Capitolo 69
"Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno nella tua vita"
-Confucio
Mi
fermo sulla soglia da cui si accede alla sala comune e non posso fare a
meno di fermarmi a scrutare, con gli occhi a brillarmi di luce propria,
i miei bambini. Sulle mie labbra si increspa un sorriso.
Io li guardo, osservando i loro volti spensierati, lontani da ogni
dolore, e mi sento pervadere da una sensazione di profondo benessere.
Credo che per svolgere un tale mestiere si debba essere mossi da un
moto coscienzioso, che ti impone di ricoprire la professione con
passione e devozione. Non è un lavoro che si può pensare
di prendere sottobanco, o perché animati da un solo scopo
monetario. Dietro di esso si celano sudore e sacrificio, ma da cui si
ricava una ricompensa che va al di là dei soldi.
Da quando ero solo una bambina e ambivo a una tale professione, non
potevo mai immaginare che il mio sogno potesse realizzarsi. Ma ora che
lo so, avverto come se questo ruolo mi fosse stato cucito addosso da
sempre.
Quando ho deciso di divenire medico, e ho intrapreso la
specializzazione in pediatria, mi sono ben presto resa conto che i
bambini sappiano amare in un modo puro e senza malizia, investendoti
con il loro affetto incondizionato. Riescono a scaldarti il cuore con
un solo gesto, il più piccolo, ma che racchiude un significato
profondo, e non chiedono nulla in cambio.
Sarebbe bello se riuscissimo a vivere così come fanno loro, con
l'ingenuità che li contraddistingue, e che con il tempo ci
abbandona, mangiando il mondo con gli occhi dolci e colmi d'amore che
sanno ancora stupirsi davanti al bello della vita.
Questo lavoro mi ha insegnato molto, e credo che continuerà a
farlo ancora e ancora, e io me ne nutrirò senza mai smettere di
sentirmi, in confronto a questi bambini, piccola piccola.
Muovo
un passo, uno avanti l'altro, facendomi spazio nella sala, timidamente,
come se avessi paura di intaccare un clima tanto disteso, eppure senza
che me ne accorga, vengo presto investita da un'ondata di piccoli
pazienti che si apprestano a stringersi alle mie gambe, arrampicandosi
lungo il mio corpo, pur di reclamare la mia attenzione.
E io mi abbasso, e mi lascio invadere dal loro affetto che ha un sapore
piacevolmente dolce e li cullo al mio petto, nutrendomi delle loro
espressioni entusiaste.
Io sono nata per questo, lo comprendo ogni giorno di più, e
continuerò a combattere affinché il mio lavoro non si
riveli mai vano.
Rischiando
di incespicare sui miei passi, barcollo rimettendomi in piedi, ma senza
fare a meno di dedicare una carezza o un sorriso ai miei bambini.
Mi accorgo, però, nel momento in cui mi volto per guardarmi
indietro, della presenza del dottor Visconti sulla soglia della stanza.
I miei pazienti si rendono conto ben presto che la mia attenzione sia
altrove e in un modo chiassoso richiamano il mio interesse, ma sono
costretta, a malincuore, a doverli salutare, non appena il mio tutor mi
richiama a sé con un cenno della mano.
Lo faccio, raggiungendolo a un passo svelto ma che si rivela allo stesso tempo incerto.
"Dottore, è successo qualcosa?" Proferisco, arrivandogli di fianco e palesandogli i miei dubbi.
Lui inforca le mani nelle tasche del camice, scuotendo il capo.
"No" ammette, scrollando le spalle. "Vorrei solo parlare un secondo con lei".
Pondero le sue parole, prima di acconsentire, anche se ancora un po' insicura davanti alla sua richiesta.
"Va bene..."
Visconti annuisce, accennando un piccolo sorriso, così nel momento
in cui prende a muoversi verso il suo studio, lo seguo, senza
pronunciare verso.
Non
appena la porta si richiude dietro di noi, separandoci dalle occhiate
curiose del reparto, il mio tutor rimane in piedi davanti a me,
lasciando che le sue mani si giungano, giocando a strofinarsi tra di
loro.
"Mi rendo conto che lei pensava la questione fosse chiusa, eppure
volevo dirle questo già da un po', ma..."si interrompe come se
se ne sentisse lui stesso imbarazzato. "Me ne vergognavo".
Piego il volto in un'espressione incuriosita, sciogliendomi in un
sorriso davanti alla sua inaudita sincerità e lo invito a
proseguire.
"Le porgo le mie più sentite scuse, dottoressa" ammette lui, allora, ritrovando un tono di voce fermo e sicuro.
Ma sento la necessità di insinuarmi nel suo discorso,
frettolosa. "Dottore, non ce n'è bisogno davvero, ne abbiamo
già discusso e io..."
Il primario placa il mio fiume di parole con un cenno della mano. "Per
favore" replica, rilasciando un sospiro. "Per una volta, mi lasci
parlare" mi chiede, unendo le mani davanti a sé in modo
supplichevole.
E non mi resta che, anche se presa alla sprovvista, annuire e continuare ad ascoltarlo.
"Sa, non è una bella sensazione sentirsi delusi, ma se a farlo
sono le persone a cui teniamo e in cui riponiamo alte aspettative, essa
assume un torto ancora maggiore. Ormai sono vecchio e stanco,
sì, ma sono ancora in grado di riconoscere una persona che fa
del suo lavoro la propria vita, che lo svolge animato da una devozione
ineguagliabile, e mi permetta di dirle che lei è una di quelle,
dottoressa. È per questo che si è guadagnata la mia
stima. Ed è anche per questo che ho reagito in quel modo, e me
ne dispiace..."
Nonostante avverta un moto di orgoglio espandersi in circolo nel mio
corpo, facendomi tremare di una pura e guadagnata soddisfazione,
avverto di non meritarti fino infondo tali lodi. "Ho esagerato, lo
ammetto" confido in un sussurro.
Lui scuote il capo, in diniego. "Forse, ma non sono certo che
l'assistente sociale abbia tenuto una condotta esemplare. Eppure io
sono stato così cieco da non rendermi conto di cosa la unisse a
quella bambina. Il suo non è mai stato un interessamento dovuto
solo al lavoro, andava oltre e io non l'ho compreso." mi confida,
accoratamente.
Sento i brividi attraversarmi la pelle e il mio cuore esibirsi in un sussultio commosso.
"Quindi, le chiedo, può accettare le mie scuse per come l'ho
trattata, per quello che le ho causato, e perdonare questo vecchio e
stanco dottore?" domanda, indicandosi in un sorriso.
Mi porto le mani alle labbra, nascondendo un'espressione esterrefatta.
"W-wow! Io non, n-non me l'aspettavo!" balbetto, non nascondendogli lo stupore da cui sento invadermi.
Il dottor Visconti sorride, comprensivo, muovendo il capo in segno di assenso.
"Posso, posso abbracciarla?" gli chiedo, piegando le labbra in un
broncio timido e timoroso, con le lacrime a minacciare di palesarsi dai
miei occhi. Mi accorgo di essermi spinta oltre i convenevoli, ma in
realtà, in questo momento, la mia gratitudine prevale su
qualsiasi buonsenso.
Lui sbarra gli occhi, preso in contropiede davanti alla mia richiesta,
e mormora tra sé e sé frasi incomprensibili in un
borbottio sommesso.
Non posso fare a meno di notare che dietro la sua facciata di finto
burbero, da primario Visconti, si celi un uomo dal cuore buono:
semplicemente Alfredo.
Poi punta un dito nella mia direzione, fingendo un'austerità che ai miei occhi non lo rende più credibile.
"Dottoressa, lei è incorreggibile! Le si dà un dito e si
prende subito tutta la mano, incredibile..." mi richiama, fingendosene
risentito.
Nascondo il mio disappunto dietro una risata divertita.
"Oh, al diavolo!"esclamo, frettolosamente, sporgendomi per inglobarlo in una stretta che assomiglia, vagamente, a un abbraccio.
Sebbene il dottor Visconti professi la sorpresa che l'ha investito
davanti al mio istinto con una rigidità che farebbe invidia a
una mummia, soffoca un colpo di tosse, prendendo a darmi alcune pacche
sulla schiena in imbarazzo.
"Lei è una brava persona, dottor Visconti, ha un buon cuore" gli confesso, sinceramente grata.
Lui annuisce, posando le sue mani sulle mie spalle per allontanarmi
alla svelta da sé, celandosi al mio sguardo, fugacemente.
"Okok" replica, poi accondiscente. "Ma adesso basta, prima che lei"
-puntualizza, puntandomi un dito contro-, "mi faccia diventare troppo
sentimentale".
Ma non posso farne a meno, io gli sorrido ancora, sorrido sinceramente
di cuore. Credevo la situazione fosse assopita ma ricevere delle scuse
così, mi ha lasciato piacevolmente esterrefatta e non riesco a
non manifestarlo.
Il primario rotea gli occhi al cielo davanti alla mia reticenza nello
smettere di dimostrargli il mio entusiasmo e spalanca le braccia,
spiegandole verso l'alto in una maniera plateale.
"E adesso perché mi guarda così?" domanda, confuso, corrucciando la fronte.
Scuoto il capo in un risolino. "Grazie, solo grazie" ammetto riconoscente.
Lui archivia il tutto con un gesto della mano come se non avesse
più importanza ma non mi sfugge che un principio di divertimento
sfiori anche lui.
Poco dopo, però, è il bussare alla porta dello studio a distrarci, inducendoci a voltarci verso quella direzione.
"Avanti" mormora il mio superiore, ricomponendosi velocemente.
Luca fa capolino, palesandosi sulla soglia della stanza con un'espressione confusa che muta in sorpresa alla mia vista.
"Ehi..."esordisco in un sorriso, alzando una mano nella sua direzione, con le dita a simulare un saluto.
"Ehi..."replica lui, allo stesso modo, macinando passi nella mia direzione.
Quando è al mio fianco e sento la sua mano afferrare saldamente
la mia, avverto il mio cuore esibirsi in uno scalpitio sommesso.
"Ti stavo cercando, e mi hanno detto tu fossi qui. È ora di
andare" mi riferisce, abbassandosi per accarezzarmi una guancia con
dolcezza.
I miei occhi ritrovano i suoi, incantandosi davanti alla luce che emanano alla mia vista.
"Sì, ho finito qui" annuisco, sciogliendomi in un sorriso che manifesta un principio di eccitazione.
"Però!" esclama Visconti, lanciandoci un'occhiata di sbieco,
sinceramente interessato. "Chi lo avrebbe mai detto? All'inizio
pensavamo di trovarci, prima o poi, a dividervi da una zuffa, e adesso,
guardatevi" ci confida, palesemente divertito, indicandoci col capo.
Io e Luca ci lasciamo andare a una risata in imbarazzo, prima che lui riprenda parola.
"Ma si sa, no? È dalle più grandi antipatie che nascono degli amori inaspettati" esordisce con un fare sapiente.
"Oh, Alfredo, questa da te non me l'aspettavo!" lo prende in giro Luca,
sciogliendosi in un riso da cui si evince quanto sia dilettato dal suo
commento.
Lui assottiglia lo sguardo, con un fare indispettito, poi però il suo volto ritorna disteso e sereno.
"Comunque, ho saputo la notizia e vi faccio i miei sentiti auguri per
la decisione che avete preso". Si avvicina per appoggiare una mano
sulla spalla di Luca in un moto di affetto e orgoglio. "Sono sicuro che
Lucia starà molto bene con voi"."
Mi stringo al braccio del mio fidanzato, facendo in modo che sul mio
viso si insinui un sorriso intenerito tutto per il dottor Visconti.
Lui intercetta presto il mio sguardo zuccherino e in un attimo scuote
il capo, cambiando espressione per nascondersi dietro un'occhiata
minacciosa. "E adesso andatevene!" ci fa notare, indicandoci l'uscita.
"Susu, fuori, fuori, prima che mi facciate venire il diabete" aggiunge,
simulando un verso di ribrezzo.
Così, io e Luca, a braccetto, sgambettiamo per uscire dalla
stanza, ma senza prima abbandonarci a una risata serena e chiassosa che
inevitabilmente coinvolga anche Alfredo.
Invidio
la compostezza di Luca e il suo modo di dimostrarsi calmo davanti alla
situazione, mentre legge il suo giornale quotidiano, appollaiato
comodamente sul divano del salotto.
Vorrei davvero potermi sentire alla stessa maniera, ma la verità
è che non riesco a rimanere tranquilla al pensiero che Irene e
Amelia stiano venendo a farci visita, qui, con la piccola Lucia. Non
appena siamo tornati a casa, mi sono assicurata che tutto fosse a posto
e in ordine, svolgendo le mie azioni in modo meticoloso, senza lasciare
nulla al caso.
Così, adesso, sotto lo sguardo del mio fidanzato, attento ma
scettico, non posso fare a meno di muovermi per la stanza, avanti e
indietro, torturandomi le mani.
"Credi che le piacerà?" gli domando, insicura o ancora, gli
indico l'ambiente che ci circonda in un sibilio che palesa la mia
preoccupazione: "pensi che Irene abbia da ridire anche su questo?"
Luca porta una mano alla tempia sinistra, massaggiandola, e rilascia un
sospiro, facendo in modo che il giornale ricada ormai al suo fianco, e
lui ritorni a porre il suo interesse solo su di me.
"Anita" mi richiama, alzandosi per dirigersi nella mia direzione.
"Mmh?"mi esibisco in un verso di frustrazione.
Accolgo le sue dita che vanno a stringersi sulle mie spalle in una carezza delicata.
"Andrà tutto bene, d'accordo? Questa casa è pronta per
accoglierla e sono sicuro che Lucia adorerà la sua camera"
proferisce in un sorriso, scendendo ad accarezzarmi le braccia, come a
voler sciogliere la mia preoccupazione.
E allora io annuisco, sentendomi più sicura della sua rassicurazione e mi stringo al suo petto, rilasciando un sospiro.
È il campanello a portarci dividere, con il suo suono che fa sussultare entrambi per la tensione.
Così, Luca fa in modo che la sua mano trovi la mia, avvolgendola
tra le sue dita, per infondermi quel coraggio di cui ho bisogno. Poi
insieme ci dirigiamo alla porta.
Nel
momento in cui accogliamo Irene e Amelia sulla soglia di casa, la
piccola Lucia sfugge alla loro attenzione, muovendosi verso di me e
abbracciando le mie gambe in una morsa stretta. E io sento, finalmente,
ogni insicurezza scivolare via dal mio corpo. La mia piccolina è
qui e io non posso fare a meno di pensare che quando lei sia con me,
tutto il resto perda significato.
Allora mi abbasso alla sua altezza, accogliendola tra le mie braccia
che non aspettavano altro che tenerla stretta e lascio che le sue
manine piccole e delicate si posino in una carezza sul mio viso.
Luca ci si avvicina, quanto basti affinché la piccola gli lasci un sonoro bacio sulla guancia.
Amelia ci dedica un sorriso, e dopo l'invito a entrare, annuisce,
inoltrandosi nel nostro appartamento, seguita da una silenziosa e
composta signorina Berardi.
Mentre ci facciamo spazio tra gli ambienti della casa, la piccola Lucia
ammira qualsiasi particolare con occhi rapiti e famelici, come se
volesse catturare ogni singolo antro di queste quattro mura, farlo suo
e custodirlo nel suo cuore.
Mi sono sempre sentita affascinata dal modo in cui il suo sguardo
scruti il mondo, ma oggi, se è possibile, mi accorgo che potrei
innamorarmi in questo solo istante di lei e del suo modo di vedere le
cose.
Luca
si occupa di guidarci tra una stanza e l'altra, sotto lo sguardo
attento della dottoressa Parracciani, mentre Irene scruta ogni posto e
oggetto, prendendo appunti da un taccuino che ha palesato fuori dalla
sua borsa di lavoro.
"È una bellissima casa, Luca e Anita, davvero molto bella e
funzionale" Amelia si lascia andare a un commento che palesa un moto di
soddisfazione, cercando l'approvazione della piccola Lucia, ancora
avvolta al mio corpo.
"Cosa ne dici, Luci?" le domanda, infatti, con premura.
Porto il mio sguardo alla bambina tra le mie braccia, trovandola
intimidita e nascosta nell'incavo del mio collo con il suo respiro che
si infrange sulla mia porzione di pelle scoperta.
Il mio cuore si esibisce in un sussultio commosso.
Io la adoro, l'adoro con ogni lembo di pelle e fibra della mia anima.
Luca professa una risatina divertita, abbassandosi per accarezzarle con cura i capelli.
"Dai Luci, cosa ne pensi?"la sprona a parlare, e a darci modo di ascoltare ancora la sua voce deliziosa.
Allora lei porta un ditino alle labbra, facendo affiorare un sorriso
dolcissimo ed estasiato sulla sua boccuccia a forma di cuore.
"Mi piace tanto, tantissimo!" ammette in un trillo gioioso, che ci porta a sciogliersi in un riso.
Irene, a quel punto, acconsente con noncuranza, attenta e scrupolosa a fare in modo che niente possa sfoggiare ai suoi occhi.
"E la cameretta? Dov'è?" chiede, manifestando un'indole curiosa, con lo sguardo che le si assottiglia.
Il mio fidanzato annuisce, senza mostrarsi impreparato davanti alla sua richiesta, e sorridendo ci invita a seguirlo.
"La mia cameretta?" sussurra la piccolina nel mio orecchio, in un visibilio di eccitazione.
"Sì!" le concedo in un sorriso complice. "Ti piacerà, vedrai..."
E non è ancora a conoscenza della piccola sorpresa che ho preparato per lei.
Non appena ci inoltriamo nella stanza, Lucia strepita, scivolando giù dalle mie braccia.
Si muove e corre veloce, con un sorriso emozionato, verso il letto,
lì, dove è posato accanto al cuscino, il suo fedele
pupazzo: Chicco.
"Chicco!" esclama, infatti, in un'espressione di stupore, voltandosi a
guardare tutto ciò che la circonda. I suoi occhi, che
scintillano di luminosità, ammirano ogni particolare, posandosi
sui colori tenui e delicati, i giochi che la compongono, un unicorno
disegnato sul muro accanto alla porta.
Lei stringe il suo peluche al petto, forte, dondolasi sul posto, rapita ed emozionata.
Ed io e Luca, vicini, e avvolti l'uno accanto all'altro, non possiamo
fare a meno di dedicarle un sorriso intenerito, piacevolmente presi da
lei.
"Che ne pensi, Luci?" le chiede Amelia, abbassandosi alla sua altezza. "Ti piace?"
Lei annuisce vigorosamente, esibendosi in un giro su se stessa e facendo così svolazzare il suo vestitino a ruota.
"Sì!" palesa in un verso di eccitazione. "Sembra la camera di
una principessa..."aggiunge con la voce colma di meraviglia. E lei, una
principessa, lo è per davvero. Così graziosa e leggiadra
nei suoi movimenti.
La dottoressa Parracciani lascia trapelare una risatina dalle sue labbra, accarezzandole una spalla con tenerezza.
A quel punto, volgo il mio sguardo verso Irene, trovandola ormai vinta
da qualsiasi tentativo di ribattere e per la prima volta mi accorgo che
stia sorridendo anche lei. Di un sorriso che le contrae i tratti in
un'espressione malinconica, avvolta nei suoi pensieri.
"Sai, Lucia..." proferisce con un tono di voce fioco e sottile, un po'
gracchiante, come se le costasse fatica pronunciare verso. Incontra
presto l'attenzione della piccola che si sporge verso lei oltre le
spalle di Amelia.
"Luca ha una nipotina un po' più piccola di te, che..."
Mi accorgo che le sue parole abbiano catturato l'interesse di Lucia, nel modo in cui cerchi smaniosa il nostro consenso.
"E lei ci giocherà con me?" Proferisce in un broncio incerto.
Luca si abbassa sulle ginocchia, richiamandola a sé, pronto a sciogliere tutti i suoi dubbi.
"Certo che sì" le rivela in un riso coinvolto. "Sofia non vede l'ora di conoscerti e giocare con te".
Lucia sorride, di un sorriso vero e colmo di contentezza.
"Sofia..." proferisce il suo nome sulla punta della lingua, modulandolo pensierosa. "È un bel nome!"
Luca annuisce, stropicciandosi gli occhi ma non riuscendo lo stesso a
nasconderle un'espressione commossa. "Sì, è un bel nome!"
le concede, accarezzandole una guancia.
Alzo gli occhi al cielo, cercando di dissimulare le mie lacrime che
premono per palesarsi e mi avvicino a entrambi, insinuandomi nella loro
complicità, di cui continuo a stupirmi da sempre, sentendomene
profondamente attratta, e lascio che Luci si stringa a entrambi, felice
e radiosa.
Amelia
incontra il mio sguardo, acconsentendo con il capo con un moto di
orgoglio e coinvolgimento emotivo. E silenziosamente la ringrazio per
essersi dimostrata da sempre una nostra valida sostenitrice. Forse se
non avessimo avuto la sua spinta e il suo aiuto, non saremmo nemmeno
qui.
Così, quando poco dopo compie pochi passi per arrivare di fianco
a Lucia, mi rendo conto che anche lei abbia in riserbo una sorpresa per
tutti.
Le si abbassa accanto, in modo tale da parlarle in un sussurro, ma che sia allo stesso tempo udibile anche a noi due.
"Ti andrebbe di rimanere a dormire qui, per questa notte, con Luca e Anita?" le domanda, speranzosa.
Lucia si volta verso di lei, sbarrando labbra e occhi come se non
riuscisse a capacitarsi di quello che le sue orecchie hanno appena
ascoltato.
"Ma posso, posso davvero?" esordisce, incerta, come se lei stessa
stentasse a credere che non sia solo il segno di un'illusione. Ma le
parole della Parracciani sono concrete e concise.
Amelia annuisce vigorosamente, scambiandosi un'occhiata complice con
Irene. Poco dopo l'assistente sociale mi si avvicina per consegnare una
borsa tra le mie mani.
"Qui c'è tutto l'occorrente per la notte, un pigiama, un cambio.
Potrete riportarla domani in casa famiglia" mi riferisce in un tono
professionale, evitando però di incrociare i miei occhi.
"O-kay, grazie" balbetto, presa alla sprovvista, ma piacevolmente stupita dalla loro iniziativa.
Non ho dubbi nel pensare sia stata Amelia l'ideatrice di tale proposta
eppure non riesco a fare a meno di pensare che anche Irene non si sia
opposta al suo volere.
Così, quando poco dopo, vanno via, lasciandoci spazio e tempo
per goderci la nostra piccolina e noi lei salutiamo, vedendole
allontanarsi, mi rendo conto che siamo davvero soli, con la nostra
Lucia.
Lei che da qualche mese ci ha cambiato la vita, plasmandola in
un'esistenza colma di gioia e felicità. Presto la
rimpierà di colori ogni giorno e noi ci nutriremo di lei e del
modo così carezzevole e delicato che ha di amarci.
Traggo
un respiro, cancellando una lacrima che è sfuggita al mio
controllo e mi volto, incontrando gli sguardi sorridenti di Luca e
Lucia, insieme, avvolti in un abbraccio.
Inevitabilmente, però, la mia emozione, davanti alla loro
immagine, diventa inarrestabile. Così quando rivolgo loro un
sorriso commosso, non hanno da chiedersi quale sia il motivo.
E non posso fare a meno di sentirmi profondamente grata nel momento in
cui: "Abbraccione di gruppo?" palesa Luca, spalancando le braccia in un
gesto teatrale, pronto a stringerci a sé in un abbraccio che ci
completa, come se fossimo stati da sempre fatti per questo.
"Dici
che avrà finito di lavarsi i denti?" domando a Luca, mentre
insieme ci occupiamo di pulire le stoviglie sporche. Io lavo, lui
asciuga, in un'equa divisione dei compiti.
Abbiamo gustato la nostra cena avvolti in un clima di spensieratezza,
ritratti come una famiglia, quella che da sempre rincorriamo e che, tra
poco, potremmo essere, per davvero.
Lucia è adorabilmente dolce e ubbidiente. Non posso fare a meno
di pensare che in questo, anche se per poco, i suoi genitori abbiano
fatto molto, insegnandole quale sia il modo giusto di comportarsi. E io
e Luca continueremo a fare lo stesso, alimentando i suoi valori
affinché non vadano mai persi, e lei non smetta mai di amare
così come fa.
Luca scuote il capo, divertito, riponendo un piatto asciutto accanto a sé.
"Non lo so. Dici che dovremmo andare a controllare?"domanda il mio consenso, lanciandomi un'occhiata di sbieco.
Prima che io possa rispondergli, ci stiamo già muovendo verso la
stanza di Lucia, smaniosi di poterci beare ancora della sua presenza e
stringerla a noi senza mai averne abbastanza.
"Lu...?" le parole mi muoiono in gola, non appena Luca appoggia una
mano sul mio braccio, facendomi desistere dalla mia intenzione.
E allora ce ne rimaniamo, fuori, così, sulla soglia, spettatori silenziosi di un momento tanto dolce e sentito.
Lucia è seduto sulle ginocchia, appollaiata comodamente sul
lettino che l'ospiterà per la notte, le mani giunte davanti a
sé e gli occhi lievemente socchiusi, raccolta in un'intima
preghiera.
"Gesù Bambino" proferisce in un sussurro, "te lo chiedo per
favore, io voglio stare sempre così, voglio stare con Luca e
Anita, perché io voglio bene a loro, tantissimo".
Sul suo volto si insinua un sorriso, mentre mi porto una mano alle labbra a soffocare un singulto commosso.
"Io sarò brava, lo prometto, però, ti prego!" aggiunge, con più convinzione.
"Grazie, Gesù Bambino, e proteggi sempre la mia mamma e il mio papà" mormora, dedicando un bacio al cielo.
Incontro lo sguardo di Luca, coinvolto e commosso con me e mi stringo
al suo petto, nel momento in cui avverto le sue braccia, dietro di me,
sostenermi a sé.
Poco
dopo ci facciamo spazio nella stanza, cogliendo la piccola Lucia di
sorpresa. Lei, alla nostra vista, già impigiamata e con il
fedele Chicco al seguito, si rintana sotto le coperte, esibendosi in
una risata dolce e chiassosa.
"E brava la mia piccina" le faccio notare, sedendomi al suo fianco e
abbassandomi per solleticarle una guancia. Lucia scuote il capo,
sottraendosi divertita al mio tocco.
Luca si sistema accanto a me, sorridendole intenerito.
"Pronta per la nanna?" le domanda in un sussurro.
Lucia annuisce vigorosamente, portando le lenzuola a coprirla fino al mento.
Così, non ci resta che salutarla con un bacio in fronte, augurandole una notte colma di sogni d'oro.
Lucia ci trattiene a sé, mantenendo i nostri volti vicini, e ci
dedica un sorrisone, prima di rilasciare un sospiro sereno e sistemarsi
su un lato, con le manine giunte sotto a una guancia, pronta per
dormire.
Io
e Luca abbandoniamo la stanza in punta di piedi, attenti a non
intaccare il suo sonno, e ci incamminiamo verso la nostra camera, per
prepararci per la notte.
"Hai sentito cosa ha detto? Io non riesco ancora a credere a che bambina dolcissima lei sia".
Incontro lo sguardo di Luca e mi avvicino a lui, giungendo il suo viso tra le mie mani, delicata e carezzevole.
Faccio in modo che la sua fronte si adagi contro la mia, trattenendo a lungo il suo volto tra le mie dita.
"E presto sarà la nostra bambina" mormoro, a fior di labbra,
lasciando che sul mio viso si faccia spazio un'espressione intrisa di
meraviglia.
Luca sorride, stringendomi a sé, e si abbassa su di me per cogliermi con un bacio tiepido, che ha il sapore dolce.
La porta dietro di noi, scricchiola, portandoci a dividerci e a rivolgere lo sguardo alla piccola Lucia sulla soglia.
Lei se ne sta lì, con Chicco accucciato al petto, e uno sguardo tenero e implorante.
"Lucia?" le domando, muovendomi verso di lei, senza nasconderle un principio di preoccupazione. "Va tutto bene?"
Lei annuisce, stropicciandosi gli occhi. E in cuor mio rilascio un sospiro di sollievo.
"Posso dormire qua... con voi?" chiede, a voce bassa e incerta.
Luca mi raggiunge, sorridendole intenerito.
"Ma certo, tesoro!"
Faccio in modo che le mie mani arrivino a stringerla, accogliendola tra le mie braccia.
E Lucia si sostiene a me, nascondendosi nell'incavo del mio collo, e giocherellando con alcune ciocche dei miei capelli.
Ci sistemiamo a letto, sciogliendoci in una risata incredula e serena,
avvolti in un groviglio di corpi e amore e ci addormentiamo
così, vicini, vicini, sognando di essere finalmente una famiglia
vera.
ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno, miei cari lettori! Come state? Questa volta sono stata
davvero velocissima, non trovate? Arrivando a pubblicare un nuovissimo
capitolo a distanza di pochi giorni. L'ho scritto, di getto, in breve
tempo e non ho resistito alla voglia di farvelo leggere. Come avrete
potuto intendere, oramai sia davvero agli sgoccioli, quello che
leggerete la prossima volta sarà l'ultimo capitolo prima
dell'epilogo. Non siete anche voi, come me, tristi? Eppure, non mi
sembra ancora vero! Dopo tanto tempo che scrivo di loro, non riesco a
credere io sia arrivata a concludere questa storia. Ma ve lo devo dire,
è anche soprattutto grazie a voi e al sostegno che mi avete
dimostrato nel corso di questi anni.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e oggi lascio le parole
completamente a voi. Aspetto con ansia i vostri commenti, e continuo a
ringraziarvi per i dolcissimi commenti. GRAZIE, davvero grazie!
A presto, vi abbraccio!
Ps. se dovessi metterci di più per il prossimo, non temete, significa che ho bisogno di tempo per schiarirmi le idee e dedicare ai miei personaggi una conclusione degna di loro.