"Hai
freddo", constatò, neutro.
Una densa aria ghiacciata aveva inglobato la sua schiena e un marchio
composto da neve sottile e chicchi di grandine gli aveva solleticato le
articolazioni e ogni giuntura. Rey doveva trovarsi su
un pianeta freddo e inospitale. Sentì che detestava qualcosa
della sua missione
e che aveva stranamente paura. C'era qualcosa di poco rassicurante che
tormentava i suoi pensieri e che assoggettava la sua volontà.
Sentiva la sua
frustazione e il suo turbamento attraversare la galassia e riversarsi
su di lui.
Era
abbacinante il modo in cui riusciva a percepire ogni sua sensazione e
ogni sua emozione. Come riuscisse a percepire il battito del suo cuore,
lo
sfrigolio dei suoi denti, la pressione della sua lingua sul palato. I
suoi
occhi bruciavano e le sue palpebre erano pesanti. Provava una
spossatezza
mentale che aggravava la sua sofferenza fisica. Dei graffi
tagliuzzavano la sua
pelle esposta ad un vento freddo che agganciava il lento scorrere del
suo
sangue in minuscoli aghi acuminati. Vene spezzate che si condensavano
in lividi
viola che macchiavano il suo corpo. Un dolore acuto che stringeva i
suoi
polmoni e che graffiava la sua gola ad unghiate. Soffriva,
era ferita, doveva avere la febbre. Percepiva dei brividi
freddi attraversare la sua mente a ondate.
Ben
volse il suo capo verso sinistra e osservò il profilo del
viso di Rey.
C’erano
delle lacrime sporche -
no, non era così, erano bianche, erano
lacrime trasparenti in grado di rigare le sue guance sporche di
fuliggine - che
caracollavano giù sul suo mento, sulla sua giugulare, sulle
sue spalle. Rey
sussultava ad ogni singhiozzo non trattenuto. Osservò il
modo in cui si mordeva
le labbra, in cui si abbracciava il petto e si stringeva i vestiti tra
le dita
malamente chiuse in un pugno sfatto e debole. Stava tentando di
lamentarsi il
più silenziosamente possibile. Le pupille vagavano lente
dall’alto verso il
basso mentre cercava impaziente una via di fuga. Consumava il centro
dei palmi
delle sue mani sfregandosele contro la stoffa sporca che fasciava il
suo
addome. Garze bianche coprivano in obliquo altri graffi rossi e altri
lividi
giallastri. C’era una cicatrice a forma di mano all’altezza
superiore del suo
braccio destro e il ricordo di come duramente la lama avesse inciso la
sua
pelle lo scosse profondamente. Un turbamento crudele che gli
sfigurò il volto
in un’espressione arcigna e insoddisfatta. Erano costretti a
condividere ogni
più intima forma di emozione e di sensazione. Il dolore dell’uno era
il dolore
dell’altra. Avrebbe potuto pensare che
nell’intera galassia non esistevano un
legame indissolubile come il loro e così facendo avrebbe
sicuramente sbagliato.
Tra loro non era così. Tra
loro non sarebbe mai stato così.
Delle
minuscole perle di ghiaccio, delle misere briciole ghiacciate,
caddero in quel momento sul suo letto - ma non era forse diventato il
loro
letto? o forse era soltanto un angolo di galassia che erano costretti a
condividere senza alcuna possibilità di scelta? non
c’era davvero nulla tra di
loro? erano semplicemente due nemici che covavano e maceravano odio nei
loro
petti straziati?
Alcuni
di quei grani ghiacciati riuscirono ad impigliarsi nella sua maglia
nera e
il ghiaccio si trasformò in acqua. La sua pelle
percepì una sensazione
spiacevole, la stessa che doveva star provando Rey.
Potevano
provare le stesse sensazioni, ma non significava nulla. Come
potevano realmente essere vicini? Loro non accettavano il legame che la
Forza
gli aveva imposto. Lo combattevano, lo sfregiavano. Cercavano con
ostinazione
di dimenticare l’emozione a cui mesi prima si erano
aggrappati. Incoscienti
entrambi. Stupidi illusi.
Nessuno dei due compirà mai un passo
verso l’altro. Nessuno dei due schiaccerà mai
l’ira che ancora striscia e
gorgoglia nelle loro costole e che cresce ogni notte e che li trasforma
in
degli esseri umani talmente tanto rancorosi da poter quasi assomigliare
a dei
ragazzini delusi e impauriti. Nessuno
dei due mai...
“Hai
molto freddo”, si corresse, e non poté
controllarsi. Il suo tono di
voce tradì un qualcosa che neppure Rey poté
ignorare. C’era un’emozione nuova
sul suo volto stanco. Uno stupore autentico che gli ricordò
il sorriso
estasiato dei bambini Jedi nel momento esatto in cui
riuscivano per la prima volta a trattenere tra le proprie piccole dita
il
tremolio di una bolla d’acqua chiara e limpida. Rey sciolse i
pugni e
spostò il viso verso la sua spalla destra - verso di lui.
Dopo
settimane, dopo mesi.
Erano
talmente vicini. Talmente
tanto vicini. E il suo volto era talmente
tanto stanco. Ben toccò le sue guance sporche e il suo mento
bagnato. Sfiorò i
suoi occhi, la sua mandibola, le sue ciglia. Odiò se stesso.
Avrebbe voluto
schiaffeggiarsi e disperarsi. Distruggere la stanza e ogni ricordo che
lo
trasformava in un essere tanto debole.
Sono
debole come mio padre.
Come
era accaduta una cosa del genere? Come aveva potuto permettere che
accadesse una cosa così tremenda e spaventosa? Il viso e il
respiro di Rey
erano diventati un bene prezioso e la sua vita una speranza impossibile
da
abbandonare.
Tu
sei nulla.
Negarlo
era inconcepibile.
Ma
non per me.
Ora
come avrebbe potuto smembrare una debolezza tanto importante? Come con
suo padre? Era un’immagine macabra che aveva la spaventosa
solidità di un
pugnale seghettato lasciato ad affondare nelle sue viscere e
lì barbaramente
dimenticato.Ben non
riusciva ad accettare di vivere senza Rey, non poteva neppure
pensarlo - un nuovo
tremito gli intorpidì un punto perduto in una parte oscura
del suo petto.
Come
poteva anche solo pensare di doverla uccidere? Come poteva perdere
ancora ogni cosa? Come?
“Spezza
il legame.”
Rey
glielo ordinò, all’improvviso, stringendo i denti
e inspirando a
fatica. Il significato delle sue parole gli bloccò il
respiro. Le sue ossa
sfrigolarono elettriche, talmente tanto forte da ostruirgli la gola e
inclinargli la voce.
“Non
posso”, sussurrò, e si morse le labbra. Si
costrinse a tacere subito
dopo. Avrebbe voluto dirle altro, avrebbe voluto dirle la
verità.
Non voglio,
pensò intensamente.
Non voglio e non lo farò, non lo farò mai. Mai.
Non posso
lasciarti.
Rey
percepì i suoi pensieri, li sentì.
Il
dolore trasfigurò i suoi lineamenti in una maschera
d’odio e l’ira
indurì l’incavo delle sue guance.
“Non
vuoi”, ripeté Rey, ad alta voce. Perché
lei aveva sentito ogni cosa e
perché non esistevano più pensieri che potessero
celare l’uno all’altra.
La
vide portarsi una mano al fianco -
al suo livido più grande, un viola
scuro che aveva assunto le sembianze di una rosa morta - e
cercare i suoi occhi.
Soltanto
un istante Ben sperò che Rey gli sorridesse. Che si
avvicinasse
al suo viso e sorridesse. Un solo istante di cui poi si sarebbe
vergognato in solitudine.
Avrebbe riso di se stesso allo specchio e poi non avrebbe
più sostenuto la sua
stessa vista e avrebbe indossato la maschera che aveva ricostruito.
Così
avrebbe ricominciato a smettere di respirare e avrebbe calpestato ogni
suo
pensiero capace di imporporargli le guance. Avrebbe compiuto assurde
imprudenze
che avrebbero ridotto il suo corpo e la sua mente in un insieme
disordinato di brandelli di sabbia e di sassi. Soltanto
perché aveva concesso a se stesso di sperare che
Rey potesse essere felice di essere insieme a lui.
“Non
vuoi e non lo farai. Non lo farai
mai”, continuò a ripetergli ad alta
voce mentre il suo tono diventava sempre più incredulo e
rancoroso. Masticava
le sue frasi e gliele restituiva sputandogli fiele e veleno.
“Perché
tu non puoi lasciarmi.”
La
vide soffocare tra i denti un rantolo causato dai suoi movimenti
scoordinati e avvicinarsi al suo viso. Il suo collo era in tensione, le
vene
gonfie.
Sperò
qualcosa che non avrebbe mai dovuto sperare. La mattina dopo avrebbe
riso di se
stesso e avrebbe distrutto il primo specchio in cui si sarebbe
riflesso. No,
avrebbe demolito ogni
specchio in cui si sarebbe riflesso. Avrebbe scorticato la
pelle delle sue nocche tanto duramente da far affiorare le sue ossa tra
le
schegge. Pugni infiniti contro una semplice lastra di vetro che gli
avrebbe
mostrato la sua vera natura. Lui era - e sarebbe sempre stato - un
ragazzino patetico.
“Spezza
il legame”, gli ordinò, tentando di imporsi sulla
sua volontà.
Sentì
un fremito in quell’oscuro punto perduto del suo petto che
avrebbe
dovuto essere vuoto e secco -
soltanto altro sangue e delle croste di cicatrici.
Si
impose di rimanere impassibile.
“Sai
che non funzionerà. Non puoi farlo a distanza. Lo sforzo
potrebbe
ucciderti.”
La
sua risposta calma sembrò colpirle il petto e spezzarle ogni
costola.
Gli mostrò i denti. Il modo in cui mordeva
l’interno delle sue guance scavate e
come tremavano i suoi polsi e le ossa delle sue dita: cercava in ogni
modo di
sottomettere la sua volontà.
Lo
sai che anche a me tremano i polsi? Il mio sforzo è pari al
tuo. Lo
sento. Così implacabile, così asfissiante. Ma io
e te non combattiamo lo stesso mostro.
“Spezza
il legame.”
Rey
era costantemente in bilico, altre volte credeva di averlo immaginato,
ma adesso riusciva a percepirlo meglio.
C’era un conflitto perpetuo nella sua anima: aveva sempre il
costante desiderio
di colpirlo e di fargli del male, aveva sempre il costante desiderio di
avvicinarsi e di fare qualcosa di ancora più terribile. Era
un conflitto che
dilaniava e che comprometteva e che prosciugava.
Potresti
spezzare tu il legame. Avresti potuto farlo ogni notte, ma non lo
hai mai fatto. Tu vuoi essere qui con me - ma perché? io non
voglio lasciarti e
forse tu non vuoi lasciare me? forse tu lo vuoi tanto quanto me?
Tu
vuoi essere qui con me, ora lo sento - è questo il motivo
per cui tu mi odi così
tanto? oppure odi una parte di te stessa? oppure sto impazzendo?
Credo
che sia tutto un sogno. Una visione. Non mi hai parlato per
settimane. Non mi hai guardato per mesi. Deve essere questo. Devo
essere
sconvolto da questa improvvisa tregua e fraintendo. Fraintendo ogni
cosa.
“Dove
sei?”
Ti
ho salvato da Snoke.
“Adesso
spezzerai il legame.”
Ho
combattuto per te.
“Quale
missione suicida stai affrontando?”
Ti
avevo soltanto chiesto di restare al mio fianco.
“Adesso
spezzerai il legame, Ben.”
Ben.
“Non
credevo mi avresti più chiamato Ben.”
Non
credevo avrei più voluto sentire quel nome.
Angolo
autrice.
Ciao a tutti! Mi dispiace tantissimo se questo capitolo fa schifo,
davvero tanto. Volevo avvertire che la descrizione "livido a forma di
mano" non è mia, ma di Hanna Sophie Lewis. Inoltre, tra poco
avremo Episodio IX, sono così emozionata da sentirmi male. E
voi? Scusate davvero per questo scempio, spero di riuscire a portare a
termine questo progetto. A presto!