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Autore: Claire Riordan    18/06/2020    1 recensioni
Remake del nuovo decennio di una mia vecchia, ma a me carissima, fanfiction, intitolata "Believe in Fate", riscritta in chiave più potteriana e meno "teen drama" americano, come era inizialmente nata, con una rivisitazione dei personaggi e delle loro storie.
Dal prologo: "[...] il Gran Galà del Quidditch prevedeva che Hogwarts mettesse in campo un'unica squadra, formata dai migliori giocatori della scuola, i quali sarebbero stati selezionati da un’apposita commissione composta dagli esponenti più importanti e competenti in materia. Questa squadra, poi, avrebbe dovuto competere con le più grandi nazionali di Quidditch del momento, tra le quali spuntavano i nomi di Inghilterra, Germania e Spagna, segnalate come le favorite per il grande torneo."
ATTENZIONE: nessun collegamento di nessun genere con "The Cursed Child".
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Altro personaggio, Famiglia Weasley, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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La sala grande era innaturalmente rumorosa, quella mattina. Diversi studenti, perfino i più ritardatari, erano già seduti al proprio tavolo in attesa della copia di quel giorno della Gazzetta del Profeta, su cui avrebbero trovato l’articolo di Rita Skeeter sul Gran Galà del Quidditch.
Tra una cucchiaiata di fiocchi d’avena e l’altra, Albus non poteva fare a meno di lanciare occhiate nervose al soffitto del salone, da cui sarebbero entrati i gufi con la posta mattutina da un momento all’altro. Tra le pagine del quotidiano che stava per ricevere, ci sarebbe stato certamente il nome di Lily, probabilmente attorniato da chissà quali calunnie, e la cosa lo rendeva terribilmente inquieto.
Un fischio acuto sovrastò il brusio dei commensali, anticipando l’arrivo di decine di gufi postini. Albus individuò rapidamente l’allocco bruno di famiglia, che atterrò di fronte a lui consegnandogli una copia della Gazzetta del Profeta e una lettera. Sfilò velocemente il giornale dalla zampa del pennuto, facendolo traballare e fischiare irritato, ma non vi badò: l’immagine di copertina aveva già attirato la sua attenzione.
La foto ritraeva i sette giocatori del torneo. Lily sedeva davanti assieme alle altre ragazze: a differenza delle sue compagne di squadra, l’espressione in viso di sua sorella era più scocciata che mai. Non si poteva dire lo stesso di Milo Thomas e Roxanne, i cui volti erano solcati da immensi sorrisi di gioia. Sotto l’immagine, una didascalia elencava i nomi dei componenti della squadra. Dopo il punto, recitava “Le interviste di Rita Skeeter ai giocatori a pagina 3”.
Con un po’ troppa foga – quasi rischiò di strappare la pagina – Albus sfogliò il giornale fino alla pagina tre, sovrastata dal titolo “Gran Galà del Quidditch: ecco i Campioni di Hogwarts”. Si calò immediatamente nella lettura:
 
Le squadre nazionali di Quidditch di Inghilterra, Irlanda e Francia, ospiti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts per il più atteso torneo dell’anno, hanno finalmente i loro rivali.
Queste tre giganti del Quidditch sfideranno, una per volta, una squadra formata da sette tra i migliori giocatori che Hogwarts potesse mettere in campo. Dopo diverse settimane di provini e selezioni, la giuria, i cui componenti arbitreranno a turno le tre partite, ha finalmente scelto gli studenti che gareggeranno contro le nazionali.
La prima scelta dei giurati è Scorpius Malfoy, figlio del noto Draco, di antica e celebre discendenza Purosangue, che ha ottenuto il ruolo di Cercatore…
 
«Al diavolo Malfoy» brontolò Albus, scorrendo l’articolo alla ricerca del nome della sorella. L’intervista di Lily era l’ultima:
 
Il posto per il terzo ed ultimo Cacciatore è stato assegnato a Lily Luna Potter, quindicenne figlia del celeberrimo Prescelto e Salvatore del Mondo Magico Harry Potter, nonché vincitore dell’ultima edizione del Torneo Tremaghi (nel 1994, ndr), ora accreditato Auror presso l’Ufficio del Ministero e marito di Ginevra Weasley, ex giocatrice professionista delle Holyhead Harpies ed attualmente giornalista sportiva presso il nostro illustre quotidiano. È evidente quanto il Quidditch sia sempre stato incredibilmente presente nella vita della giovane Potter, come lei stessa ha confermato, commentando quindi la sua ammissione nella squadra di Hogwarts: “Sono sicura che mi abbiano scelta per il mio cognome, piuttosto che per il mio talento. Certo, ho ovviamente molto talento nel Quidditch, ma un cognome come il mio è un bel trampolino di lancio per occasioni come questa.”
Che determinazione, e quanta impertinenza per una ragazzina tanto giovane! Tutta suo padre! Lily ha inoltre affermato: “Mio fratello Albus (il secondogenito dei Potter, ndr) ha fatto il provino per il ruolo di Portiere, ma non è stato scelto. Probabilmente c’è spazio per un solo Potter nella squadra, e chi meglio di me per occupare quel posto?”
 
Albus avvertì il sangue andargli alla testa. Leggere le stupidaggini della Skeeter su Lily, tirando in ballo perfino suo padre, lo faceva ribollire di rabbia e vedere addirittura il suo nome buttato in malo modo in quell’articolo gli faceva venir voglia di rompere la prima cosa che gli poteva capitare a tiro.
Lily aveva parlato anche di lui? Cos’avrebbe potuto dire per farlo risultare tanto incapace, per farlo apparire come l’eterno secondo, costantemente messo in ombra dal resto della famiglia?
Fece un respiro profondo per cercare di calmarsi. Gettò da parte il giornale e aprì la busta arrivata assieme al quotidiano: era di sua madre, indirizzata a Lily:
 
Cara Lily,
ho ricevuto questa edizione della Gazzetta in anteprima e ho letto le interviste di Rita Skeeter. Purtroppo, non ho avuto la possibilità di modificare l’articolo: nonostante si tratti di argomenti sportivi, perciò di mia competenza in redazione, mi è stato vietato di seguire questo evento, poiché qualcuno ha deciso di assegnarlo a Rita.
Non so per quale ragione tu ti sia iscritta a questo torneo, sappi solo che devi moderare le parole quando Rita si trova nei paraggi. Non fidarti della sua Penna Prendiappunti, è più affilata di un coltello.
E, per favore, non nominare nessuno davanti a lei. Le daresti solo altra carne da gettare sul fuoco.
Fammi avere tue notizie presto.
Un abbraccio,
Ginny.
 
Più infuriato che mai, Albus scavalcò la panca tenendo il giornale e la lettera sottobraccio e si avvicinò alla sorella, seduta qualche posto più in là. Senza troppi complimenti, le scaraventò davanti il quotidiano, facendola sobbalzare.
«Leggi» ringhiò, puntando il dito contro la pagina.
«È l’articolo della Skeeter?» chiese lei, sfogliando le pagine con una calma che irritò Albus ancora di più.
«Sì, leggi!» ripeté lui, infervorato più che mai. Alice Paciock e Jessica Jordan lo fissavano come se fosse impazzito.
Si fece spazio accanto a sua sorella, osservando i suoi occhi scorrere le righe dell’articolo.
«La tua intervista è qui» continuò impaziente, indicandole l’ultimo trafiletto del paragrafo. Lily spostò lo sguardo in basso, l’espressione sul volto sempre più disgustata man mano che proseguiva con la lettura.
Lily imprecò, appellando Rita con un epiteto che, Albus lo sapeva, non avrebbe mai osato ripetere davanti ai suoi genitori «Non aspettava altro! Gliel’ho letto in faccia quando mi ha intervistato! Non mi sono iscritta a quel maledetto torneo, mannaggia a Salazar!» sbottò, imbestialita almeno tanto quanto Albus «E non ne posso più di questo… questo volerci fare passare come gente che usa il proprio cognome per arrivare chissà dove!»
«Rita ne sembra molto convinta» fece Albus, cupo.
«Beh, Rita farebbe meglio a tornare ad essere uno scarabeo stercorario e farsi una gita in un recinto di Ippogrifi!» ribatté lei «E vorrei proprio sapere da chi diavolo ha saputo che tu sei stato scartato»
Albus la fissò con tanto d’occhi, provando un lieve senso di colpa «Quindi non sei stata tu a dirglielo?»
«Ma certo che no!» esclamò Lily, piccata, come se fosse appena stata accusata di un furto alla Gringott «Non le ho detto proprio un bel niente di niente, ha inventato tutto quanto quel che c’è scritto qui!»
Concluse la frase con uno schiaffo stizzito al giornale. Albus sospirò, passando poi alla sorella la lettera di Ginny «Questa l’ha mandata la mamma»
Lei la lesse velocemente, poi la ripiegò e la gettò da parte sul tavolo «Arriva tardi» borbottò «ho già detto a Rita che è una fallita»
«Beh, vedi di moderare i toni, la prossima volta» le disse lui riprendendosi il giornale «Non mi va di leggere certe parole associate al nome di mia sorella»
 
 
 
Fuori da Mielandia, erano pochi gli studenti di Hogwarts che si attardavano a chiacchierare con gli amici. L’inizio di novembre aveva portato con sé aria gelida e cieli che minacciavano neve, invogliando a chiudersi al calduccio, magari ai Tre Manici di Scopa, dove abbondavano i boccali di Burrobirra fumante. Non la pensava così Roxanne, seduta su una panchina fuori dal negozio di dolci nonostante il clima: imbacuccata in un pesante cappotto e la sua immancabile sciarpa di Grifondoro, teneva una copia della Gazzetta del Profeta di tre giorni prima appoggiata sulle gambe incrociate e un sacchetto di Gelatine Tuttigusti +1 a fianco a lei.
L’articolo di Rita Skeeter l’aveva demoralizzata più che mai. La giornalista la descriveva come un’arrivista, una ragazza talmente orgogliosa e piena di sé che non ci si spiegava per quale motivo fosse stata scelta per un torneo di simile portata, dove l’egoismo non era contemplato. Inoltre, la Skeeter l’aveva definita “una sedicenne di bell’aspetto, ma dall’aria frivola, la cui unica aspirazione pare essere quella di sfruttare la propria bellezza per adescare un paio di giocatori famosi”, cosa che aveva ulteriormente contribuito a rendere il suo umore ancor più nero. Se all’inizio era così entusiasta di partecipare al Gran Galà del Quidditch, in quel momento si sarebbe volentieri ritirata.
Nonostante tutto, nonostante quella descrizione riportasse a galla dolori che aveva faticosamente spinto verso il fondo del suo cuore, non riusciva a smettere di rileggere quelle poche, maledette righe con cui Rita l’aveva presentata al Mondo Magico:
 
La seconda scelta come Battitore, o meglio, Battitrice, è ricaduta su Roxanne Weasley, che altri non è che l’avvenente figlia del proprietario del negozio Tiri Vispi Weasley di Diagon Alley, il signor George, e di Angelina Johnson, vecchia gloria delle Holyhead Harpies. L’aria dolce e innocente con cui mi si presenta dinanzi, cela in realtà un carattere ambizioso, deciso e grintoso: “Sapevo fin dal momento in cui ho fatto il provino che questo posto sarebbe stato mio” ha dichiarato Roxanne “e non posso che dire di averlo meritato. Sono una campionessa e, una volta finito questo torneo, tutti ne avranno la conferma”.
La modestia sembra proprio non essere di casa! Sono sicuri, i giudici, di voler ammettere ad un torneo studiato apposta per la collaborazione una ragazza così piena di sé da risultare quasi egoista? La scelta spetta a loro, ovviamente, ma a noi sembra proprio che Roxanne sia certamente una sedicenne di bell’aspetto, ma dall’aria frivola, la cui unica aspirazione pare essere quella di sfruttare la propria bellezza per adescare un paio di giocatori famosi. Qualcuno sostiene, addirittura, di averla vista in compagnia di uno dei Battitori inglesi poco prima della sua audizione, e che questo avrebbe contribuito a facilitarle l’ammissione in squadra… non sarebbe nemmeno così stupefacente!
Proclamati per ultimi, ma non per importanza, i tre Cacciatori: Grace Finnigan, una prima scelta assai poco convincente…
 
Ogni rilettura di quel trafiletto era come un violento pugno allo stomaco: vedeva le allusioni ad un suo affaire con uno dei giocatori della Nazionale e ogni volta il suo pensiero non poteva fare a meno di correre ad un’immagine della sua famiglia che scopriva come quella arpia aveva descritto la loro figlia. Peggio ancora, ad ogni lettura cresceva in lei il dubbio di essere realmente come la definiva Rita: una ragazza ambiziosa, ma che aspirava soltanto alla fama, che partecipava ad una competizione quale era il Galà solo per il fine di ottenere la celebrità. E ad ogni lettura, la sua voglia di partecipare andava scemando. Dopo quell’articolo, la voglia di stare in mezzo alla gente era sparita, sopraffatta dal timore di essere derisa e additata da tutti come la più mediocre del torneo, quella che era entrata in squadra da raccomandata perché, magari, si era avvicinata un po’ di più ad un atleta famoso.
Richiuse il giornale con un fruscio stizzito, pescando una gelatina di un brutto verde marcio dal sacchetto; la fissò con astio per un paio di secondi prima di cacciarsela in bocca e scoprire con disgusto che sapeva di broccoli. Ne prese un’altra, fortunatamente al gusto di fragola, e posò lo sguardo sull’immagine della prima pagina della Gazzetta, su quella foto che non poteva fare a meno di fissare di continuo con occhio critico: in mezzo a Lily, Grace e Isabella, tutte quante più piccole di lei, Roxanne continuava a vedere sé stessa come una sorta di enorme neo in quella perfezione, una nota totalmente stonata in una melodia armoniosa. Loro avevano un’aria così composta, pulita, mentre lei non riusciva a smettere di vedersi come qualcuno che fosse finito in quell’inquadratura per caso, quasi per sbaglio. Continuava a pensare ad Olivia Nott, che si era presa gioco di lei nel momento in cui l’aveva udita parlare della sua partecipazione al torneo. Sapeva di non farcela, di non avere la forza di volontà che avrebbe ardentemente voluto per rispondere a quelle battute con la più totale indifferenza, lasciandosele scivolare addosso con serenità. Si era detta che avrebbe lasciato perdere, accettato le critiche, le risa; avrebbe pianto, sofferto, ma si era promessa che, prima o poi, sarebbe riuscita ad accettarsi così com’era, e al diavolo Olivia e chiunque altro le avesse detto qualunque cosa per buttarla giù. Lei era forte, ci sarebbe passata sopra anche da sola.
Asciugò con impazienza una lacrima che minacciava di scivolare sulla sua guancia proprio mentre una voce non troppo familiare interruppe il flusso dei suoi pensieri.
«Mica darai retta agli articoli di Rita Skeeter?»
Era una voce maschile, un tono incredulo, ma venato di preoccupazione. Alzando gli occhi, Roxanne si ritrovò davanti la sagoma muscolosa del suo nuovo compagno di squadra, Noah Shacklebolt.
«Oh, Shacklebolt» lo salutò, spicciandosi a sfoggiare un tono che esprimesse sicurezza «No, affatto. I suoi articoletti da quattro soldi non mi toccano nemmeno da lontano» mentì, ben sapendo che dire bugie non era mai stato il suo forte.
«Ma davvero?» la stuzzicò lui «Sbaglio o era una lacrima quella?»
Roxanne cercò di non far trasparire il proprio disappunto per essere appena stata colta sul fatto «È l’aria fredda, mi fa lacrimare gli occhi» rispose bruscamente «Non mi metto certo a piangere per delle stupidaggini simili»
Sperò con tutta sé stessa che la freddezza della sua voce spingesse Shacklebolt ad andarsene, ma lui non si mosse di un passo. Che diavolo voleva, lì, in quel momento? Non avevano mai parlato, prima delle selezioni per il torneo. Anzi, a dirla tutta, non avevano parlato nemmeno dopo. Erano due completi estranei.
«Già… il freddo» continuò Noah, senza accennare a cambiare tono.
Roxanne, irritata, chiuse gli occhi e prese un lunghissimo respiro prima di riaprirli «Senti un po’» disse a denti stretti «se sei qui per prenderti gioco di me pure tu, puoi anche smammare. Oppure Hogsmeade non è abbastanza grande?»
Noah boccheggiò «Non ho intenzione di fare nulla del genere… scusa» mormorò, desolato «È solo che… mi sei sembrata molto sola»
«Apprezzo il tuo interessamento, sebbene non lo capisca, ma ti assicuro che so cavarmela» sbottò lei, ripetendo la frase che spesso ribadiva a sé stessa, come un mantra, per convincersi che davvero non aveva bisogno di nessuno «Grazie»
Abbassò di nuovo gli occhi sul giornale, cacciandosi in bocca una manciata di caramelle, in un mix di gusti che risultò tremendo, sperando con tutto il cuore che Shacklebolt afferrasse che quello era un congedo, ma così non fu. Il Tassorosso, anzi, si sedette a fianco a lei.
«Ci siamo finiti tutti quanti in questo casino» disse, calmo «Tutti e sette. Non è bello vedersi descritti in un modo che non ci rappresenta, lo so, lo capisco. Perciò, perché non butti quel giornale e… non ci pensi più?»
«No» rispose Roxann, secca.
«Beh, secondo me, dovresti»
«E perché mai?»
«Perché non ti fa bene per niente leggere in continuazione quelle sciocchezze» disse Noah, tentando invano di sfilarle il giornale dalle mani.
«Te l’ho già detto, queste cose non mi toccano» ribadì lei.
«Allora perché insisti tanto a tenerlo?»
Improvvisamente, Roxanne si sentì piccola piccola «P-perché… si parla di me?» tentò.
«Ma quella non sei tu!» sbottò Noah, riuscendo finalmente ad acchiappare la Gazzetta «È solo l’immagine falsa e distorta che Rita vuole che la gente abbia di Roxanne Weasley»
Roxanne restò a bocca aperta per alcuni secondi, come se avesse ricevuto una botta in testa «S-sì, io… lo so che quella non sono io» borbottò, con la gola che bruciava.
«Allora non hai nulla di cui preoccuparti, no?» fece lui «Solo pochi idioti crederanno a quel che c’è scritto qui. Chi ti conosce davvero sa che sono tutte baggianate»
Roxanne si sentì scuotere da un tremito mentre Noah fissava i propri occhi scurissimi dritti nei suoi. Che intendeva?
«Tu non mi conosci» gli fece notare, fredda.
«Vero» asserì lui «ma dubito che tu sia davvero arrivista, orgogliosa e… tutte quelle altre cose che ha scritto la Skeeter»
«Ma non prendermi in giro» ringhiò Roxanne «Devo davvero pensare che tu non abbia creduto neanche per un secondo alle parole di Rita Skeeter?»
«Non ti sto prendendo in giro!» s’infervorò Noah «Ho visto il tuo provino e hai davvero meritato il posto in squadra»
«Senti, Noah» cominciò Roxanne «discuteremo più avanti del perché tu fossi al mio provino, ma… adesso, stai per caso cercando consensi per essere, che ne so, nominato Capitano della squadra? Perché se così fosse, sappi che non m’incanti»
«Credimi, è l’ultima cosa che voglio» rispose lui, con una risata amara «Avrei preferito vederlo dagli spalti, il torneo, e invece…»
Roxanne diede un’alzata di sopracciglia piuttosto eloquente, raccolse il suo sacchetto di gelatine e si riprese il giornale, lasciando Shacklebolt sulla panchina senza proferire altro.
Le parole di Noah erano terribilmente vere, dovette ammetterlo. L’articolo di Rita non parlava neanche lontanamente di Roxanne, ma soltanto della sua immagine distorta che la giornalista voleva dare ai suoi lettori ingordi di stupidi pettegolezzi. Lei non era così, non era presuntuosa, ambiziosa o piena di sé. Era molto di più, come le aveva detto Elizabeth, ed aveva il suo posto in squadra, quello che aveva desiderato fin dall’annuncio del torneo. E Noah aveva ragione, lo aveva meritato.
Raggiunse i Tre Manici di Scopa, dove avrebbe sicuramente trovato Elizabeth e qualcun altro dei loro amici; accanto alla porta vi era un bidone dell’immondizia. Senza esitazioni, vi lanciò dentro quella copia della Gazzetta del Profeta che tanto l’aveva tormentata negli ultimi giorni, ripromettendosi di non pensarci più, liberandosi del peso di quelle parole ora gettate dove dovevano stare: nella spazzatura.



[ Claire Says ]
Buongiorno e buon giovedì!
Giungiamo alla pubblicazione delle interviste di Rita Skeeter e conseguenti reazioni. Non sono state prese proprio benissimo, but si sa com'è Rita.
Riguardo la storia non ho molto da dire,  piuttosto ci tenevo a dire che gli aggiornamenti potrebbero subire dei ritardi di qualche giorno a partire dal prossimo capitolo - tipo slittare al sabato o domenica - poiché il ritorno alla vita normale post-lockdown si sta rivelando più difficoltoso del previsto e sono costantemente cotta ( a proposito, ho revisionato questo capitolo prima di postarlo, ma ho un sonno incredibile, perciò perdonate refusi o errori di battitura, dovessero essercene ).
Di nuovo grazie a tutti i lettori silenziosi e non per continuare a seguire questo delirio *sparge cuori*
Much love,
C.

 
  
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