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Autore: ineedofthem    07/11/2019    4 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 66
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Capitolo 66



Lucia indossa un giacchetto leggero sopra il vestitino a fiori che indossa, smaniosa all'idea di venire via con noi. Mi ritrovo a scrutarla con un sorriso ad arricciare le mie labbra, attratta da qualsiasi suo gesto ed espressione.
Io e Luca ci lasciamo andare a una piccola risata complice, vedendola muoversi per la stanza, ripetendo quanto sia eccitata all'idea di passare questo pomeriggio con noi.
"Esco con Luca e Anita! Esco con Luca e Anita!" saltella, destreggiandosi con impazienza tra i suoi compagni.
"Dai su, tesoro, è ora di andare!" la esorta Amelia, accompagnandola verso di noi.
Lei si lascia condurre, ma senza abbandonare l'euforia che la contraddistingue, sgambettando allegra.
Ogni volta che il mio sguardo si punta su di lei, non riesco a non trovare incredibile il modo in cui si sia ripresa così velocemente dopo un importante intervento.
Poi la dottoressa si abbassa alla sua altezza, aggiustandole il colletto del giubbino e posando poi le sue mani sulle sue palle in una carezza gentile.
"Non fare arrabbiare Luca e Anita e comportati bene, ok?" si raccomanda, bonariamente, puntando un dito nella sua direzione.
La piccola annuisce vigorosamente, già inquieta all'idea di scappare dalle sue braccia e quando poco dopo saluta tutti con un gesto della mano, corre velocemente da me e Luca che non aspettavamo altro che vederla raggiungerci.
Le accarezzo il capo con dolcezza, sorridendole.
Lucia punta le mani sui fianchi, scrutandoci entrambi dal basso della sua posizione.
"Allora, andiamo?" ci sollecita, eccitata.
"Andiamo" le mormoriamo all'unisono.
A quel punto lei ci porge le mani affinché le stringiamo e mentre prendiamo a incamminarci verso l'ingresso, mi rendo conto che non riesca a fare più a meno di Lucia. Credo che sia stato così dalla prima volta che il mio sguardo abbia incrociato il suo e si sia instaurata una connessione tra di noi.

Sembra che sia Lucia a guidare noi, i suoi passi che appaiono frettolosi e scoordinati mentre scendiamo le scale.
"Bene" proferisce Luca, circondando le spalle della piccolina, non appena siamo nel cortile che ospita lo stabile, in prossimità della sua automobile.
Lei dondola sul posto, invitandolo con lo sguardo a parlare.
Luca le sorride, i suoi occhi che la scrutano con curiosità. "Cosa vuoi fare, piccolina?"
Lucia fa finta di pensarci su, portandosi un ditino alle labbra e corrucciando la fronte in un'espressione buffa. Poi, come colta da un'illuminazione, il suo sguardo è attraversato da una saetta giocosa; la boccuccia che si spalanca palesando tutta la sua sorpresa.
"Andiamo al parco! Voglio giocare!" trilla, manifestando il suo entusiasmo e sfuggendo alla nostra attenzione per correre in direzione dell'auto.
"Luci, aspettaci!" le faccio presente, fingendomi infastidita dal suo gesto.
Così, mentre Luca lascia che una sua mano si posi sulla mia schiena in un tocco carezzevole, la raggiungiamo.

Mi volto a guardarla, mentre lui guida con prudenza, con lo sguardo fisso davanti a sé. La radio che passa una canzone dei The Fray e il sole che ci inonda, riscalcando l'abitacolo e i nostri cuori.
Lucia incrocia i miei occhi, che non possono fare a meno di scrutarla come si fa con le cose più preziose e mi rendo conto che manifesti una grande eccitazione per qualsiasi cosa passi sotto la sua visuale; un manifesto pubblicitario che cattura la sua attenzione e che mi invita a guardare, un passante stravagante che la fa sciogliere in una risata leggera e genuina, una canzone alla radio che la coinvolge particolarmente. E io mi perdo, rapita dai suoi gesti, dal suo canticchiare allegro al suo riuscire a cogliere il bello in qualsiasi cosa la circondi.

Mia piccola Lucia insegnaci a guardare il mondo come fai tu, con gli occhi buoni, l'ingenuità e la spensieratezza che ti contraddistinguono.

Arrivati a destinazione, Lucia sguscia fuori dall'automobile, muovendosi velocemente verso i giochi che l'attraggono come una calamita.
"Lucia, va piano!"
La richiamo, ma il mio rimprovero bonario si dissolve non appena lei si volta nella mia direzione, sfoderando un sorriso angelico che maschera la sua espressione da piccola pestifera.
Nonostante riconosca che, con la sua imprevedibilità, possa sfuggire velocemente alle mie occhiate, non riesco a essere davvero arrabbiata o severa con lei, perché riconosco a cosa riconduca la sua smania di scoprire, venire a contatto con quello che la circonda.
Lucia scruta, ammira ogni cosa come se la vedesse per la prima volta; si guarda intorno come se qualsiasi evento fosse per lei una sorpresa. I suoi occhi catturano famelici quei piccoli dettagli e particolari che non tutti sono in grado di cogliere.
Luca mi raggiunge, soffocando una risata, e insieme ci muoviamo verso l'ingresso del parco. La ghiaia che scricchiola a contatto con le suole delle nostre scarpe.
Mi lascio cullare dal suo tocco, accoccolandomi al suo petto, nel momento in cui mi circonda le spalle.
"Sembra proprio contenta" ammette in un sussurro, seguendo Lucia in ogni suo gesto.
Accarezzo il tessuto della maglia da sotto il giubbino che indossa, rialzando lo sguardo per puntarlo nel suo. Poso la mia attenzione sui suoi occhi attraversati da un guizzo di spensieratezza.
"Lo è..."proferisco in un sorriso, accogliendo le sue carezze che si vestono di dolcezza e premurosità.
"Sai?" gli domando. "Fa strano essere di nuovo qui con lei. Da allora sono passati molti mesi e sono cambiate tante cose" gli rivelo, palesando la mia incredulità.
Lui circonda il mio viso tra le sue mani, attraendomi a sé, in un modo così magnetico da farmi tremare. Credo che potrà passare tanto di quel tempo ma sono sicura che non riuscirò mai ad abituarmi al suo sguardo su di me.
"È vero" sussurra a un passo dal mio viso. "Ma c'è qualcosa che non è mutato nel corso di questi mesi".
Gli lancio un'occhiata di sbieco, trattenendo tra le labbra un riso divertito, spronandolo a continuare.
Luca giocherella con una ciocca di capelli, attorcigliandola tra le sue dita, prima di sistemarla dietro il mio orecchio.
"Quello che proviamo per Lucia, Anita. Quello non è mai cambiato" mormora in un sorriso coinvolto.
E alle sue parole che mi provocano un calore al petto, il mio sguardo si muove alla ricerca della mia piccola, trovandola impegnata in una scivolata; le mani portate al cielo in segno di vittoria, gli occhi socchiusi e l'espressione più felice che abbia mia visto sul suo volto.
Lascio che la sua immagine serena si fissa dentro di me, imprimendola nella mia mente e nel mio cuore.
Poi faccio congiungere le mie dita con quelle di Luca, e prendiamo a camminare verso di lei, con l'emozione a irradiarsi nei nostri petti.

Non appena Lucia si accorge di noi, si muove nella nostra direzione, scalpitando ansiosa all'idea di includerci nelle sue intenzioni.
"Facciamo un gioco" annuncia, saltellando fino a noi.
"Un gioco?" le domando, abbassandomi alla sua altezza, curiosa, mentre Luca dall'alto del sua posizione ci scruta con un cipiglio divertito.
La piccola annuisce con il capo, vigorosamente, facendo smuovere le treccine, che le adornano il volto, a ogni movimento.
"Sì..." ammette, oscillando le gambe sul posto e portandosi una manina alle labbra per soffocare un riso. "Acchiapparello! Io e Anita corriamo e Luca deve prenderci!" proferisce con un sorriso colmo di eccitazione.
Lui porta le braccia conserte al petto, lanciandole un'occhiata di sbieco, che palesa un principio di scetticismo. "Ah, sì?"
"Mmh-mmh" mormora lei, cercando la mia approvazione.
"Preparati a perdere, piccola pestifera" le fa presente Luca, puntando un dito nella sua direzione con un modo fintamente rimproverevole, poi però dalle sue labbra si propaga un sogghigno divertito.
"Non è vero!" replica la piccola con una linguaccia, appoggiando le mani sui fianchi con fare superiore.
"E va bene!" ripete lui, con un broncio incredulo e infantile, puntando i piedi sul posto, combattuto all'idea di dargliela vinta.
Nel frattempo in cui assisto alla scena, posando i miei occhi, ripetutamente, prima su di lei e poi sull'uomo al mio fianco, e riconoscendo nel loro scambio di battute una sfida aperta ma anche una sintonia complice, Lucia cerca la mia mano, stringendola intensamente.
Poi scimmiotta il suo interlocutore, come a rimarcare il suo affronto.
"Allora partiamo...1, 2, 3...via!" strepita lui a gran voce, dandoci il segnale per scappare.
Osservo le mani di Luca sfiorare il vestitino di Lucia che rilascia un urletto sorpreso, colta impreparata, quindi mi tira a sé, spingendomi ad accelerare il mio passo.
Lascio che sia lei a guidarmi, calandomi perfettamente nel ruolo della sua compagna di giochi.
Prima che ce ne rendiamo conto, nel frattempo in cui ci muoviamo a perdifiato e Luca ci insegue simulando smorfie e versi, le risate ci coinvolgono.
Lucia allora si volta nella sua direzione, simulando un marameo.
"Tanto non ci prendi! Tanto non ci prendi!" lo stuzzica, dispettosa.
Incontro lo sguardo di Luca che gioca a rincorrerci, ritraendosi non appena si rende conto di essere troppo vicino, come a spianarci la strada per spingerci più lontano.
"Adesso vedi se non vi prendo!" le replica, fingendosi contrariato dal suo affronto. Poi i suoi occhi incrociano i miei che lo scrutano con un divertimento complice.

Così, non appena mi accorgo che Lucia stia per inciampare nei suoi passi mi spingo prontamente a sorreggerla, preoccupandomi per lei e mettendo il suo bene davanti al mio, proprio come farebbe un genitore.
Ma lei mi rivolge la sua attenzione, sorridendomi grata e, approfittando di una distrazione di Luca, mi spinge a raggiungere una casetta a forma di pomodoro che campeggia tra le altre attrazioni del parco divertimento.
A quel punto, ci infiliamo nella struttura, dove sono costretta ad abbassarmi, data la statura a misura di bambino, lasciandoci andare a una risata serena e divertita, ancora con i respiri ansanti per lo sforzo.
Cingo il viso di Lucia tra le mie mani, accarezzando le sue guance con dolcezza e inginocchiandomi per arrivare alla sua altezza, mentre lei riprende fiato.
"Sei incredibile, piccola Luci..."le sussurro, sciogliendomi in un sorriso, attratta da ogni suo minimo tratto e gesto.
Lei mi riserva uno sguardo colma di quella tenerezza che la contraddistingue, attorcigliando una ciocca dei miei capelli tra le sue dita.
"Mam..." esala, corrucciando la fronte in un'espressione dubbiosa e titubante, subito dopo, come se si fosse resa conto di essersi esposta troppo.
Non mi è difficile intuire cosa stesse per pronunciare e al solo pensiero avverto il mio cuore scalpitare furioso nel petto.
Mi accorgo che tutto il resta sia ovattato, anche la voce di Luca all'esterno che diventa, via, via più vicina: la mia attenzione catalizzata su di lei, lei soltanto.
"Anita..."ripete la piccola, schiarendosi la voce, "ti voglio bene".
"Luci" la richiamo, con premura, rendendomi conto che il tono esca un po' deformato dall'emozione. "Cos-cosa stavi dicendo prima?"
Lei abbassa lo sguardo, giocherellando con le dita delle mani, incerta.
"Mamma..."pronuncia, a bassa voce.
Faccio in modo che i suoi occhi incontrino i miei, ormai lucidi, che la scrutano come se fosse la cosa più bella e preziosa.
"Io voglio che tu sei la mia mamma, Anita" aggiunge, in un slancio di coraggio, stringendosi a me in un abbraccio. Avverto le sue dita artigliarsi al mio giubbotto e stringere forte, alla ricerca di protezione.
Allora io rinforzo la mia presa sul suo corpo, cullandola dolcemente tra le mie braccia, senza riuscire a controllare alcune lacrime che scivolano giù lungo le mie guance.
Mi rendo conto che in un modo così semplice e naturale il suo respiro si plani al mio, con i cuori che appaiono battere all'unisono. E mi viene da pensare che per noi non ci sia mai stato bisogno di legami di sangue per volersi bene. La nostra è una connessione che va al di là di qualsiasi cosa, è un amore sincero che ci unisce nel cuore e nell'anima.
La piccola percepisce presto il mio turbamento e fa in modo che la mia attenzione ricada su di lei, asciugando il mio viso imperlato dal pianto. E io lascio socchiudere i miei occhi sotto il suo tocco delicato.
"Perché piangi?" mi chiede, preoccupata all'evenienza di una reazione diversa da quella che si aspettava, ma mi curo di rassicurarla, carezzandole il viso, animata da una piacevole sensazione; le sue labbra che si arricciano in un broncio triste.
"Perché è la cosa più bella che tu potessi dirmi, Luci. Piango perché sono felice" le confesso, intenerita.
Lei acconsente, sorridendomi ora rasserenata, e fa in modo che il suo capo si adagi di nuovo contro il mio petto, lì tra le mie braccia, dove io sarò sempre pronta ad accoglierla.
La porta si spalanca poco dopo, facendoci sobbalzare lievemente. Luca si presenta sulla soglia, mostrandoci la sua espressione trionfante.
"Ah-ah! Vi ho trovate piccole pestifere!" ammette, sciogliendosi in un sorriso vittorioso, che ci provoca una risata leggera.
Poi alla vista di me e Lucia abbracciate sul suo viso si insinua un cipiglio tenero. "Ma cos'è questa cosa? Voglio anche io un abbraccio!" protesta con un certo fare infantile, allargando le braccia in un gesto plateale.
E a quel punto Lucia ride divertita e lo tira a sé, lasciando che le braccia forti e premurose di Luca ci plasmino in una stretta che ha il sapore dolce di famiglia, di casa.

Successivamente, la piccola si sporge dalla spalla di Luca per incrociare il suo sguardo con un sorriso furbo e biricchino, palesando le sue intenzioni.
"Andiamo a prendere un gelato, per favore?" ci supplica, sporgendo il labbro in fuori e giungendo le mani tra di loro.
Luca scuote il capo, ridendo, invitandoci a seguirlo fuori dalla casetta.
"Vieni, salta su!" le fa presente, indicando le sue spalle, per spronarla a salirgli in groppa.
Lucia annuisce con un sorriso eccitato e rilasciando un gridolino di gioia non appena Luca si rimette in piedi con lei aggrappata al suo collo. La prospettiva di guardare il mondo da un'angolazione più alta deve entusiasmarla molto.
Lui la sostiene a sé, mentre la piccola porta le braccia in alto al cielo, socchiudendo gli occhi sotto il tepore lieve del Sole. Mi viene da pensare che i riflessi della luce creino sul suo viso un gioco di ombre incantevole e mi ritrovo ad assistere alla scena con una tenerezza inaudita. Rilasciando poi un sospiro sereno, mi accocolo a entrambi e ci facciamo strada verso la gelateria.
Luci è dotata di un potere magico: sotto i suoi occhi, infatti, tutto sembra assumere una prospettiva diversa e mi rendo conto che nonostante parli, parli ininterrottamente, io potrei stare qua ad ascoltarla per ore, incantata e attratta da ogni suo più piccolo particolare.

Arrivati alla nostra destinazione, Luca lascia scivolare la nostra piccolina giù dalle sue braccia e lei fa in modo che la sua mano cerchi di nuovo la mia per stringerla forte e incrocia i miei occhi che non l'hanno persa di vista neanche un secondo.
"Scommetto nocciola e stracciatella per entrambe" esordisce lui, puntando, divertito, un dito nella nostra direzione.
Lucia annuisce, nascondendo una risata timida tra le manine portate alla bocca.
Così, mentre lui si allontana per dirigersi al bancone, porto la mia attenzione alla piccolina al mio fianco, trovandola attenta a guardarsi intorno, pregustando già con gli occhi, che le brillano, la sua ricompensa.
La esorto a seguirmi per prendere posto a un tavolo libero, quando nel frattempo mi sento richiamare da una voce squillante, con un accento inconfondibile.
"Doc!"
Muovo il capo meccanicamente, puntando il mio sguardo a destra e poi a sinistra, facendo scontrare i miei occhi con quelli divertiti di Mattia, a pochi passi da me.
Lui se ne sta lì, con l'espressione furba e fiera, le braccia spalancate in un modo puramente sorpreso e felice.
Allora lascio che sul mio viso si insinui un sorriso emozionato, macinando passi nella sua direzione.
"Mattia!" esclamo, lasciandogli trapelare il mio entusiasmo.
"Ciao, dottoressa carina" replica lui con impertinenza, aprendosi in un occhiolino sfacciato.
Così, mentre scuoto il capo, sciogliendomi in una risata leggera, mi riscopro a pensare che mi fosse mancato, mi fosse mancato proprio tanto.
"Come stai?" gli domando, macchiando poi il mio tono di un finto rimprovero. "Sei venuto a togliere il gesso e nemmeno un saluto alla tua dottoressa preferita?"
Lui abbassa lo sguardo, d'un tratto intimidito, dondolandosi sul posto.
"Lo sai, doc, a me gli ospedali non me so mai piaciuti...scusa" confessa, in imbarazzo.
Annuisco, in un sorriso, scompigliandoli giocosamente i capelli, mentre lui sbuffa, arricciando il naso sotto il mio tocco.
Poso poi lo sguardo a Lucia al mio fianco che mi tira per la manica della maglietta per reclamare la mia attenzione.
Mi rendo conto che faccia alternare il suo interesse da me a Mattia, confusa, rifilando un'occhiata scontrosa al ragazzino che gli è di fronte.
"Luci" le sorrido incoraggiante, abbassandomi per parlarle a un palmo dal viso. "Lui è Mattia, è stato un mio paziente, qualche mese fa". Quando tu sei andata via...
Lei acconsente con il capo, piano, ma senza abbandonare la propria diffidenza nei suoi confronti.
Così lui, resosi conto della sua indole ombrosa, le fa segno di scambiarsi il pugno. Gesto che però lei non ricambia, aprendosi in una linguaccia dispettosa.
"Ao', doc, ma questa bimbetta è na tigre" scherza lui, divertito, imitando un ruggito che fa sciogliere entrambi in una risata.
"Da brava, Lucia, fai ciao a Mattia" la esorto, a quel punto, appoggiandole una mano dietro la schiena, come a volerle infondere la giusta spinta per sciogliersi dalla sua diffidenza.
Eppure, lei si ritrae, puntando i piedi a terra con un fare indispettito.
"No!" ribatte, portandosi le braccia al petto e arricciando le labbra in disappunto.
Il suo fare così scontroso non mi stupisce, eppure non posso fare a meno di notare che il suo gesto dimostri una gelosia morbosa nei miei confronti.
"Non fa niente, doc. Non devo esserle molto simpatico". Mattia accenna un sorriso che malcela una strana malinconia, lasciando una carezza a Lucia, che sbarra gli occhi con sorpresa sotto il suo tocco.
"Comunque, mi ha fatto piacere rivederti, dottoressa, me sei mancata, lo ammetto!" aggiunge, rifilandomi un'occhiata malandrina, che lo porta a ridestarsi dalla sua tristezza. Poi prima che possa solo rendermene conto, le sue braccia si stringono attorno al mio corpo e io mi ritrovo ad accettarlo, stupita.
Sento le sue mani che artigliano il mio giubbotto, riversando nel suo gesto una voglia di affetto, a cui non mi sottraggo, accarezzandogli la schiena con dolcezza.
Mi viene da pensare che non appena io abbia incrociato la sua figura, mi sia stupita dell'aria così adulta che emanava. Come se d'un tratto Mattia fosse sbocciato, prendendo le sembianze di un uomo. Ma adesso questo slancio mi dimostra che, infondo, sotto la scorza da ragazzo cresciuto si nasconda ancora un bambino bisognoso di tanto amore.
"Anche tu, Mattia, anche tu mi sei mancato" gli rivelo con tenerezza.
Poco dopo, Lucia si antepone tra i nostri corpi, insinuandosi nella nostra stretta per separarci.
"Ehi!" esclama, imbronciata, assottigliando lo sguardo in modo minaccioso per puntarlo sul ragazzino tra le mie braccia.
"Anita è mia!"
"Lucia..."la richiamo, cercando di utilizzare un tono fermo, stupita dal suo repentino cambio di umore.
Ma subito negli occhi di Mattia riesco a notare farsi spazio un velo di sfida.
"No, Anita è mia!" la provoca allora, sagace, nascondendo un sogghigno divertito.
Lei si innervosisce ancora di più e io mi accorgo di star scoprendo una nuova sfumatura del carattere di Lucia. Un suo nuovo modo di relazionarsi agli altri con cui vengo a patti solo adesso.
"No, è mia!" ribatte la più piccola, puntando i piedi a terra e smaniando agitata.
"È mia!" cantilena lui, senza darle la soddisfazione di poter vincere facile.
"È mia!"
È chiaro che, però, mentre Lucia sembri animata da un'estrema convinzione che le contrae i tratti in una smorfia indispettita, Mattia sia spinto solo dall'esigenza di provocarla e direi che ci sta riuscendo bene.
Allora faccio saettare la mia attenzione prima su l'uno poi sull'altra, assistendo al loro scambio di battute, senza riuscire a placarlo. Ma noto piacevolmente che se poco prima sembrava si stessero a vicenda affrontando, la sfida vada via via scemando, lasciando spazio al divertimento che è ora palese sui loro volti.
Traggo quindi un respiro di sollievo, ponendomi fra di loro.
"Okay, okay" impongo una tregua. "Facciamo che sono di tutti e due?" propongo in un sorriso.
Entrambi si esibiscono in un'esaltazione di gioia, stringendosi a me con foga. Allora mi lascio travolgere, scompigliando scherzosamente i capelli a entrambi.
E lo giuro, sentirmi inondare dal loro affetto è così rivitalizzante.

Luca ci raggiunge poco dopo, sciogliendosi in un sorriso divertito al modo in cui io sia incastrata tra i miei due piccoli ormai ex pazienti.
"Ma tu guarda chi si rivede!" esclama poi con stupore in direzione di Mattia.
Lui si divincola dalla mia presa per ricambiare la sua occhiata, impettito.
"Oi, doc, ciao anche a te!" lo saluta, spavaldo.
Luca gli lancia un'occhiata di sbieco, arrivandogli di fianco per dargli una pacca sulla spalla.
"Come te la passi, Mattia?"
Lui scrolla le spalle, gesticolando con le dita. "Oh, bene, bene" confessa risoluto.
Incrocio il suo sguardo come a volermi appurare stia dicendo la verità davvero.
Così lui sbuffa, sentendosi osservato, e rotea gli occhi al cielo.
"È vero, dottoressa impicciona!" esclama in disappunto, puntando un dito contro di me. "Ho cambiato classe e me se trovato pure la fidanzata!" ammette in tono di giustifica.
Poi i suoi occhi si perdono oltre le nostre spalle, e non appena mi rendo conto che sul suo volto si insinui un sorriso felice, vero, seguo il suo sguardo, puntato su una ragazzina bionda e minuta seduta poco distante.
Non appena lei si accorge dei suoi occhi puntati su di sé, si scioglie in un saluto timido, mentre Mattia senza smetterle di sorridere le lancia un bacio volante, che lei fa finta di catturare tra le proprie mani.
"Eccola la' la regazza mia!" esclama, con orgoglio.
E non posso fare a meno di sciogliermi davanti all'immagine tenera che entrambi emanano. Il loro amore adolescenziale è capace di riportarmi indietro nel tempo, a un periodo così lontano ma che mi appare, ogni volta che ci ripenso,come fosse qualcosa che ho vissuto solo ieri.
Incrocio lo sguardo di Luca, ritrovandolo già su di me, e faccio in modo che il mio sorriso sia tutto per lui: per lui che nel tempo è stato il mio primo amore adolescenziale, quello che per la mia giovane età ho teso a idealizzare, accentuando una delusione per trasformarla nella peggiore della mia vita. Con lui ho scoperto cosa significasse il colpo di fulmine, quello totalizzante che provi non appena i tuoi occhi si posano sulla persona di cui sei cotta, che ti sconvolge la mente e il cuore completamente.
Grazie a lui, però, ho scoperto anche come un amore possa mutare e maturare nel tempo. Ho appurato come possa essere bello condividere un sentimento, coltivarlo insieme, e imparare a capire e a ritrovarsi nella persona che si ama.

"Siamo felici di saperlo, Mattia. Nessuno dovrebbe mai sopportare quello che è capitato a te".
È proprio la voce di Luca a riportarmi alla realtà. Osservo con quanta premura una sua mano si posi sulla spalla del ragazzo, pronto a dimostrargli la sua vicinanza.
Così lui si apre in un piccolo sorriso, annuendo riconoscente. "Non è stato facile" ammette, in un sussurro, prendendo a giocherellare con le dita delle mani. "Ma ho scoperto che esiste ancora qualcosa di bello, non è davvero tutto perduto."
Il cambiamento è tangibile in lui stesso, e sarebbe impossibile non riconoscerlo, eppure nonostante non pare voglia parlarne, sono sicura non sia stato un processo semplice; certi eventi ti segnano per sempre.
Allo stesso tempo, non posso fare a meno di notare che mentre ne parli i suoi occhi per un istante si posino sulla sua ragazza. E mi rendo conto che sia lei quel qualcosa di bello di cui parla. D'altronde è questo l'effetto dell'amore, quel sentimento che può davvero salvarti.
Gli accarezzo, quindi, il capo con dolcezza.
"Mi raccomando, non farla soffrire!" lo avverto, in un finto tono intimidatorio.
Il ragazzo incrocia il mio sguardo, scuotendo il capo per aprirsi in una risata lieve.
"Promesso!" proferisce in un tono solenne, portandosi una mano al petto. Poi però punta un dito contro di Luca, assottigliando lo sguardo.
"Mi raccomando, tu tratta bene la mia dottoressa preferita, ok?" lo avverte.
Luca ridacchia, colpendolo scherzosamente dietro la nuca.
Così, mentre il più piccolo finge un lamento, contorcendosi dal dolore, mi accorgo sia arrivato il momento dei saluti.
Io e Mattia ci abbracciamo lievemente, ma nonostante nessuno di noi due pronunci alcuna parola, mi viene da pensare che sia stato bello rivederlo di nuovo. La sua storia, la sua permanenza in ospedale hanno avuto un significato nel mio percorso da medico e nel frattempo in cui lui si abbassa per dare il cinque a Lucia e rifilare un sorriso spavaldo anche a Luca, mi viene da pensare se il nostro incontro non sia stato un caso.

Nel frattempo in cui Mattia si ricongiunge alla sua fidanzatina, Luca si allontana da noi per portare a termine il compito che si era prefissato: sfamare i nostri stomaci.
Rimasta di nuovo sola con lei ne approfitto per avere un momento tutto mio con Lucia.
Invitandola a seguirmi al tavolo, lascio che si sieda sulle mie ginocchia, giungendo il suo viso tra le mie mani per avere la sua attenzione.
"Luci" la esorto, parlandone piano, quasi in un sussurro. "Perché ti sei comportata male, prima?".
Lei abbassa gli occhi, mordendosi un labbro, intimidita.
Appoggio allora due dita sotto il suo mento, invogliandola a spiegarmi, a farmi capire.
Poi lei scrolla le spalle con tristezza.
"Io...scusa..." proferisce in un sussurro.
Sul mio viso si insinua l'ombra di un sorriso.
"Ti sei ingelosita?" le chiedo, con premura.
La piccola esita un istante, incrociando i miei occhi, poi annuisce con vigore.
"Sì..."
A quel punto, rilascio un riso breve e divertito, accarezzandole il capo.
"Non hai motivo di essere gelosa, lo sai, vero? Perché tu sei la mia piccola Lucia, la mia dolce e pestifera Luci e questo non cambierà mai" le confesso, intenerita, avvicinandomi per giocare a fare nasino e nasino.
Dalle sue labbra, piccole e rosee, si propaga una risata, da cui riesco a evincere tutto il suo divertimento.
Poi lei appoggia le sue manine sulle mie guance, che gonfio e rilascio ripetutamente, soffiandole l'aria in volto e scompigliandole i capelli raccolti.
Lucia si dimena sotto il mio tocco, senza smettere di ridere, allontanandosi, e reclamando l'attimo dopo un mio abbraccio. E io mi accorgo che davvero di lei non ne avrò mai abbastanza.

"Ecco i vostri gelati!"esclama Luca di ritorno, porgendole una coppetta gelato e poi un cono per me.
"Grazie!" esulta la piccola, scivolando dal mio abbraccio e agguantando il suo bottino, frettolosa.
Il modo in cui comincia a gustare il suo gelato con avidità fa sciogliere sia me che Luca in una risata fragorosa.
Così, non appena la piccola si rende conto che la nostra attenzione sia attirata da lei, si accuccia su se stessa, imbarazzata.
"Dai, Luci, mangia, su!" la esorto, giocosa.
Lei scuote il capo, arricciando le labbra in un broncio.
"Solo se non ridete!" ci avverte, accompagnando le sue parole a una linguaccia.
Io e Luca lasciamo che i nostri occhi si incrocino per sorriderci con complicità.
"Te lo promettiamo!" le concediamo.
Lei annuisce, vittoriosa, portandosi alle labbra un generoso boccone.
E in noi si fa spazio la consapevolezza che Lucia ci tenga davvero in pugno, ma che non ci sia cosa più bella.

Quando si avvicina il momento di riportare Luci in casa famiglia, avverto un magone risalirmi lungo la gola. Sebbene sappia che non ci negheremo più momenti come questi, l'idea di lasciarla andare mi rende immensamente triste. Ho bisogno di viverla continuamente, senza perdermi i suoi progressi, e le sue nuove scoperte, così come vorrei esserle accanto nei periodi difficili, abbracciarla a me e sostenerla.
La sera è ormai calata da un pezzo, e mentre Luca guida verso la comunità che la ospita, accompagnati dalle note rilassanti di una canzone alla radio, volto lo sguardo a Lucia che si lascia rapire dalle luci delle città che si riflettono sulla strada, creando dei giochi di ombre.
"Ti sei divertita, tesoro?" le domando.
Lei si riscuote dai suoi pensieri, facendo scontrare i suoi occhi, luminosi e pieni di vita, con i miei, poi acconsente con il capo.
"Quando mi venite a prendere, di nuovo?" domanda, con smania.
Mi appoggio allo schienale del sedile, rilasciando un riso.
"Molto presto, piccoletta, molto presto" mi precede Luca, annuendo in modo rassicurante nella mia direzione.
Lei soffoca un gridolino sorpreso, che palesa tutta la sua gioia davanti alla notizia, poi torna a porre il suo sguardo altrove.
Solo quando mi accorgo che sia troppo silenziosa, mi rendo conto si sia addormentata. La boccuccia socchiusa, nascosta dalle manine, chiuse accanto al viso, il corpicino accartocciato al sedile. Io la guardo, senza riuscire a distogliere i miei occhi e alla sua visione lascio che una lacrima commossa sgorghi lungo il mio viso.

Mia piccola Lucia, mia piccola, bella e dolce, Lucia...

Io e Luca rimaniamo a scrutarla per quello che sembra un tempo indefinito, senza riuscire a non trovarla incredibilmente dolce e tenera, poi lui si premura di prenderla in braccio, e sebbene lei si agiti un po', poi si accoccola contro il suo petto, aggrappandosi al suo collo, in un modo così naturale, come se quel posto fosse stato fatto a posta per accoglierla.

Ad accoglierci è Elena, la giovane educatrice che abbiamo conosciuto soli poche settimane prima. Parliamo in un sussurro, facendo di tutto pur di non strapparla dal suo sonno sereno, la adagiamo tra le sue braccia e anche se a malincuore, lasciamo che per adesso sia lei a prendersene cura.
Cerco di prolungare il più possibile la mia permanenza, ma sono costretta ad andare via, lo stesso.
Allora faccio scontrare le mie labbra con la sua fronte, sfiorando la sua pelle piano.
"Torno presto, piccola mia..." le sussurro, accarezzandole una guancia, rimanendo a lungo con le mie dita a contatto con il suo viso.
Poi accetto che Luca mi conduca fuori dall'appartamento, e insieme, stretti in un abbraccio, silenziosi, ci facciamo strada verso la sua automobile.
Mi appoggio al sedile, rilasciando un sospiro, scrutando dritta davanti a me, nel momento in cui Luca prende posto al mio fianco, stringendo il volante tra le mani.
"Luca..."lo richiamo in un sussurro.
Lui si volta nella mia direzione, sporgendosi verso di me, per spronarmi a parlare.
Carezzo il suo viso con le dita, lentamente, disegno il contorno delle sue labbra come se avessi bisogno di appurare la veridicità dei suoi tratti.
"Credi che saremmo dei bravi genitori?" gli confido, a bassa voce, come se fosse un segreto da condividere solo con lui.
Lui giunge il mio polso tra le sue mani, e io sussulto al modo in cui le sue labbra si posino sulle mie nocche, baciando le mie dita, dolcemente, senza mai abbandonare i miei occhi.
La sua voce si infrange roca sulla mia pelle, facendomi rabbrividire colma di amore e aspettativa.
"Questo non te lo posso dire. Ma so che ci metteremo tutto l'impegno e l'amore possibile" mi confida, facendo scontrare il mio corpo contro il suo petto.
E io nascosta tra le sue braccia, mi accorgo che genitori non si nasca, ma lo si diventi attraverso la voglia e la spinta che si ha di mettersi in gioco e in discussione.
Essere genitori è intraprendere un viaggio, scoprendo quanto sia bello crescere e migliorarsi insieme. Un legame che va costruito e coltivato giorno dopo giorno, un qualcosa di speciale a cui io e Luca non abbiamo intenzione di rinunciare mai più.

ANGOLO AUTRICE:
Buonasera❤
Lo so, vi avevo promesso un capitolo in tempo breve, ma ahimè, a mia discolpa posso dire che la settimana scorsa è stata davvero pienissima, tra esame scritto della patente, ormai superato, e vari impegni quotidiani la scrittura è passata in secondo piano. Poi, lo ammetto, approfittando delle festività, mi sono concessa un po' di riposo.
Quindi, non me ne vogliate, ma avevo un valido motivo 🚗
Eppure, adesso eccomi qui, il capitolo è concluso e non so voi, ma io reputo che sia davvero uno dei più dolci che abbia mai scritto. Ma quanto belli sono, Lucia, Anita e Luca insieme? Io direi che non si possa definire🥰😍
E poi, cosa ne pensate della gelosia manifestata da Lucia? Credete possa creare qualche problema in futuro? Chi lo sa, ma sicuro è che Luca e Anita tremano dalla voglia di accoglierla nella loro famiglia e Lucia non aspetta altro che poterli chiamare mamma e papà.
Ora non voglio dilungarmi ancora, lascio a voi la parola e mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate. È tanto importante per me!
E ancora grazie per il supporto e la pazienza che mi dimostrate, vi voglio bene❤
Vi abbraccio tutti!



  
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