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Autore: realshaka    23/09/2019    2 recensioni
Un incontro imprevisto, due risate, una stretta di mano, il dardo di Eros. Milo sarà costretto a cambiare i piani per le proprie vacanze per cercare di sfruttare al meglio i pochi giorni che ha a disposizione e conquistare il cuore del bellissimo e francesissimo Camus.
Tempo totale per la lettura: 1h45-2h (circa mezz'ora per capitolo)
Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Natassia, Scorpion Milo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Heroes

Ringrazio Caramell_ per avermi ispirato a scrivere con la sua storia "Cuori chimici".




I. Donnerstag
 

Milo non apprezza particolarmente gli aeroporti. Anzi, in verità li odia. Se non amasse così tanto viaggiare, ripete sempre, farebbe volentieri a meno di metterci piede.

C'è troppa confusione persino per i suoi gusti, fa fatica ad orientarsi perché tipicamente se deve raggiungere il gate 28 li trova solo fino al 27 da un lato e a partire dal 29 dall'altro. Una volta, a Barajas, ha quasi perso il volo per via di uno scherzo simile. Beh, anche perché lì spostarsi da un terminal all'altro è una maratona che Filippide può solo accompagnare.

Ma è finita qui? No, certo che no!

I suoi si aspettano sempre che torni a casa con qualche ricordo, lui puntualmente se ne dimentica fino al momento esatto in cui passa il controllo di sicurezza ed è costretto a dilapidare un patrimonio nei negozi di souvenir dell'aeroporto. Chissà come mai i prezzi sembrano sempre triplicati rispetto a quelli che si trovano in città, ai limiti del furto. Così, all'inizio di ogni suo viaggio in Europa - per allontanarsi un po' di più sta ancora mettendo da parte qualche soldo - si ripropone invano di fare incetta di cianfrusaglie inutili per tempo. 

Ora infatti, mentre aspetta il suo bagaglio, si sta già domandando cosa comprare nella capitale tedesca. Birra? Un sacco di patate? Di crauti? No, dai: vuole restare, se non nel reale, quantomeno nel verosimile. Potrebbe prendere un paio di calamite - belle però, non come le solite che trova dieci minuti prima di partire - e una t-shirt di hard rock per se stesso. Ha sentito che si trova dalle parti dello zoo e spera vivamente di riuscire a farci un salto.

Guarda impaziente il nastro trasportatore constatando che tutti gli altri passeggeri hanno già le mani occupate, mentre lui non ha ancora ricevuto il proprio trolley nero con il fermaglio a forma di scorpione.

Non gliel'avranno persa di nuovo, spera. È già capitato una volta e ricorda di aver pianto come un bambino per una settimana, perché in fondo vi era fin troppo affezionato. Trovarne una uguale poi era stata una fatica erculea, e pagarla ancora peggio. 

Fortunatamente stavolta il fato è più propizio e la valigia, seppur per ultima, sbuca fuori dal vano, scivola sui rulli e raggiunge il legittimo proprietario. La solleva e la abbraccia come se fosse il suo figliol prodigo: finalmente può incamminarsi verso l'uscita. 

I cartelli e le scritte per indicare l'uscita sono per ovvie ragioni in lingua tedesca e il giovane a stento riesce a non scoppiare a ridere come un idiota. Ormai, con tutto il viaggiare che ha fatto, è abituato all'alfabeto latino e lo riesce a decifrare ad una velocità non molto lontana da quella con cui legge in greco, ma vedere così tante lettere in una singola parola è quantomeno bizzarro.

Sa ben poco di tedesco, in effetti. Ricorda di essere stato in Germania in una sola occasione prima d'ora: all'Oktoberfest di Monaco; cioè, ricorda è un parolone visti i litri di birra che si è cacciato giù. Però, no, non ha imparato neanche una parola nella lingua locale.

Menomale che con l'inglese è messo bene, almeno. A scuola gli è stato insegnato malissimo, ma il suo spirito irrequieto gli ha imposto di impararselo da solo pur di poter vagabondare per il Vecchio Continente e, un domani, per l'intero globo. Quando incontra turisti britannici, americani o da qualsiasi altro Paese anglofono, ama ascoltare le loro conversazioni - nel primo caso, spesso il tema è il meteo - senza che se ne accorgano. Se invece ciò accade può sempre rispondere loro in greco e far finta di non aver capito nulla.

Di solito questo però non succede perché Milo, anche se a prima vista non lo direbbe proprio nessuno, sa essere piuttosto discreto.

Proprio mentre si appoggia al corrimano del tapis roulant nota che il ragazzo e la ragazza che ha davanti stanno discutendo di come arrivare alla stazione della metropolitana. Lei, bionda e dalla carnagione chiara, ha lo stesso accento di Vladimir Putin. Lui, rosso, alto e di una bellezza più divina che umana, è così francese che gli manca solo una baguette sottobraccio. Saranno una coppia?

Milo decide di seguirli un po' per scoprirlo, ma soprattutto perché non ha voglia di cercare l'autobus che si è segnato di prendere, e tutti sanno che raggiungendo alla metropolitana si arriva ovunque.

«Alla fine ti sei addormentata in aereo e non hai finito di raccontarmi cos'è successo alla festa da Hilda ieri sera dopo che me ne sono andato» commenta ad un certo punto il francese rivolgendosi alla compagna; santo cielo, sentirlo parlare è afrodisiaco!

«Giusto, scusami, praticamente stanotte non ho chiuso occhio» risponde lei divertita «Comunque nulla di che, mi ha detto di mandarle una cartolina e che le sarei mancata.»

«E Sigfried?»

«Ah, no, lui era già ubriaco prima che andassi via tu, non ti ricordi?»

«Sì, hai ragione...» ride il ragazzo «Quindi non ti ha ancora confessato i suoi sentimenti?»

Wow, questa sì che è una buona notizia, riflette colui che a ragion veduta si può momentaneamente definire il loro stalker. Se c'è un tale Sigfried di mezzo è plausibile che tra i due non ci sia alcuna scintilla.

«Scherzi, vero? Quello non si sveglierà mai, è dal tuo compleanno che non fa nulla: il sette febbraio, ti rendi conto?! Se me ne fregasse qualcosa dovrei prendere io l'iniziativa o aspettare il giorno del Giudizio.»

«Come sei melodrammatica...»

«Ma è la verità, Cam, però sai chi ci ha provato con me piuttosto?»

Il francese - Cam - scuote la testa per rispondere che, no, non ne ha idea.

«Aiolos, il suo amico greco che seguiva il corso di letteratura classica con noi! E poi, insomma, sai...»

«No, ti prego!» scoppia a ridere lui «I greci sono così strani...»

Il cuore di Milo sussulta, sente quelle parole colpire e ferire il proprio spirito patriottico. Nondimeno il sapere che a pronunciarle è stato un bel ragazzo con un fondoschiena da favola non fa che amplificare il dolore.

Porta una mano sul petto, fa segno di no e sospira. Gli altri due si accorgono finalmente della sua presenza e si girano verso di lui mostrando facce perplesse.

«Ξέρετε ότι είστε πραγματικά χαριτωμένος;» domanda il giovane greco a Cam.

Il francese non capisce mezza parola, ma si rende conto di aver appena insultato il popolo ellenico davanti ad un suo componente. Per spiegarlo in modo più tecnico, prende coscienza dell'enorme figura di merda che ha appena fatto. Le sue gote si colorano di rosso come i suoi capelli.

«Significa dunque non ti piacciono i greci, amico?» continua per confermargli che, sì, ha effettivamente fatto una figuraccia colossale.

«N-non intendevo...» farfuglia Cam imbarazzato «Scusami, io... Cioè...»

La sua compagna di viaggio non sa se intervenire in suo soccorso o puntargli un dito contro, intonare un ha-ha! degno di Nelson de I Simpson e sbellicarsi dalle risate. Il buonsenso le suggerisce suo malgrado di optare per la prima possibilità.

«Perdonalo, sai come sono i francesi» improvvisa «Quando è arrivato in Russia pensava che fossimo tutti cacciatori di orsi e che al posto dell'acqua dai lavandini uscisse Vodka.»

Il rosso la fulmina con lo sguardo e, dannazione, è così carino nel farlo! Milo ha un debole sia per i francesi sia per i rossi - da quando? Beh, da ora! - ed è la tipica persona che si innamora alla stessa velocità con cui manda giù drink il sabato sera. Accipicchia.

«Perché, non è così?» osserva con ironia.

«No!» replica la ragazza «Abbiamo anche gli hacker.»

Ridono tutti e tre di gusto, anche se il francese non abbandona del tutto l'espressione di imbarazzo e sembra palesemente che si voglia sotterrare.

«Mi stai simpatica, zarina» commenta porgendole la mano «Milo, molto piacere!»

«Anche tu» risponde lei stringendogliela «Natassia, piacere mio.»

«E il tuo ragazzo ellenofobico che ora non dice più una parola?»

«Oh, no, no» rispondono Cam e Natassia all'unisono «Noi non stiamo insieme, siamo solo migliori amici.»

Eureka! Finalmente la conferma definitiva: quei due non sono una coppia. Decisamente una buona, un'ottima notizia.

«E io non sono ellenofobico o come si dice, scusami per poco fa, Milo.»

«Ti scuso solo se mi dici il tuo nome» sospira il greco tendendo la destra stavolta al rosso e compiacendosi con sé stesso per la propria diabolica inventiva.

«Camus, piacere.»

Il tono francesissimo con cui Camus mette l'accento sulla u, le sue guance che pian piano tornano al loro candido colore naturale, il tocco magico delle sue dita in quella stretta di mano che Milo giura essere la più bella che abbia mai dato. Piacere tutto mio pensa il ragazzo davanti a quello splendore.

«Enchanté!» prova a rispondere imitando l'accento della sua nuova musa con un risultato a dir poco obbrobrioso.

Natassia scuote la testa, il francese solleva gli angoli della bocca, forse per compassione. Già stracotto di lui da oramai un abbondante minuto e mezzo, Milo alla vista di quel sorriso è sicuro di aver incontrato l'uomo dei propri sogni. Gli aeroporti, alla fin fine, non sono così terribili.

 

Fuori dal terminal c'è una confusione assurda: è difficile persino credere di trovarsi in Germania. Una coda infinita di taxi, auto private e navette varie. Per non parlare della miriade di autobus gialli che repentinamente accostano, aprono le porte per scaricare orde di passeggeri in partenza e riempirsi di nuovo fino quasi a scoppiare prima di ripartire senza perdere mezzo secondo ad aspettare i ritardatari.

Milo sa - non ufficialmente, s'intende - che Camus e Natassia sono diretti alla metro e che quindi sono degli ottimi candidati al ruolo di stella cometa per raggiungere il centro della città. 

«Quale prendete voi, ragazzi?» domanda ostentando una falsa noncuranza.

«X9» risponde sicuro il francese «Ci porta alla stazione della U-Bahn. Tu?»

«Ma dai, davvero? Anche a me conviene prendere la metropolitana, in effetti: devo raggiungere la stazione centrale.»

«Saremo compagni di viaggio per un po' allora» interviene la ragazza compiaciuta «Il nostro albergo è da quelle parti.»

Ma che splendida, meravigliosa, divina notizia! 

L'intero viaggio per l'hotel in compagnia di Cam-uomo-perfetto è la cosa più bella che ora Milo riesca ad immaginare. A quanto pare sa persino orientarsi sui mezzi di trasporto berlinesi con una sicurezza di sé che non ci si aspetterebbe nemmeno da un abitante del posto, dev'essere proprio arrivato da un altro mondo! Sia chiaro, il greco è contento anche di aver conosciuto una ragazza simpatica come Natassia - e probabilmente anche molto carina, ma solo per chi è attratto dal genere femminile. 

Un momento. E se poi si trovassero tutti nello stesso albergo? Magari pure vicini di stanza? Certo, Milo il francese vorrebbe portarlo nella propria!

Il suo fantasticare viene brutalmente interrotto dall'arrivo del famoso X9, su cui i ragazzi salgono praticamente soli. Dove debba andare tutta l'altra gente a questo punto è un mistero considerando che possono fare a meno di prendere la linea che, a detta di Camus, porta alla stazione della metro più vicina all'aeroporto. Poco importa perché, superato l'ingorgo all'uscita di Tegel, raggiungono Jakob-Kaiser-Platz nel giro di pochi minuti e ben presto sono sulla banchina della stazione sotterranea in attesa del treno.

«Se dormiamo nella stessa zona, potremmo uscire a bere qualcosa insieme una volta» prova a proporre Milo mentre la sua nuova fiamma studia attentamente la mappa del trasporto urbano.

«Certo» sorride Natassia.

No, no, no, piano. L'invito è rivolto o a Cam o a entrambi, costei rischia di fraintendere! Il ragazzo pensa bene di correre ai ripari prima che sia troppo tardi.

«Ad esempio, uhm, oggi pomeriggio voi due avete già programmi?»

«Volevamo andare a vedere i resti del muro» risponde il rosso più irresistibile di tutti i tempi.

«Ah, uello è un must!» inizia Milo «Ma cosa ne dite di rimandare a domani per avere più tempo, e oggi sorseggiare un drink in mia compagnia per poi perderci nelle vie di Berlino camminando lungo il fiume e ovunque ci porti il vento?»

Cam ride, Natassia pure e parallelamente il treno della U7 fa capolino dal tunnel.

Milo afferra il proprio bagaglio per prepararsi a salire. In quella nota che le loro valigie sono ben più grandi della sua e si maledice per non essersi offerto di aiutarli sulle scale.

«Scusami, Milo» riflette ad alta voce la ragazza «Perché anziché cambiare i nostri piani non ti unisci a noi? Ti divertirai di più che a gironzolare da solo, no?»

«Sarebbe un vero piacere...»

Il greco si morde il labbro e sorride all'idea di diventare, di punto in bianco, il nuovo compagno di viaggio di Camus: tanto tempo insieme vuol dire tante occasioni per arrivare a conoscerlo meglio

È un tipo di poche parole, un po' timido, cioè l'antitesi di Milo per definizione. Tuttavia quando Eros - Cupido per gli eretici che prediligono la mitologia romana a quella ellenica - scocca la sua freccia, c'è poco da fare; il ragazzo conosce così bene l'argomento che potrebbe scriverci una pagina su Wikipedia. 

La prima regola fondamentale è che al colpo di fulmine non frega assolutamente un fico secco che le persone coinvolte siano simili oppure no: in un caso varrà il detto gli opposti si attraggono, nell'altro il siete proprio fatti l'uno per l'altro. La seconda è che nel novantanove percento dei casi l'amore non sarà corrisposto, ma per ora è meglio non pensarci troppo e dare per scontato che il bel francesino sia single, interessato agli uomini e nello specifico - questo è senz'altro il punto più importante - ad un giovane e carismatico ventiduenne greco dai capelli color miele.

Natassia, d'altra parte, è Milo con il genere cambiato. Dà incessantemente aria alla bocca, commenta, ride di ogni cosa e cambia argomento una scioltezza incredibile. Nel viaggio Tegel-centro città Milo apprende che il nome tedesco impronunciabile dell'albergo di loro differisce dal suo per qualche gruppo di consonanti e un paio di isolati, ma la ragazza riesce anche a parlare della sua famiglia a San Pietroburgo, del suo cucciolo, Fenrir, e dei problemi di cuore della sua migliore amica Hilda, ripetutamente tradita dal fidanzato a cui lei a sua volta mette le corna con altri tre o quattro uomini. Per enorme gioia e fortuna di Milo, il cielo vuole che Camus non sia uno di loro. 

La ragazza comunque continua a parlare imperterrita e per vie difficili da ripercorrere arriva persino a vantarsi del fatto che i tedeschi nel secondo conflitto mondiale non siano stati in grado di invadere il suo Paese.

«La stessa sorte l'aveva subita anche Napoleone un secolo prima» aggiunge per stuzzicare il francese, che in risposta si limita lanciarle un'occhiataccia.

«Ah!» commenta Milo «Noi non facciamo male a una mosca da duemila anni. E abbiamo inventato anche la democrazia.»

«Sì, ma abbiamo portato noi in Europa la vera liberté» aggiunge Camus.

Il cuore del greco smette di battere. Santo cielo, udire quella voce celestiale pronunciare liberté è come sentirsi dire ti amo. Potrebbe ascoltarlo parlare francese per ore e ore - senza capire niente, ma a chi importa? - e perdersi nei suoi occhi verdi come smeraldi.

«Ti prego, puoi ripetere quella parola?» lo supplica.

«Che cosa? No.»

«Ti scongiuro, Cam!» tente di fargli gli occhi dolci «Io posso dire tzatziki se vuoi.»

Camus solleva le sopracciglia e, ok, Milo è semplicemente scemo.

«Tzatziki» prova a ripetere Natassia «Adoro il modo in cui lo dici! Avanti Cam, dagli corda, così me lo ripete.»

«Indendi come pronuncio tztatziki?» ridacchia Milo «Allora tu di' matrioska

Il francese si corregge: sono tutti e due degli emeriti idioti.

E come lui la pensano anche gli altri passeggeri della metropolitana che, al di là delle interpretazioni pittoresche che possono attribuire a quella stramba conversazione che accosta scatoline in legno, ideali di libertà e salsa al cetriolo, si spostano lentamente dall'altra parte del vagone.

«Va bene, va bene» si rassegna «Ma lo dico solo se voi due la finite!»

Gli occhi azzurri del bel greco brillano.

«Promesso!»

«Liberté» sbuffa il rosso, del tutto ignaro di quanta felicità abbia appena donato a Milo.

Questo, dal canto suo, viene catapultato in una dimensione di estasi mistica che lo astrae totalmente dalla realtà. Vede Cam sventolare il tricolore francese e intonare la Marsigliese mentre guida il popolo in rivoluzione. È un'immagine sublime, anche perché lo fa a torso nudo come la Libertà nel celebre quadro di Delacroix. 

«Grazie» bisbiglia quasi commosso.

«Prego.»

«Matrioska!» esclama la ragazza.

«Natassia!» la fulmina Camus - senza rendersi conto di essersi fatto primo attore di quel teatrino comico.

«Nächste Station: Berlin Hauptbahnhof.»

L'ultima parola se la prende dunque la voce elettronica del treno, annunciando ai tre ragazzi che è giunto il momento di prepararsi a scendere, con conseguente gioia di molti pendolari, ma anche una vena malinconica per quelli di loro che si stavano godendo la scena. 

«Di già? Ci abbiamo messo pochissimo» osserva Natassia stupita.

Milo invece, piuttosto che elogiare la compagnia dei trasporti berlinesi, preferisce assicurarsi di poter passare davvero i prossimi giorni con l'uomo dei suoi sogni.

«Sarà meglio scambiarci i numeri una volta giù dal treno, così poi ci sentiamo per andare a vedere il muro.»

«Certo, te lo dico anche subito» è la risposta della russa, cui ahimè non fa eco la voce di Camus.

«Grazie. E tu, Cam?»

«Scrivi pure a Natassia, tanto siamo in camera insieme.»

No, questo non è giusto! Perché Milo non può avere il numero della sua fiamma?

Se al suo posto ci fosse un qualsiasi ragazzo eterosessuale, sicuramente le cose andrebbero a rovescio e il poveretto si ritroverebbe in una situazione del tutto speculare, con il numero di lui e la bava alla bocca per lei. Certo che la legge di Murphy fa proprio schifo!

Ben altra preoccupazione si presenta quando il convoglio, dopo una frenata apparentemente interminabile, apre finalmente le porte. Milo si trova combattuto fra la galanteria che gli suggerisce di dare una mano a Natassia con il bagaglio, il cuore che vota per darla invece a Camus e il suo genoma di homo sapiens che gli mette a disposizioni solo due braccia. A cosa dare ascolto? 

Questa volta la Provvidenza gli è amica e invia a salvarlo una santa e gracile vecchiettina con al seguito un carrello della spesa dall'aria decisamente troppo pesante per scaricarlo dal treno senza l'aiuto di un baldo giovanotto. E prima che qualcuno gliela rubi, il greco si precipita davanti all'anziana signora chiedendole a gesti se abbia bisogno di aiuto; questione fin banale, ma preferisce farle capire subito di non essere uno scippatore onde evitare di prendersi una borsetta in testa. 

Grazie a questa mossa Milo riesce dunque a districarsi dal dilemma onore-sentimenti, fare la figura del bravo ragazzo - spezzando una lancia a suo favore, effettivamente lo è - con Cam e pure ad ottenere un vielen dank accompagnato da una caramella al limone.

 

Nessuno può visitare Berlino e perdersi il muro: sarebbe un affronto alla città stessa e alla sua storia. 

Ciò che non tutti sanno però è che oltre alla celebre East Side Gallery sono rimasti in piedi altre parti della cinta meno conosciute, ma testimoni anche migliori della drammatica divisione della Germania e di riflesso di un mondo spaccato in due durante la guerra fredda. Se infatti nel primo caso i murales con la Trabant e il bacio tra Honecker e Brežnev si devono ad artisti che dopo la sua caduta hanno voluto legittimamente celebrare la pace, nel secondo il cemento armato di Bernauer Straße è tutta opera della spietata DDR, cui non andava affatto a genio vedere i propri cittadini fuggire verso occidente. Naturalmente il tracciato di muro lungo la Sprea rimane una tappa essenziale nella hauptstadt, però, a costo di essere un po' puntigliosi, si intuisce subito che non debba essere la prima.

Milo esprime questo concetto con una tale verve da farne uscire i suoi nuovi amici convinti, o più verosimilmente abbastanza confusi da volerlo seguire piuttosto che farsi rispiegare tutto da capo. 

«E tu come sai queste cose?» si azzarda a domandare Camus.

Il biondo resta spiazzato. Da un lato ha la necessità di dare una bella impressione di sé al francese e immagina ragionevolmente che non sia il tipo di persona che si accontenta di un ragazzo con tanti muscoli e poco sale nella zucca. Pur senza essere una persona particolarmente piena di sé - questione talvolta discutibile - sa di possedere un po' di entrambi, e sarebbe stupido a nascondere o l'una o l'altra dote.

D'altro canto però deve fare i conti con la realtà: fino a stamattina non aveva nemmeno idea di come si chiamassero i due politici raffigurati nel bacio, né che esistesse una Bernauer Straße. Il merito del suo colto intervento da documentarista spetta invero ad Isabel, la receptionist dell'albergo che insieme alle chiavi della camera si è preoccupata di fornire al ragazzo una mappa di Berlino e qualche utile consiglio su cosa vedere assolutamente nei suoi cinque giorni in città, trasformatosi, per via della buona parlantina di lei, in un'approfondita erudizione sulla storia tedesca ed europea di metà Novecento.

«Beh, ecco» farfuglia «Diciamo che mi piace informarmi bene prima di intraprendere un viaggio.»

Mente in modo spudorato, ma alla fine è per una buona causa. Milo è sì un instancabile giramondo, ma è più che altro il tipo di turista che ama andare a zonzo per luoghi sconosciuti e lasciare che questi si presentino da sé. Sostiene che lo strolling sia la via più efficace per gustare appieno il clima locale.

Il rosso, intanto, ride sotto i baffi che non ha.

«Fai bene. Ci avevi dato più l'impressione dell'hippie vagabondo.»

«A me comunque gli spiriti liberi piacciono» precisa Natassia.

«Più di quanto a Cam piacciano i greci, almeno» ridacchia Milo per lanciare una frecciatina al francese.

«Dai, ti ho già chiesto scusa!» protesta lui; è un amore quando arrossisce.

«Lo so, Cam. Però mi diverte ripeterlo ogni tanto.»

Il rosso sbuffa e incrocia le braccia, ma sotto sotto in realtà non gli dispiacerebbe affatto ridere di gusto come Natassia. È il suo orgoglio a impedirgli di ammettere a Milo che per qualche assurda ragione lo trova a suo modo simpatico. È sicuramente un tipo affabile e talmente estroverso da sembrare invadente, ma se al francese desse realmente fastidio averlo intorno non avrebbe certo permesso alla sua amica russa di coinvolgerlo nella loro vacanza.

«Allora andiamo a vedere questo muro?» domanda la ragazza temendo di passare l'intero pomeriggio davanti all'ingresso principale della Hauptbahnhof che, per carità, è un enorme capolavoro di architettura, ma resta pur sempre una stazione ferroviaria.

«Dobbiamo prendere quello» risponde secco Cam indicando un pullman giallo.

«Autobus TXL?» 

«No, il tram lì dietro.»

«Ho già visto questa sigla da qualche parte.» mormora Natassia.

«Anch'io, forse era scritto sulla mia valigia.»

«No, sugli gli autobus fuori dall'aeroporto. Cam, sei sicuro che non dovessimo prendere quello stamattina invece della metropolitana?»

«Ops. Potrei aver guardato male la mappa in effetti. Scusatemi...»

«Tranquillo» lo rassicura Milo, che deve proprio a quella deviazione in metro la possibilità che ha avuto di fare amicizia con lui e Natassia «È stato carino fare quel giro, e comunque ci abbiamo messo poco lo stesso.»

«Non lo priviamo del titolo di navigatore ufficiale?»

«Non saprei, Natassia, tu hai voglia di guardare la cartina dei trasporti al posto suo?»

«Per niente.»

«Lo stesso io» replica il giovane greco prima di fare l'occhiolino a Camus «La mappa è tutta tua, mon cher

«Milo, ma che cosa dici?» il francese arrossisce per l'ennesima volta e, per gli dei dell'Olimpo, quanto è dolce e carino!

«Il mio accento fa così schifo?» ridacchia il biondo.

«No... C-cioè sì, anche, ma...» balbetta timido «Insomma... Mi hai chiamato...» 

«Signore

«No, signore è monsieur!» esclama Cam in evidente imbarazzo.

«E io invece cos'ho detto?»

«M-mon cher» risponde il ragazzo senza mutare espressione «Significa mio caro

Milo si stringe interiormente la mano e si complimenta con il proprio subconscio per il simpatico scherzo che è appena riuscito a mettere in atto giocando con la lingua francese.

D'altronde, lo deve ammettere, passa troppo tempo a mangiarsi Camus con gli occhi, e la sua attenzione alle proprie stesse parole ne risente non poco. Però non è nemmeno giusto dare la colpa a lui se la natura ha voluto dotare quel bel ragazzo di uno sguardo così seducente e un didietro a dir poco stupendo, no? Che male c'è nell'edonistica contemplazione di cotanto splendore?

«Perdonami, Cam, forse è meglio se evito di parlare francese senza esserne capace.»

«Oh no, no...» lo ferma il rosso «Va bene se parli francese, è...» no! Non può dire divertente, Milo non merita ancora tutta questa soddisfazione «È okay

Okay? Che conclusione assurda per una frase! Certo che un tantino di impegno in più nel nascondere l'ansia di non avere in bocca le parole corrette non guasterebbe. Camus rimprovera la propria timidezza che finisce sempre per remargli contro e prega il cielo che né Milo né Natassia abbiano fatto caso alla sua esitazione perché detesta con tutto il cuore mostrarsi insicuro.

«Ragazzi, questioni linguistiche a parte, vi volete dare una mossa?!» tuona la ragazza sbracciandosi per indicare il tram in procinto di partire.

«Non ce la faremo mai ad attraversare in tempo» il greco fa un cenno verso il semaforo con lo strambo ampelmännchen rosso.

Natassia però non sembra voler sentire ragioni: vuole solamente vedere il muro di Berlino e i due ragazzi le hanno già fatto perdere abbastanza tempo a discutere di hippie, autobus e filologia francofona, ci manca solo che tirino in ballo anche i segnali stradali! Opta dunque per la soluzione più rapida: controlla al volo che non vi siano auto in arrivo e si getta in mezzo alla carreggiata; no, non per suicidarsi.

«Oh, al diavolo i semafori!» esclama «Avanti, non fate le femminucce e sbrigatevi ad attraversare.»

ìIl tram successivo - il primo lo perdono perché un camion è ad un pelo dal tirare sotto sotto due idioten che cercano di attraversare la strada col rosso - lascia i tre ragazzi all'imbocco di Bernauer Straße.

Davanti ai loro occhi si staglia una lunga fila di pali in ferro arrugginito a separare la strada, parte della Repubblica Federale durante la guerra fredda, da un parco nato su quella che ai tempi della Germania Est costituiva la striscia della morte, un'area prossima al confine in cui le guardie della DDR avevano l'ordine di sparare a chiunque tentasse la fuga verso ovest. Questi, aggiunti postumi per mostrare dove si ergeva il muro propriamente detto, ben presto cedono il posto all'autentico cemento armato rimasto in piedi dopo la sua caduta. A vederlo ora, coi suoi tre metri e mezzo, pare quasi una presa in giro. Nel medioevo si costruivano fortificazioni ben più imponenti, anche se allora le mura servivano a proteggere le città dagli attacchi esterni, non ad impedire agli abitanti di uscire e andarsene.

La striscia della morte è un teatro all'aria aperta di scene macabre documentate dai pannelli esplicativi, nonché da un memoriale ai caduti che riporta foto, data di nascita e di decesso di ciascuno di loro, o meglio di quelli noti. Camus legge i loro nomi uno ad uno, Milo e Natassia si uniscono a lui. È una sensazione strana e angosciante conoscere i volti delle vittime della storia, poterli guardare negli occhi e incontrare uomini, donne e bambini veri piuttosto che gli eroi classici in armatura o la popolazione, un insieme collettivo e anonimo di esseri umani poco definiti.

Lungo Bernauer Straße i ragazzi trovano anche la Cappella della Riconciliazione, una ricostruzione completa del muro e della striscia della morte con tanto di torretta visibili dalla terrazza di un edificio lungo la strada, ed infine i resti di una casa dalla storia bizzarra che si era trovata col salotto attraversato dalla linea del progetto per il muro al momento della sua realizzazione. Continuando a camminare raggiungono un negozio di souvenir accanto al quale il marciapiede si apre sulla sottostante fermata della metropolitana.

Natassia lascia lo zaino a Camus ed entra nella botique. Chissà, forse vuole già spedire una cartolina a Hilda.

«Sai, Cam...» mormora Milo al ragazzo di cui - non può fare a meno di ammetterlo - si sta innamorando perdutamente «Ti facevo un tipo meno emotivo.»

«Cosa vorresti dire?»

«Non so come spiegartelo. Sei stato molto dolce prima, davanti al monumento alle persone uccise mentre cercavano di varcare il muro.»

«Tu e Natassia avete letto i loro nomi insieme a me.»

«Già, ma tu hai iniziato. E comunque prima mi sembravi una persona terribilmente razionale e fredda, quando invece il tuo carattere è molto più complesso e profondo di quanto tu dia a vedere.»

Camus si morde il labbro. Milo è riuscito, nell'arco di poche ore, a scavare nella sua persona più di quanto non sia riuscito egli stesso in ventitré anni, così come i suoi pochi amici a Strasburgo e Natassia durante il suo soggiorno in Russia. Quel biondino ellenico nasconde sicuramente qualche potere magico dietro al suo bel sorrisetto e al modo di fare tanto disinvolto.

«Ma io sono freddo e razionale.»

Milo solleva gli angoli della bocca. 

«Veramente sei molto più interessante di così...» fa un passo verso di lui e si sente mancare il respiro.

Dimentica tutto ciò che ha in testa, quali parole volesse dire poco fa a Cam, sempre ammesso che avesse pensato effettivamente a qualcosa. Ora riesce solo a desiderare di prendergli la mano, accarezzargli il viso, perdersi nell'incanto dei suoi meravigliosi occhi verdi e chiamarlo di nuovo - stavolta con senno - mon cher. Lo desidera con tutto sé stesso. Vuole assaporare le sue labbra sottili, stringerlo a sé e...

«Ragazzi!» irrompe Natassia nella loro conversazione spalancando la porta negozio con in mano due foto del muro «Sceglietene una a testa e ringraziatemi. C'era il tre per due.»

Il greco ha un colpo al cuore. No, santo cielo, perché arriva proprio adesso?! Dieci secondi in più e sarebbe andato tutto per il verso giusto.

«Natassia, ma questo è il Checkpoint Charlie» osserva Camus guardando la cartolina che la ragazza gli ha appena letteralmente sbattuto in faccia.

«E questo è il graffito della Trabant alla di cui vi ho parlato prima» soggiunge Milo.

«Sempre a lamentarvi, voi maschi... Siate un po' più cavalieri, su! Mi accontento di un grazie, Natassia, sei la migliore

«Grazie, Natassia, sei la migliore» rispondono in coro i ragazzi.

«Bravi, se foste dei cani come il mio Fenrir vi darei un biscottino.»

«Wow, che onore» è il commento evidentemente ironico del francese.

«Io non mi ci vedo a fare i miei bisogni per strada.»

«Sciocchezze, tutti gli uomini fanno pipì contro gli alberi o dove capita.»

«Ti prego...» Cam si mette una mano sulla fronte.

«Va bene, forse questo non ho modo di smentirlo, hai vinto» ammette Milo con una punta di dispiacere per la sconfitta.

Giunti a questo punto, i tre valutano dove recarsi: sono le cinque passate, la East Side Gallery è enorme e lontana. Il Checkpoint Charlie d'altra parte non dovrebbe richiedere tantissimo tempo, dista poco dal centro città e sembra una tappa eccellente per una storia su Instagram. Milo in effetti non ne ha ancora postata neanche una perché è troppo preso dall'ammirare il suo ragazzo ideale, ma farebbe bene a farsi vivo sui social almeno per assicurare a sua madre, che gli spia costantemente il profilo credendo che lui non lo sappia, di essere arrivato sano e salvo a Berlino.

Così, non appena i ragazzi raggiungono la meta, cioè la barriera che fungeva un tempo da punto di passaggio tra la Germania Est il settore americano di Berlino Ovest, il greco si diverte a fare l'influencer cercando di coinvolgere i suoi nuovi amici in una foto coi finti soldati. Natassia si lascia intuibilmente abbindolare e scatta selfie a raffica anche col proprio di telefono, mentre Camus non ne vuole sentire ragione e scuote la testa mentre gli altri due fanno gli scemi. 

 

Tutti sanno che in Spagna c'è l'usanza di cenare in tarda serata, mentre in Germania, agli antipodi, i ristoranti hanno il pieno di clienti molto presto. Complici senz'altro la stanchezza e la fame dopo il viaggio per arrivare a Berlino, i ragazzi optano per omologarsi alla massa e alle sette stanno già aspettando due zuppe di carne e patate e un piatto di würstel con crauti per Milo.

«Come mai vi date alla minestra?» domanda scherzosamente dopo che il cameriere se n'è andato.

«Perché quello che hai preso tu è devastante per lo stomaco» la ragazza si fa portavoce di entrambi «Magari lo proveremo più avanti, è meglio adattarsi gradualmente alla cucina locale.»

«È lo stesso motivo per cui tu, Cam, hai chiesto un'acqua minerale invece della birra?»

«No, quello è solo perché la birra mi fa schifo.»

«Shhh!» lo zittiscono simultaneamente gli altri due «Vuoi che ci uccidano e gettino i nostri corpi nel fiume? Non puoi offendere la birra in questo Paese!»

Sono proprio due deficienti, constata il ragazzo, però deve ammettere che trascorrere il tempo con loro non gli dispiace affatto. Anzi, in realtà spera che Milo rimanga qualche altro giorno in compagnia sua e di Natassia.

«Milo, quanto tempo conti di stare a Berlino?»

«Cinque giorni: martedì sarò di nuovo a Tegel. Voi?»

«Partiamo domenica sera tardi, ma proseguiamo in FlixBus.»

«Per andare dove?»

«Strasbourg, nell'est della Francia. Non so se la conosci, la mia famiglia abita lì.»

Strasbourg, Strasburgo... Certo che Milo ne ha sentito parlare: è la sede del Parlamento Europeo! Dunque è ad una coppia strasburghese che si deve la nascita dell'ottava meraviglia del mondo.

«Ho presente dov'è, ma è una delle tappe francesi che ancora mi mancano da vedere.»

«Oh» gli occhi del rosso si illuminano «Quindi sei già stato in Francia?»

«Puoi scommetterci, Cam» risponde il greco compiaciuto «Più d'una volta.»

«Che posti hai visitato?»

«Vediamo...» riflette «I castelli della Loira, Parigi, la Bretagna. Poi anche Arles, in Provenza, vicino a Marsiglia.»

«E ti sono piaciuti?»

«Oui, j'adore la France...»

Sul volto di Camus si espande via via un'espressione di perplessità mista a disagio fino a raggiungere quella soglia di saturazione oltre la quale il ragazzo non può fare a meno di ridere.

«Che c'è?»

«Niente, Milo, è solo che il tuo accento fa proprio schifo.»

Il biondo sorride: Camus sembra molto più sciolto e rilassato, e crede di potersene assumere il merito. Fa a meno di offendersi perché quelle parole sono cariche di verità e non gli dicono nulla che già non sappia. Al di là del greco, dell'inglese e una manciata di vocaboli spagnoli o italiani - peraltro ignora completamente quali appartengano all'uno e quali all'altro idioma - ha delle serie difficoltà con le lingue, anche se si ostina a provarci lo stesso.

«Vorrei sentire il tuo accento greco» stuzzica il rosso.

«Io però non sono mai stato in Grecia...»

«Io sì invece!» interviene Natassia, cui i panni della sola ascoltatrice vanno stretti «Due anni fa sono stata ad Atene per vedere il Partenone.»

«Davvero? E come ti è sembrata?»

La ragazza si ferma un attimo a massaggiarsi il mento per elaborare i dati nella propria mente e trovare un aggettivo che calzi opportunamente alla capitale ellenica.

«Caotica.»

«Beh, in effetti lo è» ridacchia Milo «Io vengo dall'isola di Milos, nelle Cicladi, ma ho vissuto un po' ad Atene per frequentare l'università. Piuttosto, voi due come vi conoscete?»

«Oh, è una lunga storia!» 

«Ma non è vero, Natassia, non lo è per niente.»

«Stai zitto, Cam, mi rovini tutta la tensione narrativa!» sbuffa «Raccontala tu, se proprio ci tieni.»

«Cosa ci vuole? Io ho appena concluso un Erasmus a San Pietroburgo, Natassia è la prima persona che ho incontrato al mio arrivo in università e ci siamo presentati con una normalissima stretta di mano.»

«Voi uomini siete troppo sintetici» borbotta la russa.

«Frequentavamo i corsi insieme, abbiamo stretto amicizia e ora eccoci qui in vacanza.»

«Avvincente» commenta Milo sarcastico «Potremmo portare questa trama sul grande schermo.»

In quella compare il cameriere con in mano i tre piatti fumanti ordinati dai ragazzi. L'odore è invitante, l'aspetto del cibo un po' meno, ma ad uno stomaco vuoto importa ben poco. Solo Camus non si fionda immediatamente sul cibo come un morto di fame e pertanto si salva da un'ustione al palato cui invece non restano immuni gli altri due.

Così si conclude la prima giornata nella hauptstadt: nuove amicizie, nuove cotte, una cartolina in tasca e Milo che lancia occhiate provocanti al suo bel francesino mentre morde e mastica la salsiccia che ha nel piatto.

   
 
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