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Autore: Roxar    29/04/2020    4 recensioni
Sono tempi duri per il mondo magico e sono tempi duri anche per i Capiscuola Potter ed Evans.
Qualcuno si sta divertendo ai danni di ragazzini Nati Babbani e la questione viene apparentemente risolta quando viene rimessa a Silente: i responsabili pagano lo scotto delle loro bravate con l'espulsione e Lily e James possono tirare un sospiro di sollievo.
O, almeno, così credono...
[Questa storia partecipa all'AU Fest del forum Piume d'Ottone]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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2. Colpi di scena



“C’è una ragione particolare per la quale i due Caposcuola stiano saltando la prima lezione del mattino, immagino. Prego, accomodatevi.”

Lily e Potter si scambiarono uno sguardo veloce prima di prendere posto nelle due poltroncine collocate davanti alla grande scrivania di Silente, così piena di gingilli ticchettanti che restava a malapena lo spazio per poggiarvi un libro. Lily era stata raramente nell’ufficio del Preside, ma ogni volta non poteva fare a meno di ammirare i molti quanto ignoti strumenti magici prima di focalizzarsi a lungo sul piumaggio luminescente della sua fenice.

L’uccello era appollaiato sul trespolo e le restituiva l’occhiata con una strana consapevolezza, al punto che presto Lily si sentì perfino a disagio e guardò altrove.

“È così, professore,” confermò Potter. Lily si voltò a guardarlo. Alla presenza di Silente, Potter diventava quasi un’altra persona: più rigida, più autorevole, decisamente più seria del buffone dei suoi ricordi. Emanava da lui l’aria che un Caposcuola doveva avere e, per la barba di Merlino, perfino i suoi capelli sembravano meno indisciplinati. Lily sentì le guance riscaldarsi e, con un piccolissimo colpo di tosse, distolse lo sguardo, puntandolo sul Preside. Ascoltava con attenzione, le lunghe dita intrecciate sotto il mento, come se fosse in presenza di un suo pari e non di un paio di studenti. 

“Nelle due ultime settimane, quattro ragazzini Nati Babbani sono stati aggrediti dagli studenti della casa Serpeverde. Un attimo solo,” disse e si interruppe per il tempo necessario a tirare fuori un diario sgangherato. Mentre sfogliava rapidamente le pagine, Lily colse l’immagine di pagine fitte fitte di appunti alternate ad altre scarabocchiate di disegnini non meglio definiti. 

“Oh, ecco. Claire Goodspeed, Tassorosso, secondo anno. Secondo le nostre ricostruzioni, dei Serpeverde tuttora ignoti hanno completamente distrutto il suo materiale scolastico con un incantesimo che nessuno di noi Caposcuola e Prefetti è stato in grado di annullare. Victor Blythe, Grifondoro, Primo anno. Appeso a testa in giù nella tromba delle scale, all’altezza del terzo piano. Colpevole di aver urtato un Serpeverde mentre si recava a lezione. Riley McPhee, Corvonero, secondo anno. Affatturato da un coetaneo Serpeverde durante una lezione di Erbologia. Qui, mh, qui abbiamo un responsabile. Alexander Throne, Serpeverde. È stato punito dalla professoressa Sprite e ha fatto perdere alla sua Casa ben cinquanta punti. E infine, Belinda Marks, Grifondoro, primo anno. Studenti ignoti di Serpeverde hanno scritto con inchiosto magico sul suo corpo un insulto che preferirei non ripetere. La Caposcuola Evans non è stata in grado di annullare l’incantesimo e adesso se ne sta occupando Madama Chips.”

Era un riassunto accurato, molto accurato. Lily fu stupefatta dalla precisione con cui aveva stilato quel rapporto; da uno che passava metà del suo tempo a lezione a giocare con Sirius Black era difficile aspettarsi qualcosa del genere. Ma Potter era sveglio, molto più di quanto avesse immaginato. 

Non è il momento di perdersi nell’ammirazione, tagliò corto una voce nella sua testa. Giusto.

C’era qualcosa che le premeva dire.

“Gli attacchi contro i Nati Babbani si stanno intensificando e abbiamo il timore che possano spingersi oltre. La nostra azione formale è di rimettere la questione al Preside, dal momento che il nostro operato non sta dando i frutti che speravamo. Abbiamo già preparato il verbale e apposto le nostre firme, ecco,” e tirò fuori una pergamena recante le firme di Capiscuola e Prefetti, che attendeva  solo di essere controfirmata da Silente. 

Silente che aveva lo sguardo lontanissimo, gli occhi azzurri persi in un mondo dal quale loro erano esclusi. Aveva l’aria meditabonda, apparentemente rilassata, ma a Lily non sfuggì il modo in cui la sua mano si era, per un attimo, contratta. 

“Inoltre, vorremmo avanzare una richiesta formale.”

Lily si lasciò andare all’aria più stralunata di cui era capace. Non si era parlato di alcuna richiesta formale. Che diavolo stava facendo? Quel genere di cose andavano discusse tra tutti loro e solo dopo aver ottenuto l’unanimità i Caposcuola potevano farsi portavoce della richiesta. E Potter, santo dio, Potter era una mina vagante, assolutamente imprevedibile. Con discrezione, Lily lo colpì sulla gamba con il piede per indurlo a fermarsi, mantenendo una perfetta aria da sfinge.  Potter non le prestò la benché minima attenzione.

“La ascolto, signor Potter.”

“Noi chiediamo formalmente al Preside ai Direttori delle Case di Hogwarts di tutelare tutti i Nati Babbani, approntando un piano di vigilanza e protezione o qualsiasi cosa riterranno giusta ed efficace.”

Be’,  diamine, quella sì che era una sorpresa. Potter, protetto dalla purezza del sangue, non aveva alcun motivo di avanzare una richiesta del genere. E certo, non era nuovo a questo genere di esternazioni e la sua posizione era stata sempre chiara e determinata - una delle poche cose coerenti che era costretta a riconoscergli. Ma da qui ad avanzare una richiesta formale di protezione… Non se lo sarebbe mai aspettato, doveva ammetterlo. Ignorò il lamento dell’orgoglio che le sussurrava che avrebbe dovuto pensare lei ad una richiesta del genere.

“Permettetemi di dirvi, cari ragazzi, che apprezzo molto la responsabilità e l’umiltà con le quali avete agito. Altri, al vostro posto, avrebbero scelto diversamente. Farò visita personalmente agli studenti coinvolti e mi assicurerò che i responsabili vengano puniti.”

Lily e Potter annuirono nello stesso momento con un cenno della testa. Non erano totalmente soddisfatti, avrebbero preferito intervenire ciascuno a modo loro, ma Lily era contenta che Silente non li avesse  giudicati incapaci, ma, anzi, responsabili e giudiziosi. Non era sicura di come avrebbe gestito il proprio umore, altrimenti.

“Be’, è andata bene, no?” chiese Potter una volta abbandonato l’ufficio del Preside e ne approfittò per allentare la cravatta sul collo e passarsi la mano tra i capelli, come se non sopportasse di averli così poco in disordine. 

“Sì, ma la prossima volta gradirei essere messa al corrente delle tue intenzioni prima che tu avanzi richieste formali di cui nessuno sa niente,” osservò un pochino petulante, cosa che fece ridere Potter di gusto. Era una risata genuina, tutta di pancia, ed era perfino gradevole da ascoltare e da vedere riflessa sul suo viso. Ancora una volta, quando sentì gli zigomi farsi caldi, Lily serrò le labbra e si fissò la punta delle scarpe.

“In realtà, mi è venuto in mente mentre esponevo il rapporto. Mi sorprende anzi che tu non ci abbia pensato,” e, azzardando ad una confidenza che Lily non gli aveva mai dato, le colpì delicatamente la fronte con l’indice. Non c’era niente di malizioso in quel gesto, né sarcasmo ai suoi danni; c’era, anzi, un divertimento genuino, una presa in giro per la prima volta bonaria. Lo guardò meglio, aspettandosi di intravedere la vecchia scintilla di bramosia che per anni gli aveva acceso lo sguardo, ma la luce nei suoi occhi era placida, innocua. Potter si era davvero fatto passare la cotta che aveva per lei, ci aveva riflettuto su diverse volte, ma questa era la prima che le smuoveva qualcosa dentro, come una specie di… delusione

Preferì non soffermarsi troppo su quello che stava succedendo nella sua testa.

“Sorprende anche me,” rispose invece, distanziandolo. 

“Dove vai?”

“A lezione. Aritmanzia,” aggiunse, indicando le scale. 

“Io Babbanologia.”

Babbanologia? Sei serio?”

James Potter quel giorno pareva una fonte inesauribile di sorprese. Per tutta risposta, lui si limitò a stringersi nelle spalle. “Ho mollato Rune Antiche. Troppo facile e quindi noiosa.”

Lily intravide nel suo sorriso sfacciato l’ombra sbiadita della persona sgradevole che affollava i ricordi dei suoi primi anni di scuola.

“E quindi perché non scegliere Babbanologia?” ironizzò seccamente lei.

“Babbanologia è come tornare all’asilo, ma almeno è interessante. Sto imparando un sacco di cose strambe ma stranamente geniali.”

“Tipo cosa?” chiese, sinceramente curiosa, piegando un po’ la testa di lato.

Scale mobili,” rispose lui, scuotendo la testa come se non riuscisse ancora a crederci. La sua faccia era così buffa che Lily proruppe in una piccola risata. Le esplose lì, sulle labbra, e non fu capace di trattenerla. Si ridiede un contegno solo quando vide che Potter la stava osservando con un sorriso tranquillo, quasi… quasi amorevole

“Be’, allora ci vediamo,” si congedò un po’ imbarazzata, alzando una mano per accompagnare il suo saluto. Solo quando fu ben lontana lasciò andare il respiro che non si era accorta d’aver trattenuto, sentendosi molto confusa e anche molto stupida.


 

Nessuno si aspettava quel colpo di scena. 

Tutti gli studenti stavano consumando la loro cena chiacchierando vivacemente quando Silente tirò indietro la sedia e si alzò, aggirando il tavolo degli insegnanti. La reazione fu quasi immediata: molte voci si spensero di colpo, altre si attenuarono ad un sussurro perplesso. Raramente il Preside faceva quel tipo di cose, che solitamente preannunciavano un discorso molto importante.

Con la pacatezza e i nervi d’acciaio che gli erano propri, iniziò a raccontare dei misfatti ai danni di quattro studenti Nati Babbani ad opera di dodici studenti di Serpeverde, che, dopo accurate analisi, erano stati identificati ed espulsi dalla scuola con effetto immediato. Dal tavolo di Serpeverde si levò un vociare rombante ed indignato.

“Silenzio!” tuonò il vecchio, alzando una mano. Lily notò che la facciata adamantina iniziava a mostrare qualche crepa e c’era una scintilla pericolosa nei suoi occhi chiari. 

“Voglio che sia chiaro a tutti voi: questa, prima di essere una scuola, è una comunità. Il rispetto non può e non deve venire a mancare, mai, in nessuna circostanza. Viviamo tempi ombrosi, tempi difficili. Tempi in cui forze oscure cercano di dividerci, di minare nostra la fiducia e creare conflitto. Questo non deve succedere. Uniti siamo forti; divisi siamo drammaticamente fragili. Questa scuola - questa comunità - si regge sulla cooperazione tra le Case, per questa ragione altri atti ai danni degli studenti non verranno tollerati e la sorte per chi trasgredirà le regole sarà un’inevitabile espulsione. Decidete oggi i maghi che vorrete diventare domani e siate consapevoli che le vostre scelte, nel bene e nel male, avranno sempre delle conseguenze. E ora, tornate ai vostri dormitori.”

Lily e Potter incrociarono lo sguardo nonostante fossero ad una considerevole distanza l’uno dall’altra. Potter annuì con un mezzo sorriso, a cui Lily rispose con un cenno del mento.

Rimettere la faccenda a Silente era stato il modo migliore di arginarla. O almeno, così sperava. L’intercessione del Preside gettava una nuova ombra minacciosa su tutti coloro che avessero seguito l’esempio degli espulsi. Si augurò fosse un deterrente sufficientemente forte. 


 

Accadde all’improvviso e non ci fu alcun modo per evitarlo. 

Accadde soprattutto alla presenza di svariati testimoni, ma nessuno, neanche sotto Veritaserum, avrebbe potuto dire con precisione chi fosse il responsabile. I colpevoli furono furbi e fecero ciò che nessuno si sarebbe mai aspettato: attaccarono nel mezzo della folla, usandola a proprio vantaggio. Era un cambio repentino in uno schema che aveva sempre avuto il comun denominatore di colpire la vittima in un momento di vulnerabile solitudine.

Lily stava discutendo con Potter in prossimità del Lago Nero dei prossimi turni di ronda, coinvolgendo Remus Lupin e tutti gli altri Prefetti. Si era interrotta a metà di una frase quando aveva sentito come un paio di grosse mani scaraventarla contro Potter. Ricordava il dolore assordante della sua testa che sbatteva forte contro quella di lui ed quello era tutto.

Una voragine buia si era aperta sotto le sue scarpe e l’aveva fagocitata. 

Non aveva idea di quanto tempo fosse rimasta svenuta. Sembravano secoli, ma dovevano essere stati pochi secondi. 

Il mondo iniziò a perdere la sua coerenza quando, aprendo gli occhi, si ritrovò davanti il viso di Sirius Black.

“James, ehi, bello, tirati su, dai, così,” e si lasciò prendere per un braccio, mettendosi seduta sul manto erboso. Guardo Sirius. Era Lily che aveva preso una bella botta in testa, ma lui sembrava più confuso di lei, al punto da chiamarla con un altro nome.

“Perché mi chiami così?” chiese con la voce un poco impastata e la nebbia che ancora le fasciava i sensi, rallentando qualsiasi processo fisico e cognitivo. 

“Che vuoi dire? Come dovrei chiamarti? Alzati, dai, ti stai dissanguando. Ti porto in Infermeria.”

Lily ci provò davvero, ma la vertigine la colse all’improvviso e, suo malgrado, dovette aggrapparsi alla camicia di Black per non cadere. E allora se ne accorse. Il mondo era fuori fuoco, troppo luminoso, troppo confuso.

“I miei occhi,” balbettò spaventata, tastandosi il viso. C’era qualcosa di terribilmente strano sotto le sue dita. Era come se tutti i tratti somatici fossero sbagliati. L’inquietudine stava crescendo in fondo alla pancia, alimentata da una certa nota di isteria che la pervase definitivamente quando, tastandosi la fronte, la sentì coperta di capelli.

Urlò. Si allontanò bruscamente da Sirius e urlò più forte quando si rese conto che non era la sua voce, quella. Era troppo profonda, troppo tuonante, troppo… mascolina

Black cercò di afferrarla per le spalle, ma Lily sfuggì come un’anguilla e si guardò intorno. Il mondo perse del tutto senso quando vide se stessa riversa sull’erba, con Remus Lupin che cercava delicatamente di svegliarla. Ma lei era sveglia, era lì! Era… No. No, no, no. Corse sulla sponda del Lago Nero e si affacciò quel tanto che bastava a cogliere il proprio riflesso nelle acque increspate.

Urlò un’altra volta. 

“Oh, dio,” esclamò con la voce di James Potter, con la bocca di James Potter, nel corpo di James Potter. “Oh, mio dio.”
   
 
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