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Autore: Crystal Aerya Faery    08/05/2005    1 recensioni
Il suo destino, è mantenere l'Equilibrio. Ma non è così facile, quando incontri uno Spettro, la luce del sole brucia la tua pelle come gli oggetti sacri, e sei alla ricerca di un passato dimenticato, e della via che prota ad una catena di eventi sovrannaturali. Avete paura del buio? Credete alle storie di fantasmi? Tranquilli...andate a letto. Al resto, ci pensa Keira.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Perché siamo fuggiti

"Perché siamo fuggiti?" domandò con voce stridula Keira, mentre Teathron puntava il piede sull'acceleratore, facendo fischiare le gomme sul brecciolato. Un colpo potente fece sobbalzare la macchina, e un 'crack' poderoso lasciò senza respiro la ragazza. Keira puntò gli occhi grigi verso i sedili posteriori, mentre con rapidità si allacciava la cintura. Vide una grande ombra nera scomparire tra i rami del bosco, e poi silenzio.

"Dannazione!" gridò con terrore, vedendo che la macchina non accennava a muoversi.

"E' la pioggia… ha infangato la strada." Fece con logica e freddezza Teathron, affatto scosso.

Un respiro, il silenzio. E poi dal nulla, vetri che si spezzano, che si diramano in filamenti argentati di colore, verso l'interno. Keira portò le mani alle orecchie, e si chinò in avanti, cacciando un altro grido. Teathron sgranò gli occhi azzurri, scivolando con le mani sul volante, e poi paralizzandosi.

Due occhi rossi, sottili come fessure infernali, lo puntarono da oltre il finestrino. Occhi caotici, infuriati, tranquilli, crudeli, assassini. Una lingua bluastra lecco le fauci bianche spalancate, mentre una nuvola di ghiaccio usciva nell'aere oscurato dalla notte.

"Prova ora!" gridò Keira per scuoterlo, tenendosi bassa.

Teathron tornò a guardare la strada, mentre il respiro della creatura gli ghiacciava il sangue nelle vene, sempre più affannato. Quanto ci avrebbe messo a vederlo?

La macchina emise un leggero borbottio, e poi il rumore raschiante della ruota che spanna. Un artiglio nero penetrò con ferocia dal buco creato dall'esplodere del finestrino, e si impigliò tra i capelli scuri di Keira.

La ragazza sentì lo strappo, e gli occhi si chiusero in una morsa di dolore.

La macchina si mosse sulla strada, dapprima pacatamente, poi piano piano in un crescendo di agitata velocità.

In pochi secondi, Keira e Teathron fuggirono dal Cimitero.

 

Era a pezzi.

Non si trattava solo del suo corpo, ma anche del suo spirito.

Era semplicemente… a pezzi.

Non le importò molto delle lacrime che le sgorgavano dagli occhi grigi, ne dei singhiozzi che la facevano sembrare tanto patetica, avvolta nella coperta, come fosse un lattante in preda ad un mal di pancia.

Teathron tornò nel salone mescolandosi alla quasi totale oscurità della casa. Fuori il temporale aveva ripreso a scandire gli attimi con lacrime amare e fredde, in un gioco di rumorii leggiadri che somigliavano a biechi sussurri di spasimanti.

"Mi dispiace." Disse, sedendosi sul divano, lontano da lei. "Non volevo usarti."

"Lo hai fatto." Disse con voce rotta Keira, e sentì' che non aveva neanche la forza per arrabbiarsi. *Lui è un fantasma. Puoi arrabbiarti con un fantasma? Non ha senso…*

"Tu non sai che cosa vuol dire vivere come me." Provò a giustificarsi Teathron, tenendo il volto basso, gli occhi di ghiaccio che fissavano le proprie mani. "Vuoi solo poterla fare finita. E diventi… pazzo. Pazzo per essere libero."

"Devo…tornare a casa." E Keira scosse il capo, inghiottendo un singhiozzo. *Voglio fuggire. Non riesco a sopportare quello che ho visto. Non ce la faccio… sono troppo debole per questa cosa.*

Teathron rimase in silenzio. Poi alzò il volto, e un lampo ne illuminò metà perfetta, facendola brillare di bianco. "Se te ne andrai, non mi vedrai più."

"Perché…"

"Perché non vuoi vedermi. Mi dimenticherai, e io rimarrò intrappolato qui per sempre."

"Non farti compatire!" fece con rabbia Keira, e sentì quell'aggressività bruciarle le labbra, poiché era la prima volta che si accendeva, in tutta la sua vita di dolcezza, pacatezza, tranquillità, silenzio, acconsenso. "Come puoi chiedermi di rimanere? E' una follia! Quei 'cosi' volevano ammazzarmi, lo hai visto, vero?" e poi fece vedere una parte di cuoio capelluto al ragazzo. "Hai visto cosa ha fatto quello lì?"

"Loro ti temono. Altrimenti non sarebbero stati aggressivi." Dedusse Teathron, eppure non riuscì a guardare in volto Keira.

"Io… ma che vuoi da me?" disse Keira, colma ora di amarezza, mentre le lacrime tornavano calde negli occhi. "Insomma… ti conosco da un giorno. E mi hai sfasciato la vita."

"Sei l'unica che mi vede. Non so perché, ma è così. Forse un perché c'è, ma non mi è dato di saperlo." E Teathron la guardo intensamente, gli occhi tristi, confusi, umani. "Puoi solo fidarti di me."

Keira guardò Teathron negli occhi profondi, come le pozze infinite dei cieli tersi d'estate. Le lacrime le appannavano la vista, ma poté distinguere nettamente i suoi lineamenti, che aveva imparato ad odiare con ferocia quella notte. Poi, senza sapere perché, sospirò, e preso un grande respiro, disse "Anche tu sei l'unico che mi vede."

Teathron rimase silente, e poi si concesse un leggero sorriso.

*Non posso lasciarti solo, Teathron. Ormai non posso più.*

"Rimarrai?" domandò a bassa voce il ragazzo.

"Si."

 

 

Un profumo leggero le pizzicò le narici. Un profumo di ciambella, di dolce e di croccante. Per un attimo credette che tutto ciò che era accaduto era stato solo un brutto sogno. Poi, quando aprì gli occhi, e il sole le bruciò le iridi d'acciaio, avrebbe voluto non svegliarsi. *Sorpresa: non è un sogno, ma è tutto vero* e poi con uno sbuffo *Sbaglio o sto diventando pessimamente sarcastica su me stessa?*

Ciabattando uscì dalla camera degli ospiti. Prima di presentarsi in cucina, però, andò in bagno. *Non voglio che mi veda stile zombie* si disse con un po' di amor proprio, e si rese conto che non era da lei guardarsi allo specchio. Rimase a fissarsi non schifata, ma provata. Poteva vedere ogni acciacco dovuto alla movimentata notte prima trasparire sul suo cireo volto di marmo. *Cavoli che occhiaie… *bofonchiò a se stessa, con tristezza amareggiata. Si lavò il viso, si pettinò i capelli -che erano venuti ricci, a causa dell'umidità della pioggia- e poi si mise i suoi vestiti asciutti.

"Ti piacciono le ciambelle?"

Si trovò stupita nel vedere che Teathron era uguale alla sera prima: pantaloni e maglietta neri, scarpe nere, volto bianco, pallido, occhi blu rigidi e lucenti come cristallo, i capelli legati dietro.

"Molto." Dovette dire con una dosa di dolcezza che non si addiceva affatto alla collera che serbava in petto. *Ma che pare non ho più…*

"Bene. Non sapevo cosa preparare…Non preparavo la colazione da molto, molto tempo." Ammise Teathron, e poi si sedette a tavola. Acconciati come a festa stavano un bicchiere colmo di succo rosato, delle posate accanto ad un barattolo di marmellata, un cubetto di burro e del pane tostato. Su un piatto di ceramica ricamata in oro invece l'occhio creato dal buco della ciambella la fissava…deliziosamente.

Keira sedette, e rimase a fissare la colazione con un certo senso di colpa. *Non è giusto mangiare a suo discapito* pensò cupamente. "Non ti manca il cibo?" domandò, ma nella sua testa la domanda era stata diversa Non ti manca la vita?

"In un certo senso no. Credo di non essere stato un grande mangiatore nel mio passato."

Era orribile. Teathron non ricordava assolutamente nulla del suo passato…ma perché? Non poteva sopportare questa cosa. Mentre azzannava la ciambella, Keira continuò a fissarlo.

"Ti va se oggi cerchiamo qualcosa sul tuo passato?"

Teathron si sedette, al suo fianco, e la fissò senza espressione. La guardava come fosse affascinato dal cibo che ingurgitava, in realtà bramandolo. "Di giorno non credo Loro verranno a cercarmi…potrebbe essere una buona idea." Ammise alla fine il ragazzo. Keira quando vide che la guardava, smise di mangiare. Era affamata, ma la bocca dello stomaco le si chiuse come fosse fatta di piombo.

"Andremo a Darlah. La conosco bene, perché ho vagato lì dopo la mia morte per mesi e mesi." Disse il ragazzo dall'occhio di ghiaccio e cristallo. Keira gli sorrise, annuendo. *Mamma torna stasera… ce la farò ad aiutarti prima che calino le tenebre?* "Potrai salutare la tua città, e poi potremo tornare al cimitero. Se di giorno non ti attaccheranno, avremo più possibilità di fare…." E la voce le si smorzò in gola. "Fare quello che dobbiamo fare" riprese alla fine, e bevve un sorso di latte, come a voler cancellare dalla sua lingua quelle orribili parole.

"E' un piano." Fece Teathron, e i suoi occhi brillarono di speranza repressa. "Un ultimo addio a questa vita, e poi la libertà."

Keira lo guardò, da oltre il bordo del bicchiere, contemplandolo in silenzio. Così sicuro, e così gelido.

*E io… Che ne sarà di me?*

 

Darlah era rischiarata dalla tenue luce perlata del sole. Un evento assai emozionante, dato che da giorni l'intera America era stata coperta di nubi temporalesche e schioppi di tuoni. La scuola era chiusa per l'allagamento dovuto alla notte di feroce pioggia, così Keira non si era dovuta inventare alcuna scusa per non andarci.

Ora, in macchina, guardava davanti a se, senza dare troppo peso all'aria tiepida che vorticava nell'abitacolo, dal buco di vetro del suo finestrino.

Il sole, caldo e raggiante, era ancora basso, ad un quarto del suo inevitabile cammino nel cielo.

"Sei nato qui?" domandò la ragazza ad un certo punto, intristita dal silenzio che era calato. Il suo era l'unico respiro nella macchina, diverso dal soffiare del vento.

"Credo di si." Disse Teathron, e girò in una viottola grigia, affiancata da abitazioni basse con giardinetti verdi.

"Parcheggiamo lì…" e Keira indicò uno spiazzo di ghiaia e polvere bianca alzata dal vento. La città sembrava deserta.

Scesero dall'auto guardandosi intorno. Keira portò una mano sugli occhi, coprendoli per vedere meglio. Darlah si estendeva fino all'orizzonte, con tetti e alte costruzioni d'acciaio. *Non è proprio un villaggio come Hollow Town* dovette ricredersi, scrutandone l'ampiezza.

Teathron le fu vicino, e poi, dopo essersi scambiati un occhiata, si diressero verso la via grigia. Mentre camminavano sul marciapiede, Keira vide che in realtà Darlah non era deserta, ma solo addormentata. Le macchine sfrecciavano sulle strade, e ragazzi con l'aria affranta uscivano dalle villette a schiera accompagnati da padri in giacca e cravatta o madri con il cagnolino al seguito. *Una città come tutte le altre…*

Si fermarono al semaforo pedonale, tra altre persone. Le strisce zebrate sull'asfalto venivano percorse ora dagli automezzi.

Keira venne sfiorata dal braccino di un bambino, che teneva la mano alla mamma. Si voltò verso di lui, e lo scrutò con attenzione. Affianco a lei c'era Teathron, ma nessuno di quelle persone poteva vederlo, eccetto lei. Ma allora perché nessuno si trovava vicino a lei? *E' come quando, da piccola, mamma si teneva distante dalle altre persone in fila per la spesa, o quando Charles prendeva il caffè e poi si sedeva dopo qualche tempo sulla sedia. E' come quando posi un oggetto da una parte, e poi inspiegabilmente è da tutt'altra. *Tutti lo sentono…Tutti sanno che non possono mettersi vicino a me perché c'è lui. E' un calcolo incosciente, ma c'è.*

"Vorrei vedere mia madre." Disse Teathron, quando furono seduti sulle gradinate di una chiesa, fissando la piazza e la gente che laboriosa si districava tra le vie.

Keira represse un moto di amarezza. *Anche se lei non vedrà te?* e poi di nuovo *Quando io morirò, anche io scoprirò che nessuno può vedermi…che neanche mia madre può vedermi? E' assurdo* no, si disse *E' ingiusto*

"Come si chiamava?"

"Keith Norrison" sussurrò Teathron, mentre fissava la piazza, gli occhi vitrei e infinitamente soli.

*Si ricorda di lei.*

"Teathron, credo che possiamo trovarla. Ti aiuterò io." Promise, colta da una commozione che le inumidì la vista.

"Sento ancora il suo cuore, battere. Nel mio orecchio… Quando ero in lei." Disse a fatica il ragazzo. "Lei non mi riconoscerà, vero Keira?"

E cosa rispondere, cosa dire. Cosa fare, in una situazione del genere? Keira stava per negare, per dire una grande bugia a patto di non far soffrire il fantasma, quando Teathron volse il viso verso di lei. Gli occhi erano pozze raggelanti, e una lacrima gli solcava la guancia. Le labbra, inclinate verso il basso, ma serrate, sembravano mantenere con ferocia emozioni travolgenti. Keira distolse lo sguardo, e lo posò sulle sue ginocchia. Poi prese una mano del ragazzo, la tenne tra le sue, carezzandola amorevolmente, con pacata dolcezza. *Farò di tutto, per renderti felice, Teathron…Ma non sono sicura di nulla.*

E si limitò a non rispondere.

 

"Si…conosco la legge del rispetto della Privacy ma vede, ho bisogno di questo indirizzo…"

Keira arriccio il naso, mentre dal ricevitore provenivano chiari segni di negazione. "Ma lei ha capito la mia situazione? Devo consegnare questo pacco, e se non lo consegno subito, scadrà…"

Dall'altra parte, avevano riattaccato. Keira sbattè con ferocia la cornetta, che cadde dal ricevitore verticale, molleggiando a mezz'aria. Con il broncio, borbottando, tornò sulla panchina del parco, dove Teathron era seduto, in attesa.

"Niente da fare." Dovette capire, nel vederla abbastanza incavolata.

"Ma uno che deve fare per avere un indirizzo?" domandò, ma era una domanda retorica, e Teathron non le rispose.

"Forse dovremo chiedere a qualcuno…" ipotizzò infine la ragazza, e si sciolse i capelli tenuti nella treccia, poi legandoli con un mollettone. Eseguiva il tutto con rapidità e classe, senza forse neanche rendersene conto. Teathron invece, che era rimasto a guardarla affascinato, le sorrise appena. "Perché non li lasci sciolti?"

"Chi?" fece Keira, sgranando gli occhi, avendo perso il filo dei pensieri di Teathron.

"I capelli." Spiegò semplicemente lui, con un cenno del capo.

"Ah…" fu tutta la risposta di Keira, che si carezzò il mollettone con nervosismo. Poi, mentre Teathron fissava i bambini che giocavano sulle giostre, se lo sfilò, con la stessa rapidità con la quale se lo era messo, e i suoi capelli scuri brillarono di riflessi ramati alla luce del sole alto nel cielo.

"Ma a chi potremo chiedere?" tornò a pensare Teathron.

"Andiamo a caso." Disse subito Keira. "Fino ad adesso ha funzionato."

Teathron e Keira si guardarono. Un sorriso baciò i loro volti, e per un istante Keira poté vedere nettamente qualcosa di strano negli occhi del ragazzo. Cosa era? Una scintilla più forte della speranza, della paura, dell'odio, rancore, paura.

Seppe solo che le fece arrossire le guance, e deviare lo sguardo.

 

Dopo che ebbero girato metà città, chiedendo a destra e a manca, sfiniti tornarono al parcheggio. Keira aveva le guance rosse per la stanchezza, e i capelli arruffati dal forte vento che al contrario delle nubi temporalesche, non se ne era affatto andato.

Keira aprì il portellone sbuffando arrabbiata e stanca. *Abbiamo rivoltato come un guanto tutta Darlah ma di Keith Norrison neanche l'ombra.*

Il sole era basso sul profilo di grattacieli e tetti, e i raggi arrivavano obliqui, caldi e rosati, a tingere tutto di rosso. Il vento alzava la polvere del parcheggio, creando variabili figure di marmo.

"Ci andrà meglio domani, vedrai." Disse a Teathron, vedendo che lui invece non apriva il suo portellone. Era rimasto a fissare il sole, socchiudendo gli occhi di ghiaccio. Keira vide che nessuna ombra era riflessa sulla strada, dietro di lui. Era come se Teathron non esistesse, era come se vi fosse solo polvere bianca lì dove c'era lui, e non carne, occhi azzurri, pelle bianca…come vedeva lei.

"Domani potrai venire con me ancora?" chiese sorpreso, solo quando ebbe deciso di sedersi nell'abitacolo, senza però toccare il volante.

"Si, è sabato, e non vado a scuola…" *ACCIDENTI!*

"Vai a scuola?"

"Si…no..cioè…" balbettò atterrita *Oh, no! Cavoli* e poi si rammentò che era un fantasma Teathron, e che quindi era inutile mentire ancora. *Si… si vado a scuola*

"Ah." Fece secco lui, pareva stupito della cosa. "E quanti anni hai?"

"Quindici…" e abbassò il capo, borbottando maledizioni a se stessa.

La mano di Teathron, fredda, prese il mento, e le fece rialzare il volto. Keira sentì il cuore piombare in gola nel giro di pochi istanti, e poi inchiodò gli occhi grigi in quelli azzurri di lui, tanto vicini.

"Quanti anni dici che ho io?" domandò il ragazzo, a bassa voce.

Keira non riusciva a parlare. Strane emozioni la stavano facendo sentire leggermente brilla. "Credo una ventina." Disse alla fine, piano piano, con uno sforzo grandioso.

Alla fine Teathron le lasciò il mento, e con un gesto rapido, tornò a fissare davanti a se, respirando rapidamente.

Il sole, obliquo. Il profumo di polvere, di pietra finemente tagliata…Keira non l'avrebbe dimenticato mai.

"Andiamo, ora." Disse, e posò la sua mano su quella di lui, sul volante. Teathron la guardò, dalla sua altezza, ora i suoi occhi di nuovo gelidi e estranei. Morti. Con un cenno d'assenso, mise la retromarcia e fece uscire la macchina dal parcheggio.

 

 

Keira salutò con un gesto della mano e un sorriso Teathron, e solo quando vide la macchina svoltare e scomparire dietro Everet Street, tirò un sospiro. *Sono stata davvero bene oggi… eppure, chi lo avrebbe mai detto?*

Con il cuore gonfio di emozioni e la testa tra le nuvole, Keira salì i tre scalini che la dividevano dalla porta di casa, e mise la chiave nella toppa. Trovò una certa resistenza e alla fine si decise a suonare.

La porta venne aperta da un'Annalise Brightside vestita ancora di tutto punto, con trucco, tacchi a spillo e giacca pesante.

"Mamma…" fece con un sorriso amaro sulle labbra.

"Keira, che ci fai fuori di casa a quest'ora?" domandò subito Annalise, fissandola stupefatta.

"Mamy, fa freddino…" ricordò la ragazza, e Annalise si fece di lato, lasciandola entrare, per poi richiudere la porta.

"Con chi sei stata?" domandò, e poi le baciò una guancia, tornando di buon umore. *Il servizio deve essere andato bene…* dovette supporre la ragazza, che tolse la giacca alla madre, e poi si infilò un maglione di lana. Le due presero un bicchiere di te freddo dal frigo, e si sedettero sul divano.

"Con un ragazzo." Disse sincera Keira. Con sua madre riusciva sempre a dire tutto, d'altronde era l'unica che le mostrasse affetto da quando era nata, e l'unica che -oltre a Teathron- non la credeva pazza.

"Oh…" esclamò mestamente Annalise. Poi guardò la figlia in modo strano. "Un ragazzo?"

*Non ci crede neanche lei…* dovette dirsi ridacchiando, e poi si scoprì arrossita. Teathron stava diventando il centro dei suoi pensieri. "Si chiama Goffreud."

"Quanti anni ha?"

"Mamma!" fece Keira, e le tirò un cuscino in faccia. La donna sorrise, e poi abbassò le armi. "Va bene, va bene, niente interrogatorio al primo appuntamento."

"E' un ragazzo per bene, e siamo solo amici." Ci tenne comunque a puntualizzare Keira. Poi la ragazza si schiarì la voce, e dopo essersi tolta le scarpe -i piedi le facevano male- guardò la madre. "Come è andato il servizio?"

"Stupendamente!" fece con entusiasmo Annalise. Aveva capelli corti e biondi, occhi dal taglio orientale e labbra carnose. Il colore delle iridi era lo stesso di Keira, solo molto più scuro, e il naso era nettamente diverso. *Simbolo che di passaggio c'è stato il carattere maschile..* alias suo sconosciuto padre.

"Charles dice che non è stato un gran che…ma io ne sono rimasta letteralmente fiera. Avremo una prima pagina in varie riviste di spettacolo, e naturalmente nell'Hollow News tutto lo spazio è per l'intervista."

Nonostante fosse curiosa di sapere a chi fosse andata a fare visita sua madre, Keira si trovò di nuovo a pensare a Teathron. "Mamma ti ricordi di quell'omicidio, un anno fa? Quello del ragazzo rimasto affogato nel fiume un ragazzo a Darlah."

Il sorriso scomparve dalle labbra di Annalise, che fissò la figlia con cipiglio. "Si… il caso Norrison. Perché?"

*Caso Norrison?* Keira sentì il cuore batterle più velocemente, mentre continuava a fare domande. "Bhe, sai se hanno trovato l'assassino?"

"Perché ti interessa?"

*Inventati una scusa. Non dirle nulla. Mentile.* "Mi serve per un sondaggio a scuola…un lavoro di gruppo."

"No, non hanno trovato l'uomo che ha ucciso il ragazzo, ma credono che sia lo stesso che aveva assassinato la madre due anni prima."

Keira mancò un respiro. Il te le tremò nella mano, e il bicchiere cadde a terra, macchiando il tappeto.

"Keira, tutto bene?" domandò preoccupata Anna, sorreggendola. Keira aveva avuto un mancamento. Quando la ragazza riaprì gli occhi, fissò sua madre in volto. "La madre di Teathron…è morta?"

"Si… si tesoro mio." Fece Anna, e senza smettere di preoccuparsi disse. "Tesoro sembri stanca…vai a stenderti, io ordino una pizza, ti va?"

Keira annuì, rimanendo silente. Sua madre le baciò la fronte e poi andò in cucina. Keira si rintanò in camera sua, buttandosi sul letto, e poi chiudendosi a riccio su se stessa.

*Sono così triste per lui. Non può neanche salutare la madre, perché lei non c'è più…E' morta prima di lui… e lui non sapeva nulla.* tirò su con il naso, e si scoprì di nuovo commossa dall'ingiustizia degli eventi. *Forse però, quando anche lui se ne andrà… forse si rincontreranno…* ma come, se nessuno dei due si ricordava dell'altro?

Ognuno, quando muore, è solo (Donnie Darko, forever ^^ ND CRYS)… diceva così quel film. E Keira stava vedendo sempre più come quell'affermazione fosse vera.

 

Si svegliò il giorno dopo con un grande mal di testa e un senso di dispersione che le mise l'agitazione e l'angoscia ancor prima di uscire di casa. *Ho una brutta sensazione…come se qualcosa di ignoto mi pesasse già sullo stomaco* pensò, mentre davanti allo specchio si guardava con attenzione il viso addormentato. Si pettinò con cura i capelli, si passò un filo d'acqua tiepida sul naso ghiacciato, si lavò a fondo collo, mani e ascelle, ma sdegnò la doccia. L'acqua le dava fastidio ultimamente.

*Non credevo che i miei capelli fossero così lisci, se pettinati per bene* dovette vedere con sorpresa. Non sapeva neanche perché li stesse pettinando -di solito li intrecciava e via- eppure la cosa le dava piacere e spensieratezza. Placava appena la nevrosi in corso nel suo petto.

"Mà, io esco. Sono di ritorno sta sera." Annunciò quando fu sul ciglio della porta: scarpe comode da ginnastica nere con lacci fucsia, maglietta e gilet neri, pantaloni alla pescatora -naturalmente jeans- per dare un buongiorno 'variopinto' alla mattinata soleggiata. Aveva una sacca di tela marrone sulla spalla sinistra, con qualche robbuccia di poco conto che avrebbe utilizzato nel viaggetto a Darlah.

"Questa sera ho una cena con Charles e quelli dell'Hollow News, cara, non ti dispiace vero? Ho organizzato qui…"

*Cosa?* e emise uno sbuffo tanto sonoro che gli uccellini sull'albero nel giardino si alzarono in volo spaventati. *Ma non è possibile! Io quelli non ce li voglio in casa mia a criticare…* e si riferiva soprattutto al signor e la signora Bradley…direttore del giornale e 'falsa' amica di sua mamma. "Ti chiamo nel pomeriggio…" si limitò a urlare per farsi sentire, mangiandosi qualche parolaccia.

*Chissà se Teathron rimarrà anche questa notte…potrei chiedergli se gli va di tenermi a casa sua al riparo da quell'orgia di psicotici con carta, penna e taccuino…* e si ritrovò a sorridere, mentre camminava per il vialetto. Due isolati e sarebbe stata ad Everet street. Il sole, come si era già promesso bene il mattino, era caldo e dorato. I suoi raggi giocavano sul suo corpo, raggiungendolo e poi nascondendosi tra i suoi capelli, ridendo assieme al canto degli uccelli neri sugli alberi bassi e verdeggianti.

Hollow Town era una piccola città, ma le piaceva più di darlah. *Almeno qui se muore qualcuno…si sa.*

Il pensiero si bloccò dove si era creato, quando vide comparire la casa di Teathron e proprio il ragazzo, sull'uscio della porta, spalle al muro bianco, gli occhi fissi sulla strada davanti a lui, immobile.

Keira si trovò ad accelerare appena il passo. Quando fu davanti a lui, sorrise timidamente.

"Buongiorno Keira" disse lo spettro, ricambiando il sorriso, molto tirato e falso. *Non riuscirebbe a sorridere neanche se volesse* dedusse, ma lasciò stare. "Ciao Goffreud. Pronto per il viaggio?"

"Mi hai chiamato Goffreud" e alzò un sopracciglio, rimanendo appoggiato al muro. Era come l'aveva lasciato la sera prima.

"Non ti piace?" chiese Keira, la voce trillante e allegra, anche se impregnata dell'agitazione profetica della mattina. *Credo di essere impazzita…* fece arricciando il naso al suo stesso tono di voce *Sii più seria Keira! Qui stiamo lavorando*

"Se piace a te…" sospirò Teathron, e poi si distaccò dal muro. Era più alto dell'ultima volta o era soggezione?

*Forza…digli quello che sai.* "Devo dirti prima una cosa." Disse con sicurezza la ragazza, e Teathron bloccò la sua camminata sicura, diretta alla macchina parcheggiata sul marciapiede.

Gli occhi si scontrarono, e trovarono un attrito elettrizzante. Lui rimase zitto, e attese. Keira si morse un labbro. Abbassò lo sguardo di nubi grigiastre, si guardò le scarpe slacciate. *Come…faccio a dirtelo?*

"Qualcosa non va Keira?" domandò lui e fece qualche passo per raggiungerla. Keira rialzò lo sguardo sul suo volto leggermente perplesso, non irradiato dalla luce terrena, ma quella del regno degli spiriti.

"Tua madre…"

Keira incontrò gli occhi di lui, e rimase a guardarli. Profondi, intensi. Cielo su acqua ghiacciata. *Non è giusto. Non voglio dirti una cosa del genere… non…* "…è morta, Goffreud. Tre anni fa."

La cosa che più la ferì, fu vedere che non c'era rabbia negli occhi di cristallo. In loro non vi fu terrore, disperazione, amore, rimpianto. Vi fu solo cupo nulla.

"Io… mi dispiace." Disse Keira piano, la voce leggera sulle sue labbra, *Mi dispiace davvero.*

Teathron si sedette sul marciapiede, gli occhi spenti, il volto inespressivo. Fissava la strada, come essa nascondesse un bel tesoro o un mistero inspiegabile. Keira rimase in piedi, mentre gli occhi le si velavano appena, nel veder la figura nera e bianca del ragazzo immota.

Teathron infine si voltò verso di lei, la guardò dal basso. "Cosa devo fare…"

Keira rimase atterrita a quella domanda. Nel suo cuore si generò un oscuro pensiero, fatto di ombre ed incubi. *Cosa ti aspetti da me, Teathron? Io non posso darti risposte…io non so nulla…*

C'era solo una cosa da fare, e che sentiva il dovere di fare.

Si sedette al fianco di quello spirito sperduto nelle tenebre, gli passò le braccia attorno al collo.

Lasciò che lui piangesse sulla sua spalla.

 

In realtà, Keira sapeva quale fosse l'ultima cosa da fare. E più si rendeva conto che fosse l'unica cosa giusta, più sentiva che non voleva affatto che Teathron se ne andasse. Lo guardava, mentre con semplice freddezza e distaccamento guidava la macchina, facendola correre come una dardo nero sull'asfalto della stradale che conduceva a Darlah.

Quella storia, tutto quel frenetico avvenimento che era stato l'incontro con quel fantasma, sembrava solo un sogno. E Keira, nonostante avesse avuto molte prove -anche dolorose- del fatto che Teathron e la sua storia fossero reali, stentava ancora a poter credere che fosse davvero tutto vero.

Era crudele, cruento, ingiusto, quel mondo dove si andava dopo essere morti. Un mondo fatto di memoria svanita, cupo girare per le lande della nostra vita passata.

Eppure Teathron non era più come quando lo aveva incontrato la prima volta. Era vivo, dannazione. E lei in un qualche modo, non sapeva quale, ne perché, aveva bisogno di lui…più di se stessa. Temeva che, quando lui se ne sarebbe andato, tutto quel mondo sarebbe finito, quella verità si sarebbe cancellata dai suoi ricordi, e lei sarebbe tornata a vivere come un'opaca creatura rinchiusa nella biblioteca.

Il pesante e arcano libro che era sulle sue gambe sembrava bruciarle la pelle. Keira lo posò sui sedili posteriori, mandando un'occhiata al titolo scritto in lettere dorate 'La Bibbia'.

Il vento le sferzava e le graffiava la guancia. I capelli neri, ramati appena, volavano come uccelli arrabbiati sulla sua testa. Gli occhi grigi fissavano ora davanti a se, la strada che come una lingua che va al contrario, veniva percorsa dall'automezzo.

*Quelle creature… loro non scompariranno assieme a Teathron* le assicurò una voce sottile nei suoi pensieri. Keira socchiuse gli occhi, riducendoli a fessure concentrate. *Forse Loro potrebbero dirmi cosa sono. Perché vedo Teathron, e perché solo io posso aiutarlo.*

Per vincere il tuo nemico, devi conoscerlo. Ma perché non conoscere il nemico, per conoscere se stessi? *Se loro solo l'errore, lo sbaglio… e di questo neanche ho la certezza, allora io sono il giusto, il bianco, il bene? Mi sono avvinghiata ad una qualche guerra tra demoni e spiriti?* e guardò fuori, verso il cielo di nubi bianche, veloci danzatrici nel celeste. *Chi sono… allora chi sono veramente. Quale è il mio destino…*

"Siamo quasi arrivati." Disse il fantasma che guidava, le labbra solo si mossero.

Keira sussultò, al suono della sua voce. Guardò la figura del ragazzo, nera e stagliata sul celeste del cielo oltre il finestrino. Quanti misteri lo avvolgevano, quante verità, donate ai suoi occhi.

*Ce la farò, senza di lui? Sola contro quelle creature…potrò mai farcela?*

 

Il cimitero alla luce del giorno sembrava un luogo calmo e silenzioso. Il luogo dove riposano gli uomini, eternamente mescolati alla terra gialla di foglie secche.

Keira provò rispetto e pacato amore per quel luogo. Le lapidi spuntavano dalla vegetazione di frassini, e mostravano i loro titoli di defunte anime.

Teathron le camminava al fianco, le sue scarpe non facevano rumore sul giallo delle foglie.

Sentiva la Bibbia pesare tra le sue braccia. Pesare come un macigno, come un fardello che era costretta a portare da sola. Le mani le bruciavano, e l'aria le entrava a stento dalle labbra serrate.

Sembrava un rituale. La ragazza vergine, viva, che cammina al fianco di una cupa ombra. La cosa le mise i brividi, al pensiero. *E' così surreale che sembra davvero inevitabilmente possibile.*

Le venne alla mente la figura della vergine che governa il Drago. La principessa guerriera. Erano solo leggende, e più che altro legate alle amazzoni o ai miti Italiani ed Europei del medioevo… ma ora non sembravano poi così fantastici.

Il sole le schiacciava i capelli, le mostrava la via tra le tombe. Una nebbia di rugiada si alzava dalle foglie, e le strusciava sulle gambe. Tutto sembrava aiutarla a raggiungere la lapide desiderata. Gli uccelli, cornacchie mangiatrici di carcasse, erano immobili. I loro occhi rossi erano puntati su di lei, il becco verso il basso. Anche Teathron rimase mesto e silenzioso, al suo cospetto, e le camminava dietro, a seguirla.

Tutto il cimitero si inchinò, al suo passaggio.

 

Eccomi.

Davanti a me la fine, dietro di me, quello che fu l'inizio.

Ora, questa via di foglie e morte, alla luce del giorno, mi sembra un santuario di speranza e di struggimento.

Quante anime mi hanno toccato il braccio, al mio passaggio tra le lapidi? Quante anime mi hanno sussurrato frasi sibilanti all'orecchio, mentre camminavo tra i rami? Quante volte ho urtato sul corpo di un morto, sotterrato, fatto roccia, e in me stessa, silenziosamente, ho chiesto scusa?

Il Libro, è tra le mie mani tremanti. Lo guardo, e brucia. Brucia come il sole sulla mia pelle.

Brucia come bruciava tanti anni fa, quando i dottori dicevano che era frutto di un'allergia…allergia alla Luce.

I miei occhi bruciano, ma so che non sono fatti di luce. Sono fati di ombre grigie, e di lacrime di zaffiro.

"E' ora di dirci addio, Teathron." Mormorano le mie labbra, mentre mi volto verso destra, a guardarlo. Lui fissa se stesso, a metri e metri nel sottosuolo, assaporando già qualcosa che non mi è data di vedere.

"Non ci vedremo più." Continuai, e abbassai il volto. La lacrima cadde tra le foglie, bagno il suolo.

"Ricordo le campane." Sussurrò la voce del fantasma. "Quando suonavano sulla mia testa. Ho assistito al mio funerale, Keira."

"Perché mi dici queste cose." Dissi affranta, e fissai per terra. Ogni parola era un pugnale nella carne dell'anima.

"Perché non c'è mai una fine. Io andrò nelle Terre dove gli Spiriti vivono. Ma sarò sempre con te, non ti abbandonerò mai."

"Come fai a dirlo con certezza…" feci io, e avrei voluto bruciare quel libro, egoista, non mandarlo via.

"Come ti dissi…ci sono molte cose che adesso non hanno senso per te, ma che presto troveranno risposta." La voce di Teathron era pacata, come già libera, come già fatta di libertà.

Cercai la sua mano. Lui prese la mia, la strinse dolcemente.

Teathron.

Sei vero, ma non lo sai. Posso sentire la tua presenza, materialmente, ma mi sfuggi come fumo tra le dita.

"Non sarai sola, Keira. Non ti lascerò vagare nel buio, quando potrò aiutarti. Tu hai fatto questo per me." E l'altra sua mano, bianca, rilucente, si posò sulla mia spalla. Alzai lo sguardo dalle foglie secche e gialle, e guardai i suoi occhi. Dicevano la verità, e sentii un gran sollievo alleggerirmi il respiro.

"Dopo una soglia, vi è uno specchio. Riflette solo alcune cose di noi, e poi le rende reali. Ci sono infinite soglie, e tutto il nostro cammino… è un continuo incedere, speranzoso, alla ricerca dell'ultima soglia." Teathron sorrise, ed era un sorriso vero, fatto di gioia e sentimento. "Quando muori, capisci che non c'è, l'ultima soglia. Che è tutto un grande cerchio. E tu Keira, sei l'equilibrio di questa catena. Sei stata la mia luce, il mio angelo. La mia via. E ora, toccherà a me. Invertiremo i ruoli, ma l'essenza del viaggio sarà sempre la stessa."

Seppi che era così.

Lasciai la presa sul libro, mentre lo guardavo negli occhi. Le lacrime non si erano fermate, e mi bagnarono le guance, come fossero sangue di ferite inguaribili.

Il vento lo portò via. Quando la bibbia toccò il terreno, una grande luce mi asciugò gli occhi. Mi penetrò fin dentro l'oscuro antro della coscienza, tagliando fili di piombo nero.

Liberò i miei pregiudizi, mi rese pura. L'ultima cosa che vidi di lui furono gli occhi celesti. La sua figura sfumò, come polvere bianca, mossa dal vento del cimitero.

E poi, le iridi si mescolarono al celeste del cielo.

Rimasi a fissare il cielo, e il vuoto davanti a me.

Le Cornacchie si alzarono in volo all'unisono.

Neri dardi che vengono scacciati dalla luce eterna.

*Ora sei libero*

 

Ho nascosto la macchina di Teathron in un capannone abbandonato, in una parte desolata e decaduta del cimitero. Non credo ci verrà mai nessuno. Ho preso le chiavi della casa ad Everet Street dal cruscotto, ho chiuso l'automobile, il capannone, e poi mi sono avviata verso la stradale.

Mi ha preso in macchina una vecchia donna che andava verso New Barringhton, e che mi ha dato uno strappo fino a Hollow Town gratis. E' stato un sollievo per me, vedere che non sembrava una molto loquace. Quello che mi serviva era solo il silenzio.

Erano le quattro del pomeriggio, quando la signora mi ha salutato, poi scorrazzando via diretta alla sua metà. Non volevo tornare a casa mia per dover fare il viso sorridente a mia madre, e neanche volevo andare a casa di Teathron. Era troppo fluente ancora nei miei ricordi la sua immagine mentre sfumava via…e andare dove avevo passato del tempo con lui non mi avrebbe aiutata a molto.

Così decisi di andare in Biblioteca. Il venerdì alle 4 era sempre deserta.

Belle Margherita ha chiesto la tessera, e poi mi ha detto che dovevo rimettere la Bibbia a posto prima di sera, altrimenti mi avrebbe fatto pagare una tassa salata. Io non ho neanche ascoltato la fine della frase, che già ero scomparsa tra gli alti scaffali scricchiolanti.

Mi sedetti dietro al tavolino, accanto alla finestra, e rimasi in completo silenzio a fissare il vuoto, tenendo il libro sacro tra le braccia, stretto al petto. Quanto mi faceva male, il cuore. Tanto che ogni respiro era debole, e ogni attimo in più che passava, sulle mie guance sentivo le lacrime,.

Misi la Bibbia al suo posto, e poi rimasi in piedi, a sfiorare le copertine ruvide e vecchie degli antichi tomi. Più li carezzavo e più sentivo che la mia vita era cambiata, che non sarebbe mai più stata la stessa.

Nel giro di tre giorni mi trovavo in possesso di una casa, di una macchina, e di un grande, enorme, pesante segreto. Nel giro di tre giorni avevo capito che c'era qualcos'altro, qualcos'altro che davvero avevo visto, oltre alla materialità delle cose.

Presi a caso un libro, e poi mi risedetti al tavolino. Guardai fuori dalla finestra, e non mi colpì il fatto che stesse di nuovo piovendo. Pioveva, triste il cielo, e ora capisco perché piange.

Piange anche lui, per ogni anima che se ne va.

Se chiudo gli occhi, adesso che sono qui, chiusa tra mura fatte di pagine scritte, posso sentire i sussurri del vento negli stipiti della finestra. Sussurri simili a lamenti, che reclamano a gran voce il mio nome.

Keira, dice il mondo in tempesta.

E io ho risposto, Eccomi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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