fare, non sapevano a cosa aggrapparsi. Erano privi di scopo. Così come i Ribelli, le loro nuove reclute, i loro sostenitori, e la Rivoluzione stessa. Boruto era stato l’artefice di tutto questo. Era stato lui a dare uno scopo, una forma, un sogno a tutto questo. Era stato lui a generare speranza nei cuori dei Ribelli, a spingere gli insoddisfatti a ribellarsi all’Unione, e a ridare uno scopo a tutti quei Nukenin e Shinobi che lo avevano perso. Era stata la sua figura, il suo esempio, le sue azioni ad inspirare il mondo e a convincerlo a seguirlo. Senza di lui, tutto questo sarebbe crollato. Il suo sogno sarebbe andato in frantumi. Forse non subito, forse non nell’immediato futuro. Ma sarebbe crollato, prima o poi. E lei non sarebbe mai stata capace di reggerlo in piedi.

“Mikasa…”

La nera non alzò nemmeno la testa dalle braccia all’udire la voce del suo maestro, restando con il volto affondato sul bordo del tavolo. Sapeva che gli altri contavano su di lei. Sapeva che le responsabilità di leader gravavano sulle sue spalle ora. Ma come avrebbe dovuto rimettersi in piedi? Come avrebbe potuto affrontare questa situazione, quando il dolore nel suo cuore era così insopportabilmente grande? Era impossibile. Non poteva riuscirci.

“Mikasa, per favore… parla con noi,” la voce di Urahara era triste – disperata, quasi – e celava dietro di sé una tinta di rammarico e pesantezza. “Non puoi arrenderti così.”

Una ribollente sensazione di rabbia esplose nel suo cuore.

“Come?” domandò furiosamente, alzando di scatto la testa e fissando il volto del suo sensei con due occhi ricolmi di rabbia e dolore. “Come dovrei fare a non arrendermi, sensei? Dimmelo, se sei così esperto! Cosa dovrei fare, esattamente, per riuscire a risollevarmi e risolvere questa situazione?!”

Urahara trasalì non appena vide il dolore nel suo volto e la disperazione nel suo tono. I suoi occhi si riempirono di tristezza, e lo spadaccino dal cappello a righe esitò, insicuro sul da farsi. Non l’aveva mai vista così depressa prima d’ora. Da parte sua, Mikasa lo fissò negli occhi con rabbia per diversi secondi, prima di rendersi pienamente conto di quello che aveva detto e abbassare lo sguardo per la vergogna. Notò solo dopo un paio di secondi che assieme a lui c’erano anche Sora, Toneri e tutti gli altri Kara, intenti ad osservarli con sguardi piedi di dolore, incertezza e smarrimento.

La ragazza si pentì immediatamente di aver alzato la voce in quel modo. “P-Perdonami, sensei,” disse alla fine, la sua voce rotta dai singhiozzi. “Non avrei dovuto sfogare la mia frustrazione su di te. Mi dispiace.”

“Ehi, va tutto bene, Mika-chan,” Urahara si abbassò verso di lei e l’abbracciò, stringendola a sé con affetto. “Alle volte sfogarsi così fa solamente bene.”

La nera annuì, asciugandosi gli occhi dalle lacrime e spostando lo sguardo su tutti gli altri presenti. “Scusatemi anche voi, ragazzi,” disse vergognosamente. “Mi… Mi dispiace che dobbiate vedermi in queste condizioni adesso.”

I Kara si scambiarono un’occhiata emotiva. “Va tutto bene, Mikasa. Ti capiamo,” Sora le si portò accanto, sedendosi vicino a lei. “Siamo tutti nelle tue stesse condizioni, dopotutto. Boruto manca anche a noi.”

Mikasa abbassò nuovamente lo sguardo, sentendo una nuova ondata di lacrime cominciare a nascerle negli occhi. “V-Vorrei solo riaverlo qui con noi,” ammise davanti a tutti, la sua voce spezzata. “Tutta questa storia non ha senso. Ed io non so cosa fare per reggere in piedi ciò che Boruto ci ha lasciato.”

Sora, Urahara, Toneri e gli altri la osservarono con occhi pieni di comprensione e dolore.

La ragazza posò lo sguardo sul suo maestro. “Ti supplico, sensei, sii sincero con me,” lo implorò, i suoi occhi che ripresero a versare lacrime come fiumi. “Dimmi… C-Che cosa devo fare?”

Quella domanda echeggiò dolorosamente nelle menti di tutti loro, spezzando i loro cuori già affranti e devastati dalla confusione e dal dolore. Urahara fissò la sua giovane allieva con esitazione, abbassando a sua volta lo sguardo per terra mentre i suoi pugni si serravano con impotenza. “Io…Io non lo so, Mika-chan,” fu tutto ciò che riuscì a dire, completamente perso a sua volta. Perché, onestamente, che cosa avrebbe potuto dirle? Che cosa avrebbe potuto dire a tutti quei ragazzi? Che Boruto sarebbe tornato? Che dietro tutto questo c’era un motivo? Nemmeno lui aveva quelle risposte, neanche con tutti i suoi anni e la sua esperienza. L’improvvisa scomparsa di Boruto era una cosa che nessuno di loro aveva previsto, e che nessuno di loro – lui stesso compreso – era preparato ad affrontare.

Mikasa fece crollare la testa verso il basso, depressa e devastata, incapace di tollerare il dolore e la tristezza negli occhi del suo maestro, negli occhi di tutti i suoi amici. La risposta che cercava divenne chiara per lei, in quel momento. La vide nello sguardo di Urahara. La vide negli occhi di Sora. La vide nella tristezza di Gray e Juvia, nella rassegnazione di Kairi e Shirou, nel timore di Kumo e Mitsuki, e persino nel silenzio devastato di Toneri. La risposta era una sola. La stessa risposta che, in fondo al suo cuore, lei aveva sempre saputo di conoscere.

Non c’era niente che potevano fare in quel momento.

Eppure, ancora una volta, il Destino diede loro prova di vedere che si sbagliavano di grosso.

“Non piangete, miei cari giovani,” una voce sconosciuta parlò all’improvviso. “Poiché la speranza per voi non è ancora finita.”
 
. . . . . .

Accadde tutto in un istante. Non appena quelle parole terminarono di echeggiare nella stanza, Mikasa, Sora, Urahara, e tutti gli altri erano balzati in piedi, rapidi come saette, con le armi sguainate e pronte in mano, ogni singolo muscolo nei loro corpi teso e pronto a scattare in azione. Si portarono tutti uno accanto all’altro, pronti ad attaccare e a difendersi a vicenda dal pericolo. I loro occhi assottigliati e pieni di panico e confusione trovarono immediatamente la figura che aveva parlato e che era misteriosamente apparsa dinanzi a tutti loro. Un uomo anziano, pieno di rughe sul volto, con due piccole corna sulla fronte e una lunga barba grigia. Possedeva due occhi viola pieni di cerchi concentrici attorno alla pupilla – il Rinnegan, tutti lo riconobbero subito – assieme ad un terzo occhio rosso che spuntava fuori dalla sua fronte. Era vestito di bianco, portava in mano un lungo bastone nero, e dietro la sua schiena fluttuavano in cerchio nove piccole sfere, anch’esse nere come la notte. Tutto il suo corpo stava letteralmente fluttuando all’aria, anche se le sue gambe incrociate dessero l’apparenza che fosse seduto.

I giovani e i due adulti lo osservarono con apprensione e sconvolgimento. Chi era quel tipo? Come aveva fatto a raggiungerli qui sulla Luna? Senza farsi scoprire, per di più?

Gli occhi di Shirou si assottigliarono. “Chi sei?” domandò gelidamente, un lungo spadone serrato in mano, con la punta rivolta verso l’estraneo.

Un piccolo sorriso contornò le labbra dell’anziano sconosciuto. “Non sono qui per farvi del male, miei giovani amici,” disse. La sua voce era bassa e pacata, e risuonava di una saggezza dovuta a secoli e secoli di vita. “Riponete le vostre armi. Vengo da voi per portarvi delle novelle, non per combattere.”

Nessuno dei presenti sembrò credergli. Passarono tre secondi di silenzio. Poi, Toneri fece un passo in avanti. “Io ti conosco,” disse sospettosamente, osservando l’anziano essere così simile a lui coi suoi occhi aggrottati. La sua espressione si fece tesa e solenne. “Tu sei il fratello del mio progenitore, Hamura. Sei Hagoromo Otsutsuki.”

La figura sorrise. “Vedo che conosci il mio nome, giovane Toneri,” si rallegrò l’anziano. “Ma credo che sia d’obbligo da parte mia fornire un’ulteriore presentazione, almeno per i vostri ragazzi. Io sono colui che tutti voi dovreste conoscere come l’Eremita delle Sei Vie della Trasmigrazione.”

Tutti i presenti, meno che Toneri, s’irrigidirono e sgranarono gli occhi a dismisura all’udire quella dichiarazione. “L-L’Eremita delle Sei Vie?” esalò Sora, sconvolto. “Com’è possibile?”

“Credevo che la sua esistenza fosse una leggenda,” sussurrò Gray.

L’anziano essere, Hagoromo, li guardò uno ad uno con uno sguardo pacato. “Comprendo la vostra confusione, ma non abbiamo molto tempo,” disse, cercando di ignorare le loro occhiate incredule. “Sono giunto da voi per portarvi delle notizie. E anche… per fornirvi delle spiegazioni.”

“Che cosa vuoi dire?” domandò Urahara, sempre più sospettoso. “Che genere di spiegazioni?”

L’Eremita rivolse loro un sorriso benevolo. “Sono venuto per parlarvi di ciò che è successo al vostro amico. Boruto Uzumaki,” dichiarò, lentamente.

La reazione dei giovani fu immediata. Iniziarono subito a tempestarlo di domande. “Che cosa?” esclamò Gray, scioccato oltre ogni dire. “Tu sai cos’è successo a Boruto?”

“Dov’è finito? Come ha fatto a scomparire così improvvisamente?” lo incalzò anche Sora, frenetico.

“Dove si trova adesso?” aggiunse Juvia.

“Sta bene?” esalò Kairi.

Hagoromo ridacchiò. “Calma, calma,” li richiamò pacatamente. “Boruto sta bene, ve lo garantisco. Sono stato io a portarlo via da qui, in realtà.”

Quella notizia sconvolse non poco tutti i presenti. “Che cosa?!” la voce di Mikasa attirò immediatamente l’attenzione di tutti. Gli occhi di Hagoromo si posarono sul volto della ragazza. La sua espressione era contratta in un cipiglio furioso e feroce, il suo sguardo ricolmo d’incredulità e affronto. “Sei statu tu a portarcelo via?” sibilò minacciosamente, come se quella rivelazione fosse stata un affronto per lei.

L’Eremita non sembrò affatto turbato dal suo tono minaccioso. “Mikasa Ackerman,” disse, senza mai smettere di sorridere. “È un piacere fare la tua conoscenza. E per rispondere alla tua domanda… sì. Sono stato io a condurre il giovane Boruto via da questa dimensione. Ho usato una Tecnica di Richiamo per spedirlo in un altro mondo. Un mondo molto, molto lontano da qui.”

Toneri assottigliò lo sguardo. “Lo sapevo. Quindi dietro alla sua scomparsa c’era davvero lo zampino di un’entità al di fuori della nostra conoscenza,” realizzò, chiudendo gli occhi con pesantezza.

Ma Mikasa non sembrò curarsi di lui. Era oltraggiata oltre ogni dire. “Come hai osato fare una cosa del genere?” sibilò, le sue labbra tirate in un ringhio animalesco. Fece un passo minaccioso verso l’anziano. “Riportalo qui. Adesso!” ordinò.

L’Otsutsuki scosse la testa. “Non posso farlo. Ma non temere, Mikasa. Non ho condotto il vostro amico lontano da voi per un mero capriccio. Non farei mai una cosa così terribile. Ho condotto Boruto in un altro mondo poiché egli ha deciso di intraprendere una missione, una missione che solo lui può portare a compimento.”

La nera ringhiò sommessamente e fece un secondo passo verso l’Eremita, ma Urahara l’afferrò per una spalla. “Spiegati meglio. Dove, esattamente, hai condotto Boruto? E perché?”

Hagoromo sospirò. “Lasciate che vi spieghi le cose dal principio,” disse. “Molto lontano da qui, in una dimensione completamente diversa da questa in cui vi trovate voi, un’oscura e malvagia creatura sta lentamente e inesorabilmente causando la distruzione di innumerevoli mondi. Questa creatura è contorta e pericolosa, ed è stata la causa dell’estinzione di moltissime razze nell’universo. In questo momento, essa si trova in un mondo dilaniato dalle guerre e dalle battaglie, ed ha intenzione di distruggerlo a sua volta, esattamente come ha fatto con tutti gli altri. Il mondo di cui sto parlando… si chiama Eldia.”

All’udire quel nome, Mikasa e Urahara trasalirono pesantemente e sgranarono gli occhi, inondati dall’orrore. Nessuno mancò di notare quella loro reazione. “Che succede?” chiese Kumo, rivolgendosi a quei due.

Gli occhi sgranati di Mikasa brillarono di emozione. “E-Eldia,” esalò, pronunciando quel nome con un misto di affetto e nostalgia. “Eldia è il nome del mio mondo natale. Il mondo in cui… in cui sono nata,” disse, la sua voce che si spezzava lentamente.

Tutti quanti rimasero sconvolti da quella rivelazione, completamente a bocca aperta.

Mikasa osservò l’Otsutsuki con uno sguardo ricolmo di emozione. “Q-Quindi Boruto si trova nel mio mondo natale?” chiese con esitazione.

L’Eremita fece un cenno col capo, poi continuò. “Eldia rischia di essere completamente distrutto a causa di questa creatura. Ma proprio mentre pensavo che quel mondo avrebbe subìto lo stesso destino di tutti gli altri mondi precedentemente colpiti da quel mostro, ad un certo punto ho avuto una visione. In questa visione, io vidi dieci persone che si univano assieme per fronteggiare quell’oscura creatura. Dieci persone che, insieme, avrebbero combattuto e sconfitto il pericolo e la minaccia di quell’essere immondo. Dieci terrestri. E tra di essi… io vidi Boruto Uzumaki.”

Mikasa, Sora e tutti gli altri rimasero a bocca aperta.

“Le visioni del mio popolo non mentono mai,” continuò a raccontare l’Eremita. “E così, per riuscire a vedere realizzato quel futuro e per condurre alla morte quell’oscura creatura, io ho condotto Boruto nel mondo di Eldia, assieme a quelle altre nove persone che avevo visto assieme a lui, in modo da mettere per sempre fine a quella minaccia che stava causando la distruzione di innumerevoli mondi. Ed è lì che Boruto si trova adesso, su Eldia, mentre è in viaggio assieme ai suoi nuovi compagni per scovare ed eliminare una volta per tutte quella creatura.”

La sua spiegazione venne accolta dal silenzio più totale. “Q-Quindi, se ho capito bene,” sussurrò Urahara. “Boruto si trova ad Eldia per tentare di s-sconfiggere questa creatura?”

Hagoromo annuì con la testa. “Precisamente,” rispose.

“E… di che creatura stiamo parlando?” domandò a quel punto Mitsuki, inarcando un sopracciglio.

“Una creatura oscura che si chiama Vrangr,” spiegò l’anziano essere, rabbrividendo. “Si tratta di un antico drago oscuro del Nord, proveniente da un mondo che ormai non esiste più. A causa delle innumerevoli stragi che ha compiuto, oggigiorno in molti si riferiscono a lui come… il Divoratore di Mondi.”

Se le informazioni di prima li avevano lasciati allibiti, quest’ultima li sconvolse letteralmente.

“U-U-Un drago?” balbettò freneticamente Urahara, il suo volto ricolmo d’orrore. Assieme a lui, Mikasa e Sora sbiancarono per il terrore appena realizzarono quella dichiarazione.

“Com’è possibile?” esclamò anche Gray.

“I draghi esistono veramente?” chiese anche Juvia, incredula.

“P-Pensavo che fossero solo creature inventate,” disse Kairi. “Delle mere leggende.”

L’Eremita scosse la testa. “Molte leggende hanno un fondo di verità, mie cari giovani,” disse lentamente. “E purtroppo, l’esistenza dei draghi è tra queste.”

Sora si portò le mani alla testa, strappandosi i capelli per l’orrore, il suo volto pallido come la morte. “Oh no!” esclamò improvvisamente, inorridito. I suoi occhi azzurri brillavano di terrore e paura allo stato puro. “Un drago! P-Proprio come era stato predetto nella profezia!”

Tutti quanti, tranne Mikasa e Urahara, si voltarono di scatto verso di lui all’udire ciò, visibilmente scioccati. Persino l’Eremita, previo della sua precedente calma e compostezza, sembrò sgranare gli occhi. “Profezia?” domandò Shirou. “Che vuoi dire, Sora?”

Il moro stava scuotendo freneticamente la testa, colto dal panico. “È-È successo diversi anni fa, durante l’invasione di quei due Otsutsuki nella Foglia” spiegò, la sua voce impanicata. “Dopo essere riusciti a sconfiggerli, Boruto ci ha raccontato di aver avuto un dialogo con uno di loro. D-Disse che Momoshiki gli aveva rivelato una profezia sul suo futuro… e che in essa si faceva cenno ad uno scontro con un drago!”

“COSA?! E voi non ce l’avete mai detto?” domandò furiosamente Gray, allibito.

“Nemmeno io ero a conoscenza di quest’informazione,” disse Toneri, fissando Urahara coi suoi occhi assottigliati. “Che cosa significa, Urahara?”

Mitsuki fissò Mikasa e Sora con uno sguardo perso. “C-Che cosa significa tutto questo?” esalò, completamente sconvolto.

“Calmatevi,” l’Eremita, con sommo stupore di tutti, fluttuò nell’aria, portandosi vicino a Mikasa, Sora e Urahara, tutti e tre immobili e intenti a fissarsi a vicenda con delle espressioni ricolme di panico e terrore. “Ricordate le parole contenute in quella profezia?” domandò loro, estremamente serio. La sua espressione era mortalmente gelida.

Urahara annuì. “S-Sì, le ricordo perfettamente,” rispose, ancora incredulo.

“Recitale,” ordinò Hagoromo.

L’uomo col cappello esitò, prima di serrare i pugni e recitare la profezia con voce tremante.

Arriverà poi il momento in cui ancora dovrai combattere,
contro mille calamità ed avversari da abbattere.
Combatterai per trovare il drago, Boruto, il drago che divora i mondi,
il drago che nessuno sa dove sta.
In questa impresa molti alleati avrai,
persone che odi, persone che ignori e persone a cui mancherai,
ma soltanto la tua famiglia ti salverà, non scordarlo mai.
E quando infine troverai il drago, Boruto, e sentirai tutto il suo potere,
allora, con coraggio, lo affronterai tu.
Ma uno di voi due, alla fine, non tornerà più!

Appena ebbero udito ciò, tutti i presenti abbassarono lo sguardo a terra e sprofondarono in un profondo silenzio ricolmo di tensione. “Oh cielo,” sospirò l’Eremita, palesemente sconvolto. “Non avrei mai immaginato… Questa cosa è… inaspettata.”

Mikasa fissò l’essere bianco con occhi tremanti. “C-Che cosa significa?” chiese, temendo già la risposta.

Hagoromo la fissò con uno sguardo pensieroso. “Questa è una prova tangibile del fatto che il Destino di Boruto è molto più misterioso di quel che pensavamo,” disse. “Essere contemporaneamente al centro di una profezia e di una visione… non era mai accaduto prima nella storia del mio clan.”

“Ma uno di voi due non tornerà più…” ripeté Toneri, sgranando gli occhi. “Ma, ma questo significa che Boruto potrebbe morire nello scontro!” esclamò, scioccato.

Tutti i presenti sentirono i loro cuori grondare di orrore e paura a quel solo pensiero. Gli occhi di tutti si posarono sull’Eremita delle Sei Vie. Quello sospirò di nuovo. “Non so cosa dirvi, giovani amici,” ammise lentamente. “Questo è un futuro che la mia visione non ha voluto mostrarmi. Con mio enorme rammarico, non ho modo di sapere se il giovane Boruto uscirà da quella battaglia come vincitore o come vittima.”

Mikasa scosse la testa freneticamente. “D-Dobbiamo impedire che questa possibilità succeda realmente!” esclamò nervosamente. “Devi riportarlo qui!”

Ma Hagoromo scosse la testa. “Non posso farlo, Mikasa. Boruto ha accettato di sua spontanea volontà di intraprendere la battaglia contro Vrangr, così come tutti i suoi compagni. Non posso rispedirlo indietro ormai,” dichiarò sommessamente. “Ma non dovete temere. Il vostro amico non è da solo. Anche se non posso rivelarvi tutti i loro nomi, posso dirvi che tra i suoi compagni si trova anche la giovane Sarada. Sono certo che lei lo aiuterà a restare lontano dal pericolo.”

“Sarada è assieme a lui?!” urlò ferocemente Gray, incredulo. “Questo è ancora peggio! Quella stolta di un Uchiha tenterà in ogni modo di costringerlo a tornare a Konoha! Più che aiutarlo sarà per lui una spina nel fianco!!”

Gli occhi ricolmi di terrore della nera si sgranarono ancora di più. “A-Allora portaci da lui!” dichiarò freneticamente. Sembrava quasi una supplica. “Se non puoi riportare lui da noi, porta noi da lui! Non possiamo lasciarlo da solo in un’impresa del genere!”

“Mikasa ha ragione!” gridò anche Sora. “Boruto non può morire contro un drago! Dobbiamo andare lì ed assicurarci che vada tutto bene!”

“Se il boss è in pericolo, abbiamo il dovere di aiutarlo!” ruggì Gray, solenne e imbestialito.

“Giusto!” esordì Juvia. “Quel biondino non può fare sempre tutto da solo! Specialmente adesso che è costretto a combattere un mostro con Sarada come alleata!”

“Anche noi possiamo combattere! Possiamo aiutarlo a sconfiggere il drago!” sibilò Shirou.

Urahara annuì solennemente, sentendo la propria decisione aumentare a dismisura nel vedere la determinazione negli occhi di tutti, anche in quelli di Toneri, Mitsuki e Kumo. Posò lo sguardo sul Rinnegan dell’Eremita. “Portaci da lui,” disse.

Ma ancora una volta, l’anziano essere chiuse gli occhi e scosse la testa. “No,” disse. “Non lo farò.”

Ebbe solo un istante per realizzare l’errore che aveva appena commesso. Appena i suoi occhi si riaprirono, il suo sguardo notò subito che la spada di Urahara era puntata pericolosamente vicino al suo collo, e anche che tutti i ragazzi presenti lo avevano accerchiato da ogni lato, le loro armi sguainate e puntate verso di lui senza alcuna esitazione. Inoltre, innumerevoli marionette erano apparse in ogni angolo della stanza – sui muri, sul soffitto, e persino sulle finestre – e avevano la bocca aperta e pronta a rilasciare getti di chakra. Persino Toneri, da parte sua, era apparso alle sue spalle e stava tenendo bloccato il suo bastone con le mani, impedendogli di utilizzarlo per difendersi.

Un sorriso divertito si formò sulle labbra dell’Eremita a quella visione.

“Credo che tu non abbia capito, Eremita,” sibilò pericolosamente Mikasa, le sue lame celate puntate verso il suo cuore. “Non era una domanda. Era un ordine.”

“Portaci da lui, se ci tieni alla tua incolumità,” dichiarò anche Urahara, la sua voce bassa e minacciosa.

Hagormo ridacchiò. “Adesso capisco da chi ha ereditato il suo temperamento,” mormorò, divertito. “Anche il giovane Boruto mi ha minacciato in questo modo la prima volta che l’ho incontrato.”

La punta della spada di Urahara si avvicinò ancora di più al suo collo. L’Eremita non sembrò minimamente preoccupato. “Nessuno di voi potrebbe riuscire a farmi del male, miei giovani amici. E inoltre, questa decisione non spetta a me, purtroppo,” disse loro.

Lo sguardo di Sora si assottigliò. “Che cosa vorresti dire?” domandò.

Hagoromo fissò Mikasa con uno sguardo pieno di compassione. “Boruto ha fatto una promessa,” disse, facendola trasalire con le sue parole. “Ha promesso a sé stesso e a voi che vi avrebbe protetti. Per questo non posso, in buona fede, portarvi da lui. Perché facendolo, io metterei a rischio quella sua promessa. Ed è una cosa che lui non mi perdonerebbe mai,” i suoi occhi brillarono di comprensione. “Mi dispiace, ma non posso farlo. Questa è una battaglia a cui non potete partecipare.”

All’udire le sue parole, tutti i presenti esitarono per diversi secondi. Poi, dopo quella che parve un’eternità, Mikasa fu la prima a cedere. Crollò in ginocchio, afflosciandosi con tutto il corpo come se avesse perso improvvisamente ogni sua energia, iniziando a singhiozzare. Vedendo ciò, Sora le si portò immediatamente accanto, inginocchiandosi vicino a lei a cingendola con le sue braccia. Hagoromo la osservò con tristezza.

“T-Ti prego,” singhiozzò la ragazza, la sua voce completamente rotta dal pianto. “N-Non voglio che Boruto muoia. Non ce la farei a stare senza di lui. Non ce la farei a sopravvivere senza di lui. P-Per questo… ti supplico, ti scongiuro… se non puoi portarci da Boruto, a-almeno lasciami parlare con lui. So che sei in grado di farlo. Ti supplico… fammi sentire solo una volta la sua voce,” lo implorò, piegandosi lentamente verso il basso, come un inchino.

Sora, Gray, Kairi e tutti i presenti osservarono quella scena con stupore, i loro cuori che grondavano di un’immensa pesantezza e un incommensurabile dolore. Mai, in tutta la sua vita, Mikasa si era prostrata ai piedi di qualcuno in quel modo. Non aveva mai supplicato nessuno prima di quel giorno. E adesso, per la prima volta, la stavano vedendo compiere l’impensabile. Per la prima volta, la stavano vedendo implorare qualcuno per la salvezza del suo biondino.

L’Eremita la guardò con un sorriso rassegnato, allungandole una mano ed aiutandola a rimettersi in piedi. “Alzati, giovane Mikasa, alzati. Non c’è bisogno di ricorrere a tanto,” la esortò, affidandola alle braccia di Sora. “Non posso esaudire la tua richiesta, per quanto mi dispiaccia. Per il bene di Boruto, mi ritrovo costretto a dover rifiutare.”

La nera abbassò lo sguardo a terra, visibilmente affranta e devastata. Assieme a lei, anche tutti gli altri piombarono in un silenzio teso e depresso.

“Però, anche se non posso portarvi da lui, posso sempre portargli un vostro messaggio,” riprese a dire l’anziano saggio, sorridendo ampiamente. I volti di Mikasa e di tutti i giovani s’illuminarono di colpo. “Coraggio, miei giovani amici, prendete carta e penna. Sono sicuro che a Boruto farà immensamente piacere leggere una vostra lettera.”

“D-Dici davvero?” sussurrò Sora.

Hagoromo annuì. “Fidati di me, giovane Sora.”

Non se lo fecero ripetere due volte. Con una rapidità inaudita, Mitsuki andò immediatamente a prendere un foglio ed una penna per scrivere, porgendoli a Mikasa una volta che ebbero preparato tutto. La ragazza si portò accanto al tavolo della stanza ed osservò la pagina bianca con occhi esitanti, incerta su cosa scrivere, prima di rafforzare la sua decisione e puntare la penna sul foglio.

Le parole che scrisse le uscirono direttamente dal cuore.
 
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‘Boruto,

qui è Mikasa che ti scrive a nome di tutti noi. Abbiamo appena ricevuto una visita dall’Eremita delle Sei Vie. Ci ha spiegato tutto quello che è successo: il motivo della tua improvvisa scomparsa, l’obiettivo della tua missione, e anche ciò che sei stato chiamato a compiere. Sapere che sei stato scelto come uno dei dieci che riuscirà a sconfiggere il drago… ha riempito tutti noi d’orgoglio e di emozione. Ma sarò sincera con te: siamo anche estremamente preoccupati. Io sono estremamente preoccupata. Da quando sei scomparso, tutti noi siamo sprofondati nella disperazione. Non sapevamo più cosa fare. Almeno adesso sappiamo quello che ti è successo, e anche se questo non ci fa stare più tranquilli di prima, almeno stiamo meglio. Ho saputo che ti trovi a Eldia… non so se l’avrai capito ormai, ma Eldia è il mio mondo natale. È il mondo in cui sono nata, e da cui sono fuggita. Non avrei mai pensato che tu potessi finire per visitarlo, men che mai in questo modo. La vita sa essere davvero ironica, non credi?

Avremmo tanto voluto essere lì con te, tesoro mio. Darei tutto ciò che possiedo per poter costringere questo vecchio a portarmi da te. Ma non è possibile, e non c’è nulla che possiamo farci. L’unica cosa che ci resta è continuare a sperare, e credere in te. Sei sempre stato il più forte, Boruto, il più determinato e coraggioso. Sono certa che non avrai esitato nemmeno un istante a decidere di combattere il drago. Dopotutto, me l’hai promesso, non è vero? Avresti fatto qualsiasi cosa per proteggere me e la nostra famiglia. E sono certa che lo farai di nuovo… anche se questo dovesse mettere in pericolo la tua vita. Per quanto questo pensiero mi faccia star male e generi in me un’indescrivibile rabbia… l’ho accettato. Perché questo è quello che sei, Boruto, e quello che sai fare meglio. Combattere per la tua famiglia è sempre stato ciò che ti spingeva ad andare avanti, sprezzante del pericolo. Ed è uno dei motivi per cui ti amo. Perciò, continua a combattere a testa alta. Io e tutti gli altri saremo sempre con te.

Boruto… l’Eremita dice che non abbiamo molto tempo, per cui dovrò essere concisa. Anche se la tua mancanza ci sta facendo soffrire, io e tutti gli altri continueremo a credere in te. Lo abbiamo sempre fatto, e sempre lo faremo. E mentre tu compirai ciò che sei stato chiamato a compiere, io continuerò a gestire ciò che ci hai lasciato qui sulla Terra. Te lo prometto, tesoro. Non permetterò alla tua – alla nostra Rivoluzione di crollare adesso che non ci sei. Non temere, non sarò da sola. Sora è qui accanto a me proprio mentre scrivo, assieme a tutti gli altri. Urahara ti manda un abbraccio enorme, e Gray mi sta letteralmente urlando nelle orecchie per scriverti di fare a pezzi quel fantomatico drago. Ci sono anche Juvia e Kairi, e il tuo fedele Shirou che fanno il tifo per te. Mitsuki e Kumo ti mandano i loro saluti, così come quell’antipatico di Toneri. Tutti noi crediamo in te, adesso come sempre.

E per ultima ci sono io. Tesoro, ci sono tantissime cose che vorrei dirti, tantissime cose che vorrei poterti scrivere ed esprimere in questo momento, ma non ne ho il tempo. E non ne ho la capacità. Vorrei essere lì con te con tutto il mio cuore, per aiutarti ad affrontare quella battaglia, per tenerti lontano dalle grinfie di Sarada, e per ricordarti ogni giorno che non sei mai da solo. Ma anche se non posso esserci concretamente, sappi che il mio cuore è lì assieme a te, insieme a quelli di tutti gli altri. Noi ti vogliamo bene, Boruto. Io ti voglio bene. Più di quanto tu possa immaginare. Perciò, l’unica cosa che posso dirti è questa: combatti. Combatti, come hai sempre fatto e come so che continuerai a fare. Io… Io ti aspetterò. So che quando tutto sarà finito, tu ne uscirai ancora una volta vincitore. Come sempre. Ho fiducia in te, tesoro. Quindi non avere paura, perché saremo sempre con te. Metti fine alla crudeltà di quel drago, e salva il mondo di Eldia dalla distruzione. Solo tu puoi riuscirci, ne sono convinta. E quando tornerai, io, Sora, e tutti noi saremo qui ad aspettarti. Questa è la mia promessa per te, Boruto. Perciò sbrigati a tornare, perché tutti noi siamo impazienti di poterti riabbracciare ancora una volta. E poi… mi devi ancora un appuntamento, ricordi?

Ora purtroppo devo lasciarti, tesoro. Il mio cuore sarà sempre con te, per cui non esitare. Fai quello che devi, ed io sono certa che riuscirai come sempre a vincere questa battaglia. Ti mando i saluti e gli incoraggiamenti di tutti gli altri. Siamo tutti ansiosi di poterti rivedere, quindi fai in fretta e porta a termine ciò che sei stato chiamato a compiere.

Abbi cura di te, tesoro mio. I miei pensieri sono rivolti a te, ogni giorno, fino alla fine dei giorni.

Ti amo con tutto il cuore.

Mikasa’
 
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Passarono circa venti minuti prima che Mikasa ebbe finito di scrivere la lettera. Rivolgendo un ultimo sguardo a quelle parole che aveva scritto, la ragazza consegnò il foglio ad Hagoromo, la sua espressione triste e piena di emozione, ed i suoi occhi che avevano ripreso a versare lacrime come prima. “F-Fai in modo che possa riceverla senza intoppi,” disse col cuore in gola. “Ti supplico.”

L’Eremita annuì con un sorriso, conservando la lettera in una delle maniche del suo abito. “Non temere, Mikasa, sarà fatto. Hai la mia parola.”

Detto ciò, l’anziano essere rivolse un ultimo sguardo a tutti i presenti. “Il nostro tempo è terminato, miei giovani amici,” dichiarò allora con un tono di voce pacato e sommesso. “Ma non temete. Consegnerò a Boruto la lettera e gli riferirò che state tutti bene, e che adesso sapete quello che gli è successo. Ma prima di andarmene… c’è una cosa che voglio consegnarvi.”

Prima che uno di loro potesse aprire bocca, l’Eremita tirò fuori dal suo abito un piccolo oggetto rotondo e luccicante, consegnandolo gentilmente a Mikasa. La ragazza lo prese con esitazione, studiandolo attentamente con gli occhi. Dall’aspetto sembrava essere una specie di palla da biliardo di colore rosso. “Che cos’è?” domandò Sora, sporgendosi alle spalle di Mikasa per osservarlo.

“Questo è un Connettore. Un artefatto che serve a connettere le persone,” rispose Hagoromo. Vedendo le loro espressioni confuse, l’Otsutsuki fece per parlare, ma Toneri lo batté sul tempo.

“So di cosa si tratta,” lo anticipò, serio e solenne. “Si tratta di un antichissimo oggetto inventato dal clan Otsutsuki nei tempi passati. Permette a due persone di poter entrare in contatto e parlare, anche se la distanza che li separa è estremamente grande. Agisce mettendo in contatto la loro anima spirituale, permettendo loro di comunicare anche se si trovassero da un capo all’altro dell’universo. Mi sbaglio?”

L’Eremita annuì. “Precisamente,” confermò. “Tenetelo con cura. Perché in un futuro ancora incerto, esso potrebbe tornarvi utile.”

“Vuoi dire che con questo artefatto potremo entrare in contatto con Boruto?” esclamò Urahara, trepidante al solo pensiero di poter parlare ancora una volta col suo allievo.

“Sì, ma non adesso. E non sarete voi a doverlo utilizzare,” lo corresse lentamente l’anziano. “Limitatevi a conservarlo e a non perderlo mai d’occhio. E se un giorno lo sentirete emettere una scarica di energia… allora saprete che Boruto vi sta contattando e potrete rispondergli. Anche se spero che non debba mai averne bisogno, voglio lasciarvelo in caso di estrema necessità. A Boruto potrebbe tornare utile, in qualche modo. Me lo sento nel cuore.”

Mikasa sorrise, per la prima volta dopo tantissimi giorni, stringendo a sé quel piccolo artefatto. “Grazie, Eremita,” disse sommessamente. “Manda i nostri saluti a Boruto, quando lo vedrai.”

Hagoromo le sorrise di rimando. “Sarà fatto, miei cari giovani.”

Detto ciò, silenzioso com’era arrivato, l’Eremita delle Sei Vie scomparve improvvisamente dalla loro vista, svanendo nel nulla come un fantasma e lasciandoli nuovamente da soli nella sala del silenzioso castello.

Mikasa, Sora e tutti gli altri osservarono il piccolo artefatto nelle mani della ragazza. E adesso, per la prima volta dopo una settimana di tensione, i dieci giovani sentirono una piccola fiammella di speranza cominciare ad ardere nei loro cuori.
 








 

Note dell’autore!!!

Salve gente, ecco a voi il nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto.

Abbiamo scoperto il modo in cui Mikasa, Sora e tutti gli altri hanno scoperto il motivo della scomparsa di Boruto. L’incontro con l’Eremita delle Sei Vie era un evento citato anche nella storia precedente, così come la lettera che Mikasa aveva scritto per il biondino. Per tutti coloro che mi avevano chiesto di leggerne il contenuto, eccovi accontentati. Ogni cosa sta cominciando finalmente a rivelarsi dopo tutto questo tempo.

Mancano solamente due capitoli al finale di questa seconda storia. Con enorme tripudio, posso finalmente annunciarvelo senza esitazione.

Vi invito, come sempre, a leggere e commentare. Grazie mille a tutti in anticipo. A presto!
   
 
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