Divieto
«Vincent Nightray. Non ti spiacerà
se ti rubo m io fratello, vero?»
Oz lo osservò confuso, ma
annuì istintivamente. Vide l’altro sorridere, un incurvarsi di labbra che non
sapeva definire con esattezza: se fosse di scherno – sembrava la cosa più probabile
– o semplicemente divertito, non era possibile dirlo.
Gilbert aveva inclinato
appena il capo indietro, pur non avendo realmente bisogno di guardare l’altro
per riconoscerlo. Assunse un’espressione indecifrabile: «Vince…?» chiamò, per
attirarne l’attenzione.
Vincent abbassò lo sguardo,
il sorriso sempre sulle labbra: «Gil, puoi venire con me?» disse, senza dare
ulteriori spiegazioni.
Oz – non ne era certo –
notò una sfumatura di panico, quasi, nello sguardo di Gilbert. La stessa
sfumatura che, qualunque cosa la causasse, lo aveva portato ad alzarsi con un
movimento appena frettoloso, quasi non volesse far aspettare troppo il minore.
«Sì, va bene, arrivo
subito.» mormorò, fissando l’altro che tornò con lo sguardo su Oz: «Piacere di
averti conosciuto, ci si vede per i corridoi.» disse con semplicità, avviandosi
alla porta con passo tranquillo, fermandosi poco oltre la sogli in attesa del
moro.
L’attenzione di Oz fu
riportata su Gilbert proprio da quest’ultimo: «Scusalo. Probabilmente avevo
promesso di aiutarlo in qualcosa e l’ho dimenticato.» buttò lì con un
sorrisetto appena impacciato. Oz annuì, l’incurvarsi di labbra più ampio e
allegro dell’amico: «Non scappi mica dalla scuola.» lo prese bonariamente in
giro.
Gilbert annuì
impercettibilmente, per poi avviarsi alla porta e raggiungere Vincent.
Oz li osservò allontanarsi
finché non sparirono dalla sua vista uscendo definitivamente dalla mensa; con
un sospiro leggero – e forse ancora mezzo assonnato – si alzò stiracchiandosi,
decidendosi ad uscire anche lui: per quanto fosse una fregatura, i compiti non
si facevano da soli.
Ed era meglio che li
consegnasse fatti, a Break. Sia mai che inventasse metodi di tortura, nel tempo
libero.
Dopo la prima settimana di
studi in quella scuola, pur dovendo ancora incrociare uno o due docenti del suo
corso a causa di un paio di lezioni saltate, Oz era certo di una cosa:
all’ottima preparazione dei docenti, lì, si accostava una follia dilagante.
Passi per il professor
Xerxes, che faceva lezione con una marionetta sulla spalla, tirava gessi con il
preciso intento di prenderti in pieno e insinuava sottilmente dalla cosa
più banale alla più infame delle calunnie.
Gli uomini cinici, al
mondo, esistono; così si era detto Oz.
Passi per un uomo dal
sorriso gentile e il temperamento costantemente allegro come il professor
Coleman: certo, cantava che il ponte di Londra cadeva affondando con la stessa
allegria di un bambino a cui piazzano davanti le caramelle, ma in fondo non era
male. Almeno insegnava senza traumatizzarti l’esistenza – se escludiamo,
appunto, la “canzoncina del buongiorno”, come l’aveva chiamata Noah.
E sì, c’era Daniel Wayne,
che se avesse potuto avrebbe volentieri dato fuoco a tutti loro ogni volta che
volava un fiato fuori posto – di solito, aveva comunque notato Oz, si
arrabbiava quando erano apprezzamenti nei suoi confronti. Chissà perché, poi.
Il povero Reim Lunettes
sembrava un uomo costretto a lavorare là dentro perché – era l’unica
spiegazione – nella vita precedente doveva aver accumulato una quantità tale di
peccati che glieli facevano scontare tutti ora e con gli interessi. In effetti,
il docente di Letteratura era sicuramente il più normale ed incline alla
professione di insegnante. Non odiava gli studenti, non minacciava di
scioglierli con l’acido – non che fosse accaduto, ma ormai Oz si aspettava di
tutto – ed era cortese ogni volta che un alunno aveva una difficoltà.
Di Charlotte Baskerville,
poteva dire poco: era arrivato con un abbondante se non catastrofico ritardo
alla sua lezione e il loro massimo dialogo era stato un “mi scusi il ritardo”,
la cui frase di risposta era stata un “prego, si accomodi pure in biblioteca e
alla prossima lezione”.
Forse giusto la nota di
follia nel suo canticchiarlo era un po’ parsa strana; ma almeno non gli aveva
tirato nulla, né fatto intendere che in un momento di noia vivisezionarlo
sarebbe stato un dilettevole passatempo.
Fatte queste premesse, era
impossibile preoccuparsi davvero di un'ennesima lezione, benché non conoscesse
ancora il docente di Storia; anche per questo ora si avviava in aula, insieme a
Noah e Alice, l'aria ancora un po' assonnata e tipica di chi fa le stesse cose
ogni giorno, seguendo la sua abituale routine.
Occhieggiò Alice - che
ancora mangiucchiava un toast sopravvissuto alla colazione in mensa - senza
farsi notare: non le aveva parlato del breve incontro con Vincent Nightray, e a
quanto pareva nemmeno il più grande ne aveva fatto parola. Lo aveva dedotto dal
fatto che la castana era tranquilla e non aveva accennato a nessuno dei cugini
per tutta la settimana.
A distrarlo fu una pacca
leggera di Noah, sul quale spostò lo sguardo chiaro, vedendolo fargli
l'occhiolino con un leggero cenno del capo ad Alice; Oz non capì esattamente
cosa quello sguardo dovesse significare, ma non aveva senso chiedere
spiegazioni ora, per di più incuriosendo la moretta.
«Allora, la prima settimana
è stata troppo traumatica?» lo interrogò l'amico, osservandolo. Oz scosse la
testa: «No, anzi. Solo sembrava...»
«Un posto più serio.»
concluse Noah per lui, ridacchiando: «Lo so, è questo il bello.» aggiunse.
Alice, al loro fianco, fece
schioccare le labbra con fare infastidito; entrambi la osservarono incuriositi.
«E' solo pieno di idioti.»
sbuffò, Noah che cercava di non scoppiare a ridere, Oz che lo imitava. Era
stato fin troppo chiaro che Alice odiasse a morte il professor Xerxes e che lui
trovasse nel prenderla in giro un divertimento intrinseco del quale non poteva
fare a meno.
In effetti, ad essere
proprio sinceri, Oz si chiedeva ancora se ci fosse un docente con il quale
Alice andasse un minimo d'accordo. Al momento solo Coleman sembrava avvicinarsi
a tale privilegio.
Quando furono in aula,
presero posto in quelli che ormai erano i posti fissi: Noah e Oz, come sempre,
tendevano ad occupare insieme un banco della fila centrale. E spesso era verso
gli ultimi - si dormiva meglio, e sì. Noah Keynes passava molto tempo a
dormire.
Alice invece sedeva sempre
vicino alla stessa ragazza, che inizialmente Oz non aveva notato: alta quanto
Alice, c'era qualcosa che gliela ricordava in qualche modo, anche se non era
una somiglianza eccessiva come quella di due sorelle.
Noah aveva sopperito alla
sua mancanza di informazioni - cosa che ormai sembrava essere la sua
occupazione principale: gli aveva detto che si trattava di uno dei servitori di
casa Nightray, di Vincent per essere precisi. Noah non aveva ancora capito se
le sedeva accanto perché era una delle poche della casata con cui Alice andasse
d'accordo, o se lo faceva perché dovesse tenerla d'occhio per conto della
famiglia.
Oz era rimasto perplesso:
non capiva perché mai i cugini o gli zii dovessero tenere d'occhio Alice.
Certamente la compagna era un po' impulsiva - e manesca - ma non cattiva, di
questo il biondo era certo.
«Oz» lo chiamò Noah,
attirando la sua attenzione e distogliendolo dalle sue considerazioni: «se vuoi
un consiglio, per le prossime due ore cuciamoci la bocca.» avvisò con una
risatina nervosa. E detto da Noah, di seguire una lezione, rasentava il
ridicolo.
Oz comunque annuì incerto:
«Il professore è così severo?»
«Abbastanza, ma più che di
lui devi preoccuparti della professoressa di Musica e Arte. Sono fratello e
sorella, e ti assicuro che lei te le fa scontare una per una.» disse annuendo
convinto - e risultando un po' buffo, in verità.
Non ci era voluto molto
perché il docente entrasse in aula.
Oz, benché lo vedesse per
la seconda volta, rimase nuovamente colpito dal suo aspetto - e, se solo non
fosse stato un ragazzo, avrebbe capito del tutto il perché dell'esistenza del
suo fan club.
Non erano solo i capelli
lunghi e lisci, di un rosso particolarmente scuro e lasciati per di più sciolti
ad attirare l'attenzione. Né gli occhi di un castano-rossiccio non ben definito
che si posavano fissi e penetranti su qualsiasi cosa, pur mantenendo
un'espressione di freddo distacco - forse era uno dei punti che lo rendeva
affascinante?
Oz supponeva che ciò che
attirasse di più l'attenzione, nel docente di Storia, fosse il portamento: di
connaturata eleganza, stava dritto guardando sempre avanti a sé, a testa alta.
Lasciava trasparire una certa arroganza e l'assoluta convinzione che non ci
fosse nulla che potesse davvero interessarlo. Indossava, per di più, abiti
diversi da quelli che aveva visto indossare a Break e Reim, e che Oz aveva
inizialmente creduto la divisa per i docenti.
Convinzione venuta meno
quando aveva visto Daniel Wayne con abiti tutti suoi, Alexis Coleman vestire di
bianco come gli studenti, o con colori piuttosto chiari che con la divisa nera
non c'entravano nulla.
Rufus Barma, aveva abiti
che ricordavano ad Oz ambienti di festa o di alta società, comunque. Di
sicuro, fasciavano il corpo del docente
rendendolo attraente alla popolazione femminile.
Oz aveva supposto che si
trattasse di un uomo serio e che non amava perdere troppo tempo, ed
effettivamente la sua ipotesi era stata confermata: si era infatti seduto
dietro la cattedra prendendo il registro e facendo l'appello.
Non era stato un elencare
dei nomi frettoloso, ma con il giusto tempo perché ogni studente potesse
rispondere: finito con quello, aveva domandato ad Oz a quale punto del
programma di storia fosse arrivato con i suoi precedenti studi.
Il biondo aveva scoperto di
essere indietro di un paio di decenni, non di più e Barma aveva semplicemente
pronunciato un: «In tal caso questo pomeriggio lei sarà impegnato con me, alle
quattro in quest’aula.» dopo il quale non aveva aspettato repliche - segno che
non aveva scelta, il biondo, oltre l’eseguire.
La prima immagine che aveva
avuto di Rufus Barma in mensa, era stata quella di un uomo con ben poca pazienza:
immagine che durante la lezione non poteva essere più smentita.
Il docente, infatti, aveva
tenuto la lezione con il completo silenzio degli studenti; la sua pecca era che
sembrava annoiarsi a morte di trattare qualsiasi avvenimento o periodo storico,
e trasmetteva quella flemma anche a loro.
Così accadeva che uno
studente, perplesso da alcuni punti, gli si rivolgesse con un: «Professore, ma
la rivolta che scatenò la guerra e fu dimenticata, come si concluse?»
Rufus Barma, che trovava
più interessante e divertente picchiettare con la matita sulla cattedra
piuttosto che spiegargli l'intera rivolta, osservava in maniera distaccata il
povero alunno di turno e il massimo della sua risposta era un'unica parola.
«...strage.» diceva. E non
seguiva altro, se non la voce di un alunno incaricato di leggere dal libro
l'argomento del giorno.
Comunque, pensava Oz, non
era male.
Alla fine delle normali ore
di lezione, l'unica docente che non aveva ancora conosciuto era la sorella di
Rufus Barma; a mensa aveva chiesto qualche chiarimento a Noah, che ormai
sembrava aver dimenticato il suo proposito di fargli conoscere tutti i docenti
solo durante le ore di lezione.
O magari si era stancato di
fare il misterioso - e delle pressanti domande del biondo, che sapeva essere una
piaga se voleva. E senza nemmeno impegnarsi troppo.
Oz sperava soltanto che non
stesse facendo un'eccezione per questa donna solo per la sua presunta
pericolosità: la cosa poteva, in quel caso, rivelarsi inquietante.
«Hai detto che insegna
Musica e Arte?» aveva quindi domandato a Noah mentre mangiavano, al tavolo con
loro Ada - che parlava con Karin, Sally e Clifton in quel momento - e Marcus,
che stranamente a quella richiesta aveva alzato lo sguardo dal piatto prestando
un minimo di attenzione.
Noah annuì: «E il galateo.»
«...il cosa?»
«Baciamano, parti dalla
forchetta di destra... cose così. Il Galateo. Insomma, tu che sei figlio di
buona famiglia non per caso, dovresti avere pure un'infarinatura, no?» spiegò
alla meno peggio Noah.
«E come fa a fare tre
materie da sola?» lo interrogò Oz, lasciando stare quel che restava nel suo
piatto del porridge e prestando attenzione al compagno: «Le fa a rate.» se ne
uscì Noah con espressione seria.
«Stai scherzando?»
«No, no. Cioè, le buone
maniere te le rifila sempre; non sai che palle: "Keynes, potrebbe
gentilmente smettere di sedersi come se dovesse mungere una mucca?".
Scusami tanto, se non dormivo su un letto di piume e mangiavo con sei forchette
diverse quand'ero un ragazzino.» sbottò indispettito, facendo ridacchiare Oz.
«Poi il resto del corso è
diviso a metà, perché non tutti suonano uno strumento. Tipo a me al massimo
puoi affidare un campanellino, ma oltre chiedi troppo. E allora tiene corsi di
Arte la mattina, e di Musica il pomeriggio.» concluse la spiegazione.
Oz annuì, pensandoci su;
Noah parve pensarci solo in quel momento: «Ah, già! E te che farai?» chiese. Il
biondo rimase qualche istante in silenzio.
«Penso musica. Qualcosa me
l'hanno fatta studiare a casa.» ammise. Noah schioccò le dita, in un gesto
classico di chi ha mancato l'obiettivo di poco: «Peccato! Sarà l'unico corso
che facciamo divisi.» affermò. Oz lo guardò stupito: «Fai arte?!»
«Te l'ho detto che al
massimo suono il campanello!» ricordò: «E poi scusa, cos'è quell'aria sorpresa?
Non mi credi capace?» insinuò, l'aria offesa.
Oz ridacchiò, specie quando
Marcus, inaspettatamente, parlò: «Sicuramente Bezarius non potrebbe mai pensare
che la tua grazia da bisonte ti sarebbe d’intralcio nel fare l'artista, Noah.»
se ne uscì ironico.
Il fratello s'imbronciò,
guardandolo: «Questo non è carino da dire, sai?»
«Paragonarti a un bisonte
non è un complimento? Mi fai crollare una certezza...»
«Maaarcus!» si lamentò
Noah, allungando infantilmente la vocale mentre Oz, Ada e gli altri tre
ridevano di gusto e l'albino si limitava ad ignorare le proteste del minore.
Dopo il pranzo, Oz era
andato in giardino per un pisolino; aveva pensato di chiamare Alice e passare
il tempo con lei, ma non l'aveva trovata. E non aveva visto molto Gilbert in
giro, supponendo che fosse impegnato con le lezioni.
Aveva quindi deciso di
approfittare dell'ombra e dell'aria fresca per far passare le ore che mancavano
alla lezione supplementare con Rufus Barma.
Si stava giusto guardando
intorno - Noah lo aveva detto: la posizione strategica dell'albero era il punto
focale per un buon riposino! - quando una voce già sentita, anche se non
esattamente familiare lo aveva chiamato.
Voltandosi, sotto un albero
non troppo distante riconobbe il capo dormitorio - Sirjan, giusto?
Attirandone l'attenzione,
ora gli faceva cenno di avvicinarsi; Oz si diresse quindi verso di lui,
rimanendo lì in piedi, a pochi passi di distanza. Seduto sull'erba, la schiena
dritta poggiata contro il tronco, una gamba era stesa e l'altra piegata. Aveva
un libro fra le mani, ma Oz non riuscì a leggerne il titolo da lì.
Sirjan alzò lo sguardo su
di lui: «Ti rubo del tempo, chiedendoti di sederti?» domandò, il tono pacato.
Oz scosse la testa, la sensazione di soggezione sempre presente: per quanto non
fosse tipico di lui provarne, con Sirjan era qualcosa di istintivo.
Si sedette al suo fianco
sull'erba, e il più grande riportò silenziosamente lo sguardo sul libro; Oz lo
imitò per riflesso.
«Cosa leggi?» domandò quasi
per prassi.
«L'Immoraliste.»
replicò atono, segnando il punto in cui era arrivato mentre Oz sbirciava sulle
pagine cercando di essere meno indiscreto possibile; scorse delle parole
francesi: «Conosci il francese?» chiese, nel tono una sfumatura a metà tra
curiosità e un leggero stupore.
Sirjan, osservandolo dopo
aver chiuso il libro, incurvò le labbra in un sorriso appena accennato: «Tra le
altre lingue, sì.» commentò.
Se lo avesse detto chiunque
altro, avrebbe potuto pensare che fosse particolarmente arrogante malgrado
fingesse di nasconderlo: invece, non sapeva esattamente perché, su Sirjan
sembrava una componente particolare del suo carattere, ma non un vizio
spiacevole.
Abbozzò un sorriso di
rimando: «E' noioso?»
«Non eccessivamente
avvincente. Curioso, in qualche modo.» replicò il più grande. Prima che Oz potesse
fare altre domande, lui stesso lo anticipò: «Riesci a seguire le lezioni?»
«Sì, tutte. Una compagna di
mia sorella mi ha anche offerto ripetizioni, se serviranno. E tra poco Barma mi
aspetta per mettermi in pari col programma.» concluse.
«Hai studiato
privatamente?»
«Già.»
«La studentessa di cui hai
accennato, ho ragione di supporre che si tratti di Karin Hamilton del quarto
anno.» lo sorprese Sirjan. Lo osservò perplesso.
«Come lo sai?»
«Sono in contatto con il
capo dormitorio femminile, e so che Hamilton spesso aiuta gli studenti più
giovani. Credo sia nella sua indole, o che si diverta.» concluse con
naturalezza.
Oz annuì: la sensazione
che, effettivamente, gli aveva dato quella ragazza era quella di una persona
gentile di natura. Uno di quei tipi che non saprebbero fare del male nemmeno ad
un mosca.
«C'è un motivo per cui mi
hai chiamato?» domandò Oz per spezzare il silenzio che si era creato - e che
aveva la sensazione fosse lo stato che aleggiava in maniera permanente intorno
a Sirjan.
Non sembrava uno di molte
parole, anche se era un tipo diverso da Marcus, che a malapena sentiva parlare
a pranzo o a colazione.
Sirjan sembrava dare corda
solo a discorsi che lo interessavano particolarmente.
«Sembravi vagare senza
meta. Ho pensato che potesse interessarti avermi a tua disposizione per il
tempo che hai prima della lezione con Barma.» replicò con l'espressione di chi
la sa lunga, ma si limita a darti informazioni in base alla domanda che fai,
senza andare oltre.
Oz non comprese del tutto
la frase, ma non fece domande in proposito; preferì sfruttare la possibilità.
«Tu e Aedan siete amici?»
se ne uscì senza un vero motivo: era semplicemente la prima cosa che gli era
venuta in mente. E il moro, in effetti, non lo aveva più incrociato nemmeno per
i dormitori.
«Non esattamente. Mi aiuta
nelle questioni del dormitorio.» replicò Sirjan: «Perché?»
«Così. Quando ci siamo
parlati sembrava venire per conto tuo, e poi quando ci siamo conosciuti l'hai
nominato dicendo che ti aveva riferito più o meno cosa ci eravamo detti.»
spiegò Oz, facendo mente locale.
Vide Sirjan sorridere
nuovamente in quel modo appena accennato: «E questo ti ha fatto pensare fossimo
amici?» indagò.
Oz si ritrovò a rispondere
sulla difensiva, appena imbronciato: «Che c'è di male?» borbottò. Fu quasi
sicuro di sentire uno sbuffo con cui l'altro stava camuffando un leggero
ridacchiare.
«Parliamo, ma non spesso e
delle stesse cose come fanno gli amici di vecchia data. Ma considerando che
tipo è Aedan, forse potresti definirmi suo amico per quel poco che ci diciamo.»
ammise, criptico.
E bastava quello, per
svegliare la curiosità di Oz; si sporse appena in avanti, come per guardarlo
meglio: «In che senso?» domandò.
«Aedan Shaye nasce guardia
del corpo e studia qui solamente per quello. L'unico motivo per il quale avanza
di anno come gli altri studenti è che ha una preparazione superiore ai
programmi di studi del collegio da quando è entrato.» spiegò, lo sguardo che
restava puntato davanti a sé, senza soffermarsi su nulla in particolare.
«Nasce guardia del corpo?»
«Ci sono famiglie così. Non
hanno il patrimonio delle casate importanti, ma spesso succede che abbiano
un'antica tradizione di esperti in quel campo. I figli vengono istruiti
nell'autodifesa fin da bambini. Aedan ha iniziato molto presto per quel che ne
so: armi bianche, difesa corpo a corpo. E ha un'istruzione fuori dal comune per
la sua età: al primo anno dava del filo da torcere agli studenti diplomandi.»
concluse con un sorrisetto divertito.
Oz era sorpreso: quel
ragazzo, forse anche perché avevano parlato ben poco, non gli era sembrato
qualcuno così. Inoltre, quel tipo di vita a lui così estraneo suonava strano.
«Perché studiare tanto se
poi doveva venire in un collegio?» chiese senza capire.
«Perché da quando gli è
stato affidato il suo protetto, se così vogliamo chiamarlo, quel ragazzo è
diventato incapace di concentrarsi su qualcos'altro. Lui non segue le lezioni,
è solo presenza fisica.» ironizzò.
Oz tacque, pensieroso;
forse sbagliava, ma gli sembrava un modo di vivere piuttosto triste. Di certo,
quell'Aedan doveva avere un'abnegazione invidiabile. O qualcosa di simile.
Rimasero in silenzio per
una buona porzione di tempo, e quando Sirjan ruppe il silenzio, fu dopo aver
dato un'occhiata all'orologio da polso.
«Credo sia ora di avviarti
dal professor Barma.» gli suggerì. Imitandolo nel controllare l'orario, notò
che mancava poco all'inizio della lezione supplementare.
Si alzò, dandosi qualche
pacca sui pantaloni per togliere i pochi fili d'erba rimasti addosso: «Grazie
della chiacchierata, ci... vediamo in giro.» salutò, dopo qualche attimo di
incertezza. Si era voltato per avviarsi, ma si sentì trattenere per una manica,
senza strattoni.
Si voltò perplesso,
abbassando lo sguardo su Sirjan.
«Ho dimenticato di dirti
una cosa riguardo il regolamento che l'ultima volta mi era passata di mente.»
rivelò, l'espressione di seria autorità come quando lo aveva incrociato
nell'atrio.
«Le stanze dell'ultimo
piano dell'edificio scolastico sono vietate. Non entrarci, sarei costretto a
fare rapporto a chi di dovere, ed è sempre un compito che preferisco evitare.»
concluse.
Il tono era quello a cui
Oz, già dalla prima volta, aveva trovato difficoltà dire di no. Annuì
meccanicamente e l'altro gli lasciò la manica, incurvando leggermente le
labbra.
«Ci vediamo, allora.»
replicò solo in quel momento al suo precedente saluto.
Oz si avviò, la sensazione
assurda e immotivata che ci fosse qualcosa che non andava.
La lezione supplementare
con Barma era stata senza infamia e senza lode - ma certamente noiosa.
La storia di per sé non lo
appassionava particolarmente e la flemma -
nonché assenza di voglia di spiegare - di Rufus Barma non era d’aiuto.
Dopo un'ora e mezza lo aveva congedato, dandogli appuntamento per la stessa ora
e lo stesso giorno della settimana seguente.
Quando Oz era uscito
dall'aula dove si era tenuta quella lezione, aveva trovato Noah ad aspettarlo,
seduto per terra e con la schiena poggiata alla parete, nel bel mezzo di uno
sbadiglio da record.
Avevano girato senza un
luogo particolare dove dirigersi, chiacchierando. Noah sembrava appena più
accigliato del solito, cosa strana a cui Oz non era abituato. Anche se forse,
parlare di abitudine quando si conoscevano da così poco, non era esatto.
«Tutto bene?» aveva chiesto
istintivamente. Inizialmente l'altro aveva assicurato che era tutto a posto,
col solito sorrisetto che sfoggiava quasi ventiquattro ore su ventiquattro.
Alla fine, mentre
prendevano posto anticipatamente in mensa - ancora semivuota - non era più
riuscito a trattenersi: «Oh e va bene, ce l'ho con Marcus.» borbottò, incapace
di tenerselo per sé.
In un momento di
perplessità, ad Oz venne da sorridere: per quanto lo avesse già inquadrato in
quel senso, puntualmente Noah riusciva a mostrarsi più sincero di quanto già
non fosse apparso fino a quel momento.
«Con Marcus?»
«Sì, perché è antipatico.»
se ne uscì, infantilmente imbronciato e offeso: «Non è vero non sono
affidabile. Certo, non sarò l'esempio di buone maniere e non sarò mai il primo
del corso della Barma. E sì, non ho la stessa eleganza di Marcus quando
cammino, e corro per i corridoi. E dormo in biblioteca. E faccio le scivolate
sui corrimano. Ma questo non vuol dire che non posso riuscire in qualcosa di
raffinato come e meglio di voi figli di papà!» concluse, incrociando le braccia
al petto e gonfiando appena le guance, proprio come un bambino.
Oz rise, non riuscendo
proprio ad evitarselo: un po' per l'elenco di abitudini che contraddiceva in
partenza la sua protesta, un po' per quell'offesa ostentata e che non era
granché tipica di lui - o almeno, non degli aspetti di Noah che aveva visto.
Infine, rideva perché
l'altro era onesto, talmente tanto che non era neanche capace di tenere per sé
quell'infantile indignazione, anche se magari poteva andare a discapito della
sua immagine - di cui sembrava curarsi meno del minimo necessario.
«Cosa c'è di divertente?»
lo interrogò, fissandolo. Oz cercò di calmare il riso prima di rispondere: «E'
che non mi aspettavo che anche tu sapessi offenderti.»
«Certo che mi offendo!»
sbottò l'altro, portando entrambe le braccia sul tavolo; si imbronciò
nuovamente: «Per le cose che dice Marcus mi offendo eccome.» aggiunse in un
borbottio.
«Rivalità tra fratelli?»
tirò ad indovinare Oz.
Noah scosse la testa,
individuando il fratellastro che faceva il suo ingresso in mensa: «Al
contrario. Proprio perché non c'è rivalità fraterna tra noi mi offendo.»
replicò, non chiarendo di molto la cosa in realtà.
Oz stava per aggiungere
altro, che Marcus li raggiunse: non si sedette, tuttavia. Si limitò ad un cenno
ad Oz, spostando poi l'attenzione su Noah.
«Stasera finisco un
progetto, quindi ci vediamo domani.» disse semplicemente, l'aria effettivamente
un po' scazzata come chi, di finire quel progetto, ha la voglia sotto le
scarpe.
Noah perse il cipiglio
offeso nello stesso momento in cui la frase finì: «Non ceni?»
«Ho mangiato un boccone
prima.» si limitò a dire il maggiore.
Oz vide il compagno di
stanza sospirare, come un bambino la cui attesa per qualcosa di importante è
stata resa inutile. Il broncio, quello che Noah sembrava assumere in maniera
naturale - diverso da quello di poco prima, ostentato volutamente - tornò sul
suo viso.
«Va bene, allora ci vediamo
domani a colazione.» borbottò.
Oz non seppe se essere
sorpreso o aspettarsi il gesto di Marcus: optò per osservarlo, semplicemente,
mentre portava una mano fra i capelli di Noah, senza aggiungere molto altro.
«Buonanotte.» pronunciò
solamente, allontanandosi dal tavolo.
Quando fu uscito di nuovo,
Noah si alzò: «Vado a prendere la cena, se ti accontenti delle mie scelte
prendo anche per te.» assicurò con un sorrisetto.
Oz annuì, un po' perplesso,
osservandolo andare verso il bancone in fondo alla sala.
Perché accidenti fosse lì
quando, non più tardi di poche ore prima, il capo dormitorio stesso gli aveva
espressamente comunicato il divieto di recarvisi, non lo sapeva.
Doveva forse maledire la
sua curiosità, i pessimi scherzi, il tempismo fuori luogo e chissà cos'altro.
Dopo cena Noah aveva
insistito per andare in biblioteca a portare qualcosa a Marcus, rivelandosi più
apprensivo di una madre in certi casi; ovviamente, il sottile dettaglio che non
si potesse portare in biblioteca del cibo - sempre ammesso che Marcus non fosse
nella sua stanza - non era nulla per Noah Keynes.
Oz aveva pensato di cercare
Ada, ma a metà strada era stato fermato da niente di meno che Vincent Nightray;
assicurando che andavano nella medesima direzione - dopo aver sostenuto di aver
visto Ada poco prima - si era detto disponibile ad accompagnarlo per fare due
chiacchiere.
Erano saliti ai piani
superiori, seguendo il percorso più breve che conduceva alla biblioteca.
La conversazione con lui
non era stata chissà quanto particolare: c'erano stati commenti sui docenti, su
come Oz si trovasse. Avevano appena accennato a Gilbert - ah, Gil è a casa
Nightray richiamato da nostro padre, ma tornerà tra oggi e domani - e qualche chiacchiera sull'altro fratello,
Elliot.
«Forse lo conoscerai al
corso di Musica.» aveva commentato Vincent. Oz lo aveva trovato una compagnia
tutto sommato piacevole, confuso sempre più dalla raccomandazione di Alice.
Non sembrava pericoloso.
«Ah, ma quest'area non è
vietata?» chiese, riconoscendo la scala che portava all'ultimo piano.
Vincent lo guardò
perplesso: «Non ci sono aree vietate a scuola. Ovviamente gli alloggi dei docenti
e i loro uffici, se non sei accompagnato da loro.» osservò.
Oz lo fissò perplesso: «Ma
il capo dormitorio ha detto...»
«Kolstoj? Strano che si
confonda proprio lui, che conosce a memoria il regolamento.» disse, e Oz era
quasi sicuro di aver sentito una sfumatura canzonatoria in quell'affermazione.
Mentre aspettava che
Vincent prendesse quel che gli serviva da un'aula - ho pensato non avessi
fretta, torno subito, ok? - si era poggiato alla parete lì in corridoio.
Quando si era accorto di
essere arrivato davanti alla porta di una stanza diversa, addirittura in un
differente corridoio, aveva sbattuto le palpebre un paio di volte senza capire.
Come ci era arrivato,
esattamente?
«Meglio che me ne vada
prima di...»
Non andartene!
Si fermò sul posto, gelato
da quella voce che sembrava rimbombare per tutto il corridoio, anziché
provenire da una stanza precisa. Si guardò intorno istintivamente, senza
trovare nessun altro.
Se Vincent Nightray era in
vena di scherzi - perché era palese che fosse uno scherzo stupido - non aveva
voglia di farlo divertire. Mosse qualche passo indietro.
Aspetta, aspetta!
Di nuovo. E non vedeva
nessuno; mosse qualche passo in avanti, verso la porta chiusa di fronte alla
quale si era ritrovato, come un sonnambulo che passa da un posto all'altro
senza ricordare di averne percorso la distanza che li separa.
«Chi c'è?» chiese, nel tono
una nota seccata. Era quasi evidente che, chiunque fosse l'artefice di quello
scherzo mal riuscito, fosse nella stanza da prima o vi fosse arrivato in qualche
altro modo.
Magari erano due aule
comunicanti.
«Vattene.» sentì sibilare.
Non andare via!
Scosse la testa, confuso:
dicevano di rimanere, poi di andare via. Sarebbe stato logico andarsene, ma le
gambe - fastidiosamente pesanti senza un motivo preciso - non collaboravano con
l'impulso di voltarsi e allontanarsi.
Allungò dunque la mano fino
alla maniglia, posandovela e facendo una leggera pressione per abbassarla e
aprire la porta. Non durò molto, appena un istante di vuoto.
Poi, il dolore alla testa più
acuto e insopportabile che avesse mai provato; qualunque istinto di gridare
avesse, il dolore era così pressante da mozzargli il fiato prima ancora che
potesse lasciar uscire la voce.
Non riusciva a muovere un
passo, a lasciare la maniglia, quasi non sapeva più definire i contorni, la
vista fastidiosamente offuscata.
La cosa che percepì più
nettamente quando la testa ormai sembrava dovesse letteralmente spaccarsi in
due, fu uno strattone che lo fece indietreggiare, permettendogli finalmente di
mollare la presa sulla maniglia.
Riconoscere la figura fra
lui e la porta non fu proponibile; la forte differenza fra il dolore acuto
protrattosi fino ad un istante prima e la totale assenza di rumori di quel
momento, gli aveva causato un giramento di testa tale che l'ultima cosa che fu
in grado di cogliere fu qualcuno - probabilmente la figura che non aveva messo
a fuoco - che gli evitava il brutale contatto con il pavimento mentre cadeva
svenuto.
«Tieni quel ragazzino
lontano da qui.» sibilò furiosa la voce al di là della porta.
Aedan, Oz alla meno peggio
tra le braccia, occhieggiò la superficie lignea senza particolare espressione,
eccezion fatta per una sfumatura irritata, forse.
«Non sono questi i patti a
cui sei sceso.»
«Conosce i suoi patti! E
quello lì non deve avvicinarsi a noi!» sibilò ancora.
Seguì il silenzio, mentre
Aedan portava lo sguardo su Oz, privo di sensi; occhieggiò poi il corridoio,
caricandosi il biondo in spalla e alzandosi per portarlo altrove.
Avviandosi verso le scale,
sposto lo sguardo verso la porta.
«Non chiamarlo più qui da
te.» mormorò piano, inudibile quasi. Non ci fu risposta.
Nessuna udibile, almeno.
Note
Olè, in ritardo ma
santifichiamo tutti la giornata con i parenti di Ferragosto che mi ha fatto
sfornare il capitolo in quattro ore XD
Per quanto riguarda questo
capitolo, la nota riguarda il nome di Reim: c'era anche la versione
"Liam", ma io non ho ancora capito quale sarebbe quello ufficiale e
quale la ri-adattazione dell'anime o delle scan. E siccome a dire "Liam
Lunettes" io mi inceppo la lingua, ho deciso che sarà Reim <3 *ama
quell'uomo*
Un grazie a tutti coloro
che leggono, in particolare a:
Doremichan: ...scriverò una Guscio x Tartaruga, lo giuro XD
Per quanto riguarda la
Monnalisa, è semplice: la mia demenza mi porta a battute simili che
puntualmente rifilo al pg di turno. Insomma, mi esce naturale e di getto XD
Sono felice di aver mantenuto l’IC anche quel capitolo *sospira sollevata* Per
quanto riguarda Noah e Marcus… kukuku (si sarà notato da questo capitolo?) c’è
qualcosa che nascondono, vedremo se ti aggraderà quando uscirà fuori ù.ù
Quanto a Vincent, ho in
programma di mantenerlo più IC possibile, perciò si suppone rimarrà sempre il
nostro amato psicotico con manie ossessivo-compulsive XD
LitaChan: nyaaa, felice che ti sia piaciuto anche il precedente
capitolo <3
Purtroppo ammetto che Oz è
la mia maggiore preoccupazione ogni sacrosanto periodo in cui appare – e lo
tratto da protagonista, il che è drammatico.
Non so mai se lo sto
tenendo IC, maledetto :° *sbatacchia Oz*
Non ho praticamente fatto
apparire Gil qui *-*” Spero che non sarò odiata per questo XD
Agito: sono un po’ in ritardo, ma ecco il nuovo capitolo ^^
Ti ringrazio per il tuo parere sull’IC, si fa quel che si può come si suol dire
XD
E mi togli un gran peso con
il commento riguardo Noah e Marcus: loro, come gli altri nuovi personaggi che
ci sono, ero restia ad utilizzarli se non fosse stato per la trama che mi
richiedeva parecchi personaggi – che Pandora non mi ha fornito a sufficienza XP
Spero tu possa apprezzare
anche questo capitolo e grazie per i complimenti alle altre fanfic ^^
makotochan: …tu sei folle XD *muore sulla recensione*
Contenta del tuo entusiasmo
per Vincent, spero continui anche nelle sue apparizioni di questo capitolo ù_ù”
Quanto ad Adam, dubito di
far apparire l’uomo nero e cattivo qui. Ho già tanti danni che girano per
questa scuola (basti vedere la descrizione dei docenti di questo capitolo XD)
fra prof e persone-ignote-di-cui-ancora-non-conoscete-l’identità.
E lo so che mi odi per quei
pezzi in cui non capisci nulla: ma lo sai che io mi diverto <3