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Autore: Apulia    30/05/2020    1 recensioni
Gilbert è innamorato di Feliciano, ma quando scopre che quest’ultimo è innamorato di suo fratello che ricambia i suoi sentimenti, decise di lasciar perdere. Fra tristezza immensa e tonnellate di birra, incontra per puro caso Lovino, un bizzarro fioraio con un linguaggio colorito, Gilbert si renderà conto che la birra e la pizza sono la coppia perfetta.
Contiene menzioni di PruHun e SpaMano passate, GerIta come coppia secondaria e PruMano come coppia primaria. Anche FrUk e SpaBel in quantità minore.
Scritta da me in inglese e postata su AO3, ho deciso di postare qui la versione originale scritta in italiano.
7 capitoli su 15
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: beh, per la prima volta ho qualcosa da dire. Innanzitutto, mi scuso enormemente per il mio imperdonabile ritardo,ma ero letteralmente immersa nello studio e ho tenuto questo capitolo abbandonato per settimane (seppur fosse completo, non avevo tempo di ricontrollarlo)
Quindi, è possibile ci siano errori grammaticali. Nel caso ne trovaste qualcuno, mi farebbe piacere me lo facciate notare! :) 
in questo capitolo (e in generale per tutta la storia) Sadik avrà un ruolo importante. Penso sia un personaggio estremamente sottovalutato ed è uno dei miei preferiti, perciò volevo renderlo partecipe. Oh, si farà utilizzo di alcune parole turche, ecco la traduzione:
Mükemmel​: perfetto
Alman: tedesco

buona lettura!


Era una notte tranquilla, stranamente fresca e silenziosa. Ciò era abbastanza raro, considerando la zona trafficata e chiassosa in cui GIlbert viveva, dove la maggior parte della giornata tutto ciò che quella vista regalava era solo il nauseante odore del disinfettante che veniva spruzzato regolarmente per pulire le strade.
Lui era steso sul suo letto con le mani dietro alla testa, mentre il suo sguardo era rivolto verso l’alto, guardando il soffitto bianco.
La finestra era chiusa, ma i cardini cominciarono leggermente a stridulare e la maniglia a battere continuamente sul legno che contornava il sottile vetro, e ciò innervosì GIlbert, pronto a godersi quella bizzarra e insolita calma.

Il ragazzo alzò lo sguardo con fare interrogativo e con pigrizia si trascinò difronte alla finestra bianca, scompigliandosi i capelli.
Con un movimento secco e veloce aprì la finestra, e le ante sbatterono sul muro facendole rimbalzare, tutto a causa di un enorme folata di vento.

GIlbert rimbalzò all’indietro per evitare di beccarsi il vetro in faccia “Ehi, fai silenzio! È tardi!” Disse come se stesse parlando con qualcuno, serrando le labbra e aggrottando la fronte, perfino piazzando l’indice sulla bocca mentre dava ordini alla finestra.
Mosse dei passi lenti e pesanti quasi inciampando nei pantaloni del pigiama perché troppo lunghi andavano a finire sotto i talloni, per poi buttare a peso morto il busto sul davanzale, quasi sdraiandosi su di esso.
Il freddo marmo andava a contatto con il suo petto nudo, contrastando il calore del suo corpo creando un punto freddo fra la zona dei pettorali.

La luce della luna, non coperta da alcuna nuvola, illuminava la stanza.

Gilbert si sentiva stranamente rilassato, e una melodia allegra risuonava nella sua testa. Allungò il braccio per afferrare un a sigaretta, pur non distogliendo lo sguardo da quanto vi era fuori alla finestra.

Posò la sigaretta fra le sottili labbra, tenendola fra le due dita e succhiando il fumo per poi rigettarlo in aria.

Voleva gettarsi sul letto e scrivere un messaggio a Lovino, ma una forza maggiore gli diceva di non farlo. Non sapeva bene perché: a volte temeva di infastidirlo troppo. Quel ragazzo era diverso da chiunque avesse precedentemente incontrato, aveva la sensazione che con lui non si sarebbe mai annoiato.
Si sentiva bene. Si sentiva preso in considerazione, aveva un forte spirito di iniziativa e soprattutto non ricordava di essersi mai sentito così fantastico come adesso.

Fece un mezzo sorriso, tenendo ben stretta la sigaretta fra le dita evitando che il vento la strappasse via dalla leggera presa. Si sedette sulla parte interna del davanzale, poggiando la spalla sul muro su cui era stata costruita la finestra per poi avvicinare a se il suo diario, prendendo la penna e picchiettandola sul mento pensando a come potesse scrivere in poche parole, come si sentiva.

I piedi stavano diventando sempre più freddi e Gilbert il suo corpo aveva cominciato a raffreddarsi, anche se in qualche modo non si sarebbe voluto liberare della vista pulita della città; avrebbe voluto continuare a sentire il fruscio del vento che muoveva le foglie, voleva sentire puntata su se stesso la luce forte e calda del lampione grigio.

Saltò via dal davanzale a piedi uniti poggiando la mano alla sua destra, per poi tuffarsi di pancia sul letto ancora stringendo saldamente il diario.

Il suo telefono si illuminò poco dopo, probabilmente aveva ricevuto un messaggio, ma Gilbert ormai era quasi addormentato e le palpebre avevano cominciato a cedere, rendendo il ragazzo troppo stanco per rialzarsi. Alzò leggermente il capo attirato dalla luce, ma lo riabbassò subito dopo affondandolo nel cuscino, sperando si trattasse di Lovino.

“Caro fantastico diario, sono più felice.”

///

“Sei serio? Che situazione, quel ragazzo davvero non si smentisce mai” Sadik rotolò gli occhi e scosse il capo ridendo, per poi porgere a Lovino un bicchiere di vetro riempito di acqua gassata.

“Devi avere davvero due palle d’acciaio per aver sopportato quel bastardo per anni” sibilò Lovino, portando il bicchiere alle labbra per poi chinare la testa all’indietro e berlo tutto d’un sorso, asciugandosi le labbra umide con un tovagliolo di carta.

“Ma no dai! Non è così male”

“Non capisco cosa sia venuto a fare, da quanto mi dici era venuto per portarmi i tuoi saluti ma si è pure dimenticato!”

“Ho sempre ragione. È incredibile!” Sadik annuì a se stesso, fiero, e il tono disperato di Lovino lo divertì. Gilbert non era molto difficile da capire, secondo lui. 

Bastava prestare minuziosa attenzione ai piccoli atteggiamenti del ragazzo per capire le sue intenzioni. Gli aveva parlato di quanto si fosse divertito con Lovino durante l’Oktoberfest, aveva cambiato i suoi ritmi e visitava il locale di notte sempre più raramente. Gilbert gli aveva confidato che a volte non sapeva come fare per spingere Lovino a stare con lui senza che lo forzasse, in maniera naturale.
Lui gli aveva suggerito di ubriacarsi leggermente per usare l’alcol come scusa per avvicinarsi al ragazzo, ma non così tanto da perdere il controllo. Beh, l’albino aveva esagerato, e ora il turco custodiva fiero un bel filmato registrato con il cellulare, di due ragazzi vicini seduti sugli scalini illuminati dalla luce del lampione. Ovviamente, non ne avrebbe fatto parola con nessuno. 

Solo Dio sa cosa potrebbe succedere se quel filmato fosse finito tra le mani di qualcuno come Francis.

“Ma di che diavolo parli?” Lovino arricciò il labbro e unì le sopracciglia in un cipiglio, dando a Sadik uno dei suoi migliori sguardi confusi. 

Quell’uomo era davvero incredibile, e Lovino si fidava ciecamente di lui, era un ottimo confidente. Non sapeva bene perché, ma aveva la sensazione che in alcuni atteggiamenti il turco gli ricordasse suo nonno. Lo aveva conosciuto alcuni mesi dopo la morte dell’anziano, e per lui è stato come se non fosse mai andato via.

“Nulla, nulla! Bocca cucita” il turco rispose precipitosamente, unendo pollice e indice per poi passarseli sulle labbra serrate. Ridacchiò, con ancora le labbra chiuse strofinando distrattamente le mani sul grembiule.

“Vabbè, lasciamo stare.” alzò gli occhi al cielo, sbuffando “Comunque, tornerai in Turchia per le vacanze di Natale?” domando curioso, e Sadik annuì deciso grattandosi il naso con la mano con cui teneva il panno di stoffa.

“Sì, certo! Come ogni anno. Mi tratterrò un po’ più del previsto, anche se mi sarebbe piaciuto tornar prima in Germania. Quest’anno sarebbe stato particolarmente interessante qui.” Riposò il mento sul palmo della mano, guardando verso l’alto con fare sognante. Alzò il tono di voce pronunciando l’ultima frase, lanciando poi un’occhiata alle spalle di Lovino in direzione della porta, alzando il capo: il suo sguardo era caratterizzato da occhi semi-chiusi e un sorrisetto malizioso che sembrava nascondesse qualcosa.

Lovino si voltò frettolosamente, ma presto si ritrovò a guardare di nuovo Sadik che continuava a guardare a destra e sinistra muovendo solo gli occhi. 

“Ma a chi diavolo stavi ammiccando?” Ruggì l’italiano, indicando con il pollice l’entrata alle sue spalle.

“Nulla, nulla! Avevo visto una ragazza” 

“Potevi dirmelo prima, dai!”

“Va bene, la prossima volta lo farò” Sadik emise un sospiro di sollievo, asciugandosi il sudore dalla fronte tamponando con il panno.

“Ma ti sei appena asciugato la fronte con il panno che usi per pulire?”

“Oh cavolo! Che schifo!” il turco lanciò via il panno frettolosamente con fare disgustato, premendo le labbra serrate una contro l’altra e chiudendo gli occhi, cercando di dimenticare che lo stesso panno finito sul viso era stato utilizzato precedentemente per pulire i resti di cibo dalla lavastoviglie.

“Secondo me dovresti prendere una pausa” Lovino si rivolse a lui abbassando la testa, guardandolo attraverso le lunghe ciglia. “Sei veramente più rincoglionito del solito” 

“Pausa dici? No, non posso di certo!” Sgranò gli occhi alla proposta dell’italiano, che gli sembrava incredibile detta da lui “Mi servono i soldi. A proposito, parlando di soldi...”

“La situazione non è terribilmente grave. Feliciano riesce ad andare avanti con la scuola, abbiamo un pasto caldo a tavola ogni giorno, anche se potrebbe andare meglio.” Prese di nuovo il bicchiere e lo porse a Sadik, volendo che venisse riempito ancora d’acqua gassata. Era la preferita di Lovino, pensava fosse dissetante più dell’acqua normale. E soprattutto adorava sentirne il sapore frizzantino, e la sensazione delle bollicine scoppiettanti sulla lingua lo rendeva allegro.

“Hai sete oggi, eh?” Ridacchiò, versando l’acqua nel bicchiere attento a non farne uscire nemmeno una goccia.

“Però, Lovino” continuò “hai un bel negozio, vendi bene, possibile tu abbia queste grandi difficoltà?” Il turco si allontanò un’attimo da Lovino, avvicinandosi alla macchinetta del caffè per esaudire l’ordinazione di un cliente appena arrivato. 

L’italiano annuì distrattamente con il capo, alzando le sopracciglia e premendo le labbra in segno di consapevolezza. 

“Utilizzo gran parte dei soldi per la manutenzione della casa del nonno” sospirò, portandosi il colletto del dolcevita bianco fin sopra alle labbra con un movimento timido della mano, cercando di nascondere almeno metà del suo viso che era sicuro da lì a poco avrebbe reso visibili alcuni segni di tristezza.

“Lovino. Devi smetterla di rimanere aggrappato al passato” Sadik posò gli avambracci sul bancone, stringendo le mani in due stretti pugni e portandoseli sotto le guance, quasi come se volesse alzarle. Aveva la bocca leggermente aperta mentre guardava Lovino con fare comprensivo, e ciò significava anche che era estremamente concentrato, ipotesi affermata dagli occhi luminosi che erano fissi sulla figura dell’Italiano, che muoveva le iridi verdi cercando di non incontrare lo sguardo del turco, forse per timidezza.

Parlare di suo nonno o dei suoi problemi, lo faceva sentire debole e gracile. Poche volte si era sentito così. Non voleva convincersi di non avere problemi e di essere apposto anche solo per darsi forza: preferiva avere una visione oggettiva della realtà della sua vita, anche se a volte si trattava di una percezione un po’ più pessimistica che reale. L’autocommiserazione non era di certo una buona aspettativa, ma era sempre meglio che convincersi di un qualcosa di non reale.

Lovino cominciò a passare delicatamente l’indice su tutto il bordo del bicchiere, percorrendo ne la circonferenza. Lo utilizzava come mezzo per scaricare lo stress e distrarsi un po’ dall’argomento delicato che stava affrontando.
Nonostante sapeva di potersi fidare di Sadik, continuava a stare attento a non far abbassare il colletto del dolcevita dalle sue labbra, giocando con il tessuto liscio mentre con l’altra mano continuava ancora a toccare il bicchiere, sempre più velocemente.

“Cretino, pensi che non lo sappia? È solo così dannatamente difficile che penso non ce la farò mai. Spendo un fracco di soldi ogni mese per pulire quella catapecchia, e non ci abita nemmeno nessuno.” Lovino disse tutto d’un fiato mettendosi le mani fra i capelli guardando verso il basso,  ma il turco poteva sentire il tono di disperazione nella sua voce. 

“Hai mai pensato di venderla?” Sadik domandò ingenuamente senza pensarci.

“Sì” rispose l’altro di gettò, alzando velocemente il capo e incrociando il suo sguardo curioso dell’altro uomo, che si era avvicinato notevolmente al viso di Lovino. 

Questo lo tranquillizzò: il turco era davvero interessato a quanto stava dicendo e lo stava ascoltando davvero senza fingere solo per educazione, e ciò fece spuntare sul viso dell’italiano un piccolo sorriso affrettato.
Certo, certo che aveva pensato di venderla. Ma era così difficile per lui. Suo nonno non era più lì con loro, ma voleva mantenere vivo il suo ricordo, anche se significava spendere soldi su soldi per mantenere decente una casa disabitata.

Il ragazzo poi smise di torturare il bicchiere e di aggrinzire il colletto della maglia, che portò giù levandoselo dal viso.

“Quanti soldi spendi per la manutenzione?”

“pago il giardiniere, chi fa le pulizie, bollette e le tasse da pagare non aiutano di certo” comincio a contare sulle dita, concentrandosi “ora moltiplica tutto questo per tre, con le spese del negozio e di casa mia. Naturalmente ci sono delle variazioni, ma almeno hai un’idea di base. Guadagno bene con il negozio ma non è sufficiente a coprire il costo di altre due case” Lovino spiegò, cominciando a tamburellare con le dita sudate sul bancone lucido, lasciando le impronte dei polpastrelli.

Sapeva di doversi fermare perché Sadik si sarebbe incazzato, ma il turco non sembrò darci molta importanza e ciò tranquillizzò Lovino che aveva bisogno ancora una volta di scaricare lo stress.
Sadik guardò Lovino con sguardo materno. Voleva davvero aiutarlo, ma non sapeva come fare. Però, conosceva qualcuno che sarebbe stato in grado di aiutarlo certamente meglio di lui.

L’italiano diede un’occhiata al suo orologio di finta pelle nera, notando l’orario “Scusami, ora devo proprio tornare in negozio” L’italiano disse, e Sadik gli diede una leggera pacca amichevole sulla palla. 

“Deve essere difficile, posso capirlo. Parlamene quanto e quando vuoi, non mi disturbi di certo” offrì lui, dandogli un sorriso rassicurante e guardandolo allontanarsi.

“Lovino, un momento!”

“Cosa vuoi ancora?” L’italiano si voltò con sguardo curioso, sentendosi chiamato a gran voce da Sadik.

“Cosa pensi di Gilbert?”

“Penso di averti già detto che è un coglione”

“Andiamo, intendo cosa pensi davvero di lui”

L’insistenza di Sadik e la domanda, spiazzarono Lovino. Lo spiazzarono semplicemente perché non sapeva come rispondergli, nemmeno lui sapeva cosa pensava davvero di Gilbert.
Il momento in cui si erano conosciuti era stato bizzarro ed imbarazzante, ma a lui non era dispiaciuto, e nemmeno a Gilbert.
Era convinto che quel ragazzo nascondesse qualcosa, era incuriosito da lui ma allo stesso tempo aveva paura di provare a conoscerlo, e di rovinare tutto con il suo essere leggermente burbero. Nella sua esperienza, aveva imparato che le persone che si comportavano come l’albino e che elogiavano troppo se stesse, erano le più insicure.

“Non ne sono sicuro. Però, pensò non faccia così schifo stare con lui. È dannatamente fastidioso ma credo sia una brava persona” questa fu la sua risposta, che fece sorridere Sadik. Non cercò di sbilanciarsi troppo, non voleva dire cos’è troppo intime o che non era sicuro di pensare. Conosceva poco Gilbert e non aveva abbastanza elementi per trarre una conclusione.

“Posso andare ora?” L’italiano indicò l’uscita.

“Certo. Oh, hey, buona fortuna” 

“Grazie, suppongo” Lovino annuì, facendo cenno con il capo indicando che stesse per andar via, e l’altro arricciò le labbra, sventolando la mano e studiando con lo sguardo ogni movimento dell’italiano, attendendo che si allontanasse del tutto.

“Hey, tu!” Sadik urlò sbattendo poi la mano sul bancone facendo saltare i bicchieri, e indicò un uomo che tranquillamente prendeva il caffè seduto ad un tavolino vicino l’entrata.

“Dice a me?” L’uomo rispose intimidito, indicando il suo stesso petto con l’indice e guardandosi attorno cercando di capire se fosse quello a cui il barista si era rivolto.

“Si, proprio a te! Quel ragazzo che era qui, è andato via?” Domandò Sadik. Dare del lei a uno sconosciuto? No, non faceva parte dei suoi modi di interagire.

Osservò l’uomo impaurito che stringeva al collo la cravatta, trovando qualcosa con cui impiegare le mani sudate. Era pelato, sulla cinquantina. Per Sadik era paradossale come un uomo di quell’età ed esperienza si fosse sentito intimorito.

“Di chi parla?”

“Come, non l’hai visto?” Il turco posò le mani sui fianchi, ancora trattenendo lo straccio con la mano destra “il piccoletto che era qui!” Con la mano aperta posta orizzontalmente, indicò l’altezza di Lovino. Mentre l’uomo, perplesso, non sapeva a chi si stesse rivolgendo e soprattutto non riusciva a capacitarsi di come tale indicazione potesse tornare utile.

“Non so di chi stia parlando, ragazzo”

“Allah, aiutami tu!” Sadik alzò il capo, e sbuffò agitando le braccia verso l’alto “controlla almeno se c’è qualcuno fuori, allora” propose.

L’uomo annuì incerto, e sporse la testa fuori dalla porta. 

“Non vedo nessuno” si limitò a rispondere con voce sempre più bassa e insicura, intimidito dalla voce grossa e melodiosa del barista.

“Mükemmel!” Sadik sorrise sornione, alzando il pollice dandogli l’ok.

“L’AQUILA PRUSSIANA PUÒ USCIRE DAL  SUO FANTASTICO NIDO, RIPETO, L’AQUILA PRUSSIANA PUÒ USCIRE DAL SUO FANTASTICO NIDO” mise le mani ai lati della bocca amplificando la voce già energica, che sembrava fosse stata urlata usando un megafono.

Un uomo entrò a passo svelto sulle punte dei piedi attirando sguardi e risatine dai clienti, che si scambiavano occhiate per interrogarsi sull’identità di quel bizzarro uomo dalla carnagione bianco latte coperto da un cappotto nero lunghissimo e che indossava occhiali da sole poco sobri, entrato nel locale come se fosse un delinquente.

Mentre camminava, inciampò sui suoi stessi piedi cadendo goffamente e rialzandosi come nulla fosse, lanciando occhiate frettolose a sinistra e destra notando di essere oggetto di interesse.

“Merda! per una volta che non voglio essere al centro dell’attenzione, mi trovo tutti gli occhi puntati addosso. ma d’altronde, come si fa ad ignorare questo fantastico pezzo di figo?” Pensò divertito e sentendosi lusingato.

Mosse passi decisi e veloci trascinandosi sull’orribile sgabello traballante che aveva sempre evitato, ma questa volta era l’unico posto a sedere libero in prossimità del bancone.

Abbassò lentamente gli occhiali, gettando poi uno sguardo feroce alla clientela, che a presa visione dei suoi occhi che sembravano iniettati di sangue, distolsero l’attenzione dai due ragazzi e ripresero a fare ciò che stava facendo ignorando forzatamente i due.
Posò velocemente il gomito sul bancone, e mise una mano davanti alla bocca impedendo che altri ad accezione di Sadik, potessero leggergli il labiale o sentire quanto stava dicendo.

“Allora, è andato via?” Domandò sussurrando con voce beffarda, avvicinandosi a Sadik che alzò un sopracciglio e increspò le labbra, rivolgendo a Gilbert uno sguardo interrogativo ad occhi chiusi.

“Si, si! È andato via! Non credo comunque che tutta questa sceneggiata fosse necessaria” il turco cercò di trattenersi dallo scoppiare dal ridere, gonfiando le guance come un pesce palla e premendo nuovamente le labbra l’una contro l’altra.

“Come hai fatto a farlo venire qui?” Bisbigliò l’albino.

“È un segreto” l’altro scandì la parola finale, schioccando la lingua sul palato.

“Uffa! È stato solo 5 minuti qui”

“Sì, aveva messo il cartello sulla porta del negozio con scritto che sarebbe tornato fra 5 minuti, perciò andava di fretta”

“No! Aspetta, io l’avevo cambiato con il pennarello e avevo scritto 15 minuti” Gilbert disse, mimando una mano intenta a scrivere.

“L’hai seriamente fatto? Pensavi che lui potesse tornare e vedere che aveva scritto 15 e quindi dire -oh, che bello! Ora torno da Sadik-?” Sadik mise una mano davanti alla bocca. Stava per scoppiare dalle risate. 

“Beh, si a dire il vero”

“Sei sempre il solito!” Sadik sbattè una mano sul bancone, sbellicandosi dalle risate e attirando gli sguardi dei clienti. Non riusciva a smettere, gli facevano male le guance per quanto stava ridendo e gli occhi avevano persino cominciato a lacrimare.

“Hey, basta ridere dai, è una questione di vita e di morte! Non essere così poco fantastico!” Gilbert sventolò la sua mano davanti al volto di Sadik e si levò la giacca, piegandola frettolosamente e posandola sulle sue ginocchia, per poi togliersi gli occhiali e metterli nella tasca della giacca.

“Ok ok, scusa. andrò subito al punto. Ho avuto la conferma alla mia ipotesi”  Sadik aprì la bocca e fece un occhiolino al tedesco, che lo guardò con fare confuso, anche se sentiva di saper a cosa si riferisse.

“Ehi amico, ma di che parli? Mi fai paura quando fai così” Gilbert alzò un sopracciglio e poi cominciò a giocare con la croce di ferro che portava al collo, che cadeva perfettamente al centro della sua camicia gialla leggermente sbottonata.

“Te lo dirò dopo, Beilschmidt” sorrise ancora rivelando le fossette, per poi tirare da sotto al bancone un foglio abbastanza grande scarabocchiato con del pennarello nero.

“Ma cosa diamine c’è scritto?” Gilbert prese il foglio in mano, alzandolo e portandolo all’altezza del viso, per poi affondarlo in esso cercando di vederci più chiaro e di decifrare quelle strane parole.

“Hey hey, Alman! Ridammi qua!” Sadik riprese quanto gli apparteneva “e comunque, è scritto in turco” continuò, mollando uno scappellotto sulla nuca di Gilbert, che cominciava ad arrossarsi gradualmente.

“Ahia!” GIlbert posò la mano sulla zona colpita, sfregandosela cercando di attenuare il dolore. “Non mi hai ancora detto cosa c’è su questa mappa”

“Ti spiego, ho segna-“

“Ho capito! Vecchia volpe turca, hai segnato tutti i sexy shop della zona che vendono roba a prezzi ragionevoli, vero?” Sorrise malizioso socchiudendo gli occhi, dando alcuni colpetti con il suo gomito al braccio di Sadik.

“No, Beilschmidt. Non perdo il mio tempo prezioso con queste cose” alzò un sopracciglio, e l’espressione dubbiosa del tedesco fece ritorno.

“Beh, in effetti potevo immaginarlo” Disse facendo spallucce e grattandosi il mento “io li conosco tutti quelli negozi”“Se solo mi ascoltassi!” Ribattè esasperato “ho segnato tutti i posti in cui potresti organizzare l’appuntamento a 4!” 

“Fantastico!” Gilbert sorrise sornione “e chi ci sarà?”

“Come chi ci sarà?” Sadik replicò, sbattendo velocemente le palpebre.

“Beh, appuntamento a 4! Vuol dire che ci saranno altre 3 persone oltre me” disse, alzando tre dita e guardando verso l’alto cercando di capire di chi si potesse trattare.

“Oh Beilschmidt! Ci sarete tu, tuo fratello, Feliciano e Lovino!” 

“Eh? Ma perché stai cercando di combinare un’appuntamento fra mio fratello e Lovino?” Gilbert alzò le sopracciglia e corrugò la fronte, cominciando quasi a masticare il suo labbro inferiore “così mi offendi! Ti ho detto che non mi piace Feliciano. E soprattutto, il piano è che sarei uscito io con Lovino” ammise a bassa voce, non guardando più Sadik negli occhi.

“Lo so” rispose l’altro, borbottando “infatti tu dovevi stare con lui, ma te l’avrei detto prima se solo mi avessi lasciato finire!” Alzò gli occhi al cielo, per poi scuotere il capo.

“Oh! Capisco. Ma io non ricordo di aver mai parlato di un’appuntamento a 4” Cominciò a grattarsi il viso sbarbato, perplesso “in realtà il vero piano era quello di far uscire mio fratello e Feliciano e poi pedinarli assieme a Lovino” spiegò concentrato, muovendo le braccia coordinatamente alle sue parole.

“Pedinare? Sei serio? E come pensi di riuscire a conquistare Lovino se pedini suo fratello?” 

Sadik lo guardò incredulo con gli occhi spalancati, interrompendo qualunque azione stesse facendo. Gilbert in tutta risposta, preferì rimanere in silenzio con le mani giunte messe sulla bocca guardando il bancone lucido.

Era tutto così difficile! Si sentiva come l’unico a non capire nulla. Non voleva conquistare Lovino, voleva solo passare del tempo con lui, così come aveva ribadito più volte. 

“Non voglio conquistare Lovino! Non è fantastico farmi ripetere sempre le stesse cose, sai?” Si mise a braccia conserte, guardando dall’alto verso il basso Sadik, che riprese la mappa fra le mani e la mise via a malincuore.

“Peccato. Ci avevo messo tanto a farla” 

“Hey amico, si può sapere che ti prende?”

“Si può sapere che prende a te invece?”

“Sai, non è fantastico nemmeno rispondere ad una domanda con un’altra domanda” rispose lui con una smorfia irritata sul viso, borbottando le ultime parole. 

“Scusa GIlbert. Dici che non ti piace Lovino, però i fatti dicono il contrario” Sadik chiuse gli occhi, strinse le labbra e alzò le spalle. Gilbert capì che il suo amico parlava seriamente. Non solo grazie al cambio del tono di voce, ma soprattutto perché lo aveva chiamato per nome, cosa che non faceva spesso.

“Di quali fatti stai parlando?” Domandò l’albino incuriosito, che in breve trovò il viso di Sadik a pochi centimetri di distanza dal suo, che gli dava uno sguardo austero e mentre si grattava il mento e la corta barba scura su di esso.

“Hai dimenticato di porgergli i miei saluti”

“Mi sarò dimenticato, a volte anche i più fantastici dimenticano le cose” si stiracchiò sbadigliando, unendo le mani e portando le braccia dietro la schiena.

“Non è quello il punto. Te ne sei dimenticato perché eri troppo preso di vederlo” replicò, allontanandosi da lui e stringendo meglio il lacciò del grembiule bianco.

“Hey, so dove vuoi arrivare con il discorso. Ma ti giuro, che lo voglio solo come amico. Sì, ero preso di vederlo perché è un ragazzetto divertente e mi rallegra, ma questo non vuol dire che il fantastico me debba necessariamente provare dei sentimenti. E poi, lo conosco da poco tempo!” 

Rimarcò le parole finali, con espressione rigida e occhi seri. Sadik non lo aveva mai visto così, e ciò lo preoccupò non poco.

“Lovino ha detto che sei una brava persona infondo, anche se un po’ fastidioso. Non gli dispiace la tua presenza” 

GIlbert afferrò un chupa-chups alla fragola dalla piramide di cartone che giaceva gloriosa al lato del bancone, vicino alla cassa.

Cominciò a scartarlo lentamente con mano attenta e dita abili e veloci, concentrandosi su quanto stava facendo e ignorando Sadik, che sospirò rassegnato per poi allontanarsi a servire la clientela.

Il tedesco rivolse uno sguardo distratto al suo amico che si era appena allontanato, per poi corrugare le labbra e cominciare a mordicchiare il chupa-chups, e intrattenendosi guardando la clientela.

Prese una moneta da 50 centesimi, lasciandola sul bancone e assicurandosi che Sadik l’avesse vista, per poi allontanarsi leggermente abbattuto, trascinandosi via dal locale.

Mise le mani nelle tasche dei pantaloni neri, mentre portava sulla spalla il cappotto lungo. Guardava l’asfalto mentre camminava, la testa bassa che contava ogni sasso si imbattesse nel suo percorso e il piede sinistro che meccanicamente li calciava via, lasciando che il suo percorso fosse libero da ogni ostacolo.

Stava bene con Lovino. Si sentiva a suo agio, si divertiva, e le ore passavano in fretta quando era assieme a lui. Era sicuramente una persona molto interessante, ricca di valori e che gli sarebbe piaciuto conoscere meglio.

Era contento che a lui facesse piacere la sua presenza. Ma d’altronde, a chi non sarebbe piaciuto stare con uno come Gilbert?

“Mi chiedo se pensa lo stesso di me” pensò.

“Ecco, ora si è arrabbiato con me!” Sadik sbuffò, poggiando le mani sui fianchi e guardando l’amico allontanarsi.

“Pensi che lo sto forzando? Pensi che devo farmi i fatti miei? Io volevo solo aiutarlo! Pensi che dovresti lasciare che le cose si sviluppino normalmente o che dovrei spingerli? L’ho pressato troppo? E se stessi solo fraintendendo e in realtà a GIlbert non piace Lovino? Santo cielo! Io devo solo fare il mio dovere!” Disse ad alta voce, tutto d’un fiato, non accorgendosi che non stava parlando da solo ma che un collega lo aveva sentito.

“io penso che dovresti continuare a lavorare” L’uomo biondo si avvicinò porgendogli un vassoio di pasticcini da consegnare, e Sadik lo prese prontamente, ma ancora con la te#ta fra i suoi pensieri.

“E per la mappa con i posti per gli appuntamenti? Che me ne faccio?”

“Tienila. Potrebbe servirti” l’uomo si allontanò, dopo aver risposto in modo marziale al turco.

“Già, hai ragione.”

///

Gilbert Alzò lo sguardo guardando il negozio di Lovino e un dolce sorriso spuntò sul suo volto, tanto che si sentì in dovere di entrare.

Si mosse a passo attento e svelto, cercando di non fare il minimo rumore. Doveva immaginare di camminare su una nuvola o di avere delle piume al posto dei piedi. Sì, l’auto convinzione lo aiutava decisamente a raggiungere il suo obiettivo in modo soddisfacente.

Salendo sui tre gradini di marmo, si ritrovò davanti alla porta di vetro. Pensò che per uscire a guadagnare un’entrata da effetto, sarebbe servito solo poggiare la mano sulla maniglia e abbassarla lentamente per poi fiondarsi ancora alle spalle di Lovino e farlo tremare della paura.

Ancora sulle punte dei piedi, si abbassò cercando di dar meno nell’occhio, chiuse poi gli occhi per concentrarsi e abbassò la maniglia di scatto, non realizzando che vi era attaccata una campanellina che suonava ogni volta la porta venisse aperta per indicare che qualcuno aveva fatto ingresso.
GIlbert si ritrovò lì, in piedi e ancora in posizione accovacciata. Era troppo basso per essere visto da dietro il bancone, e in un certo senso pensò fosse un vero peccato non riuscire a guardare l’espressione di Lovino.

Ma ora era carico, carico più che mai: i piedi carichi come delle molle, energia ed eccitazione che scorrevano nelle sue vene. Era pronto a saltare e spaventare Lovino ancora una volta. C’era mancato un pelo e il suo piano sarebbe andato in fumo per colpa di uno stupido campanello che non sapeva bene a cosa potesse servire, dato che Lovino era sempre lì e avrebbe visto quasi per certo il cliente.

“Boo! Buongiorno, prinzessin!” Saltò aggrappandosi al bancone, e il suo viso sorridente venne spezzato da un colpo di tazza dritto in fronte.

“Coglione! Mi hai fatto prendere un colpo!” Lovino era letteralmente saltato dalla paura “mi avresti fatto prendere un infarto! Tuonò ancora, posandosi una mano sul cuore e respirando affannosamente.

“È bollente, è bollente! Sfigurerai il mio bellissimo viso!” Continuò a strisciare le mani sulla sua faccia, quasi disperato e con occhi tristi e impanicati. Lovino era stato preso di sorpresa, e d’istinto aveva gettato il caffè addosso a quello che pensava fosse un maniaco. Era convinto che la porta di fosse aperta per una folata di vento, e aveva continuato a leggere il suo giornale senza preoccuparsene troppo. Di certo non si aspettava l’ingresso dell’albino.

“Non era mia intenzione versarti il caffè addosso, ma pensò tu te lo sia meritato con tutta questa pagliacciata!” Rimproverò l’italiano, alzandosi e raggiungendo Gilbert davanti al bancone, per poi afferrare uno strofinaccio e passarlo fra i capelli del tedesco, scompigliandoglieli ma asciugandoli distrattamente dal caffè.

“Ma quel coso è sporco di terreno!” Gilbert afferrò il polso di Lovino, bloccandolo, per poi toglierlo dalla prossimità della sua testa e lanciando via lo strofinaccio “ora la mia fantastica chioma è ancora più sporca di prima” piagnucolò, e incredulo cominciò a passarsi le mani fra i capelli, portando le ciocche platino davanti al viso cercando di capire se fossero malmesse terribilmente.

“Certo che è lo stesso che ho usato per pulire il terreno! Pensi che ne avrei preso uno pulito solo per te e quei peli di gatto?” Beh, da un lato GIlbert doveva aspettarselo. Notò il modo in cui Lovino ribatté rabbioso, ma il suo volto era luminoso e nascondeva un piccolo sorriso che stava tentando con tutte le sue forze di reprimere, e ciò fece sorridere Gilbert, che per un attimo dimenticò del caffè e delle ustioni che da lì a poco avrebbero decorato il suo bellissimo volto.

Lovino si accorse della reazione del ragazzo, e distolse lo sguardo da lui per un’attimo per poi chinarsi e cominciare a frugare avidamente in un piccolo cassetto al lato opposto della stanza.

“Tieni. Usalo per pulirti la faccia” lo porse a Gilbert con braccio teso, sempre con sguardo lontano dal suo e labbra corrucciate leggermente.

“Grazie prinzessin!” Afferrò lo strofinaccio con entrambe le mani, per poi asciugarsi il volto con veloce movimento delle mani.

“Allora, come ti sembro adesso?” Continuò GIlbert, prendendo il mento Lovino avvicinandolo al suo volto, per poi cominciare ad incorniciare il suo viso con le mani, prima posizionate orizzontalmente e poi verticalmente.

“Penso che il caffè bollente non abbia in alcun modo penalizzato la tua faccia di cazzo” Gilbert gonfiò il petto notando il fare seducente di Lovino, ma Il suo sorriso fiducioso cadde quando l’italiano terminò la frase e si rese conto che lo stava solo prendendo in giro, seppur amichevolmente. Sperava terminasse in un complimento, ma ahimè, forse da lui non lo avrebbe mai ricevuto.

Lovino gli fece un occhiolino sarcastico fingendo di essere onorato dalla sua presenza, per poi tornare dietro al bancone, sedendosi come se nulla fosse e ignorando completamente la reazione confusa del tedesco. 

“Perché sei venuto?” Domandò, riempiendosi di nuovo una tazza di caffè, dato che la prima era andata perduta.

“Oh ecco, ieri mi ero dimenticato di portarti i saluti di Sadik” cominciò a grattarsi la nuca, sorridendo imbarazzato alzando solo un angolo della bocca.

“Non c’è da stupirsi. E comunque stamattina sono andato a trovarlo, me ne ha parlato già lui”

“Hey! Ma com’è che andiamo allo stesso bar e non ci siamo mai incontrati?” In effetti era vero: Lovino aveva avuto il negozio lì per poco più di un anno, e lui era anni che frequentava quel bar. Come era possibile non si fossero mai incontrati prima d’ora? Non aveva veri motivi per recarsi da un fioraio, ma si chiedeva come mai non ne fosse stato comunque incuriosito.

“Forse perché tu vai a farci l’ubriacone di notte?” Ribattè, brontolando.

Un punto per Lovino. In effetti aveva ragione. Ultimamente si recava lì solo per bere, ma adesso stava facendo entrare Sadik nelle grazie del proprietario del bar, meravigliato dal fatto che il ragazzo fosse dei 3 baristi, quello che attirava più clienti. Il suo bell’aspetto era un vantaggio, così come il suo accento affascinante, ma era ben chiaro GIlbert si recasse li sempre più spesso per avere la scusa di visitare Lovino, anche solo per farsi dare un calcio negli stinchi e per beccarsi qualche dolce e amorevole insulto.

“Hai ragione, sai? Per questo ora vado via” si girò, facendo finta di uscire dalla porta seppur muovendosi a passo lento dato che non aveva alcuna intenzione di andar via, aspettava solo che Lovino lo fermasse. Ma beh, non accadde, e Lovino fece solo spallucce.

“Hey!” Si girò nuovamente di scatto, puntando il dito contro Lovino “non mi fermi?” 

L’italiano si limitò a rotare gli occhi ed a emettere un leggero sbuffò divertito “perché dovrei fermarti?” Alzò un sopracciglio e distolse poi lo sguardo da Gilbert, riprendendo a infilarsi i guanti di gomma.

“Pensavo volessi chiedermi dell’appuntamento...sai, i nostri fratelli...” si avvicinò a Lovino, facendogli l’occhiolino, mentre una smorfia dal fare seducente prese possesso del suo viso.

Lovino lo guardò con aria confusa, ma poi ricordò di quanto gli aveva detto e sentì ogni muscolo del suo corpo congelarsi, perfino il suo ricciolo aveva smesso di rimbalzare.

Il solo pensiero di suo fratello che faceva le fusa a Ludwig, o di Ludwig che provava a toccarlo con quei suoi aggeggi disgustosi di plastica, lo fece letteralmente sobbalzare dal disgusto.

“Dimmi cosa cazzo hai scoperto su quel posto” sussurrò con voce lenta e minacciosa, e Gilbert non poté fare altro che sorridere soddisfatto. L’italiano lo aveva afferrato per il colletto della camicia e aveva portato le loro fronti vicine, e tutto ciò che occupava la traiettoria visiva del tedesco erano le sopracciglia dalla forma perfetta dell’italiano, aggrottate pericolosamente e abbinate ai denti quasi digrignati.

“Ehi, calmo. Cosa è questo brusco modo di fare? Sembri un mafioso” Gilbert mise le mani avanti, staccandosi dalla presa del ragazzo e allontanandosi leggermente camminando all’indietro.

“E tu cosa cavolo mantieni quell’espressione di cazzo? Sii serio! Se mi vuoi dare un informazione precisa, fallo seriamente. È mio fratello la vittima, il tuo il carnefice” Il tedesco si vide il dito puntato contro, e rimase un po’ sorpreso nel vedere come Lovino stesse rendendo troppo seriamente la cosa. Come se Ludwig avesse intenzione di uccidere Feliciano o di abusarne.

“Amico, quei due sono fidanzati. Sanno il fatto loro” la sua risposta non tardò ad arrivare, ed era perfettamente in linea con il suo pensiero.

“E allora cosa vuoi? Sei stato tu a dirmi che avremmo dovuto investigare su di loro!” Il tono rabbioso del ragazzo, gli fece capire che In effetti aveva ragione. Gilbert era stato quello che aveva preparato tutto, addirittura pensato a spacciare per reale qualcosa che non esisteva solo per puro gusto personale, per fare il proprio interesse.

E ancora una volta, si era immischiato nella vita del fratello mettendogli i bastoni fra le ruote, seppur indirettamente.

Cosa doveva fare adesso? Andare avanti con la sceneggiata o rivelare tutto? No, non lo avrebbe mai fatto. Sarebbe stato controproducente e sarebbe andato contro la sua morale. Se comincia qualcosa deve portarla a termine, brutta o bella che sia.

“Sono fidanzati, è normale facciano sesso. Devi fartene una ragione” 

“Ma cosa cazzo dici? È ovvio! Sarebbe stato un problema se fosse accaduto il contrario” strinse i pugni, mantenendo la calma “sto cercando di farmene una ragione, è solo che da un lato ho paura per lui” Il cipiglio si addolcì, e GIlbert rimase sorpreso nel vedere Lovino rivelare una sua piccola paura. Fu felice nel vedere che il ragazzo si stava aprendo con lui, seppur lentamente e con approccio rude.

“Di cosa hai paura?” Sapeva già la risposta, ma voleva che fosse comunque Lovino a dargliela.

“Penso tu sappia meglio di me che Feliciano è ingenuo, si lascia trasportare e ho paura che qualcuno possa approfittarne. Tutto qui” scosse le spalle, guardando il pavimento di legno. Gilbert lo guardò con occhi differenti. Quel ragazzo, che sembrava essere estremamente scontroso, forse un po’ menefreghista, nutriva un grande amore per suo fratello e aveva il solo unico desiderio di proteggerlo, come lui con Ludwig. Si sentì per un’attimo compreso, e appoggiò una mano sulla spalla di Lovino per confrontarlo, facendo spalancare gli occhi dallo stupore al ragazzo vicino, che rimase sorpreso da quell’improvviso contatto così amichevole.

“Oh, allora ti importa anche dei sentimenti degli altri!” Sorrise teneramente, cercando di mettere Lovino a proprio agio “pensavo fossi un menefreghista poco fantastico ma invece sei solo un fratello e premuroso, come me”

“Io menefreghista? Pff!” Sbuffò, rotolando gli occhi e incrociando le braccia “bastardo, è buffo da dire ma pensavo la stessa cosa di te. Ma dopo quelle cose che mi hai detto da ubriaco, ti odio un po’ meno” ammise, un piccolo sorriso sbocciò sul suo volto e ciò rallegrò Gilbert, che sentì di aver fatto centro.
Per un’attimo, mise da parte l’istinto di scervellarsi e impazzire domandandosi a cosa avrebbe potuto aver detto a Lovino in precedenza, ma a giudicare dalla sua reazione non era stato nulla di male. Anzi, era riuscito perfino a farsi odiar meno. Cavolo! Anche da ubriaco sapeva essere un fantastico rimorchiatore.

“Beh! Allora visto che mi odi un po’ meno, che ne dici di uscire con me? Come amici!” Mise subito le mani avanti, per rassicurare Lovino in ogni modo che l’uscita non avesse avuto alcun secondo fine.

“No” fu secca la risposta, e abbastanza inaspettata.

“Ma come! Mi hai detto che mi odi meno”

“Questo non significa che io voglia uscire con te”

“Allora facciamo un patto” Lovino affinò l’udito “usciamo assieme a Lud e Feli, un uscita da amici! Così ti convincerai che mio fratello non farà mai del male al tuo”

“Ripeto che non voglio uscire con te”

“Dai! Se non accontento le tue aspettative, puoi farmi fuori” la proposta di Gilbert era allettante, e Lovino era davvero incuriosito a passare del tempo con lui. Però allo stesso tempo, provava sentimenti contrastanti che non era capace di comprendere.

“Farti fuori nel senso che posso ammazzarti? Non mi macchierei mai di un crimine così, soprattutto se per far fuori te” Lo guardò dall’alto verso il basso, con sguardo esaminatore a tratti disgustato, seppur era ovvio non lo fosse.

“No! Puoi farmi fuori nel senso che puoi cacciarmi e intimarmi di non farmi più vedere” sorrise, stando al gioco dell’italiano.

“E va bene! Ma lo faccio davvero! E non pensare che io esca con te per effettivamente stare con te, lo faccio solo per controllare quei due!” Incrociò le braccia, e il tedesco rise rumorosamente.

“Certo, come no. Allora usciremo? È una promessa?” Lo guardò con fare sognante, occhi che brillavano, e Lovino ne rimase quasi incantato. Avrebbe voluto sapere di più du quel ragazzo che sembrava così tanto interessato a stare assieme a lui. 

Gilbert agitò davanti al suo volto il suo mignolo, che Lovino afferrò e strinse delicatamente.

“Si bastardo, è una promessa”

 

 

 

 

   
 
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