Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: alessiawriter    28/06/2020    0 recensioni
❁ Se solo potessimo
Per qualche strana ragione
Consumarci vicendevolmente
Non avrei alcun problema
A lasciarmi frantumare
Purché sia tu
Poi
A ricompormi ❁
In cui i BTS sono una gang ricercata e Yun Chang una semplice cameriera di una bakery.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Tu pensaci, okay? Non devi darmi una risposta nell'immediato. Prenditi il tuo tempo».

«Va bene» e stava per attaccare, tuttavia improvvisamente sentì di dover aggiungere: «Grazie per quello che fai per me».

Sentì un sospiro pesante dall'altro capo. «Farei di tutto, lo sai», sussurrò.

«Lo so, credimi», disse con la stessa tonalità lieve e bassa. «Ora devo andare. Ci sentiamo presto, Jimin».

Come chiuse la chiamata, strinse al petto il telefono e nascose il viso tra i capelli. Avvertiva il cuore scoppiare di felicità e avrebbe sicuramente gridato, se non fosse stata in un luogo pubblico. Si promise di conservare l'urlo di gioia per quando sarebbe arrivata a casa.

Si appoggiò alla panchina, sospirando di sollievo; ad un tratto le sembrò di essere più leggera, come se fosse su una nuvola. Aveva appena ricevuto una notizia che non solo le avrebbe sicuramente migliorato la giornata ma forse, con molta probabilità, avrebbe anche cambiato la sua vita. Non riusciva a smettere di sorridere.

Quell'incantesimo fu interrotto da un pallone, che rotolò fino alle sue gambe, dove si abbandonò arrestando il suo moto. Incuriosita, lo afferrò con entrambe le mani e si guardò intorno, cercando il legittimo proprietario. Vide correre verso di lei un bambino.

Gli sorrise, amichevole, porgendogli il pallone. «Tieni».

Il bambino strinse immediatamente al petto il suo gioco e la guardò scontroso. «Tu non puoi toccare il mio pallone», esclamò inviperito, mentre metteva il broncio.

Yun gli rivolse un'occhiata sorpresa e leggermente offesa da dietro gli occhiali. «Perché non posso?», domandò risentita. Okay, non era proprio maturo da parte sua litigare con un bambino, ma in sua difesa non aveva cominciato lei!

Il bambino assunse una faccia di chi la sa lunga, presuntuosamente. «Perché sei una femmina e io non voglio averci niente a che fare», disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

L'indignazione di Yun crebbe a dismisura. «Ah è così?», disse, alzandosi in piedi. Il bambino però le arrivava quasi al seno, il che diminuì notevolmente la sua già penosa autorità. «Non è che hai paura che possa essere più brava di te a calcio?», aggiunse, scompigliandogli i capelli.

Il bambino spostò in modo brusco la mano dal suo capo e le lanciò uno sguardo di fuoco. «Come se fosse possibile, nanetta». Quello era decisamente troppo.

C'è una cosa che è necessario che voi sappiate del passato di Yun. Fino ad un certo periodo della sua vita, primeggiava in qualsiasi sport. Che fosse pallavolo, tennis, tiro con l'arco e, soprattutto, calcio riusciva ad essere la migliore. Guardandola non si sarebbe mai detto, mingherlina com'era, eppure era capace di sfruttare questa sua caratteristica a suo vantaggio. Poi purtroppo era giunto anche per lei il momento di crescere e aveva dovuto lasciare da parte quelle inutili perdite di tempo.

Non che sperasse di diventare un atleta professionista, ma lo sport l'aiutava a scaricare quella montagna quotidiana di stress e tensione. E inoltre era una dolce distrazione. Perché nella vita non si ha mai spazio per i piaceri, ma per i doveri un posto lo si trova sempre?

Si sentiva leggermente arrugginita, ma non le sembrava di fare così schifo. Ricordava ancora diversi trucchetti che allora aveva appreso e riusciva addirittura a riprodurli con una certa nonchalance. Era l'unica nella sua famiglia che eccellesse così tanto nello sport piuttosto che nello studio, al contrario di sua sorella maggiore Hani. Questo fu uno dei tanti punti di rottura con la sua famiglia.

Iniziò a palleggiare da piede all'altro e ogni tanto sulla testa, sotto lo sguardo stupito del bambino, senza mai far cadere il pallone per terra, come se non avesse mai smesso di giocare a calcio.

Quando fermò il pallone, gli rivolse uno sorriso smagliante, nonostante il leggero affanno. «Non te lo aspettavi, eh?», lo prese in giro, beandosi della sua espressione. «Ti va di fare un paio di passaggi?».

Il bambino era ancora a bocca aperta, sembrava aver perso il dono della parola; annuì soltanto in modo piuttosto frettoloso.

Yun rise, soddisfatta di essere stata capace di ricredersi agli occhi di quel moccioso, ma allo stesso tempo di avere l'opportunità di poter toccare di nuovo il pallone; era passato davvero troppo tempo dall'ultima volta. «Allora mi devo preparare a dovere!», esclamò contenta, legando i capelli in una coda alta. Tolse la sciarpa e anche gli occhiali, perché non aveva voglia né tantomeno i soldi per comprarli di nuovo. Ora era pronta.

.:••:.

Yun si chiedeva perché Taehyung avesse cominciato a frequentare assiduamente la bakery in cui lavorava. Arrivava, si sedeva al suo solito tavolo e ordinava del tè, esigendo che fosse lei a servirlo ogni volta. Quella situazione andava avanti da un bel po', tanto che ormai lei e i suoi colleghi si erano adattati alla sua presenza.

Un giorno però Taehyung non si presentò, e così neanche quello dopo. Yun non era preoccupata, non troppo almeno, però era diverso senza di lui. Era come se il locale avesse perso un po' di luce e di vita e non si riusciva a spiegare la ragione. Anche i suoi colleghi le parevano più monotoni e banali.

Guardò il grande orologio, un enorme quadro appeso al muro i cui numeri erano diversi tipi di dolci, e sorrise quando si accorse che il suo turno stava per giungere al termine. Infatti erano sotto periodo natalizio, più precisamente l'ultimo giorno di lavoro prima delle meritate ferie.

Non che avesse in programma chissà quali strepitose vacanze, sia chiaro; il Natale non aveva più quello stesso fascino di quando era bambina e forse a dire il vero anche allora non ne aveva così tanto. Semplicemente, era diventata una abitudine.

Avrebbe come ogni anno aspettato degli auguri che in realtà non sarebbero mai arrivati, avrebbe pianto e spaccato accidentalmente qualche vaso, per poi finire sul divano a mangiare qualcosa di precotto mentre con tutta la frustrazione del mondo avrebbe accarezzato il suo gatto Imperatore, cavia preferita del suo turbamento.

Prospettiva allettante, pensò mentre pedalava verso casa, totalmente demoralizzata. L'abbraccio e il sorriso sincero del signor Lee al momento di salutarsi erano stati l'unica nota positiva di tutta la giornata.

«Buon Natale, ti auguro di trovare finalmente un po' di serenità» le aveva detto, stringendola. «Magari tra le braccia di quel giovane che viene ogni giorno a trovarti», aveva continuato, contornando il tutto con un occhiolino malizioso. Per Yun fu inevitabile arrossire, un capo non dovrebbe fare commenti del genere, santi numi!

A parte questo, era stato davvero dolce nei suoi confronti, come d'altronde si era sempre mostrato fino da subito. Era una delle poche persone a lei care ormai.

Stava per voltare l'angolo diretta verso casa, quando improvvisamente si ricordò di aver terminato il latte. Non poteva non comprarlo, come avrebbe fatto colazione? Era l'ingrediente principale - e anche unico - di quel pasto.

Dopo essersi assicurata che il suo veicolo a due ruote fosse perfettamente al sicuro da mani malandrine, si avviò dentro il mini market cercando di non fare caso a tutte le altre offerte. Ebbene sì, Yun era una di quelle persone che entrava per comprare un solo alimento e usciva con sacchi stracolmi di altro cibo meno quello che inizialmente le serviva.

Così mantenne la testa bassa, facendo leva su tutto il suo buon senso per non svaligiare il negozio, e la rialzò soltanto quando un corpicino la urtò improvvisamente.

«Fa più attenzione, nanetta!».

Yun sbatté un paio di volte le palpebre, prima di rendersi conto di chi avesse davanti. «Ma tu sei il bambino dell'altro giorno», esclamò sorpresa.

Il bambino rise, portandosi una mano dietro al collo. «Caspita, certo che sei perspicace», disse ironico, facendole poi la linguaccia.

Yun poggiò il palmo della mano contro la fronte, sbuffando. «Lo sai che non dovresti parlare così a persone più grandi di te?», gli chiese risentita.

Il bambino alzò le spalle, non curante delle sue parole. «Vuoi che ti chiami noona?», replicò beffardo.

Yun incrociò le braccia al petto. «Lo gradirei», esclamò risoluta. «Ma sei qui da solo? Dove sono i tuoi genitori?».

Il bambino spostò lo sguardo e arricciò le labbra. «Mio padre è un volontario del WWF mentre mia madre lavora nella NASA», la buttò lì, casualmente.

Il sopracciglio di Yun si sollevò, scettico. «Non si dicono le bugie», lo riprese bonaria con il tono dolce. Non sapeva che situazione ci fosse dietro, era meglio prenderlo con le pinze.

Il bambino puntò i suoi occhi verso di lei e aprì la bocca per risponderle, ma una voce allegra alle loro spalle destò entrambi. «Jun non dice bugie, modifica soltanto la realtà come di suo gradimento».

Yun aveva subito intuito il proprietario di quel particolare timbro; così, quando lo guardò in viso cercò di mascherare il più possibile il suo stupore. «È un altro modo per dire che mente», replicò, sorridendo nervosamente.

Taehyung la fissò alcuni istanti, prima di sorridere a sua volta. «Hyung, la smetti di fissare questa ragazza con quella faccia da ebete? Voglio andare a casa, tra poco inizia la partita», esordì insensibile Jun, afferrandogli una manica del maglione.

Gli occhi di Yun si accesero subito, ignorando volontariamente la prima parte del discorso. «Jeonbuk contro Jeju?».

Jun annuì complice, capendo il suo entusiasmo. «Esatto, si sfideranno le prime in classifica», spiegò e contemporaneamente tirò il ragazzo verso le casse del negozio.

Yun sospirò, strofinandosi i polsi. «Come mi piacerebbe vederla, ma purtroppo non ho l'abbonamento», si lasciò scappare, sbadata.

Taehyung piegò la testa di lato, mordendosi un labbro. «Puoi venire a vederla da noi, se vuoi», disse semplicemente.

Jun alzò gli occhi al cielo. «Qualsiasi cosa, purché si faccia in fretta», esclamò esasperato.

Non sapeva come comportarsi. Da un lato avrebbe voluto davvero accettare, ci teneva ad assistere a quella partita; dall'altro però l'idea di stare una serata insieme a Taehyung le metteva agitazione e nervosismo. Eppure, quando i suoi si posarono in quelli di lui, seppe con chiarezza la risposta.

 

  
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