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Autore: ineedofthem    09/12/2019    3 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 69
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 69

"Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno nella tua vita"
-Confucio

Mi fermo sulla soglia da cui si accede alla sala comune e non posso fare a meno di fermarmi a scrutare, con gli occhi a brillarmi di luce propria, i miei bambini. Sulle mie labbra si increspa un sorriso.
Io li guardo, osservando i loro volti spensierati, lontani da ogni dolore, e mi sento pervadere da una sensazione di profondo benessere.
Credo che per svolgere un tale mestiere si debba essere mossi da un moto coscienzioso, che ti impone di ricoprire la professione con passione e devozione. Non è un lavoro che si può pensare di prendere sottobanco, o perché animati da un solo scopo monetario. Dietro di esso si celano sudore e sacrificio, ma da cui si ricava una ricompensa che va al di là dei soldi.
Da quando ero solo una bambina e ambivo a una tale professione, non potevo mai immaginare che il mio sogno potesse realizzarsi. Ma ora che lo so, avverto come se questo ruolo mi fosse stato cucito addosso da sempre. 
Quando ho deciso di divenire medico, e ho intrapreso la specializzazione in pediatria, mi sono ben presto resa conto che i bambini sappiano amare in un modo puro e senza malizia, investendoti con il loro affetto incondizionato. Riescono a scaldarti il cuore con un solo gesto, il più piccolo, ma che racchiude un significato profondo, e non chiedono nulla in cambio.
Sarebbe bello se riuscissimo a vivere così come fanno loro, con l'ingenuità che li contraddistingue, e che con il tempo ci abbandona, mangiando il mondo con gli occhi dolci e colmi d'amore che sanno ancora stupirsi davanti al bello della vita.
Questo lavoro mi ha insegnato molto, e credo che continuerà a farlo ancora e ancora, e io me ne nutrirò senza mai smettere di sentirmi, in confronto a questi bambini, piccola piccola.

Muovo un passo, uno avanti l'altro, facendomi spazio nella sala, timidamente, come se avessi paura di intaccare un clima tanto disteso, eppure senza che me ne accorga, vengo presto investita da un'ondata di piccoli pazienti che si apprestano a stringersi alle mie gambe, arrampicandosi lungo il mio corpo, pur di reclamare la mia attenzione.
E io mi abbasso, e mi lascio invadere dal loro affetto che ha un sapore piacevolmente dolce e li cullo al mio petto, nutrendomi delle loro espressioni entusiaste.
Io sono nata per questo, lo comprendo ogni giorno di più, e continuerò a combattere affinché il mio lavoro non si riveli mai vano.

Rischiando di incespicare sui miei passi, barcollo rimettendomi in piedi, ma senza fare a meno di dedicare una carezza o un sorriso ai miei bambini.
Mi accorgo, però, nel momento in cui mi volto per guardarmi indietro, della presenza del dottor Visconti sulla soglia della stanza.
I miei pazienti si rendono conto ben presto che la mia attenzione sia altrove e in un modo chiassoso richiamano il mio interesse, ma sono costretta, a malincuore, a doverli salutare, non appena il mio tutor mi richiama a sé con un cenno della mano.
Lo faccio, raggiungendolo a un passo svelto ma che si rivela allo stesso tempo incerto.
"Dottore, è successo qualcosa?" Proferisco, arrivandogli di fianco e palesandogli i miei dubbi.
Lui inforca le mani nelle tasche del camice, scuotendo il capo.
"No" ammette, scrollando le spalle. "Vorrei solo parlare un secondo con lei".
Pondero le sue parole, prima di acconsentire, anche se ancora un po' insicura davanti alla sua richiesta.
"Va bene..."
Visconti annuisce, accennando un piccolo sorriso, così nel momento in cui prende a muoversi verso il suo studio, lo seguo, senza pronunciare verso.

Non appena la porta si richiude dietro di noi, separandoci dalle occhiate curiose del reparto, il mio tutor rimane in piedi davanti a me, lasciando che le sue mani si giungano, giocando a strofinarsi tra di loro.
"Mi rendo conto che lei pensava la questione fosse chiusa, eppure volevo dirle questo già da un po', ma..."si interrompe come se se ne sentisse lui stesso imbarazzato. "Me ne vergognavo".
Piego il volto in un'espressione incuriosita, sciogliendomi in un sorriso davanti alla sua inaudita sincerità e lo invito a proseguire.
"Le porgo le mie più sentite scuse, dottoressa" ammette lui, allora, ritrovando un tono di voce fermo e sicuro.
Ma sento la necessità di insinuarmi nel suo discorso, frettolosa. "Dottore, non ce n'è bisogno davvero, ne abbiamo già discusso e io..."
Il primario placa il mio fiume di parole con un cenno della mano. "Per favore" replica, rilasciando un sospiro. "Per una volta, mi lasci parlare" mi chiede, unendo le mani davanti a sé in modo supplichevole.
E non mi resta che, anche se presa alla sprovvista, annuire e continuare ad ascoltarlo.
"Sa, non è una bella sensazione sentirsi delusi, ma se a farlo sono le persone a cui teniamo e in cui riponiamo alte aspettative, essa assume un torto ancora maggiore. Ormai sono vecchio e stanco, sì, ma sono ancora in grado di riconoscere una persona che fa del suo lavoro la propria vita, che lo svolge animato da una devozione ineguagliabile, e mi permetta di dirle che lei è una di quelle, dottoressa. È per questo che si è guadagnata la mia stima. Ed è anche per questo che ho reagito in quel modo, e me ne dispiace..."
Nonostante avverta un moto di orgoglio espandersi in circolo nel mio corpo, facendomi tremare di una pura e guadagnata soddisfazione, avverto di non meritarti fino infondo tali lodi. "Ho esagerato, lo ammetto" confido in un sussurro.
Lui scuote il capo, in diniego. "Forse, ma non sono certo che l'assistente sociale abbia tenuto una condotta esemplare. Eppure io sono stato così cieco da non rendermi conto di cosa la unisse a quella bambina. Il suo non è mai stato un interessamento dovuto solo al lavoro, andava oltre e io non l'ho compreso." mi confida, accoratamente.
Sento i brividi attraversarmi la pelle e il mio cuore esibirsi in un sussultio commosso.
"Quindi, le chiedo, può accettare le mie scuse per come l'ho trattata, per quello che le ho causato, e perdonare questo vecchio e stanco dottore?" domanda, indicandosi in un sorriso.
Mi porto le mani alle labbra, nascondendo un'espressione esterrefatta.
"W-wow! Io non, n-non me l'aspettavo!" balbetto, non nascondendogli lo stupore da cui sento invadermi.
Il dottor Visconti sorride, comprensivo, muovendo il capo in segno di assenso.
"Posso, posso abbracciarla?" gli chiedo, piegando le labbra in un broncio timido e timoroso, con le lacrime a minacciare di palesarsi dai miei occhi. Mi accorgo di essermi spinta oltre i convenevoli, ma in realtà, in questo momento, la mia gratitudine prevale su qualsiasi buonsenso.
Lui sbarra gli occhi, preso in contropiede davanti alla mia richiesta, e mormora tra sé e sé frasi incomprensibili in un borbottio sommesso.
Non posso fare a meno di notare che dietro la sua facciata di finto burbero, da primario Visconti, si celi un uomo dal cuore buono: semplicemente Alfredo.
Poi punta un dito nella mia direzione, fingendo un'austerità che ai miei occhi non lo rende più credibile.
"Dottoressa, lei è incorreggibile! Le si dà un dito e si prende subito tutta la mano, incredibile..." mi richiama, fingendosene risentito.
Nascondo il mio disappunto dietro una risata divertita.
"Oh, al diavolo!"esclamo, frettolosamente, sporgendomi per inglobarlo in una stretta che assomiglia, vagamente, a un abbraccio.
Sebbene il dottor Visconti professi la sorpresa che l'ha investito davanti al mio istinto con una rigidità che farebbe invidia a una mummia, soffoca un colpo di tosse, prendendo a darmi alcune pacche sulla schiena in imbarazzo.
"Lei è una brava persona, dottor Visconti, ha un buon cuore" gli confesso, sinceramente grata.
Lui annuisce, posando le sue mani sulle mie spalle per allontanarmi alla svelta da sé, celandosi al mio sguardo, fugacemente.
"Okok" replica, poi accondiscente. "Ma adesso basta, prima che lei" -puntualizza, puntandomi un dito contro-, "mi faccia diventare troppo sentimentale".
Ma non posso farne a meno, io gli sorrido ancora, sorrido sinceramente di cuore. Credevo la situazione fosse assopita ma ricevere delle scuse così, mi ha lasciato piacevolmente esterrefatta e non riesco a non manifestarlo.
Il primario rotea gli occhi al cielo davanti alla mia reticenza nello smettere di dimostrargli il mio entusiasmo e spalanca le braccia, spiegandole verso l'alto in una maniera plateale.
"E adesso perché mi guarda così?" domanda, confuso, corrucciando la fronte.
Scuoto il capo in un risolino. "Grazie, solo grazie" ammetto riconoscente.
Lui archivia il tutto con un gesto della mano come se non avesse più importanza ma non mi sfugge che un principio di divertimento sfiori anche lui.
Poco dopo, però, è il bussare alla porta dello studio a distrarci, inducendoci a voltarci verso quella direzione.
"Avanti" mormora il mio superiore, ricomponendosi velocemente.
Luca fa capolino, palesandosi sulla soglia della stanza con un'espressione confusa che muta in sorpresa alla mia vista.
"Ehi..."esordisco in un sorriso, alzando una mano nella sua direzione, con le dita a simulare un saluto.
"Ehi..."replica lui, allo stesso modo, macinando passi nella mia direzione.
Quando è al mio fianco e sento la sua mano afferrare saldamente la mia, avverto il mio cuore esibirsi in uno scalpitio sommesso.
"Ti stavo cercando, e mi hanno detto tu fossi qui. È ora di andare" mi riferisce, abbassandosi per accarezzarmi una guancia con dolcezza.
I miei occhi ritrovano i suoi, incantandosi davanti alla luce che emanano alla mia vista.
"Sì, ho finito qui" annuisco, sciogliendomi in un sorriso che manifesta un principio di eccitazione.
"Però!" esclama Visconti, lanciandoci un'occhiata di sbieco, sinceramente interessato. "Chi lo avrebbe mai detto? All'inizio pensavamo di trovarci, prima o poi, a dividervi da una zuffa, e adesso, guardatevi" ci confida, palesemente divertito, indicandoci col capo.
Io e Luca ci lasciamo andare a una risata in imbarazzo, prima che lui riprenda parola.
"Ma si sa, no? È dalle più grandi antipatie che nascono degli amori inaspettati" esordisce con un fare sapiente.
"Oh, Alfredo, questa da te non me l'aspettavo!" lo prende in giro Luca, sciogliendosi in un riso da cui si evince quanto sia dilettato dal suo commento.
Lui assottiglia lo sguardo, con un fare indispettito, poi però il suo volto ritorna disteso e sereno.
"Comunque, ho saputo la notizia e vi faccio i miei sentiti auguri per la decisione che avete preso". Si avvicina per appoggiare una mano sulla spalla di Luca in un moto di affetto e orgoglio. "Sono sicuro che Lucia starà molto bene con voi"."
Mi stringo al braccio del mio fidanzato, facendo in modo che sul mio viso si insinui un sorriso intenerito tutto per il dottor Visconti.
Lui intercetta presto il mio sguardo zuccherino e in un attimo scuote il capo, cambiando espressione per nascondersi dietro un'occhiata minacciosa. "E adesso andatevene!" ci fa notare, indicandoci l'uscita. "Susu, fuori, fuori, prima che mi facciate venire il diabete" aggiunge, simulando un verso di ribrezzo.
Così, io e Luca, a braccetto, sgambettiamo per uscire dalla stanza, ma senza prima abbandonarci a una risata serena e chiassosa che inevitabilmente coinvolga anche Alfredo.

***

Invidio la compostezza di Luca e il suo modo di dimostrarsi calmo davanti alla situazione, mentre legge il suo giornale quotidiano, appollaiato comodamente sul divano del salotto.
Vorrei davvero potermi sentire alla stessa maniera, ma la verità è che non riesco a rimanere tranquilla al pensiero che Irene e Amelia stiano venendo a farci visita, qui, con la piccola Lucia. Non appena siamo tornati a casa, mi sono assicurata che tutto fosse a posto e in ordine, svolgendo le mie azioni in modo meticoloso, senza lasciare nulla al caso.
Così, adesso, sotto lo sguardo del mio fidanzato, attento ma scettico, non posso fare a meno di muovermi per la stanza, avanti e indietro, torturandomi le mani.
"Credi che le piacerà?" gli domando, insicura o ancora, gli indico l'ambiente che ci circonda in un sibilio che palesa la mia preoccupazione: "pensi che Irene abbia da ridire anche su questo?"
Luca porta una mano alla tempia sinistra, massaggiandola, e rilascia un sospiro, facendo in modo che il giornale ricada ormai al suo fianco, e lui ritorni a porre il suo interesse solo su di me.
"Anita" mi richiama, alzandosi per dirigersi nella mia direzione.
"Mmh?"mi esibisco in un verso di frustrazione.
Accolgo le sue dita che vanno a stringersi sulle mie spalle in una carezza delicata.
"Andrà tutto bene, d'accordo? Questa casa è pronta per accoglierla e sono sicuro che Lucia adorerà la sua camera" proferisce in un sorriso, scendendo ad accarezzarmi le braccia, come a voler sciogliere la mia preoccupazione.
E allora io annuisco, sentendomi più sicura della sua rassicurazione e mi stringo al suo petto, rilasciando un sospiro.
È il campanello a portarci dividere, con il suo suono che fa sussultare entrambi per la tensione.
Così, Luca fa in modo che la sua mano trovi la mia, avvolgendola tra le sue dita, per infondermi quel coraggio di cui ho bisogno. Poi insieme ci dirigiamo alla porta.

Nel momento in cui accogliamo Irene e Amelia sulla soglia di casa, la piccola Lucia sfugge alla loro attenzione, muovendosi verso di me e abbracciando le mie gambe in una morsa stretta. E io sento, finalmente, ogni insicurezza scivolare via dal mio corpo. La mia piccolina è qui e io non posso fare a meno di pensare che quando lei sia con me, tutto il resto perda significato.
Allora mi abbasso alla sua altezza, accogliendola tra le mie braccia che non aspettavano altro che tenerla stretta e lascio che le sue manine piccole e delicate si posino in una carezza sul mio viso.
Luca ci si avvicina, quanto basti affinché la piccola gli lasci un sonoro bacio sulla guancia.
Amelia ci dedica un sorriso, e dopo l'invito a entrare, annuisce, inoltrandosi nel nostro appartamento, seguita da una silenziosa e composta signorina Berardi.
Mentre ci facciamo spazio tra gli ambienti della casa, la piccola Lucia ammira qualsiasi particolare con occhi rapiti e famelici, come se volesse catturare ogni singolo antro di queste quattro mura, farlo suo e custodirlo nel suo cuore.
Mi sono sempre sentita affascinata dal modo in cui il suo sguardo scruti il mondo, ma oggi, se è possibile, mi accorgo che potrei innamorarmi in questo solo istante di lei e del suo modo di vedere le cose.

Luca si occupa di guidarci tra una stanza e l'altra, sotto lo sguardo attento della dottoressa Parracciani, mentre Irene scruta ogni posto e oggetto, prendendo appunti da un taccuino che ha palesato fuori dalla sua borsa di lavoro.
"È una bellissima casa, Luca e Anita, davvero molto bella e funzionale" Amelia si lascia andare a un commento che palesa un moto di soddisfazione, cercando l'approvazione della piccola Lucia, ancora avvolta al mio corpo.
"Cosa ne dici, Luci?" le domanda, infatti, con premura.
Porto il mio sguardo alla bambina tra le mie braccia, trovandola intimidita e nascosta nell'incavo del mio collo con il suo respiro che si infrange sulla mia porzione di pelle scoperta.
Il mio cuore si esibisce in un sussultio commosso.
Io la adoro, l'adoro con ogni lembo di pelle e fibra della mia anima.
Luca professa una risatina divertita, abbassandosi per accarezzarle con cura i capelli.
"Dai Luci, cosa ne pensi?"la sprona a parlare, e a darci modo di ascoltare ancora la sua voce deliziosa.
Allora lei porta un ditino alle labbra, facendo affiorare un sorriso dolcissimo ed estasiato sulla sua boccuccia a forma di cuore.
"Mi piace tanto, tantissimo!" ammette in un trillo gioioso, che ci porta a sciogliersi in un riso.
Irene, a quel punto, acconsente con noncuranza, attenta e scrupolosa a fare in modo che niente possa sfoggiare ai suoi occhi.
"E la cameretta? Dov'è?" chiede, manifestando un'indole curiosa, con lo sguardo che le si assottiglia.
Il mio fidanzato annuisce, senza mostrarsi impreparato davanti alla sua richiesta, e sorridendo ci invita a seguirlo.
"La mia cameretta?" sussurra la piccolina nel mio orecchio, in un visibilio di eccitazione.
"Sì!" le concedo in un sorriso complice. "Ti piacerà, vedrai..."
E non è ancora a conoscenza della piccola sorpresa che ho preparato per lei.
Non appena ci inoltriamo nella stanza, Lucia strepita, scivolando giù dalle mie braccia.
Si muove e corre veloce, con un sorriso emozionato, verso il letto, lì, dove è posato accanto al cuscino, il suo fedele pupazzo: Chicco.
"Chicco!" esclama, infatti, in un'espressione di stupore, voltandosi a guardare tutto ciò che la circonda. I suoi occhi, che scintillano di luminosità, ammirano ogni particolare, posandosi sui colori tenui e delicati, i giochi che la compongono, un unicorno disegnato sul muro accanto alla porta.
Lei stringe il suo peluche al petto, forte, dondolasi sul posto, rapita ed emozionata.
Ed io e Luca, vicini, e avvolti l'uno accanto all'altro, non possiamo fare a meno di dedicarle un sorriso intenerito, piacevolmente presi da lei.
"Che ne pensi, Luci?" le chiede Amelia, abbassandosi alla sua altezza. "Ti piace?"
Lei annuisce vigorosamente, esibendosi in un giro su se stessa e facendo così svolazzare il suo vestitino a ruota.
"Sì!" palesa in un verso di eccitazione. "Sembra la camera di una principessa..."aggiunge con la voce colma di meraviglia. E lei, una principessa, lo è per davvero. Così graziosa e leggiadra nei suoi movimenti.
La dottoressa Parracciani lascia trapelare una risatina dalle sue labbra, accarezzandole una spalla con tenerezza.
A quel punto, volgo il mio sguardo verso Irene, trovandola ormai vinta da qualsiasi tentativo di ribattere e per la prima volta mi accorgo che stia sorridendo anche lei. Di un sorriso che le contrae i tratti in un'espressione malinconica, avvolta nei suoi pensieri.
"Sai, Lucia..." proferisce con un tono di voce fioco e sottile, un po' gracchiante, come se le costasse fatica pronunciare verso. Incontra presto l'attenzione della piccola che si sporge verso lei oltre le spalle di Amelia.
"Luca ha una nipotina un po' più piccola di te, che..."
Mi accorgo che le sue parole abbiano catturato l'interesse di Lucia, nel modo in cui cerchi smaniosa il nostro consenso.
"E lei ci giocherà con me?" Proferisce in un broncio incerto.
Luca si abbassa sulle ginocchia, richiamandola a sé, pronto a sciogliere tutti i suoi dubbi.
"Certo che sì" le rivela in un riso coinvolto. "Sofia non vede l'ora di conoscerti e giocare con te".
Lucia sorride, di un sorriso vero e colmo di contentezza.
"Sofia..." proferisce il suo nome sulla punta della lingua, modulandolo pensierosa. "È un bel nome!"
Luca annuisce, stropicciandosi gli occhi ma non riuscendo lo stesso a nasconderle un'espressione commossa. "Sì, è un bel nome!" le concede, accarezzandole una guancia.
Alzo gli occhi al cielo, cercando di dissimulare le mie lacrime che premono per palesarsi e mi avvicino a entrambi, insinuandomi nella loro complicità, di cui continuo a stupirmi da sempre, sentendomene profondamente attratta, e lascio che Luci si stringa a entrambi, felice e radiosa.

Amelia incontra il mio sguardo, acconsentendo con il capo con un moto di orgoglio e coinvolgimento emotivo. E silenziosamente la ringrazio per essersi dimostrata da sempre una nostra valida sostenitrice. Forse se non avessimo avuto la sua spinta e il suo aiuto, non saremmo nemmeno qui.
Così, quando poco dopo compie pochi passi per arrivare di fianco a Lucia, mi rendo conto che anche lei abbia in riserbo una sorpresa per tutti.
Le si abbassa accanto, in modo tale da parlarle in un sussurro, ma che sia allo stesso tempo udibile anche a noi due.
"Ti andrebbe di rimanere a dormire qui, per questa notte, con Luca e Anita?" le domanda, speranzosa.
Lucia si volta verso di lei, sbarrando labbra e occhi come se non riuscisse a capacitarsi di quello che le sue orecchie hanno appena ascoltato.
"Ma posso, posso davvero?" esordisce, incerta, come se lei stessa stentasse a credere che non sia solo il segno di un'illusione. Ma le parole della Parracciani sono concrete e concise.
Amelia annuisce vigorosamente, scambiandosi un'occhiata complice con Irene. Poco dopo l'assistente sociale mi si avvicina per consegnare una borsa tra le mie mani.
"Qui c'è tutto l'occorrente per la notte, un pigiama, un cambio. Potrete riportarla domani in casa famiglia" mi riferisce in un tono professionale, evitando però di incrociare i miei occhi.
"O-kay, grazie" balbetto, presa alla sprovvista, ma piacevolmente stupita dalla loro iniziativa.
Non ho dubbi nel pensare sia stata Amelia l'ideatrice di tale proposta eppure non riesco a fare a meno di pensare che anche Irene non si sia opposta al suo volere.
Così, quando poco dopo, vanno via, lasciandoci spazio e tempo per goderci la nostra piccolina e noi lei salutiamo, vedendole allontanarsi, mi rendo conto che siamo davvero soli, con la nostra Lucia.
Lei che da qualche mese ci ha cambiato la vita, plasmandola in un'esistenza colma di gioia e felicità. Presto la rimpierà di colori ogni giorno e noi ci nutriremo di lei e del modo così carezzevole e delicato che ha di amarci.

Traggo un respiro, cancellando una lacrima che è sfuggita al mio controllo e mi volto, incontrando gli sguardi sorridenti di Luca e Lucia, insieme, avvolti in un abbraccio.
Inevitabilmente, però, la mia emozione, davanti alla loro immagine, diventa inarrestabile. Così quando rivolgo loro un sorriso commosso, non hanno da chiedersi quale sia il motivo.
E non posso fare a meno di sentirmi profondamente grata nel momento in cui: "Abbraccione di gruppo?" palesa Luca, spalancando le braccia in un gesto teatrale, pronto a stringerci a sé in un abbraccio che ci completa, come se fossimo stati da sempre fatti per questo.

***

"Dici che avrà finito di lavarsi i denti?" domando a Luca, mentre insieme ci occupiamo di pulire le stoviglie sporche. Io lavo, lui asciuga, in un'equa divisione dei compiti.
Abbiamo gustato la nostra cena avvolti in un clima di spensieratezza, ritratti come una famiglia, quella che da sempre rincorriamo e che, tra poco, potremmo essere, per davvero.
Lucia è adorabilmente dolce e ubbidiente. Non posso fare a meno di pensare che in questo, anche se per poco, i suoi genitori abbiano fatto molto, insegnandole quale sia il modo giusto di comportarsi. E io e Luca continueremo a fare lo stesso, alimentando i suoi valori affinché non vadano mai persi, e lei non smetta mai di amare così come fa.
Luca scuote il capo, divertito, riponendo un piatto asciutto accanto a sé.
"Non lo so. Dici che dovremmo andare a controllare?"domanda il mio consenso, lanciandomi un'occhiata di sbieco.
Prima che io possa rispondergli, ci stiamo già muovendo verso la stanza di Lucia, smaniosi di poterci beare ancora della sua presenza e stringerla a noi senza mai averne abbastanza.
"Lu...?" le parole mi muoiono in gola, non appena Luca appoggia una mano sul mio braccio, facendomi desistere dalla mia intenzione.
E allora ce ne rimaniamo, fuori, così, sulla soglia, spettatori silenziosi di un momento tanto dolce e sentito.
Lucia è seduto sulle ginocchia, appollaiata comodamente sul lettino che l'ospiterà per la notte, le mani giunte davanti a sé e gli occhi lievemente socchiusi, raccolta in un'intima preghiera.
"Gesù Bambino" proferisce in un sussurro, "te lo chiedo per favore, io voglio stare sempre così, voglio stare con Luca e Anita, perché io voglio bene a loro, tantissimo".
Sul suo volto si insinua un sorriso, mentre mi porto una mano alle labbra a soffocare un singulto commosso.
"Io sarò brava, lo prometto, però, ti prego!" aggiunge, con più convinzione.
"Grazie, Gesù Bambino, e proteggi sempre la mia mamma e il mio papà" mormora, dedicando un bacio al cielo.
Incontro lo sguardo di Luca, coinvolto e commosso con me e mi stringo al suo petto, nel momento in cui avverto le sue braccia, dietro di me, sostenermi a sé.

Poco dopo ci facciamo spazio nella stanza, cogliendo la piccola Lucia di sorpresa. Lei, alla nostra vista, già impigiamata e con il fedele Chicco al seguito, si rintana sotto le coperte, esibendosi in una risata dolce e chiassosa.
"E brava la mia piccina" le faccio notare, sedendomi al suo fianco e abbassandomi per solleticarle una guancia. Lucia scuote il capo, sottraendosi divertita al mio tocco.
Luca si sistema accanto a me, sorridendole intenerito.
"Pronta per la nanna?" le domanda in un sussurro.
Lucia annuisce vigorosamente, portando le lenzuola a coprirla fino al mento.
Così, non ci resta che salutarla con un bacio in fronte, augurandole una notte colma di sogni d'oro.
Lucia ci trattiene a sé, mantenendo i nostri volti vicini, e ci dedica un sorrisone, prima di rilasciare un sospiro sereno e sistemarsi su un lato, con le manine giunte sotto a una guancia, pronta per dormire.

Io e Luca abbandoniamo la stanza in punta di piedi, attenti a non intaccare il suo sonno, e ci incamminiamo verso la nostra camera, per prepararci per la notte.
"Hai sentito cosa ha detto? Io non riesco ancora a credere a che bambina dolcissima lei sia".
Incontro lo sguardo di Luca e mi avvicino a lui, giungendo il suo viso tra le mie mani, delicata e carezzevole.
Faccio in modo che la sua fronte si adagi contro la mia, trattenendo a lungo il suo volto tra le mie dita.
"E presto sarà la nostra bambina" mormoro, a fior di labbra, lasciando che sul mio viso si faccia spazio un'espressione intrisa di meraviglia.
Luca sorride, stringendomi a sé, e si abbassa su di me per cogliermi con un bacio tiepido, che ha il sapore dolce.

La porta dietro di noi, scricchiola, portandoci a dividerci e a rivolgere lo sguardo alla piccola Lucia sulla soglia.
Lei se ne sta lì, con Chicco accucciato al petto, e uno sguardo tenero e implorante.
"Lucia?" le domando, muovendomi verso di lei, senza nasconderle un principio di preoccupazione. "Va tutto bene?"
Lei annuisce, stropicciandosi gli occhi. E in cuor mio rilascio un sospiro di sollievo.
"Posso dormire qua... con voi?" chiede, a voce bassa e incerta.
Luca mi raggiunge, sorridendole intenerito.
"Ma certo, tesoro!"
Faccio in modo che le mie mani arrivino a stringerla, accogliendola tra le mie braccia.
E Lucia si sostiene a me, nascondendosi nell'incavo del mio collo, e giocherellando con alcune ciocche dei miei capelli.
Ci sistemiamo a letto, sciogliendoci in una risata incredula e serena, avvolti in un groviglio di corpi e amore e ci addormentiamo così, vicini, vicini, sognando di essere finalmente una famiglia vera.





ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno, miei cari lettori! Come state? Questa volta sono stata davvero velocissima, non trovate? Arrivando a pubblicare un nuovissimo capitolo a distanza di pochi giorni. L'ho scritto, di getto, in breve tempo e non ho resistito alla voglia di farvelo leggere. Come avrete potuto intendere, oramai sia davvero agli sgoccioli, quello che leggerete la prossima volta sarà l'ultimo capitolo prima dell'epilogo. Non siete anche voi, come me, tristi? Eppure, non mi sembra ancora vero! Dopo tanto tempo che scrivo di loro, non riesco a credere io sia arrivata a concludere questa storia. Ma ve lo devo dire, è anche soprattutto grazie a voi e al sostegno che mi avete dimostrato nel corso di questi anni.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e oggi lascio le parole completamente a voi. Aspetto con ansia i vostri commenti, e continuo a ringraziarvi per i dolcissimi commenti. GRAZIE, davvero grazie!
A presto, vi abbraccio!

Ps. se dovessi metterci di più per il prossimo, non temete, significa che ho bisogno di tempo per schiarirmi le idee e dedicare ai miei personaggi una conclusione degna di loro.

  
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