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Autore: Mikirise    16/03/2020    1 recensioni
La verità è che per quanto possano dire, Asahi e Noya hanno vissuto esperienze simili.
Da piccoli, entrambi hanno avuto un cane. Solo che il cane di Asahi è morto, quello di Noya è vivo e vegeto e gli mangia i calzini un giorno sì e l'altro anche. Entrambi sono visti in un modo dalla famiglia e in un altro dai loro amici. Solo che se Noya è visto come silenzioso dalla sua famiglia e rumoroso fuori casa, Asahi è visto come rumoroso dentro casa e silenzioso coi suoi amici. Entrambi sanno che cosa vuol dire vivere in una casa solitaria, solo che Asahi il suo appartamento lo vuole abbandonare e Noya invece vuole custodire la sua casa paterna. Noya sembra una divinità protettrice. Asahi di divino ha davvero poco. E ha bruciato di nuovo l'omurice.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Asahi Azumane, Yuu Nishinoya
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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NdA: quando ero piccola mi ritrovavo spesso in campagna, non perché avessi parenti o altro, ma perché a mio padre piace tantissimo la campagna. Poi, abbiamo iniziato a trasferirci e ogni nuova casa in cui entravamo era sempre più in campagna. Sono arrivata a vivere in mezzo al nulla, in una fattoria senza nessun collegamento coi mezzi pubblici. Essendo minorenne ai tempi non avevo una macchina e la fermata dell'autobus era a cinque o sei chilometri da casa mia. Allora ogni giorno prendevo il mio zaino e camminavo e incontravo ricci e guardavo le pecore e salutavo chi stava lavorando sul trattore. Adesso vivo in una casa tra campagna e città, quindi queste cose non le faccio più. Però cavolo se ci penso sempre. Camminavo per un'ora, arrivavo a casa, le oche cercavano di mordermi. E penso che una volta che ne esci, beh, non ce la fai più a riprendere bene il ritmo, come hai già fatto una volta.


 


Una pioggia di riso

Il riso è un cibo bellissimo. E’ bello quando cresce, file precise di gambi verde brillante che si stagliano verso il sole estivo; è bello quando viene raccolto, covoni dorati in autunno, impilati in risaie simili a patchwork; è bello quando, trebbiato, si riversa nei silos come un mare di piccole perle; è bello quando è cucinato da una mano esperta, bianco splendente e dolcemente fragrante. (Shizuo Tsuji)
 

Prologo

Asahi si tocca la nuca.

Sente freddo dietro il collo. Gli sembra molto strano, toccare i suoi capelli e sentirli così corti, ci rimane quasi male, quando si rende conto che -beh, sono finiti lì. Non scorrono, non arrivano fino a sotto la mascella e non arrivano nemmeno a metà della sua guancia. Si fermano bruscamente. Guardandosi allo specchio, muovendo il viso di qua e di là, si sente scoperto. Come se prima avesse una qualche armatura, una maschera che lo copriva, ma che non si rendeva conto di avere. Sembra un po’ come se avesse perso qualcosa. Qualcosa di prezioso. Sono solo capelli, si dice, e poi abbassa lo sguardo e comunque gli sembra lo stesso strano, non c’è davvero molto altro da dire o fare.

E gli viene da piangere, a pensarci.

Gli prudono le mani, come se volesse fare qualcosa, ma non sa che cosa. Si ripassa le dita trai capelli e i capelli continuano a finire lì. Cadono dalle sue dita quasi subito. Non ci sono nodi. Non sono nemmeno sporchi. Tenendoli così sarà più facile prendersene cura. Crede. Sì. Beh. Ad Asahi viene un pochino da piangere lo stesso. Di sicuro non può mettersi a piangere qui, motivo per cui si passa una mano sulla guancia, e prende un respiro profondo. Basta contare fino a dieci, il più delle volte. Cerca di riprendersi da solo, in silenzio. Lo ha sempre fatto. Lo può continuare a fare.

Asahi si passa la mano trai capelli, di nuovo, se continua così li sporcherà. La fa scendere, la mano, la fa scendere ma i capelli finiscono lì. Lo fa soltanto per abituarsi all’idea, per non sembrare troppo sorpreso dopo. Non scendono sotto la mascella, non ondeggiano dolcemente, si fermano tutto d’un colpo, piegandosi sul suo zigomo, in modo brutale, un pochino confusionario. Asahi prende un respiro profondo ancora una volta e chiude gli occhi. Niente è definitivo. Tutto può ancora cambiare. I capelli gli possono comunque crescere di nuovo. E non è detto che dovrà rimanere qui per sempre. Se lo continua a ripetere, come se fosse una specie di incantesimo. Non dovrà rimanere per sempre qui. Non dovrà rimanere indietro per sempre.

È una delle cose che succedono quando si diventa adulti, gli ha detto sua mamma, tirandogli i capelli all’indietro e puntandogli delle pinzette, per fare in modo che non gli cadessero sugli occhi. Uno mica può pensare di rimanere bambino in eterno. Se a lavoro ti dicono che i capelli potrebbero dar fastidio, allora i capelli li tagli. Se a lavoro ti dicono che certi modi di presentarsi non sono accettati, allora cambi modo di presentarti. Non ci si dovrebbe nemmeno lamentare. Dovrebbe essere felice, invece, Asahi, per essere stato accettato in un lavoro, no? Non è più un liceale. Questo è il mondo degli adulti. L'importante è portare cibo a casa (se poi quel cibo è buono oppure no, allora è un'altra storia.)(Ma, dice sua madre, la cosa importante è mangiare.)(Mangiare con gusto... quella sembra una cosa inventata dai ricchi.). L'importante è avere un tetto sopra la testa. È così che parlano gli adulti.

Gli faceva male, la mamma, mentre lo pettinava. E lui non ha detto niente. Ha solo stretto i pugni e sopportato. Perché è questo che fanno le persone adulte.

I liceali sono liberi. Mangiano quello che vogliono. Gridano quanto vogliono. Corrono quando vogliono. Asahi non se n’era reso conto. Per tutti i suoi anni da liceale, ha guardato fuori dalla finestra della sua classe, ha riso guardando Daichi strozzarsi per non farsi rubare il pranzo da Suga, è rimasto seduto accanto a Shimizu, quando pensava che lei avesse bisogno di un amico. Ma gli faceva un pochino paura quel mondo che tutti dicono essere protetto. Uscirne era spaventoso. Rimanerne incastrato dentro era ancora più spaventoso. Gli è sempre sembrato di essere incastrato da questa paura. Gli è sempre stato difficile muoversi, per paura di perdere qualcosa, per paura di rovinare qualcos'altro. Dicono che i liceali sono liberi. Asahi... non lo sa. Beh lui, non è mai stato in effetti una persona che si butta, una persona senza paura. Per quello che lui crede, le persone con tanto coraggio sono le persone libere, non importa quale sia la loro età. Il suo vero problema è che lui -il coraggio non è proprio il suo forte.

Chiude il suo armadietto.

Non sopporta nemmeno l’idea di guardarsi ancora allo specchio.

Basterà non pensarci, si dice. Inizia a ripeterselo, come se fosse un incantesimo. Daichi lo diceva sempre. Se c’è qualcosa che ti dà fastidio, basterà non pensarci e la cosa scomparirà. Non dovrebbe mai prendere consigli da Daichi, ne è più che consapevole, quel ragazzo è troppo pigro, non gli piace affrontare la maggior parte delle sue emozioni, ma ci sono cose che sono più facili da sopportare con il suo metodo. Dopo gli manderà un messaggio. Non ricorda quando finiscono le sue lezioni. Non è nemmeno sicuro che risponderà. Non che importi.

Asahi si passa le mani sui pantaloni.

Il vapore delle cucine arriva fino a qui e lui si sistema il grembiule intorno alla vita, mentre si schiaccia una cuffietta sulla testa e guarda come alcuni ricci gli si formano in questo piccolissimo intervallo di tempo. Non ci può fare niente. Le cose cambieranno. Andrà tutto bene. Gli hanno consigliato di iniziare a fumare. Per le pause tra un turno e l’altro, per avere una scusa per uscire a prendere aria. Asahi però non pensa di riuscire nemmeno a sopportare l’odore del fumo. Non riesce nemmeno a pensare a prendere una sigaretta in mano. Allora Tanaka-senpai gli ha detto che sarebbe stata lei a coprirlo e avrebbe fumato per entrambi, così nessuno si sarebbe reso conto che Asahi prende pause senza fumare. Quando le hanno fatto notare che neanche lei fuma, Tanaka-senpai è scoppiata a ridere, rispondendo che però è sempre stata brava a fingere. E nessuno le è andato contro.

“Nuovo giorno, vecchie storie!” grida un suo senpai dalla cucina. E lo riscuote un po’, perché stava pensando con così tanta forza da essersi dimenticato che ha posti in cui stare, cose da fare.

Asahi si ripete che nulla è per sempre. Che le cose possono sempre cambiare. Che i capelli ricrescono. Che il tempo passa e non si deve per forza rimanere nel posto in cui si è nati. Si ripete che a volte i momenti della vita sono così, che non si può vedere la fine, durante l’inizio del cammino, che tutto, tutto quello che fa e che vede adesso ha senso, solo che lui ancora non lo capisce. Si dice cose così. Si ripete cose così come se fossero un incantesimo.

Le cose cambieranno. Gli adolescenti sono liberi. Gli adulti lavorano. Gli adulti si sacrificano. I capelli ricresceranno. Ha cose da fare. Non rimarrà indietro. Le cose cambieranno. Troverà il coraggio.

“Nuova giornata” si ripete tra sé e sé. “Vecchia storia.”

Ce ne sono così tante, di vecchie storie, qui intorno. Non ci si riesce a liberare. Ma non importa. Asahi prende un altro respiro profondo, prima di andare a lavorare.



 

Parte Uno: Una vecchia storia

(3.“Come home with me!” “Who are you?” “The men who’s gonna marry you!”)

Yuu lancia uno sguardo fuori dal finestrino, prima di sospirare e tirarsi su le maniche e controllare che la sua uniforme non si sia macchiata di sudore. Dentro questo furgoncino fa caldissimo. Sembra quasi soffocare. E quando tira indietro i ciuffi di capelli, quelli rimangono lì, alzati, madidi di sudore. Fa quasi ridere.

Si toglie l’uniforme di scuola, i pantaloni, per infilarsi in quell'enorme salopette da lavoro che il nonno gli ha portato. Lo spazio sembra essere molto ridotto, ma Yuu si può muovere senza problemi e il nonno non sembra comunque avere voglia di parlargli, motivo per cui può fare più o meno quello che vuole. Piega i pantaloni dell’uniforme con cura, per poi infilarli nella sua borsa e poi controlla che il gakuran non sia stropicciato o macchiato, prima di togliersi anche la maglietta bianca e infilarsene un’altra. Non vuole davvero sporcare l’uniforme.

Fa davvero tanto caldo. Hanno i finestrini chiusi per un qualche gioco di aerodinamica che Yuu non ha capito molto bene, ma non importa, perché ha imparato che a volte è molto meglio fare finta di niente e affidarsi al senso comune.

Quando Yuu posa la fronte sul finestrino, come quando era piccolo, lascia una traccia di sudore e grasso, che lo fa tornare a ridere.

Quando era piccolo, posava la fronte sul finestrino perché gli piaceva moltissimo che poi parti del suo viso diventassero rosse. E non riusciva a capire per quale motivo questa cosa succedesse. Avevano provato a sistemargli, tanto tempo fa, in uno dei suoi ricordi con la mamma, che era perché si stava facendo male e la sua pelle era delicata. Gli aveva preso il viso tra le mani, dopo essersi inginocchiata davanti a lui, e gli aveva schiaffato in faccia della crema, passando le dita sotto gli occhi di Yuu, e poi anche sopra le palpebre e sulla fronte e muoveva le guance tanto da far scoppiare a ridere Yuu, perché le guance gli andavano su e poi gli andavano giù. E deve essere stato il giorno in cui è andato a vivere col nonno. Lo ricorda. Sì. È stato proprio quel giorno. Prima conosceva un’altra vita, ma è stato così tanto tempo fa che non la ricorda più nemmeno lui.

Yuu non ha un vero e proprio ricordo nemmeno di sua nonna, a pensarci bene. C’è stato un momento in cui era sicuro di non averne avuta una. Ci sono le amiche del nonno. Le amiche cambiano sempre, in continuazione, senza che Yuu riesca a ricordare il nome, ma non una nonna fissa, una nonna in cucina che prepara una torta, beh, lui non pensava di averla. Si è sempre chiesto se ci dovesse essere per forza una nonna, se era quella cosa che ti dicono che o ce l’hai oppure ti manca qualcosa, un po’ come quello che dicono quando non hai una mamma o un papà o un genitore. Lo ha chiesto ai suoi amici della materna, ai tempi, e loro hanno detto che ci sono tante persone senza una nonna. La cosa strana sarebbe stata non avere dei genitore.

Yuu ci ha pensato molto. Rimaneva per giorni e giorni a guardare la pioggia cadere nel giardino della casa paterna, con le gambe incrociate, la paura di uscire e trovare quell’enorme cane, e pensava, chissà. Chissà com’è una nonna. E chissà com’è avere dei genitori in casa. È una cosa che si è chiesto molto spesso. Le cose che non si è mai chiesto e non ha mai messo in discussione, però, sono quelle situazioni in cui si ritrovava quasi tutti i giorni.

Amava sedersi da solo in veranda e guardare la pioggia di montagna. Le nuvole si accumulavano in fretta, quando era piccolo, diventavano nere e pesanti in pochissimo tempo e il sole non brillava. Diventava tutto così scuro da fare quasi paura. Sono così le tempeste di montagna. E Yuu, seduto nella veranda della casa paterna (passavano così tante persone per quella casa, ma lui era sempre seduto da solo)(era sempre solo, non ricorda il perché), guardava il cielo che cambiava e continuava a cambiare. E guardava come la pioggia iniziava a cascare sui loro campi. Erano gocce grandi quanto le sue mani. E ogni volta che le vedeva, Yuu si chiedeva come facessero le piante a sopportare dei pugni del genere. Ed eppure, loro continuavano a vivere. Il giorno dopo, o qualche minuto dopo la tempesta, lui usciva di casa, coi piedi scalzi, le piante dei piedi che nemmeno gli facevano male, e guardava come le piante vicino casa sua, i cavoli, le rape, le carote, le risaie, fossero intatte, fossero, anzi, più rigogliose di prima.

Non si rendeva mai conto di quando dovevano arrivare le tempeste, mentre suo nonno, per qualche motivo, un po’ come il nonno di Heidi, guardava il cielo e gli diceva di prepararsi ore prima. Era per questo che Yuu si trovava sempre al coperto, durante la pioggia.

Dicono che, prima della sua nascita, prima che lui potesse anche soltanto ricordare, la pioggia era leggera. Dicevano che si incastrava trai capelli e che nemmeno te ne rendevi conto che ti stava piovendo addosso, ma ti ritrovavi bagnato dalla testa ai piedi e non potevi farci niente. Le gocce ti si incastravano trai capelli. Erano piccole così, più piccole di un’unghia, più piccole della punta di una matita sul foglio e ti si incastrava sul maglione e sembrava farti quasi brillare. Sembra una bella pioggia. Yuu non ha mai sperimentato una pioggia del genere. Ha sperimentato i fulmini, però, li ha visti. I fulmini vengono dal nulla. Non c’è modo di dire quando arriverà uno. C’è un modo per capire quando arriva un tuono, ma non quando arriva un fulmine. E non hai nemmeno modo di dire dove cadono per esattezza. Si possono direzionare, certo, ma, se non sei pronto, se non ci sono i parafulmini, potrebbe colpire ovunque.

Com’è essere bagnato da una pioggia che non riesci a vedere? Può davvero succedere? Fa così caldo in questo furgoncino.

Non sa perché ci stia pensando adesso. È una storia così vecchia. L’uniforme scolastica non è macchiata, non ci sono strani aloni, non c’è nemmeno una piccola macchia di salsa. E il nonno sa guidare abbastanza bene per non far pensare a Yuu di doversi proteggere. (Ha anche dimenticato di mettersi la cintura di sicurezza.)(Beh.)(Non che adesso gli importi.) Il giorno in cui la mamma lo ha lasciato dal nonno, perché lei e papà erano troppo presi dalla vita cittadina per stare dietro a lui, Yuu non ha pensato di essere stato abbandonato, perché non era quello che stava succedendo. La mamma e il papà, ogni tanto, vengono a trovarli. Hanno perso molta della sua crescita e di sicuro perderanno il suo diploma, come perderanno molte delle sue decisioni, ma, alla fine, lui non si è mai fatto domande sul perché del suo modo di vivere. Quindi va bene così.

Ed è stato mentre cadeva quella pioggia forte, con le gocce grandi quanto le dita di un uomo adulto, che lui può sperimentare, adesso che lui è vivo e può ricordare, che ha incontrato Ryuu. Sotto la pioggia. Coi suoi capelli che gli cadevano sugli occhi. Il moccio al naso. I vestiti bagnati. Lo ricorda come se fosse successo ieri. Il ragazzino coi capelli bagnati che ha teso il braccio con un ombrello aperto, per coprire Yuu.

Quando il furgoncino si ferma, Yuu arriccia il naso e lancia uno sguardo al cielo limpido e celeste e senza nemmeno una nuvola. E poi apre lo sportello, per scivolare sul cemento davanti al ristorante dei Tanaka, mentre si sistema gli orli più in basso della salopette, per non sporcarla di terra e, quando alza lo sguardo, perché sente Saeko-neesan salutarlo con un alto e molto potente: “Yuu!” c’è come un fulmine.

Una parte del pantalone ha un risvoltino e una parte invece no, e Yuu è piegato in due, perché, beh, si stava sistemando i pantaloni, per l’amor del cielo, e quindi lo vede dal basso, con le braccia incrociate e una strana espressione, a metà preoccupata e metà preoccupatissima (anche se Yuu non è molto sicuro del perché di questa preoccupazione), i capelli che gli si erano arricciati all’altezza degli zigomi e delle enormi braccia. Era lì. È stato lì. È lì. Sarà lì. Yuu ha lasciato perdere i pantaloni e Saeko-nee ha iniziato a parlare col nonno di verdure e pane e qualcosa che lui non stava per niente ascoltando, mentre il ragazzo coi capelli arricciati (per colpa del vapore delle cucine?)(sembra lavorare nel ristorante dei Tanaka, quindi forse è per colpa delle cucine)(e come sono quando non sono arricciati dal vapore, quei capelli?), si passa una mano sul retro del collo e guarda da un’altra parte.

Yuu non ha mai visto arrivare la pioggia. Ma sa che ci sono modi per vederla arrivare. Yuu non si è mai ritrovato bagnato dalla testa ai piedi senza rendersene conto, da una pioggia leggera. Ma sa che è successo a tante persone. Yuu conosce i lampi, i tuoni. Lui ha vissuto così la sua vita. E quindi, quando alza lo sguardo, in quei secondi che durano ore, settimane, anni, e vede quel ragazzo e sente il fulmine. Lo sente nelle ossa. Lascia stare i pantaloni, non gli importa niente dei pantaloni adesso, si tira su, per guardare quel ragazzo alto, quel ragazzo con delle enormi braccia, con un’espressione preoccupata, per qualche motivo, che guarda da un’altra parte e si dice: ah, sì, conosco questa sensazione.

Da quel momento in poi, non riesce a pensare a nient’altro, a nessun altro, che non sia quel ragazzo. E non sa nemmeno il nome. Yuu sorride. È davvero successo di nuovo. Yuu abbassa la testa quel poco che basta per pulirsi con la spalla e sorridere verso quel ragazzo, che, probabilmente, nemmeno lo sta guardando.


 




Yuu si allaccia le scarpe e lancia un’occhiata al cielo, prima di far ruotare la caviglia e guardarsi la gamba. Non c’è nessuno a casa. Sono tutti nei campi, a lavorare la terra, a prepararla, per la grande raccolta che si farà in due settimane al massimo. Si controlla la frutta, la verdura, cose così. Gli hanno detto di godersi questo suo ultimo anno di libertà, perché, il prossimo anno, ecco, lui dovrà entrare a far parte della produzione e delle braccia messe a disposizione per la famiglia a tempo piano e quindi anche lui dovrà girare per i campi e odorare il fresco e strano odore della frutta che viene tagliata e dell’erba che rimane sempre bagnata.

Yuu arriccia il naso. Non capisce perché tutti loro ne parlano come se dovesse essere una specie di punizione. A lui è sempre piaciuto muoversi per le loro campagne. Anche raccogliere le mele, metterle tutte insieme, indossare quegli enormi guanti in cui le sue mani sono cresciute. Gli è sempre piaciuto. È quello che conosce, alla fine. È quello che sa fare. Ed è una vita che ama. È una vita che potrebbe portare avanti fino a quando avrà respiro in corpo. (Ed è stata questa vita che lo ha fatto incontrare con quel ragazzo alto.)(È questa vita che ha fatto in modo che un fulmine lo colpisse di nuovo.)(Sotto un cielo sereno.)(Nel bel mezzo del nulla.)

Non è la prima volta che succede, in effetti.

Yuu è sempre stato bravo a buttarsi a capofitto e ha sempre provato troppe emozioni senza chiedersi il perché. Ha sempre vissuto la sua vita senza farsi troppe domande. Yuu ha una guida, per sapere che cosa sta provando, se non riconosce il sentimento, beh, di solito non gli dà importanza. Se il sentimento o l’emozione che sta provando è troppo forte o troppo ingombrante, chiede a Saeko-neesan, oppure a Ryuu, che cosa pensano che sia quel sentimento e, di solito, loro gli danno una risposta che lui la prende per buona, e non c’è molto altro a cui pensare. Suo nonno -lui non è bravo in queste cose. Ma non importa granché.

Dicono che essere colpiti da un fulmine è una di quelle cose che succedono solo una volta ogni cento anni.

Ci sono delle leggende, al riguardo. Yuu si allaccia la seconda scarpa, inclinando la testa per studiare il fiocco disequilibrato. Le persone colpite dal fulmine che sopravvivono, dicono che è come essere bruciati dall’interno della pelle. Come se dentro stessi ribollendo. La temperatura del corpo dovrebbe diventare più alta e c’è un punto in cui il fulmine entra e un punto in cui il fulmine esce. Lascia una cicatrice che è simile a una bruciatura. E il tuo cuore si ferma e poi ricomincia a battere con sempre più forza, sempre più forza. Come se fossi di nuovo appena nato. Come se il tuo cuore avesse deciso di prendere una nuova vita, cambiare, diventare più forte.

Deve essere per questo che dicono che le persone che si innamorano sul posto hanno un colpo di fulmine. E non ricorda molto bene le storie e i motivi, ma c’era qualcuno che diceva che era stato un fulmine a fecondare per la prima volta la Terra, e a creare quindi la vita. Come cosa avrebbe senso. Ogni volta che Yuu viene colpito da un fulmine, sente come se entrasse della vita in lui. Gli piace. Gli piace tantissimo essere colpito da un fulmine.

Yuu si passa le mani sul viso e si alza in piedi, allungando la schiena e tirando fuori un verso che sembra quello di un ululato di un lupo, ma che dovrebbe essere uno sbadiglio. Durante la pausa estiva, gli hanno detto, è libero di fare qualsiasi cosa lui voglia fare, basta che studi abbastanza da poter, beh, superare l’anno e avere il suo diploma. Ci sono così tante cose a cui pensare, durante l’ultimo anno di liceo. Potrebbe continuare a giocare a pallavolo. A Yuu piace tantissimo giocare a pallavolo, mettere tutte le sue paure e i suoi movimenti in una palla, per poi raggiungerla, non farla mai cadere a terra. Giocare a pallavolo è davvero molto divertente. Per farlo, dovrebbe muoversi dalla casa paterna. E lui è appena stato colpito da un fulmine, quindi, che fare?

Piega le caviglie, prima la destra, uno, due, tre, poi la sinistra, uno due, tre. Ha così tanta energia in corpo, da non riuscire a sopportare l’idea di rimanere fermo. Ci sono così tante cose da fare, o da scoprire, o da chiarire. Ci sono così tante cose che vuole fare, come fare a decidere che cosa fare e che cosa non fare? Come può decidere se rimanere nella casa paterna oppure andare a giocare a pallavolo, farlo sul serio, farlo con tutto quello che ha? Quali sono i criteri giusti per fare una scelta? E perché se ne sta preoccupando così tanto? Alla fine, beh, quel che sarà sarà, giusto?

Yuu ha sempre pensato che avrebbe vissuto la sua vita ora per ora e minuto per minuto. Forse per questo nonostante fosse all’ultimo anno di liceo ancora non aveva ben pensato a che cosa fare. Non che importi. Chiude le mani in due pugni e stira le braccia, prima da una parte, poi dall’altra, per poi portarsi i pugni sui fianchi e decidere che deve andare a correre. Correre riduce lo stress e altre cose che non ricorda. Correre per i campi di famiglia, poi, lo calma più di quanto possa calmarlo una camomilla, o una giornata a letto. E gli piace, dalla casa paterna, correre verso le case dei suoi amici. Andarli a prendere prima di andare a scuola. È una bella routine. Gli piacerebbe anche conoscere delle nuove persone.

Tra poche settimane inizieranno le vacanze estive. Tra poche settimane, Yuu aiuterà la sua famiglia a raccogliere frutta e verdura e riso e tutto quello che c’è nei lro campi e dovrebbero venire anche i suoi cugini, gli zii dalla città, anche se loro detestano la vita di campagna e anche se loro farebbero di tutto per non occuparsi più di queste terre, che Yuu ha sentito, loro considerano davvero soltanto un peso.

Il nonno è sempre solo. Nel senso, non solo-solo. Solo per quel che riguarda la famiglia. L’unica persona che riesce a vederlo ogni giorno, a conoscere tutte le sue amiche, alla fine, è Yuu. E, probabilmente, una volta morto il nonno, anche quei pochi cugini che vogliono continuare a mantenere i loro terreni, cederanno e decideranno di venderli. Il nonno -è il loro unico pilastro. C’è la possibilità che la casa paterna, una volta morto il nonno, non sia più una casa paterna, ma la casa di qualcun altro. Anche questo è da tenere in considerazione, quando Yuu prenderà la sua scelta.

La pallavolo è divertente. Gli piace tantissimo la casa paterna. Yuu inizia a correre. Nella borsa ha la sua divisa. E questa è l’ultima settimana prima delle vacanze estive. Una pausa. Sarà molto divertente. Non vede l’ora. Forse potrebbe trascinare Chikara o Hisashi a passare con lui le vacanze estive. E Chikara è sempre stato bravo a fargli vedere le cose così come stanno. Questo è il suo ultimo anno di liceo. Ci sono delle decisioni da prendere. Ci sono dei momenti da vivere. C’è un colpo di fulmine da scoprire.

Non vede l’ora. Yuu sente come un brivido che gli passa per tutto il corpo. Non vede davvero l’ora di vivere tutto questo.


 




Yuu si sistema il gakuran e poi dà un colpetto a Ryuu che inclina un po’ la testa, prima di sospirare e scuotere la testa. Si fermano, quindi. La giornata a scuola non è stata granché, ma non è nemmeno stata troppo noiosa, il che è buono. Il sole è già tramontato. Gli allenamenti si sono protratti più del previsto e Ryuu gli ha detto vieni da me a mangiare e Yuu ha risposto che sì, gli sarebbe piaciuto, in effetti, e gli ha chiesto quale fosse il nome del ragazzo alto che ha iniziato a lavorare da loro e che lui ha visto l’ultima volta che ha aiutato il nonno a portare vegetali eccetera. E Ryuu lo ha guardato negli occhi e gli ha detto: “Azumane-san?” E Yuu ha finalmente avuto un nome. Il nome del ragazzo alto. Azumane-san, giusto? Sembra un bellissimo cognome. Chissà che tipo di persona è.

Ryuu gli sistema il gakuran, togliendogli qualcosa, forse dei peli, o forse un po’ di polvere da sopra le spalle. Lo fa con le sopracciglia aggrottate e una smorfia concentrata sulle labbra. Ed è strano come Ryuu decida di voler sembrare il maggiore tra di loro. Ma a Yuu non dà tanto fastidio. Lo lascia fare.

Il loro rapporto è sempre stato così, in effetti.

Ha incontrato Ryuu sotto la pioggia. È stato così tanto tempo fa che nemmeno dovrebbe ricordarlo. Deve essere un po’ come quelle cose che tutti i suoi zii dicono essere una memoria esterna, che viene da qualche altro posto. Ed è una cosa così strana da dire, su un amico. Nel senso che Yuu ricorda il momento in cui ha incontrato Hisashi, Chikara e Kazuhito. Sarebbe strano, non ricordare un incontro con un amico come Ryuu. Che sia stato sotto quella pioggia pesante, con quell’ombrello di Pokèmon -è un bel ricordo. E Yuu ha tanti cugini della sua età, ma vivono lontano. Quindi, forse, la persona più vicina a un cugino, deve essere Ryuu.

Ryuu, che si allontana di qualche passo e controlla il gakuran, per poi alzare un pollice. “Perfetto” gli dice. E poi entrano nel ristorante dei Tanaka e il ragazzo alto, Azumane-san, non c’è.

Yuu sente come le spalle gli cadano verso il basso e come la maggior parte della tensione che aveva accumulato (un po’ come poco prima delle partite o dei compiti in classe) venga rilasciata nell’aria, mentre gira la testa verso Ryuu, che invece ha continuato a camminare, per sedersi davanti alle piastre, sbadigliando, stancamente. Il coach ha detto che dovrebbero pensare a mangiare e mangiare bene. Lo ha detto sopratutto perché nella squadra ci sono dei ragazzi che sono così giovani e che non parlano e non mangiano davanti alle altre persone. I ragazzini del primo, non sembrano essere inclini alla fiducia. E Shoyo ha avuto problemi con l’alimentazione l’anno scorso. Per questo lo ha detto. E per questo Yuu ha deciso di prenderlo sul serio. Ed è anche un po’ una scusa per rimanere un po’ più di tempo con i Tanaka.

Ryuu posa la guancia sopra il palmo della mano e Saeko-neesan gli passa una mano sulla testa. Non dice niente ed entrambi sembrano essere molto stanchi. Yuu si passa una mano sul gakuran, si guarda intorno e sospira. Perché, beh, a questo punto può fare soltanto questo. Saeko-neesan e Ryuu sono le persone più vicine ad essere suoi parenti in tutta la sua vita. Ed è dovuto a un semplice ombrello di Pokèmon. Non sembra nemmeno un suo ricordo. Sembra così strano.

“Quando ci sarà la prossima partita?” chiede Saeko-neesan, sistemandosi il fazzoletto intorno alla fronte e sforzando un sorriso così luminoso da non sembrare nemmeno un sorriso.

Yuu sbatte le palpebre lentamente, arrampicandosi sulla sedia vicina a quella di Ryuu. Dondola i piedi, afferra uno stuzzicadenti soltanto per infilarselo in bocca e avere qualcosa da masticare. Saeko-neesan porta sempre tanta energia con lei. Vederla lo ricarica. È un po’ come se avessero un qualche tipo di incantesimo, un rapporto così stretto in cui l’energia scorre tra loro. E lei la condivide sempre. Se c’è una persona a cui Yuu vuole assomigliare di più, è di sicuro lei. “Ad agosto dovrebbero esserci le preliminari per il torneo primaverile” le risponde, mentre Ryuu posa la guancia sul legno, sbadigliando di nuovo, con gli occhi chiusi e senza nemmeno tapparsi la bocca. “Durante l’estate forse faremo un ritiro di una settimana per allenarci.”

Ryuu fa un verso strano, solo molto stanco, forse, girando la testa da un’altra parte.

Saeko-neesan sorride. “Sto accumulando i turni per venirvi a vedere fino a quando non arriverete alle Nazionali, quindi...” Fa un cenno con le dita. Potrebbe chiedere ai suoi genitori di prendere quei giorni per andare a vedere le partite di Ryuu. Non lo fa mai. Non chiede mai niente a loro. “Che cosa avete fatto che Ryuu è così giù? Ti hanno messo in panchina?”

“No!” protesta Ryuu alzandosi a sedere e tirando su la schiena. “Non ci scherzare nemmeno. Sai che cosa vorrebbe dire poi se Kinoshita mi prendesse il posto? Voglio dire. Non posso certo perdere così, no?”

“È solo felice perché può giocare con Chikara. E quando gli allenamenti finiscono è stanco perché ha usato troppa energia in campo” risponde Yuu, e questo fa scattare un qualcosa di primordiale in Ryuu, che si getta su di lui, per togliergli lo stuzzicadenti dalla bocca. Yuu ride. Ryuu cerca di farlo cadere sulla sedia.

“Oh, l’amore liceale” commenta Saeko-neesan, e Ryuu si gira verso di lei con un’espressione così tanto tradita da far ridere. Yuu mastica lo stuzzicadenti e poi se lo toglie dalla bocca. Chissà quando ha iniziato ad avere questi strani tic. Di solito non lo fa. “Beh, non è che te ne devi vergognare, sai? Chikara è un bravo ragazzo, ma allo stesso tempo ha quella cosa del cattivo ragazzo, sai quello che ti voglio dire, no? Sembra un tipo molto pericoloso... beh, deve essere una cosa di famiglia.”

“Nostra? O degli Ennoshita? Essere dei tipi pericolosi?” chiede Ryuu confuso, aggrottando le sopracciglia.

“In giro dicono che voi due sembrate dei teppisti” dà man forte Yuu, ridendo e rimettendosi in bocca lo stuzzicadenti. “Ma non siete pericolosi.”

“Io dico che a noi piacciono i ragazzi pericolosi e Chikara è un ragazzo un po’ pericoloso.”

“Io chiamo la polizia” borbotta Ryuu.

“Per Chikara?”

“No. Per te.”

Saeko-neesan si mette a ridere. “Lo sai che abbiamo un codice e che non ti ruberei mai il ragazzo” gli dice, alzando le mani in aria, come a voler dimostrare la sua innocenza.

“Sarebbe illegale” ripete Ryuu, muovendosi in avanti, così, giusto per essere sicuro che Saeko-neesan lo capisca. E lei invece scoppia a ridere un altro po’, prima di portarsi due dita sulle labbra e mandargli un bacio leggero, come se questo sistemasse tutto. Prende tre ciotole da dietro il bancone. Le mette una sopra l’altra, prima di riempirle. “Ehi. Non hai ancora mangiato?”

Saeko-neesan fa una smorfia, alzando una spalla, prima di tornare a riempire le ciotole. “Tra poco finisco il turno. Tra poco mangio” risponde, senza nemmeno alzare lo sguardo dalla ciotola.

“E ti stai preparando il piatto adesso?” chiede Yuu, continuando a masticare lo stuzzicadenti. “Poi si raffredda.”

“Beh” mormora lei, senza però rispondere per davvero. Continua a riempire le ciotole e poi le posa davanti a Yuu, dandogli un colpetto sul naso, una davanti a Ryuu alzandogli la testa, spingendolo con la mano, e poi posa la terza e ultima ciotola accanto a Yuu. “Diciamo che abbiamo ospiti” finisce poi, con un enorme sorriso. Si passa le mani sul grembiule, fa a entrambi cenno di iniziare a mangiare, di aspettare cinque secondi, e poi esce dal ristorante. Così. Senza nessun’altra parola. Saeko-neesan è davvero l’adulto più incredibile e più fantastico e più fenomenale che Yuu abbia mai incontrato. È uscita dal ristorante in un modo così figo da fargli venire voglia di vibrare in una frequenza tale da scaricare tutta l’energia che gli ha donato.

Yuu la segue con lo sguardo. Davvero. Vuole essere come lei. Vuole davvero essere così. Chissà perché, adesso si è emozionato. Stringe e riapre i pugni, per tirare fuori ogni tipo di energia superflua nel suo corpo (come gli ha insegnato a fare il coach) e poi raddrizza la schiena, con un enorme sorriso. È sveglio. È emozionato. È di buon umore.

Mormora a bassa voce un buon appetito, prima di prendere le bacchette e girarsi verso Ryuu, che sbadiglia ancora una volta. Gli fa venire voglia di sbadigliare, a pensarci bene. E Yuu si ritrova con la bocca aperta e a fare quell’ululato rumoroso che lui dice essere uno sbadiglio. Si passa una mano sul viso, perché ha sbadigliato così forte da fargli uscire le lacrime, e Ryuu alza un lato delle labbra, prima di imitare il suono, guardando Yuu dritto in faccia. Ridono entrambi, a questo punto. Yuu sbadiglia rumorosamente, e Ryuu fa la stessa cosa. E quando gli sbadigli non vengono più fuori, si ritrovano a gridarsi in faccia e poi a ridere. Finché Saeko-neesan non entra nel ristorante.

Non lo vede Yuu, per primo. Lui sta ridendo e gridando in faccia a Ryuu. E comunque non ha gli occhi sulla schiena, motivo per cui è Ryuu che si ferma e guarda alle sue spalle e sbatte le palpebre, come se avesse visto una delle cose più strane in tutta la sua vita. Yuu segue il suo sguardo, posa una mano sulla sedia, per mantenere l’equilibrio e vede come Saeko-neesan stia trascinando con lei Azumane-san, per farlo entrare e poi per farlo sedere proprio accanto a Yuu. Lo guida quasi con la forza, mentre il ragazzo alto, Azumane-san, continua a mormorare cose incomprensibili. Forse le sta dicendo che una casa e una cena ce l’ha. Forse sta dicendo che non gli piace il maiale, chissà, forse invece sta solo facendo dei suoni che non hanno nessun senso, per, beh, riuscire a ottenere tempo. Ma Saeko-neesan è al di sopra di tutte queste cose, in realtà.

“Mangia quanto vuoi” gli dice, scompigliandogli i capelli, come se fosse ancora un bambino. Azumane-san sembra voler diventare molto piccolo. Piega la schiena, come se si volesse appallottolare e non la guarda negli occhi. Indossa solo metà giacca. L’altra metà, invece, penzola sui suoi fianchi e la manica non tocca terra solo perché lui è molto alto. “Prendi tutto quello di cui hai bisogno. E se hai ancora fame, dopo questo piatto, prendine un altro.” Saeko-neesan gli fa un occhiolino, gli toglie la giacca con un gesto veloce, prima di lanciarla sulla sedia più vicina e prima di tornare dietro il bancone. Poi sbuffa. “Guardarvi mangiare mi fa venire voglia di mangiare.”

“Allora non guardarci” risponde prontamente Ryuu.

Saeko-neesan alza un lato delle labbra e arriccia il naso. “Continua a parlarmi della tua cotta per quel cattivo ragazzo, invece” gli dice, posando entrambi i gomiti davanti a lui. E Ryuu affonda il viso nella sua ciotola, cosa che la fa scoppiare a ridere.

Yuu si toglie lo stuzzicadenti dalle labbra e si gira, per guardare Azumane-san, che ha posato la fronte sul bancone, piegato in due, come se avesse mal di pancia. Sembra un mollaccione. Yuu inclina la testa, per posare la guancia sulla mano e continuare a fissarlo. Forse è solo molto timido. O forse è solo molto nervoso. Una persona ansiosa. Gli viene da sorridere, a stargli accanto. Ha dimenticato che aveva voglia di mangiare, nel momento in cui Saeko-neesan lo ha fatto sedere accanto a lui. Vuole parlargli. Che cosa potrebbe dirgli? Ciao? Sì. È un buon modo per iniziare una conversazione.

“È tipo una di quelle cotte che ti fa venire voglia di piangere quando lo vedi? Perché ti capirei perfettamente” dice in sottofondo Saeko-neesan. “Quando ero al liceo c’era una persona che...”

“Non credo proprio” risponde ancora Ryuu.

Yuu giocherella con le bacchette, prima di quasi posare la testa sul bancone, per vedere parte del viso di Azumane-san. Ha un bel profilo, Azumane-san. Assomigliano un po’ alle colline di qui intorno. Hanno qualcosa di dolce e qualcosa di stranamente duro. Yuu apre un pochino le labbra e comunque non gli viene in mente niente da dire. Rimane solo lì. In silenzio. Gli piace il suo profilo. Non riesce a smettere di guardare il suo profilo. Sembra come se lo conoscesse già. Come se, in un modo etereo e stupido e che lui non riesce proprio a capire, fosse a lui familiare. Anche se è sicuro di non aver mai visto questo ragazzo, prima della settimana scorsa. Yuu aggrotta le sopracciglia. Allunga un pochino il collo, forse per guardare meglio, forse perché è una sua abitudine, cercare, avvicinarsi,guardare da vicino e cose così. E non si muove, quando Azumane-san gira la testa e lo guarda negli occhi.

Anche quelli sembrano familiari, per qualche motivo. Azumane-san distoglie quasi immediatamente lo sguardo. I suoi occhi volano di nuovo verso il legno, sotto il suo viso e Yuu sente un po’ di tenerezza. Sente di nuovo quel brivido che gli sale dalla punta dei piedi. E gli vuole parlare. Sembra così familiare. Gli vuole parlare.

“Dovreste mangiare adesso, prima che si raffreddi, eh” dice ad alta voce Saeko, con le mani sui fianchi. “Non vogliamo certo sprecare niente, no? E poi, lo ha preparato Asahi-kun.” Si allunga per scompigliare i capelli di Azumane-san (si chiama Asahi!) e per farlo si deve alzare in punta di piedi. Alza la testa di Yuu, alzando le sopracciglia, come se volesse dirgli qualcosa che però lui non capisce.

“Ci stai usando come cavie” borbotta Ryuu.

“Se viene il mal di pancia a voi, posso monitorarvi e sapere in quanto tempo starete meglio. Mi sentirei in colpa a non farlo con i clienti, ma non vivo certo con loro, no?”

Yuu sorride, giocherella con le bacchette. Non pensa che niente di quello che viene fuori da Azumane Asahi-san possa essere così velenoso da farlo stare in bagno per troppo tempo. E poi, sarebbe felice di starci, in bagno, anche soltanto perché ha pensato che queste verdure, questa carne, questo riso -è stato preparato da lui. Quindi sa cucinare? Sta imparando a cucinare? Yuu lancia un’occhiata al ragazzo accanto a lui, che sembra soltanto voler scomparire. Chissà che tipo di persona è. Yuu ha lo strano impulso di aprirlo con forza. Come gli hanno detto che non dovrebbe fare con le cozze. Aprirle con la forza. Non dovrebbe farlo. Ci sono momenti e momenti. E lui ancora nemmeno lo conosce per bene.

Azumane Asahi-san non tocca cibo. Yuu mangia, lanciandogli qualche occhiata di tanto in tanto. Se avesse parlato... se avesse trovato qualcosa da dirgli prima, forse adesso sarebbero amici. Almeno si sarebbe potuto presentare. Chissà. Forse non è ancora troppo tardi. I capelli di Asahi-san sembrano essere stati appena tagliati, quindi prima li portava lunghi? E perché ha preparato lui questi piatti? E perché stava fuori dal ristorante?Yuu vuole solo conoscere il suo fulmine a ciel sereno. Vuole solo poterlo conoscere un pochino. Fa paura? Un po’. Vuole capire perché gli sembra così familiare. Ed eppure non riesce a fare altro se non guardarlo intensamente, mentre Asahi-san sembra volersi rimpicciolire sempre di più. Dovrebbe -scrivere. Ecco cosa. Prima si deve scrivere un discorso e poi...

“Devi smettere di fissare così Asahi-kun o prenderà fuoco” lo avvisa Saeko-neesan.

E Yuu sospira, mordendosi l’interno delle guance. Deve fare in fretta e trovare le parole giuste, pensa. Lancia uno sguardo verso il soffitto. Com’è che ha fatto a diventare amico dei suoi amici? E com’è che ha affrontato i suoi precedenti fulmini? Perché questo fulmine gli sembra essere così tanto diverso da quelli precedenti? Forse ha bisogno di un piano d’azione. E di un po’ di appoggio da parte dei suoi amici. Lo può avere. Yuu lancia un’ultimo sguardo verso Asahi-san, che forse stava guardandolo, piegato sul bancone, ma che distoglie lo sguardo così velocemente da far sembrare i loro occhi che si incontravano come una sola illusione ottica. Yuu sorride.

Il piatto preparato da Asahi-san non è né buono né cattivo. Ma riempie la pancia.


 




Yuu si rende conto troppo tardi di non essersi nemmeno presentato ad Asahi-san. E questo è davvero un errore da principianti, a pensarci bene. Come, ripete, come può essersi dimenticato della cosa più basilare, più stupida, più scontata del mondo? Ed eppure lo ha fatto. Si passa entrambe le mani sul viso, lagnando in silenzio e tirando indietro la testa. Come ha potuto dimenticare di presentarsi? Saeko-neesan non si è nemmeno posta il problema. Probabilmente, nemmeno ci ha pensato che le persone in un primo momento non sanno il tuo nome. Deve aver pensato che Asahi-san sarebbe entrato nel gruppo senza che nessuno se ne rendesse conto.

Come quando si è bambini.

Yuu è seduto nel buio di camera sua. Ha troppa energia per dormire e troppa voglia di muoversi per rimanerci, in camera sua. Non pensa che pioverà. Non pensa nemmeno che faccia così tanto freddo. Sicuramente non lo sarà, se si mantiene in movimento, quindi tanto vale farlo. Allunga la schiena tirando le braccia in avanti e poi tira indietro la schiena, muovendosi ritmicamente. Deve riuscire a scaricare un po’ di tensione. Dove correre? Dove potrebbe andare a correre? Uhm. Potrebbe anche portare Pochi con sé. Sarebbe un bella idea. Il guinzaglio dovrebbe essere -eh. Dov’è che lo aveva messo? Dietro il letto? Da qualche parte in cucina? Forse, beh, tanto vale iniziare a muoversi, invece di rimanere fermo a non fare niente. È proprio una bella idea. Uscire. Fare una bella corsa.

Scivola giù dal letto, per poi correre a prendere le scarpe e correre scalzo per il giardino di casa. In effetti, beh, fa freddo e i piedi gli gelano in fretta. Yuu arriccia il naso e starnutisce. Forse dovrebbe davvero smetterla di uscire di casa scalzo. Le punta delle dita dei piedi, esattamente come le dita delle mani e la punta del naso iniziano a raffreddarsi e sopra di lui brillano così tante stelle da illuminargli un pochino il giardino. Certo, di Pochi nemmeno l’ombra. E il suo respiro, nonostante siano a marzo inoltrato, si materializza in una nuvoletta davanti alle sue labbra.

Faceva così freddo quella volta che ha incontrato Ryuu? Yuu arriccia il naso, e fa toccare le labbra con la punta del naso, mentre incrocia le braccia, per non disperdere troppo calore. Il guinzaglio, giusto? Dovrebbe essere... Yuu si inginocchia per cercare il guinzaglio dietro l’armadietto degli attrezzi e riesce a trovarlo e prenderlo, allungando la mano. Pochi era con lui il giorno in cui ha incontrato Ryuu.

Perché ultimamente ci pensa così spesso? È un po’ quella vecchia storia che si sta portando dietro. Ma perché?

Quando ha incontrato per la prima volta Saeko-neesan, lei ha detto più o meno la stessa cosa che ha detto ad Asahi-san. Gli aveva asciugato i capelli e gli aveva detto, prendi tutto quello che ti serve. Forse è per questo che non fa che pensarci. I Tanaka sono dei fratelli che adottano un po’ tutte le persone che si sentono sole.

Quel giorno, sotto la pioggia, Yuu aveva guardato l’ombrello di Ryuu e Saeko-neesan ha detto che avrebbe riempito la ciotola di ramen, se Yuu avesse avuto ancora fame. E lo aveva fatto. Aveva riempito la ciotola di un delizioso ramen ben tre volte, fino a quando Yuu non era stato pieno e lei gli aveva comunque chiesto: ne vuoi un altro po’? E, quando Yuu aveva risposto che aveva mangiato tantissimo e che non sarebbe riuscito a mangiare, lei aveva sorriso e aveva detto che non importava, perché tanto il ramen era finito. E Ryuu, aveva incrociato le gambe, accanto a lui e gli aveva detto, a bassa voce, posando una mano accanto alle labbra, che non era vero, che ce n’era altro. Era solo che non voleva mettergli troppa pressione addosso.

Fa freddo. Yuu soffia sulle mani e si guarda intorno, per cercare Pochi, che dorme tranquillamente nella sua cuccia. E allora niente passeggiata, per lui, eh? Yuu si siede accanto alla cuccia e posa una mano sul muso di Pochi, che alza un orecchio, aprendo a malapena un occhio, per poi sbuffare e tornare a chiudere gli occhi, come il cane ingrato che è. E Yuu sbuffa una risata, prima di piegarsi su di lui e affondare il naso nella sua pelliccia. “Ingrato. Pochi ingrato” gli dice e Pochi scodinzola pesantemente, con un po’ di pigrizia. È vecchietto, il suo Pochi. La terra su cui ha deciso di inginocchiarsi è più fredda dell’aria umida qua intorno. Ma Pochi è caldo. Gli faceva così tanta paura, quando era piccolo. Sembrava così grande. Sembrava essere così aggressivo e gli faceva così tanta paura. A vederlo adesso... Yuu affonda il viso nella pelliccia del suo cane. Ha lo stesso odore che aveva quando era cucciolo.

Erano simili, loro due. Hanno lo stesso carattere, dice sempre una delle zie. Pochi amava correre e nascondersi e giocare. E anche a Yuu piace fare tutte queste cose. Entrambi sembrano essere divertiti quando spaventano le persone e entrambi scompaiono. In famiglia dicono che Yuu è uno di quei ragazzi che non fa che scomparire, o che è difficile da vedere. Dicono che è un tipo silenzioso, qualcuno facile da dimenticare, probabilmente per la statura. Forse per il suo carattere. Ed è il contrario di quello che dicono le persone al di fuori della sua famiglia. E neanche lui capisce, in effetti. Perché non è solo lui. Pochi abbaia in continuazione e dà sempre fastidio a tutti, ma la sua famiglia dice che è un cane tranquillissimo.

Chissà perché li vedono così diversi da quello che sono.

Yuu prende un respiro profondo e allunga le gambe, sdraiandosi sulla terra fredda, guardando verso l’alto. Aveva detto che avrebbe fatto una corsetta e invece ecco che si ritrova di nuovo sdraiato, ma questa volta al freddo.

Perché Asahi-san non ha detto una parola? È rimasto piegato in due, con le orecchie rosse e lo sguardo puntato sul legno del bancone, senza dire nemmeno una parola? I capelli gli si arricciano un pochino, quel tanto che bastano per mostrare i suoi occhi. Perché si è tagliato i capelli? Gli piacciono di più così? Corti? E -come lo vede la sua famiglia? Forse è quel tipo di persona che viene visto come troppo rumoroso dalla famiglia e che invece è silenzioso. Ogni parola deve essere conquistata. Una cosa del genere? Sa che non hanno senso, questi pensieri, ma... è così strano. Ha così tanta voglia di parlargli. Ha così tanta voglia di sapere perché Saeko-neesan lo ha fatto cucinare, anche se soltanto per loro.

Yuu muove il polso, per continuare ad accarezzare Pochi, mentre tiene la testa poggiata su di lui. E guarda in alto, verso il cielo. Non ha mai riconosciuto nemmeno una costellazione. Non è il tipo di persona che riesce a rimanere ferma abbastanza tempo per sentire tutte le storie che ci sono in cielo. E ha delle decisioni da prendere, quindi forse non dovrebbe passare così tanto tempo a pensare che vuole invitare Asahi-san a casa sua, a raccogliere le mele. Gli piacerebbe raccogliere le mele? Gli piacerebbe parlare con Yuu? Non lo può sapere ancora, visto che non si è nemmeno presentato.

Ci proverà domani. E se non ci riuscirà domani, allora vuole provarci anche dopodomani. E il giorno dopo dopodomani. E il giorno dopo dopo dopodomani. Ha ancora così tanto tempo, per conoscerlo, per fare in modo di capire perché aveva le orecchie rosse. E poi, se questo suo fulmine vorrà conoscere Yuu, allora -allora sarà una delle persone più felici in questo mondo.

Yuu sbatte le palpebre. Il giorno in cui ha incontrato Ryuu, il giorno in cui Pochi è scappato -anche quel giorno il cielo era limpido e poi, tutto d’un tratto, è diventato scuro e da giorno che era, sembrava essere diventata notte.

È una vecchia storia. Una storia vecchissima. Chissà perché continua a tornargli in mente.


 





Yuu gira su se stesso, per controllare che la parte inferiore della salopette non si trascini per terra. Poi si infila le mani in tasca e sorride al nonno, che sospira, posando una mano sul fianco e facendogli cenno di sbrigarsi a scaricare le casse, prima che lui inizi a brontolare, come ogni essere umano sopra i sessanta anni fa. Non che a Yuu importi.

Chikara fa una smorfia, prima di ruotare gli occhi e sistemargli la parte superiore della salopette, macchiata da terra e concime e tante altre cose, perché le spallucce non gli cadessero. “Riesci a essere sempre in disordine” borbotta Chikara, con le sopracciglia aggrottate, per poi sbuffare. “Io non scarico niente” gli fa sapere.

“Con quelle braccette sicuramente” gli risponde prontamente lui, con un enorme sorriso, poi si gira, per guardarsi intorno. Asahi-san è fuori dal ristorante, ha il grembiule bianco sporco all’altezza della coscia e non sembra essere molto sicuro di quello che dovrebbe fare. Forse, beh, anche lui dovrà aiutare a scaricare, e Yuu si sente così felice di poterlo anche soltanto vedere che non riesce a non brillare di vita propria. Almeno. È quello che gli ha sussurrato Chikara, appena si è reso conto di quello che lui chiama il cambiamento di espressione più veloce nella storia dei cambiamenti di espressione. Yuu ha comunque deciso di ignorarlo. Alza quel che basta la mano, per fare un cenno di saluto ad Asahi-san, che sobbalza, prima di imitare il suo gesto. E questo rende Yuu ancora più carico di energie. “Lui ci aiuta a scaricare?” chiede attirando l’attenzione di Saeko-neesan, che giocherella con un lecca-lecca.

Di solito, almeno una persona del ristorante aiuta a scaricare la merce, perché, beh, sanno tutti che i Nishinoya che lavorano nei campi sono diventati molti di meno. Chikara anche è venuto qui con l’intento di aiutare, dice, ma non sembra essere intenzionato a muovere nemmeno una cassa. Il fatto che il nonno ultimamente stia facendo i giri mattutini per la consegna della verdura e della frutta fresca tutto da solo, dovrebbe preoccupare di più gli zii e i cugini. Ma il nonno usa questo tour soprattutto per andare a trovare le sue amiche, motivo per cui pochissimi nipoti lo vogliono accompagnare. Yuu trova il nonno che flirta con le sue amiche molto divertente, invece. Quando non ha scuola, dopo gli allenamenti, o anche prima, adora aiutarlo. E da qui, prenderanno Ryuu, per andare a fare una piccola partita di pallavolo. Così il nonno potrà andare e fare qualsiasi cosa debba fare.

Yuu aspetta una risposta con un po’ troppa speranza negli occhi. Fare questo giro di consegne sta diventando vantaggioso anche per lui per questo motivo. Perché un po’ ci spera di incontrare Asahi-san. Un po’ ci spera di rubarlo dal ristorante dei Tanaka. Un po’ ci spera di potersi presentare come si deve e di strappargli una parola, almeno una. Il suo fulmine lo ha colpito una settimana e mezza fa. Il suo fulmine ancora non gli ha parlato. Come può sopravvivere in una situazione del genere? No. Yuu deve sistemare tutto. È quello che vuole fare.

Saeko-neesan aggrotta le sopracciglia e segue lo sguardo di Yuu, prima di scoppiare in una risata e dargli una pacca sulla spalla. “Ah, Asahi-kun è nella sua pausa sigaretta, non vedi?” gli dice, prima di girarsi e tornare a parlare con il nonno.

Qualunque cosa di cui parlino, in realtà, interessa pochissimo a Yuu. Che parlino vuol dire solo che lui ha più tempo per avvicinarsi ad Asahi-san. Anche se gli sembra strano che lui stia in piedi, con le mani dietro le schiena e le spalle poggiate sul muro, mentre si guarda la punta delle scarpe. Più che in pausa, sembra essere in punizione.

Chikara fa una smorfia, grattandosi la testa. “Mi stai per abbandonare, vero?” gli chiede a bassa voce e Yuu non si degna nemmeno di rispondere, perché fa qualche passo per raggiungere Asahi-san e muove il corpo, perché i suoi occhi siano nella traiettoria dello sguardo di Asahi-san. Chikara potrebbe fare qualsiasi cosa, ora come ora, perché, beh, senza cattiveria, non è la priorità. E comunque, Yuu non è proprio il peggiore amico che gli potrebbe capitare, perché, beh, Chikara anche lo avrebbe abbandonato alla prima occasione. E poi c’è Asahi-san.

Ha gli occhi marroni. Li vede con chiarezza, adesso. Gli occhi marroni, nocciola, in realtà. Sembra essere un ragazzo dell’autunno, più che di qualche altra ragione. E quando Yuu sorride, pensando a questo dettaglio, Asahi-san sbatte velocemente le palpebre e guarda da un’altra parte. Allora Yuu muove tutto il corpo per finire nella stessa traiettoria dello sguardo di Asahi-san, di nuovo. Ha le orecchie rosse. Se ne rende conto perché le punte escono fuori dai capelli. Ed è così alto, sembra essere così forte, ma sembra anche voler sempre scomparire. Fa tenerezza. Il suo fulmine è così forte ed eppure sembra essere molto fragile. Il suo fulmine sembra essere unico nel suo genere.

“Il curry non ti ha fatto stare male” mormora a bassa voce, grattandosi lo zigomo e puntando lo sguardo verso terra. “Sto ancora imparando.”

“Sei un aiuto-cuoco?” chiede Yuu, trotterellando accanto a lui. “Io sono un aiuto-agricoltore! Nel senso che aiuto mio nonno, che è un agricoltore. Ci complementiamo non pensi?”

“Complement-...” inizia a ripetere Asahi-san, con le sopracciglia aggrottate. Poi sbatte lentamente le palpebre e si porta una mano sulle labbra, prima di sbuffare una risata. “Completiamo” corregge, abbassando lo sguardo verso Yuu. E Yuu sente come gli occhi brillare e un brivido attraversargli tutto il corpo. Il suo fulmine lo ha guardato negli occhi per la prima volta perché voleva farlo.

“Neesan dice che sei in pausa sigaretta” continua a parlargli perché, beh, non gli va che la conversazione finisca così. Asahi-san lo sta guardando negli occhi. Che è tipo a malapena il primo passo. Vorrebbe tenergli la mano, un giorno. Asahi-san è alto. Anche alzandosi in punta di piedi non riuscirebbe ad arrivargli nemmeno al mento. “Ma non puzzi di fumo.”

Asahi-san fa un sorriso colpevole, mostrandogli un lecca-lecca simile a quello che Saeko-neesan aveva prima tra le labbra. “Io non fumo” borbotta. “Tanaka-senpai mi ha detto di fingere di fumare usando questo, ma poi avrei problemi a riconoscere i sapori una volta tornato a lavoro.” Asahi-san sospira, passandosi le mani sul grembiule. “Quindi...”

Yuu sbuffa una risata, allungandosi per prendere il lecca-lecca dalle mani di Asahi-san. Sono morbide. Sono delle mani morbide da quel poco che è riuscito a sentire. Stringe il lecca-lecca in una mano e poi sorride mostrando i denti. Cerca qualcosa nelle tasche della salopette, una cosa qualsiasi, e trova degli stuzzicadenti, che offre ad Asahi-san. “Facciamo scambio” gli dice. “Quando sono nervoso finisco sempre per mordere qualcosa. Questi non dovrebbero darti problemi coi sapori, vero?”

Asahi-san lo osserva in silenzio. Ci mette un pochino a rispondere. Sembra pensare a davvero tante cose. Yuu sta vibrando ad una frequenza altissima. Sente tantissima energia. Sente di non riuscire a stare fermo nemmeno volendolo. E invece Asahi-san sembra essere rimasto indietro. Sembra come se si fosse convinto ad andare piano. Ha il profilo delle colline intorno a loro. Sembra essere un tutt’uno con tutto intorno a loro. Prende gli stuzzicadenti dalle mani di Yuu, gli sorride e gli dice: “Grazie.” Stringendo la scatolina di stuzzicadenti, anche se non sembra avere intenzione di aprirli.

Yuu apre il lecca-lecca, portandoselo in bocca, e scrolla le spalle. “Piccole soluzioni per grandi problemi” risponde con un tono di voce forse troppo alto. Poi lancia uno sguardo alle sue spalle, per vedere come il nonno abbia deciso di mettere Chikara a lavoro, dandogli una cassa intera di ravanelli da portare da solo. E si sente un po’ in colpa. “Vado ad aiutare” mormora, facendo un cenno della mano per salutare Asahi-san, che lo imita a pochi secondi di differenza.

Il lecca-lecca che Saeko-neesan ha dato ad Asahi-san è molto dolce e al sapore di soda. Qualcosa che in natura avrebbe fatto vomitare chiunque a forza di zuccheri e coloranti, ma che per il miracolo delle reazioni chimiche ci fa anche dire uau, quant’è buono. Yuu prende la cassa di ravanelli dalle braccia di Chikara. Quando il dolciume si scioglie, rimane soltanto il bastoncino bianco e vuoto. E Yuu inizia a masticare con forza quello, come se fosse nervoso. Anche se non sa nervoso per che cosa con esattezza. Beh. Comunque. È così. Quindi.

Dopo il suo primo viaggio dal furgoncino alla cucina, Asahi-san è già scomparso. Deve aver già finito la sua pausa sigaretta. Ah. Peccato. Yuu ha cominciato a masticare con forza il bastoncino del lecca-lecca in quel momento.


 




Ha di nuovo dimenticato di presentarsi ad Asahi-san. Cioè. Sì. Hanno parlato. Ma Yuu non gli ha detto il suo nome, quindi non vale come conversazione, vero? Yuu, piegato a terra, mentre muove senza nessuna anima l’erba, alla ricerca di un quadrifoglio (oppure era di un millepiedi, davvero non ricorda), sospira pesantemente, prima di posare la fronte sulle ginocchia e arrotolarsi su se stesso. Sbagliare è umano. Perseverare è diabolico. E, a questo punto, lui non sta facendo altro se non perseverare.

Hisashi gli dà un pugno sulla spalla, per attirare la sua attenzione e, quando Yuu si gira a guardarlo, alza le sopracciglia, indicando con lo sguardo Ryuu e Chikara, che sembrano essere molto presi dalla ricerca. “Se fai così vincono loro, e se vincono loro io non ho soldi” gli ricorda. Poi torna anche lui alla ricerca di... che cosa stavano cercando? Yuu lo potrebbe anche chiedere, così farebbe arrabbiare Hisashi e perderebbe un pochino di tempo, che importa.

Cercare quadrifogli in mezzo al nulla è una delle cose che fanno per decidere chi debba battere e chi ricevere in una partita tra loro. Normalmente sono molti di più. Shoyo e Kageyama di solito pregano in ginocchio per poter giocare con loro, ma vista l’ultima sconfitta alle finali dell’interliceale, hanno deciso di allenarsi con il coach, per capire che cosa c’è che non va nei loro movimenti, piuttosto che rimanere liberi di fare, beh, qualsiasi cosa pensano di dover fare. Yuu immagina che sia questa la differenza tra il voler giocare e il voler giocare professionalmente. A volte, c’è bisogno di fare quel passo in più. Non sempre. Ma spesso si deve fare. Yuu posa la mano tra l’erba e guarda come una formica gli salga sul dito, come se fosse anche lui parte della terra su cui stava camminando.

Di solito anche Yuu fa quel passo in più. Rimane in palestra per allenare le sue ricezioni a muro. Passa il tempo con le squadre delle mamme per allenare le sue alzate. Passa molto tempo a controllare i suoi tempi di reazione, per non finire in mezzo subito dopo l’attacco. Solo che in questi ultimi mesi, guardandosi intorno, si è detto che vuole passare più tempo possibile coi suoi amici. Chikara andrà ad un’università a Tokyo, Hisashi e Kazuhito probabilmente andranno a Sendai. E Yuu vorrebbe non sprecare nemmeno un momento con loro di quest’ultimo anno di liceo. E questa non è comunque una decisione tra i suoi amici e la pallavolo, visto che la maggior parte del tempo riesce a convincerli a dividersi in squadre e giocare a pallavolo. È solo un’ottimizzazione del tempo. Non deve per forza scegliere.

Ci sono davvero troppe cose a cui pensare. Non capisce come ha fatto a dimenticarsi di dire il suo nome ad Asahi-san. Non si sono mai presentati ufficialmente. Non ci ha mai messo così tanto a presentarsi a un suo fulmine. Davvero non capisce.

La formica si muove per il polpastrello e Yuu rimane in silenzio a guardarla. La segue con lo sguardo. Hisashi sospira pesantemente, gettandosi sulla schiena con le braccia aperte. “Non stai aiutando, non vuoi aiutare” lagna.

“Se non cercate non trovate” grida dall’altra parte del campo Kazuhito, con le mani accanto alle labbra, per aumentare la direzione. Tifa per loro, lui. Lo fa sempre, quando deve fare l’arbitro. Dice che gli stanno più simpatici di quelli là, ma è solo un modo per dare fastidio. A chi, beh, sembra essere un segreto che viene custodito dall’umore di Kazuhito. Yuu alza un lato delle labbra. “Quindi cercate!”

“Ne ho trovato uno!” grida Ryuu alzando le braccia in aria e iniziando a saltare, per poi correre verso Kazuhito, seguito da un lentissimo Chikara, che cammina, con le mani dietro la schiena e un sorriso di circostanza, che sembra essere molto, ma molto aggressivo, per qualche motivo. Yuu sbuffa una risata. “Guarda. È sicuramente uno, no?”

“No, stai barando.”

“Non lo hai nemmeno guardato!” protesta Ryuu. “Guardalo! Dai su! Guardalo!” continua a ripetere, allungando le braccia per fargli vedere qualsiasi cosa abbia tra le mani, ma Kazuhito gira la testa dalla parte opposta, non importano gli sforzi di Ryuu. “Ti giuro che se non lo guardi...”

“Non è un quadrifoglio” dice Chikara con una smorfia e si guadagna uno sguardo tradito da parte di Ryuu, che si porta una mano sul petto e sembra volergli dire che loro due stanno nella stessa squadra. E questo, invece di far sentire in colpa Chikara, lo fa solo scoppiare a ridere. “Però tu lo dovresti almeno guardare” continua Chikara, cercando di fermare la testa di Kazuhito perché Ryuu gli mettesse qualsiasi tipo di erba che ha in mano in faccia.

Yuu mantiene il suo sorriso sulle labbra, prima di tornare a guardare la formica che cammina per i polpastrelli delle dita. Prende un respiro profondo, facendola scivolare giù, per terra e poi corre verso quei tre, saltellando, per aggrapparsi alle spalle di Kazuhito, facendogli perdere per qualche secondo l’equilibrio. Kazuhito riprende il controllo quasi immediatamente e Yuu incrocia le caviglie davanti alla sua pancia, e abbraccia il collo di Kazuhito, mentre ride. “Vi stavate divertendo troppo senza di me” gli grida all’orecchio, cosa che fa uscire un verso lamentoso dalla sua vittima.

Ryuu fa un movimento strano con le mani, per poi schiacciare in faccia a Kazuhito un bruchetto che sembra essere uscito fuori da un programma televisivo. È perfettamente verde. Perfettamente pulito. Chikara alza un pollice verso Ryuu, che sembra essere anche troppo contento di questo suo unico gesto e Yuu allunga il collo, per guardare meglio il piccolo bruco. Kazuhito chiude gli occhi,è rimasto immobile, perché, ugh, lui detesta ogni tipo di insetto, chissà come deve sentirsi male adesso ad averne uno in faccia. E il bruco sembra essere spaventato quanto lo è Kazuhito.

“Ora lo lasciamo lì e ti mangerà la pelle, pezzo per pezzo” inizia Chikara, avvicinandosi a Kazuhito, per non dover parlare a voce troppo alta. “Cellula per cellula. Perché è un tipo di bruco onnivoro, che mangia qualsiasi cosa, pur di diventare una farfalla e sembra essere quasi pronto a diventare un bozzolo. Tu che dici, Noya?”

“Ah, sì, sembra anche a me!” gli risponde, alzando una mano in aria.

“Lo so che non è vero” risponde Kazuhito con le sopracciglia aggrottate e gli occhi ancora più chiusi, le palpebre ben schiacciate tra loro, per non dover vedere neanche il rosso di quando il sole splende così tanto. Che Kazuhito sia un ragazzo così pauroso, è un’informazione nuova e nessuno di loro vuole lasciarsi sfuggire nemmeno un’occasione per prenderlo un pochino in giro. “Lo so che stai dicendo soltanto cose a caso.”

“Il Brucolos Onnivurus” continua Chikara, con un’espressione ridicola, mentre prova a non scoppiare a ridere. Ryuu ha posato la fronte sulla sua spalla, mentre si tappa con forza la bocca, per non far uscire nemmeno un suono. E Yuu li guarda e posa il mento sulla spalla di Kazuhito. “Ho anche il nome latino, come puoi pensare che io non stia dicendo la verità?”


“Cosa state...” inizia a chiedere Hisashi, comparendo dietro le spalle di Yuu, poi si muove per guardare in faccia Kazuhito e anche lui fa una strana espressione per non scoppiare a ridere e riesce a dire: “Oh no” con la voce strozzata. “Dobbiamo tutti quanti dire addio a Narita, giusto? Ormai è preda del bruco. Che brutta fine.”

“Lo so che lo dite soltanto per farmi paura” protesta lui.

“Addio, Kazuhito” mormora Yuu, abbracciandolo con un pochino più di forza. “Sarà tutto così difficile senza di te. Mi mancheranno le tue battute secche e il tuo essere praticamente un albero da scalare e non so nemmeno che cos’altro, tipo... boh, ci sono altre cose buone di Kazuhito?”

“Non mi viene in mente niente” risponde a bassa voce Chikara.

“Sembra un ragazzo simpatico” mormora Ryuu.

“Sì, in effetti, mi sarebbe piaciuto conoscerlo un pochino meglio.”

“Sembra divertente averlo intorno, ci saremmo dovuti frequentare di più...”

“Siete degli amici pessimi” mormora Kazuhito, cosa che fa ridere Yuu, che lo abbraccia con un pochino più di gioia. Kazuhito ha lo stesso odore di tanto tempo fa. Lo stesso odore della casa dei Tanaka, per qualche motivo. Come di riso. Il riso bollito. Il riso bianco che... “Toglietemelo. Toglietemelo adesso. Ragazzi.” Yuu scoppia a ridere. Tutti i suoi amici odorano di riso bianco, per qualche motivo. Sembra essere un po’ un tratto distintivo. Un modo per avvisare le altre persone che sono a casa. Il riso bianco... lo mette di buon umore. Gli piace, quest’odore.

“E vabbè. Addio. Ti ho voluto bene” finisce Hisashi, dandogli un colpetto sulla guancia con le dita. Poi fa un cenno con la mano. “Più o meno.”

“Vi odio così tanto.”

Yuu prende il bruco tra le dita, provando a non fargli male. Il bruco, povero piccolo, si è appallottolato su se stesso, forse per la paura e, finalmente, Kazuhito, apre un occhio e poi un altro, senza troppa fretta, mentre Yuu scivola a terra, per lasciare libero il bruco. “Siete liberi” mormora, facendo scivolare a terra il bruco. “Vi ho liberati.”

Kazuhito, per qualche motivo, sembra volersi mettere a piangere.


 




È una vecchissima storia di quando era piccolo e non dovrebbe quindi ricordarlo. Gli viene in mente, di nuovo, quando sta entrando nel ristorante dei Tanaka e c’è quell’odore. Come di riso bollito. E poi finisce per sbattere contro qualcuno e arriccia il naso, facendo una smorfia, prima di sentirsi chiedere scusa. E Asahi-san è davanti a lui, con un’espressione preoccupata e per metà colpevole, che gli chiede scusa. E odora di riso bianco. Per qualche secondo, Yuu non riesce a rispondere, perché non riesce a non pensare a quella vecchia storia.

Ci vuole un momento perfetto per riportarlo ai suoi cinque o sei anni, quando se n’è andato fuori casa, spaventato a morte da Pochi, perché Pochi sembrava grande e grosso e però era scappato e stava piovendo e Yuu si era detto che se non fosse riuscito ad afferrarlo, a riportarlo a casa allora sarebbe potuto morire e lui non se lo sarebbe mai perdonato. Pioveva con forza. Yuu non si era reso conto di quando aveva iniziato e non pensava di allontanarsi così tanto dalla casa paterna. Di Pochi non c’era nemmeno l’ombra e i suoi capelli, come i suoi vestiti e ogni parte del suo corpo si stavano bagnando, e delle gocce avevano iniziato a cadergli dal naso. Il suo viso e il suo intero corpo gocciolava. E di Pochi nemmeno l’ombra.

Asahi-san continua a scusarsi. “Non ti avevo visto” dice. “Sono comparso dal nulla” continua a dire e Yuu lo sta guardando, sarebbe stupido non guardare Asahi-san, visto che è il suo colpo di fulmine, uno dei motivi principali per cui ultimamente si è fermato a pensare così tanto, ma riesce a sentire con chiarezza l’odore di terra bagnata, come la terra era bagnata quel giorno e l’odore di riso. Asahi-san si muove con un poco di ansia. Gesticola. La sua voce è bassa ma agitata. E il fatto che Yuu lo stia soltanto guardando. Il suo comportamento, quello di Yuu, non sta aiutando. Però, beh, non trova le parole. È così preso, sensorialmente da altro, da non riuscire a dire nemmeno una parola.

Pochi era scappato e lui non sapeva che fare e la pioggia stava diventando sempre più forte. Ma non c’era vento. Non c’era nemmeno uno spiffero di vento. E deve essere per questo che un ragazzino con gli stivali di gomma gialla gli si è potuto avvicinare e lo ha protetto con il suo ombrello. C’era un Dragonite che sorrideva, sul suo ombrello. È divertente, perché, beh, il Dragonite è un pokèmon marino raro che sorvola il mare per salvare le persone che potrebbero affogare. Ed è divertente, perché il nome di Ryuu è, beh, Ryuu. E, quando Yuu non era sembrato sicuro di che cosa dovesse fare a questo punto, Ryuu lo ha preso per il polso e lo ha portato a casa sua.

Ai tempi non c’era un ristorante. È un’attività che Saeko-neesan ha ereditato dai loro genitori, ma lei era troppo piccola per lavorarci e Ryuu era troppo annoiato dall’idea di stare sempre in cucina, per starci così spesso. Yuu non crede che continuerà a lavorarci per troppo tempo, ma non è un lavoro che lei disprezza e, quei momenti quando era sola con Ryuu, sembrano averla preparata alla vita in una cucina professionale. Sembra che, quando erano piccoli, loro non mangiassero al ristorante. Mangiare lì è diventata un’abitudine solo quando Saeko è entrata a lavorarci. Saeko-neesan e Ryuu -loro sono un po’ come un corpo unico, quando si ha a che fare con certe cose. E quindi Ryuu lo ha solo trascinato con sé e lo ha fatto entrare in quella casa che sembrava enorme, ai tempi, e sembra così piccola oggi. Ryuu gli ha detto: Puoi continuare a cercare dopo. E Yuu ha aggrottato le sopracciglia, ma non ha detto niente.

“Ti sei fatto male?” chiede ancora Asahi-san e Yuu rimane a guardarlo. Dovrebbe dire qualcosa, ne è vagamente consapevole. Ma una storia vecchissima lo sta trascinando in altri pensieri. E Asahi-san ha lo stesso odore di Saeko-neesan, quando lo ha fatto entrare in casa, con Ryuu che sistemava l’ombrello all’entrata e si toglieva goffamente le scarpe e lei che li guardava con un enorme sorriso, mentre dava loro dell’energia e anche un asciugamano.

Forse Yuu, prima dei Tanaka non parlava. Forse Yuu, prima dei Tanaka, era davvero quel bambino che dice la sua famiglia. Quello che non diceva una parola. Quello che se si trovava in una stanza non cambiava niente, che nessuno si rendeva conto della sua presenza. Perché, beh, nei suoi ricordi di quel giorno, nonostante Yuu fosse davvero molto preoccupato per davvero molte cose, prima di tutte Pochi, mentre Saeko-neesan gli asciugava i capelli e poi ordinava a Ryuu di prendere dei vestiti asciutti e altre cose, Yuu lanciava degli sguardi veloci alla porta e poi anche alla finestra, ma non ha detto una parola.

La casa odorava di riso bianco. Il riso bianco, beh, sa di casa, ora che pensa. Saeko-neesan faceva sempre del riso, quando dovevano mangiare. Il riso è la base di quasi tutti i pasti, gli diceva sempre, motivo per cui aveva deciso di perfezionare il suo riso bianco, anche se, ribatteva sempre Ryuu, non c’è molto da perfezionare nel semplice riso bianco.

Il riso di Saeko-neesan è perfettamente bianco. I chicchi di riso si riescono a distinguere a occhio nudo. E sono morbidi. Sono sempre molto morbidi. Non c’è niente di più bello di un piatto di riso di Saeko-neesan. E non c’è niente di più bello di sentirsi dire che puoi mangiare o prendere tutto quello che vuoi. Senza restrizioni. Senza limiti.

Sono stati i suoi primi fulmini, i fratelli Tanaka. Yuu è stato colpito quando Ryuu lo ha coperto con l’ombrello. E Yuu è stato colpito anche quando Saeko-neesan ha aperto loro la porta. E gli hanno dato un rifugio in cui andare, e in cui essere molto ma molto rumoroso. È strano. Che quindi ci pensi adesso, davanti a un altro suo fulmine, è strano.

“Sto bene” gli dice alla fine Yuu, passandosi la mano sul viso. Poi sbuffa una risata e sorride guardando dritto negli occhi Asahi-san, che si sta grattando il retro del collo e sembra essere pronto a ricominciare un monologo su quanto gli dispiaccia aver fatto qualsiasi cosa lui pensa che abbia fatto. “Nishinoya Yuu.” Asahi-san aggrotta le sopracciglia, prima di guardarsi intorno e Yuu ride. “Non mi sono mai presentato ufficialmente” gli dice, sistemandosi il gakuran. “Visto che questo sarebbe potuto essere un incontro da commedia romantica, tipo, ci si imbatte uno contro l’altro e cose così, ho pensato che sarebbe un buon momento per presentarci ufficialmente. Puoi chiamarmi Noya. Lo fanno tutti i miei amici.”

Asahi-san inclina un pochino la testa e torna ad accarezzarsi il retro del collo. Sembra essere sempre così nervoso. E poi tiene la schiena piegata, come se volesse sembrare più basso. “Azumane Asahi” si presenta, tenendo lo sguardo basso. “Mi dispiace per...”

“Oggi odori di riso” lo interrompe Yuu, portandosi una mano sulla punta del naso. Asahi-san aggrotta le sopracciglia ancora di più. Gli si crea una piccola ruga sulla fronte. Sembra diventare più grande, così. Yuu sorride mostrandogli i denti. “Mi piace. Io adoro il riso bianco.”

Asahi-san si passa le mani sul grembiule e ride nervosamente. “Beh, io... comunque, sei sicuro di stare bene e di non...?”

“Se non venite adesso a mangiare, giuro che do il ramen a Pochi” li avvisa Saeko-neesan. E Yuu si gira verso di lei, con il suo enorme sorriso, perché Saeko-neesan è uno degli adulti più incredibili, stupendi e fighi di tutto il mondo e lui è davvero felice di poterla vedere tutti i giorni.

“Neesan!” la saluta, quasi saltando. Lancia uno sguardo verso Asahi-san, che non sembra essere molto convinto di quello che dovrebbe fare, motivo per cui lo prende per il polso, per trascinarlo con lui verso il bancone. E Asahi-san, che potrebbe resistere, che potrebbe decidere di rimanere indietro, piega un po’ la schiena e si lascia trascinare. È una cosa tenera. Yuu sorride a se stesso. Gli piace questo suo fulmine. Ha la pelle morbida, questo suo fulmine. “Non ho portato Pochi con me, oggi!” Sa di casa, questo suo fulmine. Un pochino come sapevano di casa Saeko-neesan e Ryuu.
  
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