Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: CrisBo    27/06/2020    4 recensioni
Il mio dosso non era l'iceberg del Titanic. Era la montagna di Maometto. Era il monte Fato appena ristrutturato. Era quel simpaticone del kraken in digiuno da quarant'anni. Era un machiavellico tranello del diavolo che persino il diavolo, vedendolo, mi aveva dato una pacca sulla spalla compatendomi. La famosa pacca di consolazione del diavolo era, in realtà, Yoongi che mi guardava con aria tremendamente
demoniaca
paradossale, sembrava che stesse pensando a 101 modi per uccidersi e, allo stesso tempo, a quale nome dare al suo futuro chiosco di carne.
************
Seoyun è innamorata del suo migliore amico, vive con Namjoon e Yoongi e dovrà affrontare, durante un'estate particolare, il grande fenomeno del tempismo effetto sorpresa, con una bolgia di amici in conflitto coi problemi che la vita comune regala. Durante la stagione più calda, frizzantina e soleggiata dell'anno cosa potrebbe andare storto, in fondo?
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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29 ~ Il gatto scottato teme l'acqua fredda



ㅇㅅㅇ




 
Il giorno della partenza di Jin era arrivato con una prepotenza meteorologica degna della miglior giornata soleggiata di quella stagione. Il  cielo era libero, non c'era nemmeno una nuvola e, stranamente, non si moriva di caldo solo ad osservare l'asfalto delle strade. Si era caricato solo con un bagaglio pienotto ma niente cappello di paglia, o camicia dai dubbi colori. Indossava una maglietta a maniche corte di una marca sportiva che conosceva solo lui, pantaloni della tuta e un cappellino con la visiera in avanti, che gli schiacciava tutti i capelli scuri sulla testa. Sembrava che stesse andando ad un raduno di insegnanti di educazione fisica e la cosa mi fece sorridere nervosamente, mentre lo guardavo di sbieco. 

Eravamo arrivati davanti ad una delle fermate dell'autobus, dietro la stazione, dove alcune corriere aspettavano l'orario adatto per partire. C'erano altri ragazzi, oltre noi, che aspettavano davanti alla nostra fermata e mi soffermai a guardarli in silenzio, mentre stringevo la mano del mio ragazzo. Erano facce comuni, alcuni erano in compagnia dei propri genitori, altri erano da soli, per altri invece potevo sentire una sorta di empatia a distanza, osservando le ragazze già in lacrime mentre stringevano i busti dei propri amori. Io, nella mia profonda scaltrezza, avevo ben deciso di reprimere ogni emozione sgradevole. Sarei rimasta stoica per il bene di entrambi. Era una sorta di promessa fatta a me stessa, non avevo nessuna intenzione di pensare al fatto che, la mano che stavo stringendo, non l'avrei più potuta toccare per mesi e mesi. Non volevo nemmeno prendere in considerazione quell'idea.

Quel giorno era arrivato.

Il giorno che tanto temevo si stava mangiando il mio tempo e potevo percepire come quei minuti stessero diventando troppo veloci. Mi sembrava solo ieri che eravamo ancora a Busan, a passare quei momenti insieme godendoci ogni singolo attimo. Il giorno successivo, dopo che svegliai gli altri per un bagno che, alla fine, tutti fecero promettendomi di affogarmi con gaio e giubilo, fu uno dei più belli che passai in loro compagnia durante quell'estate. Facemmo esattamente quello che aveva progettato Yoongi, ossia: niente. Prendemmo il sole, ci facemmo una miriade di bagni, bevemmo granite corrette, mangiando angurie e pesche, avevamo provato addirittura ad assaggiare uno strano connubio di carne salata e melone, a detta della nonna di Jimin una prelibatezza che non potevamo ignorare. Aveva ragione.

Al nostro ritorno verso Seoul ci fu un malcontento generale. Yoongi rimase con Jimin per altri due giorni, mentre il viaggio di ritorno fu all'insegna della depressione più disperata. Nessuno era riuscito ad aprire bocca, era una sensazione che provavo spesso, alla fine delle ferie, quando c'era la consapevolezza che la routine sarebbe tornata subito a tormentarti. Ma ora non c'era solo questo: Hoseok e Jin ci avrebbero lasciati, che sia per due anni, o per tutta la vita, ma ormai era qualcosa di imminente, e per quanto avevamo provato a prenderla bene, quando eravamo ancora immersi nella vacanza per via della felicità del momento, ora che quella sensazione stava svanendo, si stava portando via anche i buoni propositi. Non volevo rattristarmi e passare gli ultimi giorni con Jin con quell'alone di morte addosso quindi provammo a ritornare alla nostra solita routine, ma avevo cominciato a fare una cosa che prima avevo dato per scontato.

Avevo cominciato a osservarlo compiere le azioni più comuni. 

Il rumore che faceva quando risucchiava i noddles. 
Il modo che aveva di indossare gli occhiali da sole, roteando il polso, senza nessun motivo anatomico.
Il modo in cui cantava mentre lavava i piatti.
Il fatto che adorasse piantarmi sulla schiena i piedi gelati, quando andavamo a dormire.

Cose da niente, ma che erano tutto, per me.

 Mi girai quindi verso Jin, che stava controllando qualcosa dentro lo zaino con uno sguardo fin troppo apprensivo e assorto.
Feci una fatica immonda a non crollare, ma mantenni il controllo.

«Allora soldato, pronto alla partenza?»
«Certo, non si vede?»

No, non si vedeva per niente, ma quando si girò verso di me sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi, di quelli fantastici ma anche estremamente falsi. Provai l'ennesimo magone al petto ma gli diedi una smanacciata con la mano libera, verso il suo braccio, giusto per fingere una spinta. Lui fece finta di barcollare, in effetti.

«E dai! Tornerai tutto abbronzato lo sai? Jung ti prenderà in giro di sicuro.»
«Sì, quel Junkiya. Tienilo d'occhio tu, sono sicuro che quando tornerò sarà diventato un teppista della strada.»
«Lo è già, Jin. Ebbro e pieno di vitalità.»
«Aaaah.»

Fece un lamento strano, cacciandosi una mano sulla fronte prima di grattarsela nervosamente. Stava ancora controllando dentro lo zaino, lo aveva messo in bilico sopra la valigia nera mentre si tormentava le labbra con i denti. Non disse niente per un bel po' di secondi, tanto che ero convinta si fosse impallato.

«Jin?»
«Ho dimenticato la mia macchina fotografica. Sai, pensavo di fare delle foto da stampare una volta  tornato. Che stupido.»
«Puoi sempre farle col telefono.»
«No, no non è lo stesso.»

Allungai l'altra mano verso di lui, tastandogli il braccio. Il palmo si sollevò sulla sua pelle mentre l'accarezzavo lento, cercando di imprimere lo sguardo su di lui per raccogliere più dettagli possibili. Fece un altro sbuffo, scuotendo appena la testa prima di chiudere lo zaino e tornare a guardarmi. Non rimase su di me troppo a lungo, continuava a muoversi, guardandosi intorno, guardando il tabellone degli orari, le corriere che aspettavano di partire. L'attesa era la cosa peggiore di tutte, quasi speravo che qualcosa si smuovesse, giusto per strapparmi di dosso la sensazione che, senza preavviso, qualcuna di loro avrebbe portato  Jin lontano da me. Ma preferivo lo strappo, quello doloroso, a quella lenta agonia senza pace. 

E penso che, in fondo, lo desiderasse anche lui.

«Mi avvisi appena sei arrivato al traghetto?»
«Sì. Magari vedrò qualche delfino, sai come in Titanic, ricordi?»
«Già ...come dimenticare.»

Come dimenticare.

«Ti avrei mandato delle fotografie per posta, che scocciatura che mi sono dimenticato la macchinetta.»
«Non importa Jin, mi fiderò dei tuoi racconti.»
«Ma era per la nostra scatola segreta. Così non avremo niente, non avrai niente.»
«...Jin.»

Di nuovo sollevai la mano cercando il suo sguardo. Si era messo a guardare altrove, ovunque, tranne che me. Lo convinsi a girarsi giusto quando premetti le dita contro la sua spalla larga. Ce la feci con immensa fatica, era terribilmente sodo in quel punto, non pensavo che sollevare libri mastodontici e antropologici facesse così bene ai muscoli.

«Ehi, non preoccuparti di queste cose. Avrò un sacco di materiale da mettere in quella scatola. Tu assicurati solo di tornare da me non appena puoi.»

Lui fece un sorriso più mesto, sottile nonostante le labbra gonfie. Ero quasi convinta che stesse cercando di non piangere ma gli stava riuscendo piuttosto male. Era stato un weekend molto provante, per lui. Eravamo andati a trovare i suoi genitori per salutarli durante il weekend e da lì era iniziato il calvario dell'addio. Con suo fratello era stato un po' meno tragico, forse per il fatto che erano abituati a stare lontani, per via del lavoro di Seok-joong. Era quasi riuscito a placarsi, ma quando era toccato al saluto con i ragazzi non aveva retto neanche un secondo. Eravamo andati a mangiare da Oishii, per pranzo, tutti insieme. Era buffo come tutto ciò che mi aveva portato fino a Jin fosse nato proprio in quel posto, quando Hoseok aveva innescato la miccia di una bomba che era esplosa in mille conseguenze diverse. Quel luogo, potevo affermarlo, era stato testimone di molti eventi davvero toccanti. Avrebbe sicuramente preso il posto del True Love, se solo avessi raccontato le sue gesta. 

Mangiammo a sazietà e ridemmo senza sosta, tanto che ci sorbimmo persino un'ultima occasione per sentire le massime terribili di Jin. Fu un momento che tutti assorbimmo con ogni fibra del nostro essere, era l'inizio del cambiamento delle nostre vite. Era quello che si respirava davanti a tutti quei piatti ormai vuoti, quell'obbligo di coraggio che ci toccava prendere e ingoiare, come ultimo cibo della giornata. Ci saremmo rincontrati, ovviamente, tutti insieme, per qualche festa, per il matrimonio di Hobi e Emily, per quello di Tae e Yurim, per delle nuove vacanze, ma sembravano tanto attimi futuri così lontani e non sopperivano quel sentimento malinconico che, alla fine, uscì prepotente nell'attimo in cui Jin guardò l'orologio, prossimo ad andare. 

Fu in quel momento che tutti diedere il peggio di sé. 

Tae, Jungkook e Jimin non avevano intenzione di scrollarglisi di dosso, a turno o tutti insieme. Ero quasi convinta che sarebbero stati costretti ad andare con lui visto l'accollamento, ma persino davanti a quell'immagine io riuscii a non versare una lacrima. Ormai ero decisa, non valeva la pena piangere, ormai le cose stavano procedendo e potevo solamente far diventare quelle nuovi sorti degli alleati e non dei miei nemici, in fondo la mancanza non doveva per forza essere presa come una cosa distruttiva. Avevo resistito in situazioni ben peggiori di questa, lui sapeva che ero qui ad aspettarlo e io sapevo che lui sarebbe tornato da me. Era una cosa bella, senza conseguenze terribili.

Namjoon per poco non gli scoppiò a piangere mentre lo abbracciava. Vedere Namjoon incline al pianto mi provocava sempre un frastuono interiore incontrollabile, era l'unico che riusciva a farmi cedere come una pera cotta, forse per quella sua aria un po' da duro che involontariamente si portava dietro. Persino Yoongi non era riuscito a bloccarsi, anche lui aveva pianto, un po' in segreto, con l'occhio lucido e tentando camuffamenti per non farsi notare. Ma io lo beccai quasi immediatamente, insieme a Tae che gli si appolipò addosso insieme a Jimin, subito dopo. 

Anche Yurim non era riuscita a restare fredda davanti a quel saluto. So che gli aveva detto delle parole segrete, l'avevo vista bisbigliare senza vergogna ma non le volli chiedere niente in merito, era qualcosa che mi faceva stare bene, pensare che lei e lui fossero finalmente sulla linea sottile che li legava a me. Ero proprio sul punto di cedere, ormai potevo sentire il cuore pompare e parlare al mio cervello: "non resisterò a lungo, amico, fai qualcosa."

Hoseok mi diede un colpo mortale non da poco. Gli disse delle frasi incoraggianti bellissime, lo abbracciò stretto, piansero davvero insieme, senza vergogna. Per loro due la cosa era decisamente peggiore. Si sarebbero rivisti al matrimonio ma, poi, tutto sarebbe stato un grande punto di domanda. Non volevo nemmeno pensare a come sarebbe stata la partenza di Hobi, se già quella di Jin ci riduceva in quello stato, ma sapevo che non c'era più scampo per tutto quello.

«Noi siamo qui ad aspettarti ed evita di spararti ad un piede, se puoi.»
«Per fortuna non ho le mani di Nam.»
«Appena hai dei momenti liberi se non vieni a trovarci ti uccido.»
«Aaah, datemi un altro abbraccio, ne ho bisogno

Un altro abbraccio, tutti insieme.
Ci perdemmo diversi secondi così, in silenzio, stretti e pieni di tristezza.
Il mio valoroso piano di stoicismo stava cadendo a picco, come avrei dovuto prevedere, ma alla fine sulle loro facce si dipinse un bel sorriso e fu quello che Jin vide, un'ultima volta.

Penso  che se fossero venuti tutti insieme a me, ad accompagnarlo alla fermata, sarebbe stata una tragedia. Non avrei retto nemmeno un secondo, nemmeno mezzo attimo, mezzo barlume proprio. Ero contenta che avessero deciso di lasciare gli ultimi istanti con lui solo a me, come un piccolo regalo d'addio. 

Il suo autobus sarebbe partito poco dopo l'orario di cena, così che avrebbe viaggiato con l'ultimo traghetto notturno. Fu dopo quell'ultimo saluto, rendendomi conto che ormai tutti avevano dato il loro addio personale a Jin, mi salii un panico indicibile.

Cercai Minno, Yurim, Nam con lo sguardo.
Ero sicura che il mio cuore avrebbe ceduto ma, grazie ai loro sguardi un po' più sicuri, riuscii a mantenermi salda e a spezzare quel momento tragico con una frase terribile.

Bene ragazzi, è meglio che lo porto ora o non andrà mai via.

Quanto avrei voluto farlo davvero. Prendemmo un autobus per arrivare alla fermata. L'insano senso dell'umorismo della mia vita ci fece trovare tutti i semafori verdi, come schiaffo in faccia finale, senza vergogna. Nessun tipo di traffico. Nessun vigile che bloccava la strada. Nessuna vecchietta che voleva attraversare le strade sulle strisce impiegandoci dai venti ai quarant'anni. Niente, tutto liscio come l'olio, una strada senza intemperie che portava puntualissimi al luogo della partenza.

Iceberg, io dico, una volta che servivi.

«Ho una cosa per te. Avrei voluto dartela prima ma ho voluto tenere la tua reazione solo per me. E poi è una cosa che gli altri non devono sapere, per la mia salvezza futura.»

Lui era rimasto in silenzio, ad aspettare una mia qualche parola. Mi stringeva la mano in maniera convulsa, quasi stesse unendo insieme le nostre pelli. Potevo vederlo dal suo sguardo, stava cominciando ad impanicarsi sul serio. Avrei voluto che si sfogasse, che mi mostrasse le sue paure, se magari si sentiva inadeguato di fronte a quell'esperienza, se pensava che sarebbe stato un errore, se aveva paura di deludere chissà quale aspettativa, se aveva paura per me, che non l'avrei aspettato. 

Ma Jin era fatto in quella maniera strana che lo rendeva così affascinante, ai miei occhi. Non c'era bisogno di chiedergli niente, non era il tipo da buttare fuori i propri pensieri, avevo imparato ad accettarlo e mi andava bene così. 

Così andai a ravanare nella tracolla che avevo portato, tirando fuori un libricino. Era un block notes, uno dei mille block notes che collezionavo senza una reale ragione. Ne avevo almeno una trentina, a casa, li compravo per disegnarci sopra delle bozze o scrivere fasulle liste della spesa, ma di nessuno di loro avevo mai visto le pagine finali. In quello c'era un'aragosta rossa, disegnata sopra, che con le chele formava un cuore un po' rustico.

«Pensavo che ne avresti avuto bisogno, per le notti in cui ti mancherò così tanto che non riuscirai a respirare.»
Forse ero un po' melodrammatica, ma sapevo che queste frasi avevano sempre un bell'effetto su uno come Jin, e infatti si mise a ridere. Quella risata che mi sarebbe mancata come niente al mondo.

Guardai la sua reazione mentre mi lasciava la mano per prendere il quadernetto e aprirlo. Scivolò via un foglio, che avevo piegato e piantato dentro le pagine. Non ce n'era una vuota, avevo scritto tante cose, alla rinfusa ma aspettai che aprisse il foglio ripiegato, per primo. Me lo ricordavo come fosse stato ieri, quando l'avevo fatto. Era un disegno, uno schizzo, fatto la notte in cui avevo quasi litigato con Namjoon per via di Hoseok, dopo uno dei nostri karaoke più famosi. Mi ricordavo che ero un po' brilla, che avevo sfogato la mia rabbia contro dei poveri fogli ignari, ma quando avevo disegnato quello stavo pensando solo ed esclusivamente a Jin. Mi aveva talmente placato che avevo preso sonno, immediatamente. 

Jin era sempre stato lì pronto a proteggermi, anche dai miei pensieri più neri, era stata l'epifania più grande della mia vita. Mi aveva insegnato tante cose, magari con metodi poco ortodossi e molto Jin-iani, ma grazie a lui ero davvero riuscita a crescere e, addirittura, a scegliere per me. 

E avevo scelto, senza più paura.

«Ma è...»
«Sai non ti ho mai detto grazie. Mi ero promessa che non lo avrei mai fatto, sai per il tuo ego già troppo pompato. Ma questo te lo devo davvero, ci ho pensato tanto in quel periodo, prima ancora di rendermi conto che eri la mia stupida anima gemella. Senza di te sarebbe stato tutto molto più complesso.»
Lui alzò gli occhi su di me, dopo quella frase, provando a stringere le labbra tra loro. Aveva quello strano tic all'occhio, ma ero sicura che non fosse la fame quella volta.
«Seo io...»
«Hai reso le mie giornate sempre più leggere, persino quando stavo male per te o ero arrabbiata, ero comunque ...non lo so, mi sentivo di appartenere a qualcosa, non mi sentivo più così persa. Mi avevi davvero ritrovato e quindi grazie, davvero Jin. Per tutto ciò che hai sempre fatto per me. Per tutti noi, a dire la verità.»

Ero conscia che sarei riuscita a farlo piangere, ma ancora resisteva. Probabilmente le aveva sprecate tutte con la mia bolgia preferita, ma non mi davo per sconfitta. Vedere il suo sorriso così contento e pieno di affetto mi fece sentire un pochino meglio. Ormai la luce della sera si stava scurendo e il cielo bluastro prendeva delle sfumature più opache, come se stessimo per addentrarci in un sogno, svolto alla luce del tramonto, quando gli uccelli cantano in cielo in cerca di cibo e tu aspetti che la sera avanzi. Avrei voluto fermarla, in quel momento, solo per godermi dell'immagine del mio Jin mentre cominciava a sfogliare le pagine del quaderno, leggendo ciò che avevo scritto sopra. 

Aspettai, senza fiato, prima di vederlo ridere in maniera convulsa e improvvisa.
Sempre più asmatico e morente, tanto che dovette piantare la faccia contro il quadernetto per placare le risate, ma ormai quel suono aveva già fatto stragi, qualche ragazzo dietro di noi si mise a ridacchiare. Era proprio contagioso, peggio di una malattia. 

Io presi a ridere, insieme a lui, ma questa volta in maniera più leggera. Avevo sentito il rumore di un motore che s'avvicinava, una delle corriere si stava avvicinando al nostro numero di fermata e la magia, di quel momento, stava diventando reale e travolgente. Così allungai di nuovo la mano verso di lui, per aggrapparmi alla sua maglia, provando con tutta me stessa a non scoppiare.

«Lo so, sono la peggiore fidanzata del mondo.»

Lui stava ridendo ancora, tanto che pensai che non mi avesse ancora sentito, e invece tirò in alto la testa, togliendo la faccia dal quaderno. Stava ridendo, ma stava anche piangendo. Davanti alle sue lacrime non ce la feci più, i miei occhi cominciarono a riempirsi tragicamente, pronti a buttare fuori litri e litri di disperazione. 

«Io non ci posso credere, ma dove le hai trovate?»

Feci una risata più nervosa, tanto che alzai una mano pronta a picchiettarmi una tempia, più volte. Ormai stavo praticamente singhiozzando, mentre ridevo, eravamo uno spettacolo terribile sicuramente, ma in quel momento non ero più nemmeno consapevole di dove mi trovassi, stavo sentendo solo la pressione del tempo che mi spingeva, mi spintonava, facendomi quasi cadere.

«Tutte qui, nella mia testa scema. Anni e anni contagiata da te, ecco cosa mi è successo.»
«Seo ma sono meravigliose, ma se avessi saputo di questa tua dote avrei sicuramente comprato un dominio per uno spettacolo pubblico!»
«Non avrei accettato neanche sotto tortura psicologica, Jin.»

Ma lui fece uno sbuffo, prima di levarmi con uno strattone la mano dalla maglia. Ma non per scostarmi, tanto più per permettere a lui stesso di avvicinarsi a me e  abbracciarmi. Mi travolse le spalle con le braccia, ficcando la faccia contro la mia testa e stringendo in maniera stretta. Il suo odore mi invase in maniera feroce, tanto che per poco non sentii le mie gambe cedere. Mi aggrappai a lui, tanto che se avessi avuto gli arti da polipo mi sarei sicuramente avvolta al suo corpo per annodarmi e non lasciarlo più.

Potevo sentire le porte della corriera aprirsi, l'autista invitare i ragazzi a salire e a posare la valigia nell'apposito spazio adibito. Tutto quel rombare, il vociare, i ragazzi che salutavano un'ultima volta i famigliari, gli amici, le fidanzate mi fece solo venire voglia di ficcare la faccia contro la sua maglia, lasciandomi travolgere dalle lacrime che non riuscivano a smettere di uscire. Meno male che con le promesse ero davvero la peggior persona mondiale, non ero per niente coerente con i miei buoni propositi.

Il fatto è che volevo solo piangere in quel momento, abbandonarmi al fatto che mi sarebbe mancato come potrebbe mancare un organo importante, tipo il cuore, da non riuscire nemmeno a concepirlo. Era troppo persino per la mia mente, non potevo essere pronta a quella cosa, era totalmente insensato pensarlo.

«Mi prometti che le leggerai ogni volta che ti sentirai giù?»
«Le leggerò ogni giorno, ogni ora, ogni volta che riuscirò ad avere uno spazio per me.»
«Bravo, così mi piaci.»

In una sola notte ero riuscita a scrivergli tutte le peggiori barzellette e battute tristi che mi erano venute in mente, avevo cercato di inventarle tutte da me, alcune erano sicuramente state solo riadattate, ma ero quasi fiera di quel mio strano talento da barzellettiera triste. Forse dovevo davvero pensare ad un'ipoetica attività futura riguardo a questo.

«Seo smettila di piangere, ti prego.»
«Smettila anche tu, non è che lo faccio apposta.»
«Io sto partendo, posso piangere, sono giustificato.»
«Anche io sono giustificata, scusa eh.»

Ammisi io prima di sentirlo scostarsi un po' e prendermi il viso tra le mani. Aveva ancora in mano il quaderno con il disegno rimasto aperto, tanto che li sentii un po' premere sulle guance ma non ci feci troppo caso. I miei occhi gonfi e lucidi erano rivolti solo a lui e i suoi a me. Quello mi diede il colpo mortale finale; stava davvero andando via da me. Provai ad allungare di nuovo le mani per afferrargli la maglia, non riuscivo proprio a lasciarlo andare.

«Mi mancherai da morire, stupido pidocchietto.»
«Anche tu, Jin-Oppa.»
«Ma posso odiarti quando mi chiami oppa?» 
Ci mettemmo a ridere entrambi, un po' disperati, un po' tanto disperati.
«Dai vai Jin, o ti lasceranno qui.»
Fece uno sbuffo, tirando giù la testa, scuotendola piano.
«Non ci riesco...»
«Neanche io ci riesco, ma non mi sembra il caso di rinfacciarti che l'hai deciso tu quindi vai prima che ti dica di restare per sempre.»
«Bene. Va bene.»

Tirò su col naso, annuendo piano. Le sue lacrime stavano scivolando oltre il mento, alcune sulle labbra, tanto che mi allungai verso di lui per posare le mie sulle sue, cercando di rubargli un bacio. Lui fece lo stesso con me, ci abbandonammo a quel contatto con un po' più di possessione, tanto che spalmai il petto contro il suo, tenendolo stretto, cercando di bearmi ancora un altro po' quel bacio, assaporando ancora le sue labbra, la sua lingua, il suo sapore. Non sarei riuscita a farne a meno così a lungo, ma potevo conviverci con la memoria. Era l'unica cosa che potevo fare.

«V-vai, vai Jin ti prego o non ti lascio più andare.»
«Ti amo, Seo. Magari ricordatelo in caso ti venisse voglia di lasciarmi, ok?»
«Quanto sei scemo, guarda.»
«Ehi quando torno riprendiamo con quelle lezioni di salsa, non è vero?»

Pinzai le labbra contro il labbro inferiore. 
Dopo tutto quello che era successo non partecipammo più a nessuna lezione. Il nostro hobby estivo era sfumato via, ma potevo perdonare quella mancanza visto tutto quello che quei mesi ci avevano procurato. 

«Ho già pre-ordinato una barca per andare a pescare.»
«Ah -» lui  tirò indietro la testa, sorridendo«ma allora non ho fatto per niente male a scegliere te.»
«Eh no, vedi? Sempre piena di sorprese.»
«Già.» Strusciò la fronte contro la mia un'ultima volta prima di scostarsi appena. «Già è vero.»
«Ora vai, o davvero ti lasciano qui.»

Cercai di spingerlo via, con una risata per niente divertita, quanto più sconvolta e in preda ad un altro spasmo dovuto ai singhiozzi. Lo guardai mentre si metteva lo zaino in spalla e trascinava la valigia verso il bagagliaio dell'autobus. Mi guardai intorno, alcuni ragazzi erano già saliti, altri stavano ancora salutando i poveri reduci messi esattamente come me: frignoni e disperati.  Mi avvicinai di qualche passo mentre lo guardavo metteva a posto la sua roba, quando si voltò verso di me provò ad asciugare delle lacrime, ma era un compito inutile visto che non smettevano di scendere dagli occhi.

Il mio piano di disidratazione volontaria doveva assolutamente essere attuato, stavamo diventando troppo emozionali. 

«Torna da me
Gli mimai con le labbra, mentre lo guardavo avviarsi verso le scalette. Lui fece un cenno d'assenso, sorridendo con uno sbuffo, prima di darmi le spalle e mostrare il biglietto all'autista. Io feci un passo indietro, andando subito a guardare verso i finestrini. Avevano quasi tutti la faccia rabbuiata, là sopra, alcuni più stoici, altri non contenevano quel velo di tristezza e malinconia che quella serata si stava portando dietro. 

Non mi ero resa conto di niente, Jin era tornato indietro verso di me con una velocità più sostenuta, avvolgendomi di nuovo le spalle con le braccia. L'impatto quasi non mi fece barcollare all'indietro, tanto che ci misi un po' a rendermi conto della faccenda. Alzai le braccia poco dopo, riabbracciandolo ancora.

«Scusami, ho dovuto. L'autista mi odierà tantissimo.»
«Ah Jin, ma cosa devo fare con te?»
«Mi aspetterai, vero? Tanto, se tutto va bene, ci rivedremo per il matrimonio di Hobi, incrociando tutte le dita possibili. Non avresti il tempo di dimenticarti di me, te lo ricordo in caso, che non si sa mai.»

Annui pianissimo, contro la sua spalla, soffocando un gemito di pianto e di risata insieme, prima di scostarci ancora e darci un ultimo bacio, frettoloso ma pieno di sentimento.

«Perché hai questa strana paura che mi possa dimenticare di te?»
Non mi rispose alla domanda, quanto più si scostò più velocemente, a occhi sgranati.
«Ah, mi stavo quasi dimenticando, accidenti che testa di melone che ho!»
Si sfilò lo zaino dalle spalle, andando subito a ficcarci le mani alla rinfusa, prima di tirare fuori una maglia appallottolata e passarmela. Era un po' stropicciata ma potevo riconoscerla anche da lì: era la maglia che avrei voluto rubargli. La srotolai per un secondo, guardando la balenottera disegnata sopra, che sorrideva incurante di quel momento di grande pathos.

«Avrei dovuto rubartela con abili tecniche da ninja.»
«Sì, non ce n'era bisogno.» Ammise lui, ricomponendosi veloce. «Sapevo già che era la tua preferita quindi ...tienila, è tutta tua. Questo vale come un grande pegno d'amore, quella maglietta l'ho comprata anni fa al mercato di Myeongdong, sai quando? Esattamente il giorno in cui ci siamo conosciuti, ma non credo tu te lo ricorda. Ci tengo molto quindi trattala bene.»

Rimasi per un secondo imbambolata a guardarla; inconsciamente amavo quella maglietta ma non ricordavo assolutamente di quel fatto. Ai tempi lui era solo un ragazzo dall'aria pacata che Namjoon aveva invitato a cena, una sera qualsiasi di un giorno qualsiasi. Se solo avessi saputo che sarebbe diventato il mio pensiero fisso, un giorno, avrei avuto più rispetto per quei ricordi iniziali, imprimendoli meglio nella memoria. Per fortuna, Jin lo aveva fatto al posto mio.

«Sarà trattata benissimo, lo giuro.» 

La strinsi al petto, sorridendogli in maniera piena. Mi diede l'ennesimo bacio, un ultimo agognato gesto prima della separazione definitiva. Certo, potevo sperare che si sgonfiassero tutte le ruota del pulman senza motivo, così che sarebbe stato costretto a rimandare il viaggio, ma non potevo essere così fortunata in fondo.

Lo guardai camminare di nuovo verso le scalette. Lo vidi salire, questa volta senza più ripensamenti, e prendere posto verso il retro del mezzo. Aveva scelto un posto libero, ma qualcuno si sedette vicino a lui poco dopo. Si scambiarono un paio di parole prima di vederlo ruotare la testa per cercarmi. Ancora il sorriso sulle labbra, pieno di un miliardo di sentimenti, lo sguardo tagliente e lucido che restava su di me. 

Gli imitai un paio di frasi, che mi ero scordata di dirgli: di mangiare non appena scendeva e di non fare strane battute ai suoi compagni di camerata. Con la seconda opzione ci fu qualche difficoltà di comprendonio, ma grazie alle mie tragiche doti da mimo riuscimmo a comprenderci.  Ero conscia che, alcuni dei ragazzi, mi stavano fissando con sguardo un po' confuso, ma la cosa ci fece solamente ridere di gusto, a distanza. Non riuscivo più a sentire il suono della sua risata ma la potevo percepire, come se fosse incastrata nelle mie orecchie, come un suono registrato incancellabile.

Le porte si chiusero poco dopo, l'autista fece uno sbuffo e l'autobus cominciò a muoversi. In quel momento smisi di sorridere, lo strappo del cerotto era arrivato e si era portato dietro un potente soffio al cuore, tanto che provai un contorcimento budellare non da poco. Provai a seguire a piedi per un tratto il mezzo ma poi mi fermai.

Eravamo riusciti a guardarci un'ultima volta, sventolando entrambi le mani velocemente, per pochissimi metri prima che l'autobus svoltò a destra, scomparendo verso la strada principale, muovendosi verso una salita. Io provai a dirgli qualcosa, lui provò a fare lo stesso ma chissà quali parole non captai, quali gesti non riuscii a comprendere. 

Quella era stata la mazzata finale, uno sguardo colmo di cose: era pieno di frasi, di quelle non dette all'ultimo minuto, dimenticate nella testa e ritornate in mente nel momento sbagliato, sempre troppo tardi, come il buon vecchio tempismo insegnava. 

Avrei dovuto abbracciarlo un'ultima volta.

Guardai il punto in cui l'autobus era sparito per momenti infiniti, non riuscivo proprio ad allontanarmi, tanto che rimasi sola alla fermata poco dopo. Provai a consumare tutte le mie lacrime contro la maglia di Jin, in quel frangente, tanto che non mi accorsi del messaggio che mi arrivò fresco e veloce, facendolo vibrare nella mia borsa. Volevo solamente lasciar scivolare via quel senso di impotenza e rendermi conto che dovevo lottare con tutto quello per un periodo incredibilmente lungo, almeno per le mie facoltà mentali. Sapevo di non essere sola, in quella battaglia, ma non riuscivo a smettere di farmi del male con quel pensiero.

Lo stomaco faceva male. 
Non era solo un contoncersi, sembrava me lo stessero per asportare. Non riuscivo a farlo smettere, nemmeno con le lacrime, che alimentavano quel dolore come delle vere compari di sofferenza. Decisi che era il caso di sentire Yurim, in quel frangente, magari sarebbe riuscita a dirmi qualcosa per farmi ridere, o magari avrebbe solo pianto insieme a me non facendomi sentire così terribilmente stupida, a riguardo.

Quando presi il telefono c'era un messaggio lampeggiante. 
Era di Jin.

Torna a casa subito, non farmi preoccupare. Non riuscirò a dormire stanotte, come faccio a resistere così tanto senza di te? Mi sento male al solo pensiero.  Non guardare i documentari senza di me, mi offendo.

Riuscii a rispondergli senza sapere come, ovviamente mentendogli sulla prima parte del messaggio. Non volevo già dargli modo di preoccuparsi per me, non era partito nemmeno da dieci minuti, mi sembrava un po' troppo precoce come comportamento. Via messaggio non era percepibile quel dolore, rilessi le parole almeno mille volte, cercando di levare qualsiasi parvenza di sofferenza. Non volevo che si prendesse carico anche di quello, forse si sarebbe preso le colpe, pentendosi delle sue scelte e peggiorando la sua, di sofferenza. Non lo volevo, in fondo quelle lacrime erano una cosa meccanica, ma sarebbero passate.

Non sarebbe andato via per sempre, come Hoseok.
Sarebbe tornato e io sarei stata meglio. 
Dovevo solo rendermene conto. Magari in un anno e 11 mesi ci sarei riuscita. Tempo di abituarmi e lui sarebbe tornato: ottimo piano emozionale, in fondo.

Non riuscirò a dormire neanche io. Sto tornando a casa, avvisami quando sei arrivato. E mangia. Ti amo. Per i documentari non posso prometterti niente.

Era il meglio che potevo fare.
Ma non riuscivo a tornare a casa e così rimasi lì, per un tempo indefinito, cercando di finire tutte le mie lacrime in un'unica volta. 







Tornai indietro a sera inoltrata, l'orario di cena era passato già da un bel pezzo, la temperatura si era abbassata di colpo ed era sceso anche il freddo. Sentivo le ossa gelide ma, nonostante questo,  avevo deciso di tornare a casa a piedi. Tanto sapevo che non ci sarebbe stato nessuno, a casa, ad aspettarmi e io presi del tempo per percorrere le stradine più interne, passando inesorabilmente per allungare il tutto e arrivare davanti casa di Jin. Rimasi per un tempo interminabile a guardare le finestre di casa sua; la luce era accesa, sicuramente il fratello era in casa. Chiusi gli occhi per un secondo, provando a immaginare tutte le volte che ero corsa lì, in momenti di crisi e anche dopo, quando ormai la crisi era passata. Ero sicura che non avrei potuto piangere ancora, ormai ero del tutto priva di liquidi, e invece no, a quanto pare riuscivo a farlo perchè subito sentii due goccioloni scendere lungo le guance. 

Non volevo fare così, ma non riuscivo a smettere di pensare che non avrei più potuto fare tutte quelle cose che rendevano la mia vita migliore. Per quanto era una cosa temporanea, sarebbe stata davvero dura resistere senza impazzire. Ma alla fine riuscii a placare quella sensazione, mi asciugai le lacrime e cominciai a vagare senza meta per la città. Cercai di non soffermarmi sulle varie coppie che popolavano i luoghi, o i locali pieni di gente, o la gente sorridente che si godeva la serata. Non volevo essere ipocrita, sapevo di avere tutto quello, nonostante i vari abbandoni della mia vita, ma in quel momento mi sentivo tremendamente spersa. Attraversai il ponte dove Hoseok mi aveva parlato, la famosa mattina della crisi, decidendomi a cambiare tratta e arrivare fino al quartiere dove vivevano sia lui che Jungkook. Non mi soffermai davanti casa del mio migliore amico, nonostante provai un sentore terribile passandoci davanti. Rividi noi due, da bambini, correre per quelle strade mentre andavamo al negozietto sotto casa per prendere le figurine dei cartoni e sprecare il resto per le caramelle gommose. Ci facevano impazzire, tanto che ne mangiavamo a tonnellate, provocandoci dei gran mal di pancia. Ma quante risate, in quel periodo, sembrava che il futuro fosse la cosa più bella dell'Universo e l'estate sembrava non finire più.

Ma ora tutto scivolava via troppo veloce. 
Quei bambini erano cresciuti e le caramelle gommose erano diventato l'alcol, i pasti pronti, i dolori al cuore. 
Stupida crescita. E stupido tempo.

Alla fine decisi che era il caso di rincasare. Sapevo che Namjoon sarebbe stato da Agnes per tutta la notte e Yoongi sarebbe andato a dormire da Taehyung, insieme a Jimin, visto che sarebbe ripartito per Busan dopo il weekend. Avevo la  casa tutta per me, probabilmente avrei infilato nello stereo un CD musicale strappa gonadi e avrei usato Monie come psicologo serale, sperando di non alleggerire il corpo con altre lacrime. Cominciava a farmi male la testa per tutto quel pianto e non avevo più voglia di lasciarmi andare alla tristezza. Avrei resistito. Avevo resistito tutta la vita con un amore non corrisposto, potevo resistere due anni senza Jin. Se solo Hoseok fosse rimasto qui forse sarebbe stato tutto più sopportabile, ma potevo farcela anche in quel frangente. In fondo, anche io, forse sarei andata finalmente in Perù, prima o poi. Magari alla veneranda età di settantanni, sarei riuscita a fare qualcosa di così folle come decidermi a visitare il globo mondiale.

Non appena aprii la porta di casa mi ritrovai davanti un'immagine che non mi aspettavo, tanto che mi bloccai davanti alla porta per qualche secondo.
Monie zompettò verso di me, scodinzolando. Probabilmente aveva annusato nell'aria il mio bisogno di amore canino, in quel momento.
Namjoon e Yoongi erano seduti davanti al tavolino, per terra,  stavano contemplando un giornaletto che non riuscii a vedere da lì, avevano già della musica in sottofondo, creava un'atmosfera un po' blues e un po' da bettola clandestina, grazie al fatto che avessero acceso una lampada poco soffusa che illuminava male l'ambiente. Le luci, al di fuori, erano molto più incisive. Entrambi stavano mangiando del gelato; che cosa bizzarra, ritornavo con la memoria sempre al giorno in cui Hoseok era tornato da Bristol, perché stavo avendo quei deja-vu proprio in quel momento? Non era già abbastanza soffrire normalmente?

«Ragazzi ma...cosa ci fate a casa?»
Chiesi, richiudendo la porta, dopo aver donato a Monie qualche carezza. Il mio cane, soddisfatto e anche un po' schifato da quel momento di dolcezza, ritornò verso Minno senza remore.
«Sospresa!» Dissero senza nessuna enfasi sia Namjoon che Yoongi, tanto che sollevarono pure le braccia, alzando gli occhi verso di me.
«Ma -»
«Avevamo paura avresti fatto un po' di follie, non ce la sentivamo di lasciarti sola proprio oggi.» Rispose Namjoon, abbozzando un sorisone a labbra e occhi stretti, con le fossette bene in vista.
«In caso, ti abbiamo comunque comprato dei cetriolini e il numero dell'ospedale pronto.» Yoongi tirò in alto un barattolo che non avevo notato, facendolo ballonzolare, prima di riporlo sul tavolino.

Che cari amici che avevo, si preoccupavano di farmi morire nella maniera giusta. Che fortunata.

«Ma ragazzi, non dovevate. Avevo già intenzione di deprimermi, insomma, piangendo davanti a qualche film d'amore, come quello là dove ci sono quei due che si conoscono fin da bambini, ma poi uno uccide barbaricamente il padre di lui e lo accusano di omicidio, così lui scappa per andare a vivere insieme ad una comunità locale, a mangiare insetti e vermi, prima che lei lo ritrova, tenta di ucciderlo perché non lo riconosce e-»
«Ma che film d'amore è, scusa?»
«Il Re Leone.» Dissi, convintissima.
«Dai  vieni a sederti qui, c'è del gelato.» Mi disse Namjoon, indicandomi una vaschetta tenuta aperta, alzando un cucchiaio per porgermelo.
Non me lo feci ripetere due volte.

Quei due riuscivano sempre a sorprendermi, in un qualche modo. 

Riuscii a sedermi alla grande tavolata, provai un attentato ai cetriolini ma poi deviai verso il gelato, ficcando il cucchiaio dentro quella pastosità diabetica, cominciando a mangiarlo senza remore. 
Li guardai un po' di sottecchi. Stavano facendo  questo per me, ma sapevo che anche loro stavano soffrendo per lo stesso motivo. Ero quasi sicura che fossero rimasti a casa, tranquilli, anche solo per avere il potere decisionale di chiudersi in camera loro se avessero sentito la tristezza  bussare spavalda. Avevano avuto bisogno di quello e, da un lato, ne ero rimasta confortata. 

«Come è andata?»
Mi chiese Namjoon, guardandomi. 
Non volevo ripensare al mio saluto con Jin, in realtà, e alla fine decisi di fare finta di essere una bravissima canalizzatrice di emozioni. Così mi tirai indietro con la schiena, pigiando i palmi a terra e mostrando un'espressione da grandissima esperta in questo genere di business.
«Oh sai com'è, tutto incanalato qui dentro, mi sono focalizzata solo sugli aspetti oggettivi della questione. Sta andando per rendere onore al nostro Paese: fierezza, disciplina, coraggio. Ottime doti per un soldato.»
Avevo anche camuffato la voce, rendendola più grave e bassa.
Entrambi si misero a guardarmi  come se fossi diventata pazza improvvisamente, Yoongi fece scivolare addirittura il gelato sul tavolino.

«Vedo che ti ha fatto molto male.» Disse, infine.
Era  una recita destinata a morire prima di subito, gettai la testa in avanti, nascondendo il volto tra i capelli, mentre quasi toccavo il tavolino con la fronte.
«Sto già diventando matta, non è un buon segno.»
«Mia madre ha subito lo stesso martirio quando era giovane, mio padre è andato a fare militare quando stavano già insieme. Mi ha detto che, per farsi passare la tristezza, si era iscritta a pilates.» Namjoon mi tastò una spalla, stringendola brevemente.
Tirai su di scatto la testa, andando a guardarlo.
«Se io mi iscrivessi a pilates penserei a Jin ancora di più, vi ricordo la sua strana ossessione di avere una marea di hobby. Quando tornerà sarà la volta buona che andremo a pescare insieme.»
«Sei davvero difficile da consolare.» Borbottò Yoongi, mentre lasciava fluire Monie sulle sue gambe, come cuscinetti comodi.

«Non voglio essere consolata, davvero non c'è bisogno. Insomma Jin non mancherà solo a me, come non mancherà solo a me Hoseok. Questa situazione mi fa sentire solo molto impotente, a riguardo.»

Ammisi io, conficcando ancora il cucchiaio per rubare ancora un po' di gelato.
Era al limone, Jin lo avrebbe odiato, e un po' lo odiavo anche io. 
«Vedrai che andrà tutto bene, tra il lavoro e tutto non avrai nemmeno il tempo per pensarci.» Mormorò Namjoon, facendo spallucce.
«Magari finalmente la smetterai di guardare quei maledetti documentari.» Continuò Namjoon, guardandomi con un mezzo  sorriso.
Evitai di dire che avevo ricevuto l'obbligo morale di fermare quel mio meraviglioso passatempo.
«Avevo intenzione di trovarne uno per superare gli abbandoni cronici.»

Fecero  una mezza risata entrambi, davanti al mio desiderio di trovare delle soluzioni psicanalitiche solitarie, così non continuai, imbronciandomi senza motivo mentre controllavo sbilenca il cellulare. Jin non mi aveva più scritto, probabilmente si era addormentato, ma trovai un messaggio di Yurim: una sfilza di cuori viola, che intasarono lo schermo per intero. Quell'immagine mi fece stranamente sorridere di cuore.

«A proposito di abbandoni cronici ragazzi, io devo dirvi una cosa, ora che ci siete tutti e due.» 
Yoongi si fece strada con quella frase, andando a guardare sia me che Namjoon. Non ero prontissima a sapere la "cosa" vista la premessa della frase ma mi misi fisicamente nella posizione d'ascolto, ossia occhi sgranati e collo tirato indietro.
«Io...» abbassò lo sguardo, andando a contorcersi le dita per qualche secondo, prima di ficcarsi le unghie alla bocca. Pessimo pessimo segno. «...ecco, non è una cosa immediata, ma meglio che vi avviso ora, anche per lasciarvi organizzare insomma.»

«Dai Minno, se dici così sembra quasi che vuoi andare via da  casa.»
Disse Namjoon, dandogli una mezza spintarella al braccio, cacciando fuori una risata più bassa.

Yoongi non rise, neanche un po'. Sembrava veramente imbarazzato, tanto che io sciolsi quella posa d'ascolto per andare ad assumere un altro tipo di posizione, quella di chi si stava preparando al peggio, ossia gambe incrociate e testa piegata di lato, un po' da gufo notturno.

«Minno?» Continuò Nam.
«Ecco sì, in effetti è così ...io e Jimin abbiamo intenzione di andare a vivere insieme, a Busan.»

Silenzio, da ambedue le parti.
Namjoon aveva perso il sorriso di poco prima, il famoso panico si stava impossessando anche di lui. Forse poteva sopportare Hoseok via. Ancora ancora Jin. Ma perdere anche Minno da casa doveva cominciare a essere troppo. Istintivamente allungai una mano, sotto al tavolo, per tastargli una coscia per un secondo. Ne avevamo parlato pochi giorni prima, quanto potevamo essere vicini alla realtà, senza saperlo? Eravamo convinti che avremmo vissuto insieme per sempre, anche se sarebbe stato un po' illogico, ci accontentavamo almeno di farlo fino a che non eravamo tutti prossimi al matrimonio, almeno.

E invece no, certe cose arrivavano prima del tempo.
Ma non il suo.
Evidentemente doveva averci pensato molto, prima di rivelarci quella cosa, visto il suo sguardo pieno di pentimento.

«Ho cercato di lavorare il più possibile in questo mese per mettere da parte i soldi per una caparra. A Busan i costi sono meno proibitivi, e Jimin non sarebbe in grado di trasferirsi qui, visto l'Accademia. Io alla fine non ho mai avuto un posto fisso, come voi due, e sarebbe stato molto più semplice per me spostarmi.»

Più continuava a spiegare le sue ragioni, più la cosa cominciava a diventare veramente reale. Non sapevo bene cosa provare, ero un connubio di emozioni diverse. Ero davvero fiera di lui, della sua decisione, del fatto che la cosa stava diventando davvero seria, tanto da provare a convivere. Ma allo stesso tempo, non averlo più in casa sarebbe stato strano. Lui era sempre stato la voce della coscienza, colui che era in grado di tenermi coi piedi per terra davanti ad ogni problema. Certo, non si trasferiva in Finlandia, ma era comunque a più di due ore di distanza e, senza la scusa di Jimin, chissà quante volte sarebbe riuscito a venire a trovarci.

«Non sapete quanto ...quanto odio dirvelo così, in tutti questi anni mi avete sempre aiutato con l'affitto, non mi avete mai fatto pesare quando mancavo di pagare alcune bollette o quando non riuscivo a mettere i soldi della spesa. Siete  stati i coinquilini migliori che una persona possa avere, meglio di Friends, eh!» Provò a dirlo facendo un sorriso finale, che gli uscì più come uno sbuffo contrito, che gli fece strizzare la faccia.
«Ma almeno così avrete modo di organizzarvi, per trovare un altro coinquilino o cambiare casa... so che imporvi questo cambiamento adesso è una merda, ma non possiamo aspettare, abbiamo trovato un'offerta e se non la prendiamo al volo rischiamo di rimandare per chissà quanto tempo.  Spero ...spero che voi possiate capire.»

Ancora silenzio, da ambedue le parti.
Sentivo il ginocchio cominciare a ballare un po' troppo velocemente, per il nervosismo crescente. Questa volta fu Namjoon a tastare la mia gamba, guardandomi di sbieco, con uno sguardo che non seppi decifrare. Era serissimo, tanto che ebbi il presentimento che ci avrebbe lasciato lì per ficcarsi in camera sua e maledire tutte queste tempestive novità.

«Possiamo chiedere a Jk di venire qui, tanto ormai è diventato amico anche del fantasma della casa.»
Mi disse questo, evitando totalmente Yoongi.
Per un secondo non seppi rispondere, non riuscii a cogliere l'ironia nella sua voce, visto che non c'era.
«Hai ragione, o magari far diventare camera sua uno studio da mettere in affitto, sai per gli studenti.»
Risposi, cercando di mantenere lo stesso tono.
«O magari ci facciamo una sala cinema, pensa che figata.» Continuò Nam.
«Oh dai ragazzi, ma davvero non vedevate l'ora di liberarvi di me?»

Yoongi fece una lagna così tanto infantile che non riuscimmo più a continuare, cominciammo a ridere come due deficenti, prima di voltarci verso di lui. 
Questa volta, cominciai io.

«Minno, è una notizia bellissima!» E gli diedi una spintarella, che lo fece barcollare appena. «È un cambiamento fantastico, magari finalmente potrai frequentare la stessa Accademia di Chimmo, fare qualche corso di musica e usare il tuo talento di scrittura per qualcosa di meglio che vendere gli omaggi per le salviette pulisci-mani.»
«Eh, magari. In fondo all'Accademia di Tokyo mi avevano preso, ricordate no?»
«Amico, sono felice per te. Davvero. Non preoccuparti di abbandonarci, non siamo mica legati da un contratto vitale, è la tua vita e hai il diritto di viverla come vuoi. Tanto ti mancheremo così tanto che ci chiamerai ogni giorno.»
Yoongi si mise a ridere, con un soffio più sottile, quasi da gatto, prima di annuire gonfiando le guance.
«Sì come no, siete voi che vi sentirete tremendamente soli senza di me.»

Mi slanciai verso di lui, fregandomene altamente del disgusto che avrebbe potuto provare, abbracciandolo in maniera stretta. Capitava raramente, se non mai, di abbracciarsi tra noi tre. Il vivere insieme ci aveva, meccanicamente, instaurato un certo obbrobrio per il contatto fisico, senza che nemmeno ce ne rendessimo conto. Ma questa volta me ne fregai, lo strinsi forte, e lui fece lo stesso con me. Era confortevole, tanto che ficcai la faccia sulla sua spalla, restando per un po' in silenzio, ad ascoltarlo respirare.

«Non mi diventare sentimentale, non hai pianto già abbastanza oggi?»
«Per una volta chiudi quella bocca, Minno e goditi 'sto momento. Quando diventerò una pittrice famosa potrai vantartene. "Sono stato toccato da Park Seoyun, sono un pezzo raro anche io".» 
«Ah, certo. Mi porterò dietro qualche tuo quadro, almeno ci faccio i soldi veri se diventi importante.»
Cominciai a ridere, respirando piano.
«Sono davvero felice per te, ma sappi che un po' ti odio. Non eravamo pronti a questo.» 
«Lo so, ma non me ne andrò prima di Ottobre, quindi potrete sopportarmi ancora un po'.»

Lui sgusciò via da me dopo pochi secondi, guardandomi con un sorriso più addolcito del normale. Era rara persino quell'espressione, in lui, ma quando era realmente sollevato e contento, riusciva davvero a esprimerlo come nessuno al mondo. Si illuminava di una luce strana, e ti contagiava, senza controllo.

«Avete la scusa di venire a trovarmi a Busan, quando volete.»
Mi diede uno sbuffo sul naso, prima di voltarsi verso Namjoon. Mi rimisi a sedere in maniera più comoda, restando a guardarli entrambi. Restai un attimo da parte mentre li vedevo sorridersi, in silenzio, prima che Nam allungasse una mano per stringere quella di Minno, con un'espressione decisamente più contenta rispetto a quella maschera di cera di poco prima.
«E insegui i tuoi sogni invece di accontentarti di quei lavori, sei bravo e puoi farcela. È ora che ti metti un po' in gioco.»

Yoongi rimase a guardarlo senza dire più una parola, giusto un senso di accenno di uno che aveva deciso di mettere finalmente un punto alla sua vita e che ne stava per abbracciare una nuova. 

«Visto che siamo in vena di rivelazioni... anche io avrei una cosa da dirvi.»
Namjoon tirò su un sospiro, facendo uno stretching a rialzo con le braccia. 
Giuro che se avesse detto che sarebbe andato a vivere da Agnes lo avrei avvelenato con i miei cetriolini ancora intatti.

«Vi ricordate che vi ho detto che avevo delle cose in ballo di cui non volevo parlare per non portare sfiga?»
«Come dimenticare.» Sospirai io, di nuovo nella mia posizione da trincea. Ero già a terra morente, se Namjoon avesse tirato fuori l'ennesima bomba a mano sarei sicuramente deceduta all'istante. Così tenni il respiro, per agevolare quel processo di morte, in caso.

«Prima della fine dell'anno aprirò uno studio di registrazione tutto mio. Ovvio sarà minuscolo e purtroppo dovrò accontentarmi di lavoretti quasi gratuiti ma finalmente pare che la fortuna stia girando un po' dalla mia parte.»

Sgranai gli occhi totalmente sorpresa, tirandomi in avanti giusto per acchiappare un altro po' di gelato. Potevo ancora vivere, almeno.

«Uno studio tutto tuo? Davvero?»
«Sì, grazie ad un lavoraccio che ho fatto quest'estate ho conosciuto un signore che è stato rimasto sorpreso dalle mie doti. So pasticciare bene al computer e con i programmi me la cavo, specialmente con quelli in lingua straniera. Vuole diventare mio socio, a quanto pare lavora nel mondo della musica già da tempo, mi ha proposto un bell'affare e metterebbe più della metà dei soldi. Penso che non dovrei lasciarmi sfuggire quest'occasione, che dite?»
«Ma sei matto?!» Yoongi si calò addosso a lui, piantandogli una pacca sul braccio. «È una notizia grandiosa! Volevi metterti in proprio da una vita, certo  che la Dea bendata quando vuole prenderti di mira ti si lancia addosso senza vestiti, ahn?»

«Non ci posso credere, sto per piangere.» Ammisi io, stringendo le mani tra loro.
«Non piangere per carità, basta!» 
«Sei sicuro che sia un tipo a posto? Non è che vuole fregarti?» Continuai io, mettendo le mani davanti alla faccia come una persona molto sorpresa dalla mia stessa scemità mentale. «Non sarà uno di quelli che ha intenzione di usarti per rapinare una casa del gioco per poi lasciarti morire ucciso da uno dei suoi scagnozzi? O magari un venditore di organi?»
«Seo, ma perché?»
«Perché no, eh? Io mi preoccupo!»
«Tu la devi smettere di guardare la tv, promettimi che ti disintossichi da quei programmi come Korean Crime.»
«Non posso giurartelo, Minno.»
«Ragazzi il signor Bang Si-hyuk è un tipo a posto, ci ho parlato per mesi, mi ha mostrato il suo ufficio, ho conosciuto alcuni suoi vecchi collaboratori. Sono sicuro che andrà bene, in caso non andasse bene allora niente, me ne tirerò fuori senza venire ucciso e con tutti i miei organi dentro al corpo, lo prometto.»
«E se volesse usare la tua spietata intelligenza per cercare di creare un prototipo robotico virtuale?»

Nessuno dei due mi rispose più, mi guardarono come se fossi una persona tutta da compatire, prima di beccarmi un pat-pat in testa proprio da Namjoon, che mi spintonò poco dopo, sogghignando.

«Aaah accidenti ragazzi, chi si sposa, chi va a convivere, chi inizia una carriera in proprio, e io invece...»
«Tu cosa? Pensi che la tua vita non sia cambiata neanche un po'?»

Mi girai a guardare Yoongi con una faccia un po' stralunata. Non dissi più niente, mi limitai a fare spallucce, pensando che in fondo ad ognuno spetta il cambiamento di cui ha bisogno quando deve arrivare, non un attimo prima e non un attimo dopo.

Namjoon tirò su il deretano per andare a zompare verso il bancone della cucina. Fece un po' di casino, tanto che Monie lo seguì pensando che fosse già l'ora del pasto disseminato per il pavimento. Ora il mio cane poteva fare festa, in effetti, non c'era più Jin a tenere a bada le nostre scorte cibarie. Quel pensiero mi fece sprofondare di nuovo nello sconforto, così che m'affacciai guardando Namjoon tornare con una brocca di liquido aranciato e tre bicchieri. Doveva aver creato qualche miscela speciale.

«Come facciamo come Monie?» Chiesi, guardando Yoongi.
«Che vuoi dire?»
«Beh, ormai ti ama talmente tanto, Minno, che sarà un tormento lasciarvi separati.»
Namjoon guardò Yoongi con una smorfia mentre cominciava a versare il liquido nei bicchieri, passandoceli come un barman poco professionale. Sbrodolò più liquido sul tavolino che nei bicchieri, tanto che Yoongi borbottò qualche parola prima di rispondere.
«Ragazzi faremo un po' e un po', come farebbero una coppia di divorziati. Magari per un po' lo tengo io e per un po' starà da voi. Tanto passa tutto il tempo a dormire.»
«Stiamo divorziando davvero. La felice coppia sposata che si scioglie.» 

«Non c'è nessun divorzio, sarete sempre le mie mogli preferite.»
«Minno occhio a ciò che dici.» Lo minacciò Namjoon.

La cosa ci fece ridere con un sentore un po' meno spigliato del dovuto. Cominciai a bere quella sostanza liquida; era succo d'arancia, puro e semplice, nessuna parvenza alcolica. Forse era meglio così, anche se mi stavo rendendo conto che non avrei dovuto ingerire più niente che non fosse di natura solida per non dare al mio corpo il potere di lasciarmi espellere quella tristezza col pianto.

Ero felice ed ero triste insieme, tutto stava cambiando e io mi sentivo ancora in bilico, sul mio filo un po' sottile, ad aspettare che qualcosa arrivasse, una specie di svolta che mi avrebbe fatto capire che anche io, in un qualche modo, ero in un gradino più alto. Ero sicura che quel qualcosa fosse Jin ma, in realtà, forse erano tutti loro, con tutte le loro vicende, con le vite così diverse e così intersecate alla mia che, in un qualche modo, mi avevano aiutato a trovare il mio posto nel mondo. Con quella consapevolezza appoggiai il bicchiere sul tavolino, allungando entrambi le mani per afferrare quella dei miei amici. 

«Allora brindiamo con questo succo di frutta infelice la fine di un'epoca che è stata magnifica, dolorosa e anche un po' pornografica, come quando avete deciso di entrare nel bagno mentre mi stavo facendo la doccia, nel nostro primo buco casereccio.»
«Si gelava in quella casa e i vapori della doccia tenevano caldo!»
Si giustificò Yoongi, facendo spallucce.
«Sì ma potevate almeno aspettare che finissi!»
«Seo non hai niente che non abbiamo già visto.» Provò Namjoon, con la stessa sintonia di Yoongi. «Dai, ragazzi, è stato un periodo bellissimo e sappi che, per qualsiasi motivo, potrai tornare da noi quando vuoi, insieme a Jimin, senza Jimin, come e quando vuoi.» 
«Sì.» Rispose Yoongi con un sorriso più imbarazzato. «Sì lo so. Non c'è bisogno di dirlo.»

Sollevammo i bicchieri come veri cavalieri della tavola rotonda. Monie fece un abbaio, forse sentendosi un po' abbandonato da quel brindisi, zompettando di nuovo verso Yoongi con uno sculettamento permaloso.

«Once bitten, twice shy!»

Namjoon riprese parola, inarcando appena un sopracciglio, pronto a guardarci da vero professore. 
«Cosa?» Dicemmo in combo sia io che Yoongi, avvalorando il fatto che, in inglese, non eravamo una cima come lui.
«Once bitten, twice shy. È
 un modo di dire, me lo ha detto Emily qualche giorno fa, parlando è uscito fuori e ...sapete non ci ho dato importanza sul momento, ma credo sia stata la perfetta sintesi della nostra vita.»
«E che cosa vuol dire?» Risposi io, guardandolo.
«Letteralmente? Ha diverse traduzioni in realtà, potrebbe essere: "il gatto scottato teme l'acqua fredda", è una metafora di vita. Quando una persona soffre molto per la prima volta, la seconda fa molta più attenzione, pensi che tutte le acque siano bollenti e ustionanti e infili la mano lentamente.»
Rimasi in silenzio, corrugando appena la fronte. 
«E si può applicare ad ogni evento della vita. Mi fa piacere constatare che noi siamo così pazzi da non lasciarci frenare dagli ostacoli che ci hanno sempre impedito di fare quello che sognavamo, o sentivamo.»
«Che grande saggezza, Nam.» Biascicò Minno.

Chiusi gli occhi per un secondo. 
Era un buon modo per vedere le cose che ci erano successe, eravamo davvero pazzi da ritentare, tutti quanti, con la stessa paura di farci molto più male della prima volta ma in fondo, il passato è passato il dolore, alla fine, se ne va sempre.
Sorrisi, ritornando a guardarli entrambi. Presi il mio bicchiere d'aranciata, senza vergogna, alzandolo come un calice prelibato, di nuovo.

«Alla nostra rinnovata felicità!»
Pigolai io, mentre gli altri restarono un secondo a guardarmi.
Era davvero inquietante come riuscissero a fare la stessa espressione, quando dovevano guardarmi in quel modo.
«Insomma...non siete felici, ora, finalmente?»

Poi si guardarono loro, andando ognuno a bere una sorsata prima di sorridere, entrambi.
«.» Rispose prima Yoongi, annuendo con più convinzione. Avevo ancora una mano libera e l'avevo lasciata, inconsapevolmente, stretta alla sua, così gliela strinsi appena. «Sì sono felice, ora.»
«Anche io.» Rispose Namjoon, seguendo a ruota l'altro. «Le cose stanno andando per il verso giusto e sono ottimista, non ho niente per cui lamentarmi.»

Sorrisi anche io davanti a quelle frasi.
Alle volte il tempo, oltre che essere un grande nemico, poteva essere un alleato. Aveva prolungato le nostre sofferenze, ci aveva fatto scontrare con delle realtà pessime, senza pace, ma alla fine ci aveva dato modo di metabolizzare tutti i nostri pensieri. Col tempo le cose si erano sistemate, c'erano le basi per cominciare una nuova strana avventura. La mia? Cominciava con un tizio che pensava di essere il più bello del mondo, potevo solo aspettarmi grandi cose da questo.

«E tu Seo?»
«Sì.» Risposi a Namjoon, sorridendo con più sentimento. «Sì, finalmente lo sono.»

Non ci dicemmo più una parola, non per quel  frangente.
Lasciammo la musica come unico sottofondo rumoroso al nostro sorseggiare e mangiare il gelato, era un connubio di sapori veramente disgustoso ma non potevo dire a Namjoon che era riuscito a fare un omicidio gustativo pur senza cucinare, sarebbe stato troppo. Ormai potevamo affidarci solo alla cucina l'uno dell'altra, dovevo stare zitta per buona convivenza.

Guardai un'ultima volta Yoongi, concentrandomi un po' sul suo volto, risalendo il suo profilo come una vera profiler, assaporandomi ancora un po' quel muso da gatto, sempre troppo ambiguo, sempre troppo enigmatico. Ero rimasta così imbambolata a guardarlo che sobbalzai non appena sentii il suo telefono squillare.

«Ahn, è Jimin! Quanto scommettete che mi dice che resta a dormire da Tae?»
«Scommetto le casse del tuo stereo.»
«Io il tuo cuscinone da Snorlax.»
«Era una domanda retorica, ragazzi.»
E mettendo fine alle nostre speranze si alzò, zompando a piedi nudi verso la sua stanza, rispondendo al telefono.

Mi soffermai a guardare il giornaletto che stavano sfogliando prima della mia venuta; era un catalogo di oggetti casalinghi di seconda mano, probabilmente avremmo dovuto affidarci a quello per le prossime spese future della casa, tanto che sospirai, andando a guardare Namjoon che si soffermò a sbirciarmi, facendomi giusto un sorriso.

«Credo che andrò a farmi una doccia, ho bisogno di levarmi di dosso questa giornata e cominciare a pensare che io e te ce la faremo pure senza di lui.»
«Vedrai che ci abitueremo, esattamente come ci siamo abituati a qualsiasi altra cosa che è successa.»
Annuii, un po' più convinta del solito.

Abituarmi. Sì era una cosa che potevo benissimo fare.

«Ah prima di andare. Ho trovato una cosa, qualche giorno fa-»
si tastò le tasche, con una faccia un po' pensierosa, tanto che si bloccò a metà del lavoro andando a guardare un punto indefinito. Non ero sicura che stesse cercando qualcosa di piccolo o qualcosa di grande, visto che si mise a tirare su i vari sottobicchieri, tazze, brocca dal tavolino, persino qualche cuscino. «Ah sì!»

Alla fine ritornò nelle tasche, ma quelle della camicia che indossava. E tirò fuori una cosa che non seppi identificare subito, sembrava una specie di pianta morta schiacciata da settemila piedi, travolta dalle acque fognarie.

«Stavo spostando il divano per provare a fare meditazione, sì lo so non guardarmi così era un esperimento, e ho trovato questo sotto il divano. All'inizio stavo per buttarlo, quando mi sono accorto di una cosa.» 
Lo rigirò tra le dita. Ancora non capivo di cosa si trattasse, poteva essere un amalgamanazione di cibo ormai essiccato o addirittura un insetto morto.
«Sai cos'è? La rosa che ti ha dato Jin, ti ricordi? Alla festa di Hoseok.»

Sgranai appena gli occhi.
Non sembrava più una rosa, ovviamente, ma guardandola bene potevo notare una certa somiglianza. Era rimasto solo un petalo, completamente acerbo e mummificato sopra uno stelo secchissimo. Non era nemmeno più rossa ma color catrame, tanto che la presi con una certa premura dalle sue dita, ripercorrendo come una disperata quel periodo. Quella sera era stata così piena di emozioni che non sarei riuscita a rimuoverla per niente al mondo. La rivelazione di Yoongi, il litigio tra Tae e Yurim, tutto quel massacro tra di noi, Jimin con il suo miracoloso video nostalgico ...e Jin, che mi aveva torturato con la gelosia, per poi piombare in casa mia e quasi suggellare tutto quello che provavamo.

L'effetto succo all'arancia stava per fare di nuovo effetto ma riuscii a coinvolgere un colpo di tosse fasullo per eliminare il pianto precoce.

«Probabilmente è diventata tossica.»
«Sì!» Namjoon si mise a ridere divertito, scuotendo il capo scuro. «Sì probabile, ma ho pensato che sarebbe stato carino conservarla nella tua scatola delle cose mai successe. Ci ho spruzzato sopra della lacca, sperando di mantenerla un po' viva ma ... non so, è quasi inquietante così.»
«Sì un po'.» Sorrisi, tenendola sul palmo, ritrovando i suoi occhi scuri. «Grazie Nam, in effetti sarebbe un'ott»

Mi bloccai per un secondo, guardandolo stranita.
Come faceva a sapere della mia scatola delle cose mai successe? 
Su quello ero sicura al millemila per cento che nessuno sapesse, solo io e Jin, tanto che avevamo persino fatto un patto di maledizione reciproca in caso fosse uscito il discorso.

«Nam, come diavolo lo sai? Della scatola?»
Lui fece un sorriso un po' imbarazzato, labbra piatte e sguardo sgranato di chi era stato appena colto in fallo. Lui era la persona più intelligente che conoscevo, eppure si faceva sempre fregare dalla sua più letale minaccia, la distrazione. Mi allungai su di lui un po' malefica, visto che si era pietrificato.

«Non fingere di fare la statua con me.»
«Forse ...mi odierai un pochino per ciò che ho fatto ma giuro che sono stato obbligato, Jin mi ha detto di non prenderle tutte ma Yoongi si stava sbellicando dalle risate così tanto che-»

Io avevo perso l'uso della parola. 
Cosa avevano fatto?
Chiusi le dita intorno alla mia rosa ormai defunta, guardandolo malissimo.

«Che cosa avete confabulato?»
«Vai in camera tua e lo scoprirai. Però giurami di non uccidermi, sappi che io e Minno siamo vittime indirette.»

Stavo per alzarmi, con lentezza, alla fine quel succo di frutta mi aveva  stordito ugualmente. O forse erano state le mille lacrime sprecate durante la giornata. O forse era il fatto che Jin aveva combinato qualcosa di segreto che non mi aspettavo minimamente, tanto  che il mio cuore prese a tamburellare fortissimo.
Prima di prendere il controllo del mio corpo, però, Namjoon si avvicinò a me. Per un secondo mi bloccai, trovando il suo viso vicinissimo al mio, ma le sue labbra deviarono verso la mia guancia, dandomi un bacio soffice sulla guancia.

Rimasi di stucco per un secondo, ma simulai una finta non reazione esterna - dentro stavo un po' avendo dei veri scompensi - tanto che lo spintonai con una risata un po' troppo fasulla. Ma lui rise per davvero, stringendo lo sguardo, sussurrandomi una cosa a bassa voce.

«Ti piacerà, davvero. E in caso sarà poi troppo ...ecco io sono qui.»

Namjoon era sempre stato bravo a controllare le mie emozioni. Ma non solo le mie, quelle di tutti quanti, sembrava davvero essere nato per prendere le redini di un eventuale collasso. Quante volte aveva trattenuto le cose dentro solo per farci sapere che, come una roccia, lui sarebbe stato lì a sostenerci? Era davvero un ottimo leader e, se avessi dovuto scegliere qualcuno per assestare un po' i nostri cervelli, avrei sicuramente scelto lui. 
In fondo, se non fosse stato per la sua mirabolante guida da nascar, probabilmente io avrei avuto molto più per cui piangere, quel giorno.

Gli feci un sorriso velocissimo prima di alzarmi in fretta. Mi lasciai andare ad un gesto più affettuoso anche io, allungando la mano per dargli una leggera carezza sulla guancia, guardandolo. Non dissi niente, mi limitai a quel contatto silenzioso, sperando che cogliesse che lì dentro c'era molto più di quello che avrei potuto dire con le parole. Quando ripresi un po' il controllo andai subito verso la mia stanza con un po' timore ad aprire la porta, sapevo che avrei trovato qualcosa di molto "alla Jin", non so cosa gli aveva detto di fare, non riuscivo a immaginarlo ma, allo stesso tempo, avevo timore a scoprirlo. Significava che mi sarei dovuta accontentare di quello, per mesi infiniti, senza avere la possibilità di correre da lui e stritolarlo, di persona. Dovevo accontentarmi di un messaggio lampeggiante sullo schermo del telefono.

Presi un respiro profondo e aprii la porta.




Quello scemo di Jin me l'aveva proprio fatta. 
Sulle pareti di camera mia erano state appese tutte le foto che ci eravamo fatti nei nostri lunghi e imbarazzanti anni d'amicizia. Alcune di quelle nemmeno me le ricordavo, sicuramente il maledetto le aveva conservate per convenienza di minaccia da parte sua. Rimasi imbambolata a guardare le mie pareti, non sapendo bene da che parte guardare, su quale ricordo immergermi.
Oltre la nostra testimonianza come Elfi di Babbo Natale, la foto al True Love, noi col gruppo di signore del decoupage davanti ad una trafila di ceramiche, c'erano tutte le cose più stupide conservate dall'inizio, quello che sarebbe diventato così maledettamente importante, per entrambi.

E così mi crogiolai nei ricordi più disparati, riguardandoci vestiti da pirati ad una festa per bambini, lui intento a sorridere alla telecamera mentre io stavo morendo davanti al gabinetto di casa mia dopo chissà quale sbronza; una combo mortale di maschere idratanti per la faccia dal colore rosa a forma di maiale, sopra un paio di pigiami di dubbia fattura;  lui con una retina per capelli che provava i bigodini dal parrucchiere; io caduta dentro una pozzanghera in mezzo ad una folla di gente durante durante la Festa dei Genitori; lui con i miei genitori ad un karaoke casereccio mentre impersonificavano i Beatles; io con sua madre che per poco non sveniva davanti alla mia torta di riso bruciata. Non c'eravamo solo noi, in qualche foto era presente anche Jimin, o Namjoon, in altre Yurim o Tae. Solo in una eravamo tutti, addirittura con Emily, durante una cena messicana: io Yurim e Yoongi stavamo ballando come dei crostacei, davanti alle facce schifate dei poveri lavoratori. 

Ogni cosa mi ritornò prepotente in testa, come una ricarica di memoria improvvisa, tanto che feci una fatica immane a non finire di disidratarmi del tutto. Non riguardavo quelle foto da una vita, quello scemo doveva aver deciso di piazzarmele davanti alla faccia per non dimenticarmi come tutto era nato, magari in silenzio, senza che ce ne accorgessimo, scivolando sottopelle per poi avvolgerci completamente. Era così totalizzante che per poco non mi ficcai nel letto per fare la teenager della situazione, morendo di nostalgia, ma girandomi e indagando altre prove notai che c'era qualcosa che non avevo notato.
Qualcuno aveva lasciato un foglio sul mio computer insieme ad una chiavetta usb. La calligrafia era di Yoongi e diceva "sono stato costretto, ma sappi che è merito mio, è tutto nella chiavetta". 

Ebbi un po' di timore.
La prima immagine che mi venne in mente fu un porno amatoriale, tanto che rimasi imbambolata sul da farsi. Ero ancora scossa dal fatto che ero circondata da tutti i miei ricordi più scemi con Jin, non ero pronta a vederlo fare uno spogliarello mentre faceva ondeggiare una corda sopra la testa.

Mi levai dalla mia testa quell'immagine di Jin un po' da "old town" e decisi di non stare troppo a pensare su cosa avrei visto e vederlo, senza esitazioni.
Infilai la chiavetta nel computer e lo accesi. Dopo pochi smanacciamenti trovai il file, era l'unico salvato lì sopra, evidentemente doveva avere il podio primario.
Era un file video, non durava molto ma abbastanza per poter essere benissimo uno spogliarello a tutti gli effetti.
Mi preparai a quella pazzia visiva e schiacciai play, aspettandomi di tutto.


«Minno-ssi stai registrando?»
«Sì, sì sta registrando da venti secondi, smettila di torturarti i capelli!»
«Telespettatori, salve  salve, qui è Pornessian Parrabio che vi parla. Sono qui per presentarvi il grande, meraviglioso specialissimoooo Jiiiin, cutie guy, cutie guy!»
«Pornessian Parra-cosa?» Squittì Jin, guardandolo male «Mamma mia, ti prego, già sono nervoso. Lo sa già che sono fantastico tra l'altro non c'era bisogno di-»
«E modesto, aggiungerei. Umile e galantuomo!» Continuò Namjoon.
«Umile, proprio.» Yoongi da dietro la telecamera.


Jin era a mezzo busto, indossava una maglietta a righe blu e bianche, la pelle baciata da un sole splendente e alle spalle il mare di Busan. C'era un po' di casino alle sue spalle, potevo vedere Taheyung e Jungkook che stavano facendo qualcosa di strano e incapibile, forse tentavano di imitare i bagnini di Baywatch, perché continuavano ad andare verso l'acqua e poi tornare indietro. Jimin era immerso in una costruzione edilizia con la sabbia, Hoseok stava trascinando un salvagente a ciambella lungo la riva, sopra la testa, come una corona. Lo potevo riconoscere dal fatto che indossava un costume giallissimo che rifletteva il sole; era proprio una luce vivente. 

«Ciao Seo, sono io, Jinnie, sai no?»

E come no.

«Ti abbiamo mandato a prendere da mangiare insieme a Emily e Yurim e, se tutto va bene, ci metterai almeno venti minuti visto che non sai mai scegliere tra i frutti di mare e le fettine di pollo, quindi-»

Dal nulla, o almeno dai suoi piedi, tirò fuori una piccola chitarrina, era un ukulele di un bel marrone chiaro, lo stesso che aveva portato la nostra seconda giornata in spiaggia, il motivo per cui aveva portato una valigia più grande di lui, la custodia di quell'oggetto era enorme.

«Ti ricordi, durante una delle nostre lezioni di danza, fallita miseramente, mi hai chiesto se avrei più cantato per te. In realtà non mi reputo così bravo, quella famosa sera è stata un caso ma ci ho pensato tanto e mi sono fatto aiutare da Yoongi a scrivere una cosa. Per te.»

Ebbi un sussulto al cuore, tanto che feci fatica a deglutire.

«Non mettermi in mezzo!» brontolò Yoongi. «Che se fa schifo se la prende con me.»
«Ah, visto che Minno non vede l'ora che canto allora, ecco qua. In caso non ti piaccia puoi sempre citare per danni Yoongi, ha tutti i crediti.»
E fece una risata. La sua solita risata, quella da asmatico morente, e lì non riuscii più a resistere, ripresi a piangere come una cretina, sentendo gli occhi bruciare.

Maledetta me che accetto i succhi di frutta!

Strimpellò qualche nota alle corde dell'ukulele prima di cominciare a cantare una canzone. Una canzone sconosciuta, ovviamente, ma la sua voce era talmente intonata e melodiosa che mi sembrò di sentire qualcosa che non poteva essere stata creata da lui. Non era una canzone d'amore e questo provocò tutta la rottura dei miei tubi lacrimali, tanto che dovetti affondare la testa contro la tastiera per cercare di smettere.

Parlava di un viaggiatore disperso, che non trovava la via di casa, un'ombra lo seguiva e lui continuava a scappare, per non farsi trovare. Ma l'ombra non era cattiva, era solo un'ombra, e voleva ricongiungersi al viaggiatore disperso per portarlo al sicuro. 

Parlava di questo, le sue parole, la sua voce che riusciva a entrarmi dentro e scombussolarmi in maniera malsana e completamente irrazionale. Vidi, dietro di lui, gli altri che presero a guardarlo e a battere le mani  a tempo. Se lo avessi visto dal vivo, fare una cosa del genere, forse lo avrei preso un po' in giro. Era decisamente una cosa romantica, eppure in quel momento ne avevo bisogno, in una maniera così assurda da non crederci nemmeno io. Volevo avere il lato di Jin che avevo imparato ad amare così tanto. E più lui cantava, armonizzando la sua voce con delle note più alte, chiudendo gli occhi e vederlo diventare rosso davanti ad alcune frasi, più io riuscivo a capire perché ero riuscita a combattere per lui.

Lui, la mia più grande salvezza.

Mi asciugai le lacrime velocemente, aveva smesso di cantare facendo alleggerire la voce fino a farla sparire del tutto, mentre guardava di lato per cercare di scorgermi, probabilmente. Forse stavo tornando insieme alle altre, perché si affrettò ad avvicinarsi alla telecamera, sghignazzando imbarazzato.

«Questa te la  farò vedere quando sarò molto lontano, così non potrai riempirmi di insulti su quanto sembro un idol e cose varie. Ringrazio Yoongi per essere stato un regista ...più o meno capace, anche se ora si è commosso anche lui Seo, sappilo.»
«Ma che commosso, smettilaaa!»
«Un ringraziamento al presentatore del programma che non è mai stato richiesto.»


Apparve pure Namjoon, salutandomi dalla telecamera.

«Un grazie per il mio pubblico, sono qui per voi.» Alzò pur le braccia, salutando chissà chi poi.
«Ecco sì, ora vattene che è il mio video d'addio, lo stiamo rovinando.» Jin lo spintonò via.
«Aaaah Jinnie-ssi, ma che fai i provini per le audizioni di canto?»
Jimin gli si accollò dietro le spalle, saltandogli in groppa.
Si era avvicinato insieme agli altri.
«Lasciami daaa-»
«Oh anche noi!» Jungkook tirò in avanti Taehyung, correndo verso la telecamera, ficcando nasi e labbra su quello che pensavo fosse il telefono di Jin stesso. «Benvenuti nell'audizione speciale di Busan, numero 7, siamo qui riuniti oggi-»
«Oh è un video di saluti?» Hoseok era sbucato, con il salvagente incastrato nei fianchi e l'aria abbronzata. Diventava subito scuro sotto il sole. «Ciao mamma e papà di Jiiiin!»
«Non è per i miei genitori, aaaaish ma perché state qui, vi togliete? È
 il mio momento!»
«Jin non ti sembra troppo presto per fare testamento?» Jungkook lo spintonò fuori dall'inquadratura, tanto che rimasero Jimin e lui a guardare la telecamera, mentre si mettevano a posto i capelli.
«Ragazzi è il mio video dannazione - Minno poi taglia tutto.»
«Secondo me se lo vede tutto le piace di più!»
«Ed eccoci qui al gran finale: Seo, grazie per essere stata in linea con noi stasera, purtroppo il nostro Bread Ginnie non è per niente capace di fare un finale fatto bene quindi.»
«No no Nam levati, saluto io -»
vidi Jin ritornare alla postazione, spodestando tutti quanti, mentre si faceva bello e sorrideva, dando un bacio allo schermo. «Chiudo prima che questi debosciati rovinino tutto, vedo che stai per arrivare insieme alle altre» si fermò per un secondo, a guardare altrove

a guardare me, che arrivavo dal chiosco, me lo ricordavo bene.
Lo vidi sorridere in una maniera così dolce che ebbe un sussulto, tanto che restai imbambolata a guardarlo.

«alla fine hai preso i frutti di mare. Io lo sapeeevo, ti conosco troppo bene. Sappi che finiranno tutti nel mio stomaco. Tra l'altro sei bellissima ogg-»
«Jin ora chiudo 'sto coso, come messaggiatore d'amore fai schifo! Se continui ti becca!» 

S'interrompe così, con Yoongi che rivolta il telefono verso la sua faccia e blocca la registrazione. Tutto il casino s'interrompe di colpo, lasciandomi ancora un po' frastornata e incredula, davanti allo schermo ritornato nero, con il tasto riavvolgi in bella vista, al centro. Ci cliccai sopra con la freccia, lo riavvolsi, per riguardarmi quelle immagini ancora una volta. E un'altra volta ancora. 

Ancora una.

Potevo sembrare una pazza maniaca, in effetti, ma di certo quella piccola scenetta era stata meglio di qualsiasi spogliarello avesse mai potuto fare Jin davanti alla telecamera. Quel giorno me lo ricordavo bene, non avevo notato nulla, eravamo ritornate con dei sacchetti pieni di cibo d'asporto ma io avevo già cominciato a spilucchiare i miei frutti di mare, non riuscendo a resistere all'odore. Jin mi era corso incontro e mi aveva rubato la vaschetta, mangiandosi quasi tutto quanto. Lo avevo maledetto fino a sera, per quello, ma quella era stata una prova inconfutabile di quanto lo amassi: nessuno mi poteva rubare il cibo, sarei riuscita a diventare un'omicida seriamente, per quello.

Avevo richiuso la porta di camera mia, ma mi voltai per osservarla, sentendo Namjoon e Yoongi parlottare dalla sala. Probabilmente avevano sentito ogni cosa, ma non mi stavano prendendo in giro. Avrei voluto dirgli che avevano fatto un ottimo lavoro per permettere a Jin di farmi quella sorpresa, anche se forse non eravamo proprio in grado di fare una video-dedica seria, ma non potevo lamentarmi. Avevo amato tutto quello, erano così loro, senza filtri, senza copione.

Con ancora addosso la voce di Jin mi gettai nel letto, avevo deciso che la doccia me la sarei fatta la mattina dopo, ora volevo solamente annegare un po' in quei pensieri, sorridere davanti alle foto appese, ripensare al suo volto, alle sue braccia, alle sue labbra. Era davvero assurdo che quell'estate, iniziata come una vera e propria tortura per la mia persona, alla fine era riuscita a formare una linea dritta e lineare, lasciandoci ancora in equilibrio, tutti quanti. 

Once bitten, twice shy.

Ripensando ai miei migliori amici non potevo fare altro che essere fiera e orgogliosa di loro. Eravamo davvero delle persone coraggiose e, attraverso i problemi degli altri, avevamo imparato davvero cosa significava combattere per qualcosa.

Ripensai a Yurim, che riuscivo a immaginare solamente insieme a Taehyung, che erano riusciti a vincere una delle battaglie più pericolose che una persona potesse mai affrontare. Ci sarebbe stato un matrimonio con miliardi di colombe e confetti, forse dei bambini o forse un cumulo di viaggi, intorno al mondo, con le loro menti ora piene di buoni propositi. Aveva sconfitto la grande D? Non lo potevo sapere con certezza, ma ero propensa ad essere più ottimista, quella volta.

Yoongi e Jimin, come due amici un po' scemi in pubblico, e come due amanti un po' scemi nel privato. Non si erano lasciati schiacciare dalla mentalità ottusa di certe persone, della società. Ci avevano sofferto entrambi, avevano avuto paura, ma alle volte la voglia di andare oltre non si controlla. Quando erano insieme sprigionavano un'energia talmente potente da farmi sentire quasi a disagio. Nel loro modo di guardarsi c'era tutto l'amore che non esprimevano a parole, ed era qualcosa di enorme. 

Jungkook, l'unico fra noi ancora acerbo di sofferenze relazionali, ma che si era sobbarcato le nostre senza essersi mai tirato indietro, una specie di manna curativa che cala sopra le ferite e le fa sanguinare un po' meno. Nonostante una futura vita all'insegna dell'alcolismo, ero sicura che Jungkook avrebbe fatto grandi esperienze, come si suol dire: le peggiori sofferenze arrivano dopo i venti anni, si sapeva. E poi aveva già un bel bagaglio psicologico pieno, grazie a noi.

Namjoon, una delle persone più forti e intelligenti che conoscevo, così fiero e orgoglioso, chiuso dietro quel sorriso di uno che ha accettato il proprio destino, che lo re-inventa, lo modella per farlo andare bene con i suoi sogni, non lasciandosi sopraffare dalle delusioni della vita,  dell'amore un po' balordo, sapendo che l'amore più grande è quello che provi per te stesso. Forse avrebbe fatto fortuna, un giorno, magari avrebbe lavorato con artisti famosi e avrebbe finalmente dato al suo cervello un po' di pace.

E poi Hoseok. Il mio caro Hoseok. Il mio primo vero amico, colui che conosceva tutto di me e che, camminando a testa alta e con un inguaribile ottimismo, era riuscito a trovare il suo destino in un piccolo caffè dell'Inghilterra, negli occhi di una ragazza dai capelli rossi e dal cuore enorme.  Aveva paura della differenza che c'era di loro ma, da bravo eroe della Saga, aveva mandato al diavolo la diversità facendo leva su tutto ciò che avevano in comune. Non era annegato dentro gli abissi dei suoi dubbi, aveva affrontato quel lento naufragio perché sì, insomma, lo sapevo, la sua Rose lo aveva salvato.

Quando arrivai a  pensare a Jin il mio cuore si sciolse.
Lui era sempre stato il mio tormento interiore. Gli dovevo più di quanto avrei mai potuto dimostrargli e, mentre chiudevo gli occhi con la testa sul cuscino, la musica che filtrava attraverso le pareti dal salotto, il suono della mia città notturna, immaginai il momento del suo ritorno, l'abbraccio stretto, le risate, correre a casa, e amarlo amarlo, amarlo davvero. Pensai, per la prima volta, ad un futuro reale, che sarebbe potuto essere. 
Ci saremmo sposati? Avremmo avuto anche noi una gang di bulli da crescere? Sarebbe venuto a vivere con me e Namjoon, finendo con l'essere lui la moglie perfetta? Sarebbe stato con me per sempre?

Forse. 
Non sarebbe stata solo una fantasia, nessuna sit-com, nessun film tragico.
Forse si sarebbe potuto avverare tutto, per una volta, sul serio.

Il telefono trillò improvvisamente: mi apparve un messaggio con una foto in allegato, da parte di Jin. C'era lui, seduto davanti ad un tavolino, vicino a quella che sembrava una banchina, intento a mangiare dei naengmyeon. Sorrideva, aveva gli occhi chiusi mentre mangiava e sotto c'era scritto solo:

"Mi manchi, ma sto mangiando, quindi ora sono un po' più contento."

Mi misi a ridere di getto. Gli risposi con una foto, allo stesso modo, davanti ad una delle nostre foto appese, così da fargli capire che il suo regalo era stato visto, apprezzato e già schedato.

Mi rispose con una faccia che rideva, imbarazzata, mentre aveva dei noodles che penzolavano dai denti. Gli uscii tutta sfocata, probabilmente si stava strozzando col cibo.

La mantenni, trasformandola nel mio sfondo del telefono, già conscia che sarebbe diventata una delle mie foto mai esistite.
Mi appurai che non fosse morto, nel frattempo. Per fortuna non era andato all'altro mondo per  colpa di un grumo di noodles.

Alla fine presi la frase di Namjoon, constatando che la mia acqua fredda era stata proprio Jin. L'avevo toccata lo stesso, con la paura di bruciacchiarmi, ma senza quelle ferite di guerra non sarebbe stato per niente lo stesso.

Sarebbe stato per sempre, per forza.
Essere ottimisti non era poi così male, in fondo.
Hoseok me lo aveva insegnato, Jin me lo aveva fatto credere.

Di nuovo afflosciata sul cuscino chiusi gli occhi, rendendomi conto di una cosa che mi fece sorridere di gusto. Non avevo più pensato a Minseong durante quei giorni. Il mio Guru accompagnatore di vita era stato eliminato senza che nemmeno me ne rendessi conto. Semplicemente lo avevo lasciato andare senza rendermene conto. Non c'era nemmeno Keisha. O Yoko, della fioreria. 

C'era solo Park Seoyun, ora, nella mia testa. 

Quella notte, finalmente, potevo riprendere il possesso di me.
Quella notte, finalmente, potevo davvero cominciare ad affrontare le mie paure.
Quella notte, finalmente, riuscii a  dormire.






















Angolo autore:

ma salve ragazzi <3 eccoci giunti al mio finale. Lo so, forse vi aspettavate di più, forse volevate cose più "woooo" ma niente, alla fine dalle mie mani è uscito questo capitolo e così è stato, non riesco mai a stravolgerli completamente, mi hanno sempre guidato loro. Ammetto, che ad un certo punto, questa storia l'ho un po' odiata.
Avevo in mente seimila finali diversi, seimila situazioni diverse e avevo davvero paura a  sceglierne una lineare per arrivare fino ad un punto finale.  Alle volte mi fermo e penso "acciderbola avrei dovuto scrivere quell'altra cosa che avevo in mente" ma niente, alla fine ha preso questa piega e bom. Forse ci sarà un epilogo con la skip time in avanti ( juliet mannaggia che mi metti ste idee ) o forse no xD  In fondo chi lo sa cosa succederà? Sarà un mistero forever. Intanto vi ringrazio, davvero, ma davvero di cuore. Se sono arrivata alla fine è per merito vostro, sappiatelo proprio, avrei già abbandonato la nave seimila anni fa.
Ringrazio voi, che mi avete messo nelle preferite, non so se avete piacere che vi nomino uno per uno ( fosse per me lo farei <3 ), spero che abbiate gradito la storia e che vi abbia rallegrato un po' in momenti di crisi ( oddio che poi rallegrato de che? Che ho messo un pianto ogni due secondi! )
Ringrazio chi mi ha messo nelle seguite, che non so se state in attesa di leggere o state leggendo ma in caso grazie perché significa comunque tanto, come non smetterò mai di ripetere.
Grazie a chi mi ha messo nelle ricordate e GRAZIE DI CUORE ESTREMO a chi ha perso del tempo per recensirmi ç:ç ( sia in fase di pubblicazione, chi dopo, chi sporadicamente e anche per chi lo farà magari in futuro - quanto sono ottimista xD ). Specialmente per bridgetvonbalanche, per xxxibgdrgn88, giunn ( che mi ha creato lo splendido banner che prima o poi mi stamperò <3 ), HeavenIsInYourEyes e Juliet8198 che mi segue dagli esordi (?) e mi ha recensito  TUTTI i capitoli, cioè ç_ç è amore per te dico davvero.
Non ve lo dico neanche, se avete tempo filate sui profili di queste giovincelle che ci sono storie fantastiche che hanno bisogno di gente che le legge <3
Ma in generale, davvero, specie questo fandom dove ho trovato davvero delle chicche meravigliose.
E niente, vi lascio ora che ho già parlato un fracchio ma fermatemiii. Spero a presto, con una nuova storia chissà, vi auguro una buona serata <3 



 
  
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