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Autore: ineedofthem    22/09/2019    4 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 62
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 62



Mi faccio spazio tra i corridoi dell'ospedale, con il cuore in gola, avvertendo l'emozione impossessarsi di ogni fibra del mio corpo. Non riesco a fare a meno di sorridere, colma di gioia e eccitazione. Agnese sta venendo al mondo e io stento ancora a credere che tra poco potrei stringere tra le braccia la mia bellissima e piccola nipote.
Velocizzo il passo e mi sembra quasi di volteggiare, sospesa tra i miei sogni e la dolce realtà.
Sto arrivando Agnese, aspettami, sto arrivando...
Così, non mi rendo conto di essermi appena scontrata con qualcuno. Ritorno bruscamente con i piedi per terra, voltandomi pronta a scusarmi.
Arriccio le mie labbra in una smorfia di rammarico che però si tramuta in un'espressione di sorpresa quando mi rendo conto che io mi sia appena scontrata con la dottoressa De Angelis. Sembra che il destino cerchi di metterla sempre sulla mia strada quando ne ho più bisogno.
Incrocio il suo sguardo vagamente divertito.
"Quanta fretta, dottoressa!" esclama, indicandomi con il capo, ma il suo tono è macchiato da un bonario rimprovero.
"Scusi..." ammetto, accennando a un piccolo sorriso.
Lei annuisce, portando le braccia al petto, riservandomi un'occhiata incuriosita.
"Non ho bisogno di chiederle dove andasse con tanta urgenza. Sta cercando Sabrina Castelli, giusto?" I suoi occhi incrociano i miei, scrutandomi con una certa complicità.
"Giusto" concordo con lei.
La dottoressa a quel punto sorride e mi rendo conto che, nonostante alcune rughe le contornino le labbra e gli occhi, dimostri meno anni di quelli che ha, mantenendo un certo fascino. Non posso nascondere di averla sempre ammirata, da lontano, perché Laura De Angelis ha rappresentato per me quello che un giorno avrei voluto essere: un medico sensibile e competente, una moglie, una madre.
Poi esegue un passo indietro, come se volesse farsi da parte per lasciarmi passare.
"Non oso trattenerla ancora, allora. La sua nipotina l'attende" mi fa presente, facendomi cenno con il capo di andare, indicando il corridoio dietro le nostre spalle. Ringraziandola con lo sguardo, non me lo faccio ripetere due volte e riprendo la mia corsa, sentendomi scossa dall'eccitazione.
Un po' prima che però io possa svoltare, è di nuovo lei a richiamarmi.
Mi volto ancora nella sua direzione, l'espressione confusa e le labbra piegate in un broncio.
"Stanza 312!" proferisce in un occhiolino, prima che io, dopo che la dottoressa ha appianato i miei dubbi, accennando a un riso divertito per la mia dimenticanza, sparisca dietro l'angolo.

Non ci metto molto a raggiungere la mia meta: infatti la porta della stanza 312 si staglia presto davanti ai miei occhi e non appena abbasso lo sguardo mi rendo conto di non avere niente con me: niente fiori o regali, ma con la notizia che Agnese stesse nascendo ho fatto davvero il prima possibile.
Eppure, quando scorgo il fiocco rossa appeso alla porta mi viene da pensare che tutto questo passi in secondo piano. Avrò tempo a sufficienza per riempire mia nipote di regali, amore, coccole e attenzioni, ma non farò in modo che Sabrina si senta mai esclusa. Lei, come genitrice di una bambina così speciale, ha bisogno del giusto riguardo, di essere venerata e aiutata.
Porto un pugno chiuso a battere contro l'infisso, bussando delicatamente.
"È permesso?" domando, a bassa voce, quasi come se non volessi intaccare la tranquillità e l'armonia che si respira nell'aria. I miei genitori così come quelli di Sabrina e suo fratello sono già qui e, quando metto piede nella stanza, tutti si voltano a guardarmi.
"Anita..." Sabrina ancora un po' frastornata dal parto ma allo stesso tempo con un'espressione serena e appagata in volto, incrocia il mio sguardo, dedicandomi un sorriso luminoso, mentre culla Agnese tra le sue braccia.
"Ho fatto prima che potevo" proferisco, giocherellando con le dita delle mani, muovendomi timidamente nella sua direzione. Mio fratello è accanto a lei, una mano sulla sua spalla, lo sguardo perso e emozionato, rivolto a sua moglie e sua figlia, insieme.
Quando arrivo al loro fianco e finalmente ho modo di scorgere mia nipote da vicino, tremo dall'emozione.
"È-è bellissima..." pronuncio ormai con le lacrime agli occhi.
Sabrina annuisce, accarezzando con le dita il piccolo nasino di sua figlia, ammirando rapita ogni suo gesto e movimento.
Nonostante Agnese non riesca a distinguere bene le nostre figure, sembra che si guardi intorno alla nostra ricerca, ascoltando le nostre voci. Quando punta i suoi occhioni scuri nella mia direzione, sorrido, colma di commozione.
Sabrina a quel punto si abbassa per posarle un bacio in fronte.
"Ecco, Agnese, ti presento la zia Anita..." le sussurra, dolcemente, porgendomi la bambina, affinché la prenda tra le mie braccia.
Lei non sembra protestare perché nonostante il distacco da sua madre appare tranquilla e lascia che la stringa al mio petto, dedicandomi un sorriso sdentato ma terribilmente dolce.
La osservo, a lungo, non capacitandomi di che dono prezioso io abbia tra le mie braccia. Agnese è così piccola e delicata, che vorrei tenerla stretta a me per tutta la vita. La somiglianza con mio fratello è tangibile; da lui ha ripreso gli occhioni scuri e già tanto espressivi.
Oh, Agnese, non vedo l'ora che i tuoi occhi possano ammirare tutto ciò che ti circonda, il mondo che ti aspetta...
Anche i suoi tratti sono quelli di Marco, come i capelli ancora radi ma scuri: è incredibile come ne sia la sua fotocopia. Le labbra invece sono di sua madre, ne riconosco la stessa forma a cuore di Sabrina, così come il naso, piccolo e a patata. Faccio alternare lo sguardo dai suoi genitori alla piccola, rendendomi conto che sia il risultato di una perfetta combinazione di loro due, dell'amore straordinario che provano l'uno verso l'altro.
"Ciao, Agnese..." le sussurro, allora abbassandomi per baciarle la fronte. Inspiro il suo profumo. C'è qualcosa di davvero tenero e delicato nel profumo dei neonati. Agnese sa di talco, di buono, sa di amore e famiglia.
"Io sono la zia Anita e, sai, adesso un po' le parole mi mancano, perché sono davvero emozionata all'idea di averti qui con me, con noi, a stringerti tra le mie braccia".
Rialzo lo sguardo per puntarlo sui nostri famigliari che assistono commossi alla scena. Mia madre segue i miei occhi, mentre annuisce con il capo, accoccolata al petto di mio padre.
Torno poi a dedicare attenzione alla piccola che tende le manine nella mia direzione, arricciando la boccuccia. Una lacrima sfugge al mio controllo, mentre le sorrido tra le lacrime.
Piccola e delicata creatura...
"Una cosa però te la posso dire. Io ti ho aspettata tanto, Agne, aspettavamo tutti che tu portassi una ventata di aria fresca nella nostra famiglia; sei il più bel regalo che i tuoi genitori potessero farmi. E ti dico che io per te ci sarò sempre, ti sarò accanto in qualsiasi momento. Ci sarò quando avrai bisogno della tua zia preferita. Scusa, Emanuele" mi interrompo, impacciata, voltando il mio sguardo verso il fratello di Sabrina che però non ne sembra infastidito, anzi mi sorride particolarmente divertito, invitandomi a continuare.
Così, mi schiarisco la voce che riconosco essere diventata un po' rauca dalla commozione e ritorno a parlare.
"Bene, Agnese, visto che lo zio Manu non ha nulla in contrario, continuo", le mie parole scatenano le risa general,i"ci sarò quando cercherai un rifugio dopo i rimproveri dei tuoi genitori"
"Su questo avrei da ridire" commenta Sabrina, scrutandomi fintamente minacciosa e alzando un dito nella mia direzione, puntandomelo contro.
"Ma solo per farti vedere le cose sotto un punto di vista diverso e comprendere che loro avessero ragione" mi difendo, angelica, aprendomi in una linguaccia.
"Ah, ecco, così va meglio" replica lei in un occhiolino che ci fa sorridere ancora una volta.
"E... ci sarò quando vorrai coinvolgermi nelle tue avventure e i tuoi giochi. Io sarò con te, e tornerò ancora un po' bambina".
La cullo tra le mie braccia, accarezzando il suo capo con dolcezza; Agnese a quel punto stringe un dito tra la sua manina. Sembra quasi che mi stia denso il consenso e il suo gesto mi riempie il cuore d'amore. Dicono che ci sia qualcosa di davvero unico nel rapporto che una zia instaura con il proprio nipote, adesso so di cosa parlano perché sento una connessione e un trasporto nascere nei confronti di questa bambina, così tale da non riuscire a staccarle gli occhi di dosso.
Allora mi abbasso per lasciarle un bacio tra i capelli, avvertendola sorridere sotto il tocco delle mie labbra sulla sua pelle.
"E vedi, il tuo sorriso, proprio come ora, sarà il più bel ringraziamento che io possa ricevere" le mormoro, piano, a bassa voce, come se fosse un segreto tra noi due.
Non mi è difficile comprendere di chi siano i passi che avverto dietro di me; sono frettolosi e malcelano la smania di lasciare la stanza.
Mi volto appena in tempo per osservare mio fratello raggiungere l'uscita.
A quel punto annuisco, comprensiva, e lascio che Sabrina ritorni a prendersi cura della sua bambina, riconsegnandola alle sue braccia materne. Sembra che Agnese si fosse abituata al mio tocco, perché soffoca un lamento, ma non appena riconosce la voce dolce e melodiosa di sua madre, prende a sonnecchiare sul suo petto.
Allora, sorridendo a entrambe e riempiendomi gli occhi della tenerezza che emanano, esco dalla stanza.

Mio fratello è fuori, appoggiato al muro, mentre si stropiccia gli occhi arrossati. Non mi è difficile capire che sia andato via per nascondere le sue lacrime e le sue fragilità.
Marco non si accorge subito della mia presenza, e approfitto del suo stato pensieroso, per coglierlo di sorpresa.
Così, trattenendo un risolino divertito, gli allaccio le braccia dietro al collo, appoggiando il capo contro la sua schiena. Lui, in un primo momento, sobbalza, colto alla sprovvista, ma l'attimo dopo si volta a scrutarmi, roteando gli occhi al cielo, nascondendo il suo divertimento, dietro un'occhiata fintamente infastidita.
"Lo sai che ci avrei scommesso saresti scoppiato a piangere come un bambino?"lo scimmiotto, palesandomi di fronte a lui e arricciando le labbra in un broncio.
Marco prende prontamente a nascondere le tracce di alcune lacrime ormai asciutte, come sentitosi sgamato, e si apre in una linguaccia.
"Ah-ah"replica in un ghigno irrisorio. "Quindi non sono solo io a scommettere su di te".
Scuoto il capo, sbuffando un sorriso, osservandolo inforcare le mani nelle tasche e rivolgere poi lo sguardo all'interno della stanza.
Mi ritrovo a guardarlo con una certa tenerezza, sciogliendomi davanti alla dolcezza che scaturiscono i suoi occhi.
"Agnese è bellissima, e ti assomiglia tantissimo" gli confesso, a bassa voce, dondolandomi sui talloni.
A quel punto, Marco torna a puntare la sua attenzione su di me, mettendo su un'espressione trionfa.
"Lo so" ammette, pavoneggiandosi.
Roteo gli occhi al cielo, avvicinandomi per colpirlo con un buffetto alla spalla.
"Sì, ma speriamo che il carattere lo abbia preso da Sabrina" gli faccio notare.
Lui soffoca un lamento, incontrando i miei occhi divertiti. "Cosa ha che non va il mio carattere?" mi fa notare, impettito, allargando le braccia in un gesto plateale.
Punto le mie mani sui fianchi, scrutandolo con un certo scetticismo.
"Devo seriamente mettermi a indicarti tutti i tuoi difetti?" lo prendo in giro, portandomi una mano al petto, con fare melodrammatico.
Marco ormai non trattiene più le risate. E mi rendo conto che, nonostante mi stia contenendo, sia anche io dilettata dalla situazione. "No, non mi sembra il caso" sciorina, scuotendo il capo. "Ma adesso vieni qui" aggiunge, indicandosi.
Spalanco le labbra, fingendomi allibita davanti alla sua richiesta. "Mi stai davvero chiedendo un abbraccio? Tu, il mio fratellone invincibile, che non vuole qualcuno lo veda piangere?"
Lui arriccia la bocca in un broncio, scrutandomi con un fare implorante.
E io non me lo faccio ripetere due volte, perché l'attimo dopo sono già tra le sue braccia a lasciarmi inondare dalla premurosità di Marco.
"Sono padre, Anita, sono padre. Non ci credo ancora" sussurra contro la mia spalla, lasciandomi palesare tutta la sua incredulità.
In risposta lo stringo più a me, sorridendo contro la sua maglietta.
"Sarai un papà meraviglioso, Marco" mormoro, rialzando il capo per incontrare i suoi occhi, ora lucidi, così simili ai miei.
Mio fratello non replica a parole, ma il suo sguardo è capace di dimostrarmi tutto quello che stia provando in questo momento, tutto quello è custodito nel suo cuore.
E io lo comprendo, forse oggi come non mai. Sabrina e Marco in questo giorno sono diventati genitori, con la nascita di Agnese sono nati una mamma e un papà; la vita da oggi, per loro, sarà diversa, avranno delle responsabilità nei confronti della loro piccola, e certo cambieranno le priorità, ma l'amore se è possibile si moltiplica. E, nonostante il viso stanco dopo le notti insonni, e i nuovi equilibri da stabilire, e le poppate, i pannolini, quando stringi quel piccolo fagottino tra le braccia, ti sembra tutto niente in confronto, perché è quello il dono più grande che hai ricevuto.

Quando guido verso casa di Luca è ormai calata la sera. Ci teneva particolarmente a raggiungermi in ospedale, ma mi ha riferito avesse avuto un imprevisto, senza darmi ulteriori spiegazioni. Forse avrei dotuto aspettare, è vero, eppure non ho resistito dopo quello che ci siamo detti. Voglio sentirmi dire ancora che vuole una famiglia con me e Lucia, che il suo posto è al nostro fianco, insieme. Desidero che mi dia concretezza, sperando che questo non sia solo il segno di un'illusione.
Così, quando arrivo sotto casa sua e il mio sguardo si posa sulle finestre del suo appartamento da cui emana una luce fioca, mi viene da pensare se lui ci sia.
Suono e però, quando è la voce di Luca a palesarsi dal citofono, non ho più dubbi.
Allora, con un pensiero in meno a gravitare sul mio cuore e sulla mia mente, attraverso il vialetto che conduce all'ingresso del condominio.
Salgo le scale animata dall'idea di vederlo da lì a poco, ma non appena sono sul pianerottolo, mi rendo conto che dall'appartamento provenga un certo frastuono che riconduco a un pianto stridulo abbinato a dei singhiozzi convulsi, e poi la voce di Luca, lontana e agitata. Corruccio la fronte, confusa, e suono al campanello, attendendo di sentire risuonare i suoi passi ma questo non accade.
Ritento e poco dopo avverto la voce del mio fidanzato farsi più vicina; un improvviso silenzio calato all'interno.
"Arrivo!" esclama e prima che me ne possa rendere conto è qui, davanti a me, sull'uscio di casa, con il volto stanco e la maglietta stropicciata.
Schiudo le labbra davanti alla sua vista, lasciando che i miei occhi percorrano la sua figura. Osservo la rassegnazione farsi spazio sulla sua faccia, come se qualcosa l'avesse prosciugato, portandolo all'estremo delle forze.
"Che sorpresa, Anita" proferisce lui, passandosi una mano tra i capelli, in imbarazzo. "Non ti aspettavo, ma sono felice tu sia qui...vieni, entra"
Però prima che lui possa continuare a parlare o io ad articolare una frase di senso compiuto ecco che individuo la testolina di Sofia sbucare da dietro le gambe di Luca e mi rendo conto da chi dipenda il turbamento del mio fidanzato.
"Zia Anitaaaa!" strepita, lanciando un gridolino eccitato e sorpreso, correndo verso di me per aggrapparsi al mio corpo.
"Ehi, piccola..."le sorrido, abbassandomi alla sua altezza e carezzandole il capo.
Rialzo lo sguardo per puntarlo su Luca, che adesso ci scruta dall'alto con un'espressione seriosa.
"Sofia" la richiama, modulando la voce in un rimprovero; le labbra piegate in una linea dura. "Pensavo stessi dormendo".
Lei si volta nella sua direzione, puntando i piedi a terra, imbronciata." No, non voglio dormire!" protesta, facendogli una linguaccia.
Luca trattiene un respiro esasperato, passandosi una mano sul viso spossato.
"Tesoro" esordisco, sporgendomi nella sua direzione e incrociando i suoi occhioni grandi e tristi. "Perché non vuoi fare la nanna?" le domando, con dolcezza.
Sofia mi dedica una lunga occhiata, arricciando le labbra in una smorfia; le manine che giocherellano con l'orlo della maglietta che indossa. "Perché voglio il mio papà!" si lamenta, prima di lasciarsi andare a un singhiozzo. Osservo spiazzata il suo piccolo corpo essere scosso dai singulti in preda a quello che diverrà da lì a poco un pianto a dirotto. Allora porgo una mano nella sua direzione, cercando di placare il suo stato d'animo agitato, ma prontamente la piccola ci sfugge, rientrando in casa, capricciosa.
Arcuo le labbra in una smorfia triste, scrutando Luca nascondere il viso tra le mani, estremamente combattuto.
"Luca..."mormoro, appoggiando una mano sulla sua spalla, come a volerlo confortare.
Lui rincontra i miei occhi e il suo sguardo sembra supplicarmi, chiedere il mio aiuto.
"Va avanti così da ore, non so più come calmarla, ti prego, fa qualcosa..."mi prega, giungendo le mani davanti a sé.
Acconsento con il capo, accarezzandogli teneramente una guancia. "Ci penso io" lo rassicuro, accennando un sorriso di incoraggiamento. Poi mi metto alla ricerca di Sofia.

Come sospettavo, la piccola si è rintanata nella sua stanza ed è lì che la trovo, distesa in posizione fetale sul suo letto, le mani giunte sotto il capo, il labbro che le tremola e alcune ciocche di capelli che, scompigliate, le coprono il viso.
L'ultima volta che sono entrata in questa stanza è stato al compleanno di Luca e al ricordo del nostro bacio, qui, custodito tra queste quattro mura e in un posto recondito del mio cuore, sussulto.
"Sofi..."sussurro, muovendomi a piccoli passi verso di lei.
Lei rialza lo sguardo, puntando i suoi occhi lucidi nei miei, prima di voltarsi repentinamente per darmi le spalle.
Ma non mi perdo d'animo e mi siedo accanto a lei, accarezzando le pieghe del lenzuolo.
"Ti va se ti racconto una storia?" le domando, sporgendomi verso di lei, speranzosa.
La piccola corruccia la fronte, scrutandomi a lungo prima di ribattere.
"No!" replica poi, immusonita. "Voglio il mio papaaà!" cantilena, mordendosi il labbro.
Mentre lo osservo mi rendo conto che dietro i suoi capricci si nasconda un forte malessere interiore. E mi viene da pensare che la figura di suo padre sia davvero a me sconosciuta; non l'ho mai visto quando se n'è presentata l'occasione e non mi pare che Sofi l'abbia spesso nominato. Quindi, cosa si cela dietro la sua urgenza di averlo accanto a sé?
"Va bene" ammetto, traendo un sospiro. "Ma io intanto la storia te la racconto lo stesso" aggiungo, senza mostrarmi arrendevole.
Sofia non si lascia scalfire dalle mie parole così porta le braccia al petto con un fare sostenuto.
Vorrei sorridere davanti alla sua espressione che ha un non so che di buffo, ma risulterebbe inappropriato, quindi ritorno a parlare.
"Allora, c'era una volta una principessa...mmh, vediamo, come possiamo chiamarla?" mi interrompo, pensierosa, cercando il suo sguardo per spronarla ad aiutarmi.
E proprio come mi aspettavo, timidamente, Sofia comincia a sgusciare fuori dal mutismo che si è imposta.
"Anita..."mormora, a bassa voce.
"Dimmi, tesoro"la esorto, aggiustandole i capelli dietro le orecchie.
Lei si porta un ditino alle labbra, mordicchiando un'unghia. "Possiamo chiamarla Anita"propone.
Le sorrido con dolcezza. "La principessa Anita" ripeto, modulando le sue parole, rendendomi conto che mi provochino un certo calore al cuore. "Suona bene" aggiungo, facendole un occhiolino.
"Sì, sì!" trilla lei, battendo le mani. "Continua, Anita, continua!"
"Bene" riprendo, sentendomi soddisfatta di averla coinvolta nella mia iniziativa. "C'era una volta la principessa Anita, e lei viveva in un bellissimo castello, in un regno magico, oserei direi quasi incantato. Nonostante Anita avesse una vita perfetta, sai, si sentiva un po' sola, costretta sempre in quelle quattro mura. Fin quando un giorno, un evento inaspettato non sconvolge la sua quotidianità: la principessa conosce..." mi interrompo, simulando una certa suspence.
"Il principe Luca!" suggerisce Sofia, eccitata.
Le accarezzo il capo, annuendo, mentre lei arriccia le labbra in un sorriso. "Il principe Luca, sì! E la principessa Anita ne rimane subito affascinata, ma devi sapere che il nostro principe non è un tipo facile. All'apparenza si presenta come un tipo burbero e un po' serioso, sembra che nulla sia in grado di scalfire quel suo caratteraccio..."
La piccola si porta una manina alla bocca, reprimendo un risolino divertito, prima che però dalle sue labbra si propaghi un sonoro sbadiglio.
"Eppure, la principessa Anita comprende che dietro di esso si nasconda un uomo dolce, dal cuore grande...basta solo conoscerlo meglio" pronuncio, sciogliendomi in un sorriso.
Sofia fa e su e giù con il capo, concorde con me. "E poi come continua? Il principe e la principessa vissero felici e contenti?" mi domanda curiosa, stropicciandosi un occhio.
Mi alzo, rimettendomi in piedi, esortandola a mettersi sotto le lenzuola.
"Facciamo che questo te lo racconto un'altra volta, ok? Adesso sei molto stanca ed è ora di fare la nanna" le faccio notare.
La bambina però non fa più storie e mentre le rimbocco le coperte, abbassandomi per baciarle la fronte, mi rendo conto che si arrenda presto alle braccia di Morfeo, appisolandosi, con le labbra piegate in un broncio infantile, ma l'espressione serena, tenera e dolce come solo lei sa essere.
"Dormi bene, piccolina" mormoro a bassa voce, prima di voltarmi.
Spengo l'abatjour da cui si diffondeva una fioca luce e mi richiudo la porta alle spalle, muovendomi in modo silenzioso, pur di non svegliarla.

Non appena sono fuori, mi rendo conto che Luca mi stia venendo incontro, per accertarsi della situazione.
"Shh" gli faccio presente, portandomi un dito alle labbra. "Si è addormentata".
Lui sorride, dimostrandosi esterrefatto davanti alle mie parole. "Ma, ma come ci sei riuscita?" mi chiede, non riuscendo a capacitarsene.
"Oh, beh..."mi fingo vaga, giocherellando con le dita."È bastato raccontarle una storia".
"Una storia, eh?" domanda lui, sbuffando un riso e avvicinandosi per circondare il mio viso tra le sue mani calde.
"Mmh-mmh" annuisco, appoggiando le mie mani sulle sue e sporgendomi verso di lui.
"Grazie..."mi sussurra, accarezzandomi le guance con dolcezza. "Non so come avrei fatto se non ci fossi stata tu".
"Non ho fatto niente di che, anzi è stato più facile di quello che pensassi" ammetto, appoggiando la mia fronte alla sua. Mi alzo poi sulle punte, posando le mie labbra sulle sue. Apprezzo il modo in cui Luca ricambi, baciandomi, piano, con dolcezza, quasi a volermene chiedere il permesso, quando sono stata io a spingermi verso di lui.
"Dio, Anita, tu sei meravigliosa"sussurra, ancora sulla mia bocca, facendomi sciogliere in un sorriso timido che malcela il mio imbarazzo davanti alle sue parole.
Accarezzo il suo viso, e poi giù a percorrere la linea del suo collo, senza lasciare andare i suoi occhi, rapita dal suo sguardo. A quel punto, Luca afferra una mia mano, stringendola delicatamente con la sua e conducendomi verso il salotto.
Qui, prende posto sul divano in pelle posto al centro della stanza, aiutandomi a sistemarmi sulle sue gambe. Mi accocolo al suo petto, allacciandogli le braccia attorno al collo mentre ce ne rimaniamo così, assaporando il silenzio conquistato, intervallato dai nostri respiri e i battiti dei cuori. Poi, poco dopo, quando mi rendo conto che potrei rimanere in questa posizione per sempre, con Luca che mi tiene stretta a sé, facendo scorrere delicatamente le sue dita lungo la mia coscia, proprio lui soffoca uno sbadiglio, portandomi a rivolgergli la mia attenzione.
Rialzo allora lo sguardo, sporgendomi verso di lui.
"Sei stanco?" gli domando, accarezzandogli il viso, con tenerezza.
Lui accenna un sorriso lieve. "Sofia mi ha dato del filo da torcere" ridacchia, piegando poi le labbra in una smorfia.
Torno a stringermi a lui, accarezzando il suo petto attraverso il tessuto della maglietta. "Non l'ho mai vista così agitata" gli confesso, distogliendo gli occhi, pensierosa.
Luca annuisce, serrando le labbra in una linea dura. "I genitori di Sofia si stanno separando" proferisce, serioso.
"Oh..."mi porto una mano alla bocca, dispiaciuta. "Scusa Luca, io non lo sapevo" ammetto, preoccupata davanti all'evenienza di essere risultata invadente.
Lui mi accarezza il capo, prendendo a giocherellare con una ciocca dei miei capelli. "Sta' tranquilla, è tutto ok" mi rassicura, prima di riprendere il discorso.
"È una situazione che va avanti da quasi un annetto ormai e, nonostante Sofia sia molto piccola, non ha mai dimostrato un grande disagio di fronte a questo squilibrio creatosi. Credo perché in fondo Eleonora e suo marito sono stati bravi nel farle comprendere che, sebbene non stiano più insieme, il suo amore per lei rimarrà immutato". Lo ascolto attentamente, rendendomi conto che lo sguardo di Luca sia lontano, distante.
"Io non mi permetto di immischiarmi nella loro vita di coppia, perché può capitare che dopo essersi amati, non si vada più d'accordo, che si decida di lasciarsi. Non mi interessa sapere perché, di chi sia la colpa, ho solo bisogno di vedere mia nipote Sofia stare bene, essere felice"
Seguo il suo discorso, in silenzio, annuendo successivamente alle sue parole.
"È anche per questo che sei tornato, vero? Perché volevi stare accanto a tua sorella e Sofia?" gli domando.
Luca acconsente con il capo, traendo un respiro prima di ricominciare a parlare. "Già, i primi tempi le cose sembravano andare davvero bene. Andrea, il papà di Sofia, continuava a vederla con assiduità, a essere presente in modo costante nella sua vita, nonostante non vivesse più in casa con loro, però negli ultimi mesi qualcosa è cambiato. I momenti da dedicare a sua figlia si sono ridotti al minimo, dice che è troppo preso dal lavoro per occuparsene, comincia a telefonare molto più sporadicamente e nega a Sofia le attenzioni di cui lei necessita. Oggi, per esempio, Eleonora è fuori per lavoro e tornerà solo domani mattina e gli aveva chiesto di andare a prenderla a scuola, in modo tale che potessero passare del tempo insieme e la piccola dormisse da lui" mi rendo conto che la voce di Luca si sia fatta più grave, quasi rabbiosa.
"E lui sai che ha fatto?" mi chiede, retoricamente.
Lo scruto senza ben capire, preoccupata dalla piega che abbia potuto prendere la situazione.
"Non si è presentato!" ammette, schiudendo le labbra allibito. "Si è reso irreperibile al cellulare e mia sorella mi ha chiamato disperata, chiedendomi di andare a riprendere Sofi a scuola. E lei, da quando l'ho riportata a casa, non ha fatto altro che piangere disperata, chiedendomi del suo papà!"
"Oh, Luca..." sussurro, senza riuscire a trovare le parole giuste da dire, se mai ci siano. In situazioni così delicate, è difficile cercare qualcosa che non risulti inappropriato. Cerco di comprendere cosa spinga Andrea a comportarsi così, nonostante rimanga per me un estraneo, mi rendo conto che, spesso, diventare padre non equivalga all'essere papà. Qualunque uomo può divenire padre poiché responsabile del concepimento di un bambino ma, purtroppo, non tutti sono in grado di essere papà e assumersi le responsabilità che questo ruolo comporta. Una condizione che, ahimé, è a discapito dei figli i quali si ritrovano a dover affrontare un vuoto emotivo dato dall'assenza e dalla mancanza di affetto del proprio genitore. Mi viene poi da pensare, invece, a Eleonora e a tutto quello che si porta dentro, un matrimonio naufragato alle spalle, una bambina da crescere da sola, ma alla grande tenacia che dimostra e a come non abbia lasciato trasparire mai nulla di quello che stesse affrontando.
"Perché ha cominciato a comportarsi così, secondo te?" gli chiedo, confusa.
Luca fa una smorfia con le labbra prima di negare con il capo. "Non lo so, Eleonora sospetta che ci sia qualcun'altro nella sua vita, qualcun'altro che a quanto pare venga prima di sua figlia" sentenzia in disappunto.
Prima che però possa replicargli, lui riprende a parlare. Riconosco dal suo tono, dal modo in cui gesticoli, che questa situazione gli provochi un grosso nervosismo.
"Sai cos'è non capisco? Come si possa mettere da parte così un figlio. Se io fossi padre, il benessere del mio bambino verrebbe prima di tutto. Proprio per questo farò in modo che a Sofia non manchi nulla, farò di tutto pur di sopperire all'assenza di suo padre" mi confessa, rendendo la sua voce fioca, ma animato da una grossa motivazione. E le sue parole mi fanno pensare a che persona meravigliosa sia Luca: il modo in cui si prodiga per aiutare la sua famiglia, infatti, è ammirevole.
Mi alzo dalla mia posizione, finendo a cavalcioni su di lui e circondando il suo viso tra le mie mani. Luca incontra il mio sguardo, facendomi vacillare con i suoi occhi tristi.
"Tu sei fantastico, Luca, e se fossi padre, so che saresti attento e amorevole. Non ho dubbi su questo" mormoro a un palmo dal suo viso, mostrandogli come lo veda io con i miei occhi.
"Scusami" ammette lui, sostenendomi tra le sue braccia, mentre avverto le sue dita solleticarmi i fianchi. "Non volevo rattristarti con le nostre questioni familiari".
"Non lo devi nemmeno dire" lo contraddico, lasciando scontrare la mia fronte con la sua. "Anzi, sono felice che tu me lo abbia raccontato."
Lui annuisce, stringendomi più a sé e facendo collidere il suo corpo con il mio, portandoci in balia di un preliminare capace di mozzarmi il fiato.
"Luca..."gli sussurro, lasciandogli un bacio all'angolo della bocca. "Riguardo a quello che mi hai detto, oggi, a casa mia.."
"Sì?" domanda lui, sporgendosi verso di me per cercare le mie labbra, ma gli sfuggo, dispettosa.
"Lo penso anche io" gli confesso, accennando un sorriso, "penso anche io che il posto di Lucia sia con te e me, con noi, insieme".
Luca ricambia il mio sorriso, dedicandomi un'espressione luminosa. C'è qualcosa nel suo modo di guardarmi, un misto tra dolcezza e commozione, capace di farmi battere il cuore, forte, incessantemente. Poi prima che me ne possa solo rendere conto, le mie labbra sono lambite dalle sue. E io accolgo questo bacio, socchiudendo gli occhi sotto il suo tocco e lasciandomi trasportare in balia delle emozioni. Mi ritrovo a pensare che ci sia qualcosa di davvero romantico nel modo in cui le nostre bocche si sfiorino, al modo in cui giochiamo a ritrarci e baciarci, ancora, divertiti.
Insinuo le mani tra i suoi capelli, scompigliandogli leggermente e incrocio il suo sguardo; il respiro affannoso ancora, ma l'urgenza di appianare qualsiasi mio dubbio, prima che il sentimento mi porti via la ragione.
"Luca, so che quella che abbiamo preso non è una scelta semplice, ma io devo essere sicura che sia davvero quello che tu vuoi, perché io..."
Lui mi interrompe, prendendo le mie mani tra le sue, e portandomi ad abbassare gli occhi alle nostre dita che giocherellano. Gli sorrido.
"Una famiglia con te e Lucia, è questo quello che voglio..."mi sussurra, poi, all'orecchio, e io mi sento attraversare la schiena da milli brividi al suono della sua voce, roca e sensuale.
Il mio sorriso accresce e cingendogli il viso tra le mani, questa volta sono io a baciarlo. Lo bacio perché sono così felice, che non sono sicura riuscirei a dimostrargli a parole cosa provi. Lo bacio, nascondendogli la vista dei miei occhi lucidi e Luca mi lascia libera di condurci in balia di una passione che adesso ci è difficile trattenere. La dolcezza e il romanticismo di poco prima hanno lasciato spazio, infatti, all'istinto.
E ci sono mani che si sfiorano, che accarezzano, corpi che reclamano un contatto, e labbra, labbra che si lambiscono insaziabili.
"Oh. Mio.Dio!"
Sia io che Luca ci voltiamo spaventati, ricomponendoci, come se fossimo stati colti in flagrante. Osserviamo Vanessa stanziarsi sulla soglia della stanza; gli occhi coperti con una mano e l'imbarazzo di trovarsi in questa situazione stampato in volto.
Quando mi accorgo della sua presenza, mi ricordo che lei viva qui, in questa casa, e lo ammetto, nonostante sappia che lei non rappresenti un problema per me, per noi, avverto un filo di gelosia insinuarsi nella mia mente.
Luca ritrae le mani che aveva insinuato sotto la mia maglietta, ma senza lasciarmi andare, facendo in modo che io rimanga aggrappata a lui, e mette su un sorriso tirato.
"Non sapevo fossi sveglia" le fa presente in tono interrogatorio.
"Oh..."Vanessa rilascia un sospiro, portandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie. "Non riesco a dormire molto, in realtà. Fagiolino stasera sta facendo un po' il ballerino" ammette, ridacchiando e indicandosi la pancia, accarezzandola poi con fare protettivo.
Poi fa vagare lo sguardo, curiosamente, lungo la stanza, come se fosse alla ricerca di qualcosa, prima di ripuntare i suoi occhi chiari su di noi. "La cucciola si è calmata?" domanda, riferendosi a Sofia.
Luca annuisce, dedicandomi un'occhiata colma di gratitudine."Merito di Anita".
Lei ci sorride, impacciata. "Beh, io vado a prendere un bicchiere d'acqua, prima di tornare in camera, scusate ancora" proferisce, defilandosi in fretta, con lo sguardo basso.
Io e Luca ci scrutiamo complici, trattenendo una risata. Prima di quanto pensassimo, però, Vanessa fa ritorno, con un bicchiere di acqua tra le mani che alza nella nostra direzione, indicandolo con la mano libera.
"Ehm, ecco fatto, io torno a dormire. Ma voi tranquilli, eh, tornate pure a fare quello che stavate facendo" ci prende in giro, sorridendo maliziosa, prima di allontanarsi ridendo, divertita.
Mi copro il viso con le mani, nascondendomi nell'incavo del collo del mio fidanzato, che sghignazza, dilettato dalla situazione.
"Allora, dove eravamo rimasti?" mormora, poi, strofinando il naso contro la mia pelle.
"Non lo so" gli replico, sottraendomi ingenua al suo tocco.
Così lui si alza, trattenendomi a sé, tra le sue braccia, mentre soffoco un gridolino sorpreso, e lascia che ci facciamo spazio verso la sua stanza, lontani da sguardi indiscreti e interruzioni.
"Credo che ci sia bisogno che ti rinfreschi un po' la memoria, a questo punto" mi fa notare, sorridendomi in quel suo modo suadente, mentre gli allaccio le mani al collo per sostenermi, con gli occhi che lo scrutano senza volerlo lasciare andare.
"Penso proprio di sì"gli sussurro, sulle labbra, mentre Luca richiude la porta della sua camera alle nostre spalle.

Improvvisamente mi viene da pensare a come mesi addietro aspirassi ad avere una famiglia tutta mia, nostra, e, adesso che questo desiderio pare sia vicino nel concretizzarsi, mi sento immensamente fortunata.


ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti, come state? Spero il ritorno alla quotidianità non sia stato per voi troppo traumatico. Ma, tornando a noi, finalmente questo  capitolo vede la luce del sole, ahahah, e lo so, che ormai i miei tempi di aggiornamento si sono allungati, però, comprendetemi, siamo davvero agli sgoccioli e ho bisogno di tempo per raccogliere le idee, nonostante tutto sia già nella mia mente. Comunque, non vi nascondo di essermi emozionata mentre lo scrivevo, soprattutto la prima parte, con la nascita della piccola Agnese <3 Ditemi, lei e Anita non sono dolcissime? *-*
Per non parlare di lei e Marco: sono sicura che, se avessi un fratello, lo vorrei proprio come lui :)
Ma passiamo a Luca e Anita, io trovo sempre di più che si completino a vicenda, e a voi piace questa intesa di coppia che hanno raggiunto?
Piccola parentesi sulla piccola Sofia che in questo capitolo ha avuto uno spazio tutto suo. Ci ho tenuto particolarmente a introdurre un argomento tanto ostico, quello della separazione, mettendo in contrapposizione da una parte una famiglia che nasce a un'altra invece che, purtroppo si divide. Non voglio entrare nel fondo della questione, perché credo che ogni situazione sia a sé, ma è sicuro che a rimetterci di più siano i figli. Voi cosa ne pensate? Mi piacerebbe conoscere anche il vostro punto di vista :)
Prima che, però, il mio angolino diventi più lungo del capitolo stesso, vi saluto, aspettando con ansia i vostri commenti. Un grazie a chi continua a seguire con assiduità la mia storia, a chi l'ha aggiunta nelle sue liste e a chi commenta. Davvero GRAZIE.
Vi ricordo poi di seguirmi se volete e se siete anche lì, su wattpad, dove mi trovate con questo nickname: Ros-18

Ciaooo, alla prossima! Un abbraccio <3

  
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