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Autore: polpettaalsugo8    12/08/2020    0 recensioni
Questa storia è ambientata nel periodo dei malandrini. Inizia una mattina in cui Severus e James s'incontrano in un bagno, si provocano a vicenda e combattono. James resta ferito e disarmato e dopo essere stato picchiato dice a Severus qualcosa che gli fa capire che James subisce gravi abusi a casa. Piton si rende conto così che l'atteggiamento del ragazzo è solo una maschera per celare la vergogna e l'umiliazione degli abusi subiti.
Severus capisce quindi che James prova un dolore molto simile al suo ma lo esprime in un modo differente. James è diventato spavaldo mentre Severus è chiuso e rabbioso.
James d'altra parte si rende conto della rabbia dell'altro e del fatto che per quanto all'apparenza Piton sembri indistruttibile, di fatto è più sensibile di quanto sembri e soffre per le prese in giro di James e Sirius.
Per questo motivo James gli propone una tregua che evolverà nel tempo in un bellissimo rapporto di amicizia che cambierà il corso degli eventi futuri.
Questa storia si basa su un concetto molto semplice: la prima impressione può essere sbagliata e a volte conoscendo qualcuno che ci sta antipatico ci si può scoprire affini a lui.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Severus Piton | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Era una domenica mattina tranquilla, James si era alzato presto per allenarsi a Quidditch. Severus invece era in giro per godersi una tranquilla passeggiata prima di mettersi a studiare.

I due s’incontrarono in bagno.

James sporse la testa fuori dalla cabina bagno dove si stava rilassando, “ah sei tu”, aveva detto con fare spavaldo, “mi era sembrato di sentire un odore strano”, aggiunse con un sorrisetto, “a quanto pare tu e la vasca da bagno non avete risolto il vostro litigio”.

Severus contrasse il volto irritato: era stufo di sentirsi dire che era sporco e che puzzava; lo facevano tutti e se non lo dicevano a voce facevano delle buffe pantomime fingendo di tapparsi il naso con le dita o urlando a gran voce “puzzola” quando stava per passare. Il prefetto Malfoy poi si era messo in testa di raddrizzarlo e insegnargli l’igiene personale a colpi di frustate magiche. Lo annusava e se puzzava o se i capelli non erano puliti lo portava nella stanza delle punizioni e lì gli somministrava tre frustate magiche per punizione. Quei colpi bruciavano per giorni e davano la sensazione che una striscia di fuoco ti mordesse la carne per molto tempo dopo la punizione. Era odioso ma non era bastato a fargli cambiare abitudini per il semplice fatto che Severus non sapeva come lavarsi i capelli: nessuno glielo aveva mai insegnato. A casa sua ci si lavava sciacquandosi i capelli con l’acqua corrente e facendo scorrere l’acqua sul suo corpo. Non vedeva però l’utilità di farlo spesso, si considerava brutto e sgradevole e non credeva che farsi un bagno lo avrebbe reso più simpatico agli altri o lo avrebbe fatto sentire meglio. Quindi non lo faceva. Con grande grinta si trascinava giorno dopo giorno, sopportando le prese in giro, il disprezzo e l’odio dei suoi compagni di casa e anche di quelli delle altre case. Farlo richiedeva uno sforzo non indifferente che lo prosciugava di tutte le sue energie. Fare anche il bagno sarebbe stato troppo.

“Potter, come mai tutto solo?”, disse avvicinandosi e annusando l’aria, contrasse il naso per l’odore acre del fumo, “credevo che non facessi mai nulla senza un pubblico”, sollevò il pacchetto di sigarette, “o forse non vuoi che i tuoi amici sappiano che il loro eroe è un fattone?”

James si alzò per fronteggiarlo, “tu invece di cosa soffri? Sindrome di impiccioneria cronica? Allergia all’acqua? Odio compulsivo per l’umanità?”

Severus lo afferrò per il bavero, James estrasse la bacchetta. Scandì l’incantesimo e un flusso bluastro uscì dalla punta della sua bacchetta. Piton parò evocando un incantesimo senza bacchetta che fece apparire una nebbiolina verdina che lo protesse facendo rimbalzare via l’incantesimo.

I due si scrutarono, bacchette alla mano e iniziarono a combattere lanciandosi incantesimi sempre più potenti e complessi.

James fu ferito al braccio da un incantesimo trafiggente che gli perforò la carne entrando in profondità, come un punteruolo magico. Il ragazzo strinse i denti sopportando il dolore e replicò con una magia di fuoco che ustionò i vestiti di Severus che maledisse quell’idiota che aveva rovinato una delle due sole divise che possedeva. Sospettò che un ragazzino tanto coccolato come James dovesse avere almeno 4 divise e che per lui non fosse un problema rovinarne una, la situazione di Severus era ben diversa. Odiò quel ragazzino spettinato e fiero e desiderò ridurlo in polvere. La terra non ne avrebbe sentito la mancanza.

James sanguinava dal braccio ma era talmente allerta da non sentire il dolore e da non rendersi conto di quanto la sua ferita fosse grave. James scagliò un incantesimo respingente contro l’avversario che si trovò a sbattere violentemente la schiena contro il muro, Piton reagì all’istante tirando un incantesimo esplosivo: dalla sua bacchetta uscirono delle sfere di luce che iniziarono a saltellare verso James; quest ultimo arretrò in modo precipitoso e evocò una magia protettiva. Un attimo dopo le palline di luce esplosero, l’onda urto spinse James contro il muro rompendogli il braccio. Il collo gli doleva terribilmente e vedeva delle mosche nere davanti agli occhi. Era disorientato e Severus ne approfittò per disarmarlo con un secco expelliarmus. Lo eseguì senza voce.

James deglutì preoccupato: adesso era del tutto nelle mani di Severus. Il ragazzo ferito provò a raddrizzarsi ma il braccio sanguinava ed era fratturato in più punti e si sentiva disorientato e debole. Qualsiasi cosa Severus avrebbe scelto di fare lui non avrebbe potuto difendersi. Chiuse gli occhi aspettandosi il peggio.

Piton lo avvicinò trionfante, “adesso le paghi tutte Potter e con gli interessi”, lo afferrò per il braccio sano guidandolo nel cubicolo del bagno, si sedette sul water e tirò James di traverso sulle sue gambe, “adesso me le paghi tutte”, disse con una strana euforia. Si sfilò la cinta e usò la magia per raddoppiarne la larghezza, l’afferrò dal lato della fibbia, voleva fargli male ma non troppo. Aveva sperimentato sulla sua pelle il morso delle fibbia e non voleva imporre a qualcun altro quello strazio, ma voleva fargli male e sentirlo piangere e chiedere clemenza. Voleva umiliarlo e sottometterlo e strappargli via dal viso quell’espressione beffarda e sicura;voleva anche che pagasse per tutte le angherie a cui lo aveva sottoposto in quegli anni. Voleva metterlo al suo posto e ridimensionarlo. Iniziò a colpire con violenza e odio sfogando su di lui tutte le umiliazioni e le prepotenze che aveva dovuto sopportare da quando era nato. Il clima di paura costante in cui era vissuto fin da piccolo quando si chiudeva in un armadietto mentre i suoi genitori si urlavano il loro disprezzo a vicenda o si accusavano di questo o quello lanciandosi oggetti. Aveva visto più volte suo padre picchiare selvaggiamente sua madre e altre volte aveva pagato le conseguenze di uno dei improvvisi attacchi d’ira di suo padre. Quest ultimo era un uomo patetico e ordinario e la maggior parte del tempo vegetava sul divano con aria inespressiva, poi però bastava un nonnulla a farlo scattare e esplodere e a renderlo violento o aggressivo. Un rumore sgradevole, un oggetto fuori posto o qualsiasi cosa che nel suo cervello corrispondeva ad una mancanza di rispetto, bastava questo a innescare una miccia e fare esplodere suo padre. Quando succedeva si trasformava in un animale. Violento, cieco, aggressivo. Non guardava in faccia nessuno e Severus viveva con l’ansia costante e il timore di sbagliare qualcosa che accendesse la miccia portando alla luce il lato oscuro di suo padre.

E dopo tutto quello che aveva passato, dopo essere arrivato ad Hogwarts come un naufrago in cerca di salvezza, dopo tutto questo si era scontrato con Lucius Malfoy, il maghetto altezzoso e perfetto che guardava tutti dall’alto in basso e che lo trattava con l’alterigia e l’arroganza con cui un re tratta un vagabondo. Piton lo odiava e detestava anche Potter, il ragazzo perfetto, dotato, bravo nello studio e nello sport che cercava di portargli via la sua unica amica e che non perdeva occasione di fargli pesare il suo stato miserabile; lo trattava come un verme disgustoso o come uno scherzo della natura di cui ridere. Lui che aveva avuto tutto che non aveva mai avuto paura, che aveva bei vestiti e amici pronti a tutto per lui. Lo odiava e avrebbe voluto distruggerlo.

Lo colpiva ancora e ancora con una rabbia e un odio che non trovavano soddisfazione in alcun modo. Il sedere di James era gonfio e pieno di lividi violacei, il ragazzo era silenzioso, stranamente remissivo. Piton registrò in un angolo del cervello l’insolita reazione del suo rivale ma continuò a colpire non riuscendo a trovare soddisfazione in quell’azione; era sudato, col braccio che doleva ma non si fermava accecato dalla rabbia e dalla frustrazione. Assomigliava a suo padre più di quanto amava ammettere.

James dall’altra parte si sentiva stordito per avere battuto la testa, si vergognava di quello che stava succedendo ma non aveva modo s’impedirlo. Così adattò la stessa tecnica che usava per sopportare gli abusi di suo padre, quando lui andava a trovarlo nel suo letto di notte e lo baciava attribuendogli dei desideri e delle voglie che lui non aveva e costringendolo ad avere rapporti con lui. Quelle volte lui s’immaginava come un oggetto inerte e senz anima e allontanava la coscienza da sé per soffrire meno, anche adesso come allora si distaccò da se stesso diventando un oggetto inerte e passivo a cui si poteva fare tutto. James non reagì a nulla e mise la sua coscienza in un posto sicuro lontano dal dolore. Rimase inerte a farsi picchiare in silenzio. Sarebbe finita come sempre e avrebbe dovuto raccogliere i cocci. Ci sarebbe riuscito, avrebbe ottenuto di sentirsi se stesso e non provare vergogna per tutto ciò che aveva passato, un giorno forse avrebbe raggiunto quel traguardo, nel presente però sembrava un pensiero lontano e strano.

Piton si fermò, sfinito, “alzati”, ordinò spingendolo verso l’alto, James lo fece e Severus si rese conto di avere i pantaloni zuppi del sangue di James, guardò l’altro ragazzo improvvisamente conscio che la ferita di James rappresentava un'aggressione che lo avrebbe fatto espellere. Si morse il labbro furioso ma voleva finire quello che aveva iniziato e somministrare a James tre frustate magiche come promemoria di quella giornata di cui lui avrebbe pagato le conseguenze a lungo.

“Contro il muro”

James si mosse stranamente passivo, si sollevò le mutande mentre faceva i pochi passi che lo separavano dalla parete del box. Severus gli andò dietro premendo la sua mano contro la schiena di lui e abbassandogli i boxer, lo sentì irrigidirsi e poi in tono flebile, “non farlo”, aveva un tono fermo ma si percepiva una supplica sottostante l’ordine.

“Non fare cosa James?”

“Non violentarmi”

Piton si sentì fremere di rabbia, davvero quel ragazzino lo credeva capace di tanto, lo aveva preso per un maiale?

“Non sono un maiale”, disse sinceramente offeso.

“Mio padre lo è”, disse Potter con semplicità, lo guardò, “o meglio il mio padrino. Mio padre è morto anni fa”, ruotò il capo piano guardandolo negli occhi, “fammi quello che vuoi ma non forzarmi a fare cose che non voglio”

Piton rimase un attimo basito davanti l’enormità di quello che James gli aveva appena detto. Quel ragazzo non era il piccolo principino di casa che credeva, invece veniva stuprato dal patrigno;cercò di immaginare quel ragazzo bravo in tutto e disinvolto in una situazione di quel tipo ma non ci riuscì. E poi all’improvviso si rese conto che l’atteggiamento sicuro e spavaldo e il desiderio di eccellere in tutto e mettersi in mostra erano una copertura per celare il suo dolore e la sua vergogna, qualcosa di costruito per fare in modo che nessuno sospettasse del fatto che James venisse stuprato; lui non voleva si sapesse. Probabilmente era arrivato ad Hogwars convinto di potere ricominciare scoprendo poi che la cosa non era semplice come appariva e che i problemi ti seguivano nonostante i tuoi sforzi di ignorarli. Piton aveva vissuto la stessa esperienza: guardò James vedendolo per la prima volta come un essere umano.

Lo avvicinò, sorprendendosi ancora una volta dell’immobilità dell’altro, gli afferrò il dietro del collo e gli fece girare la testa per guardarlo in volto, gli soffiò in faccia, “devi lasciarmi in pace, hai capito?”

Breve cenno di assenso.

Piton lo lasciò andare, stanco e spossato, “rivestiti”,

James eseguì e Severus lo osservò faticare a sollevare i pantaloni della tuta per via del braccio fratturato e sanguinante. Quel braccio gli sarebbe costata l’espulsione, Severus lo sapeva per certo. Non osava immaginare cosa sarebbe successo dopo, sarebbe rimasto a casa dei suoi frequentando la scuola babbana? O lo avrebbero mandato a lavorare? In ogni caso per lui era finita. Niente magia e pozioni. Mai più. Quella porta si era chiusa per via di un fraintendimento con un ragazzo che provava il suo stesso dolore e la sua stessa rabbia ma che la manifestava in modo diverso.

Sospirò sconfitto.

Poi James parlò, “non andrò in infermeria ma devi aiutarmi a richiudere la ferita”

Un lampo di speranza, “hai perso troppo sangue e potresti avere un trauma cranico. Hai bisogno di un medico”

“Posso recuperare con qualche giorno di riposo ma tu mi devi aiutare”

“Inizia col sederti a terra”, disse Piton l’altro eseguì facendo una smorfia di dolore quando le natiche martoriate toccarono il suolo.

Severus non provò soddisfazione, preparò un composto di acqua, zucchero e sale che si dava alle persone sotto shock per aiutarle a riprendersi. James bevve senza fiatare.

La sua remissività preoccupava Piton più della ferita al braccio, quell’arrendevolezza non era da James e secondo Severus poteva essere sintomo di un trauma cranico. Osservò le mani dell’altro che tremavano e provò una fitta di paura al pensiero delle conseguenze di quella zuffa. Non c’era solo il rischio di essere espulso ma anche di essere denunciato per aggressione aggravata e finire in un carcere minorile. Tutto perché non si erano capiti e non erano riusciti a riconoscere ognuno il dolore e la rabbia dell’altro.

“Non ho nessun trauma cranico”, disse James mandando giù il composto in un unico sorso.

“Tremi”

“I tuoi colpi mi hanno fatto rivivere dei ricordi che credevo di aver buttato in un pozzo profondo dentro di me”

“Tornano sempre a galla”, disse Piton del tutto cosciente di ciò che l’altro diceva: ci era passato anche lui. Era arrivato a scuola con grandi aspettative e l’illusione di poter ricominciare come una persona nuova ma non era stato per niente facile e in un modo o nell’altro si era ritrovato a fare i conti con i medesimi problemi che aveva prima: non aveva trovato gli amici e l’accettazione che sperava di trovare. Era rimasto deluso.

“Io però non volevo violentarti”, chiarì nuovamente, “mi hai frainteso”

“La sensazione di impotenza è stata la stessa di quando mio padre mi faceva male senza che io avessi la forza e il potere di bloccarlo”

“Non volevo questo”, sospirò, “ero solo arrabbiato”

“Ho le mie colpe”

“Ti medico”, Piton si diede da fare per aiutare l’altro che ancora sanguinava. Per fortuna aveva scelto di iniziare primo soccorso già dal primo anno e adesso che era al terzo sapeva aggiustare le ossa e fare tutto il necessario per soccorrere una persona ferita.

Si chinò su James, “adesso stai fermo”, eseguì l’incantesimo senza usare la voce e i tre segmenti di osso si ricongiunsero.

James si allungò di lato per prendere il suo zaino e prese una lattina di latte al cioccolato potenziato con vitamine, sali minerali e altre sostanza necessarie a sostenere gli sportivi o gli studiosi in periodi di intenso allenamento. Glieli aveva prescritte la dottoressa della scuola perché lui si esercitava molto con la magia bruciando molte calorie. Aveva bisogno di un surplus di nutrienti.

“Hai avuto una buona idea”, approvò Piton, l’altro infatti aveva perso molto sangue e per questo prendere qualcosa che lo sostenesse e contrastasse l’anemia era una idea intelligente. Stimò James per il suo sangue freddo e per il fatto che stava tenendo duro nonostante tutto. Chiunque altro al suo posto si sarebbe lagnato preoccupato di morire, James invece era forte e nonostante la gravità della situazione restava calmo e cercava di trovare soluzioni invece di buttarsi a peso morto sulle spalle degli altri e piagnucolare. Era un comportamento maturo. Da uomo.

Piton lo apprezzava e sapeva che stava evitando l’espulsione e forse anche il carcere proprio grazie al coraggio e alla calma con cui James stava affrontando la situazione.

Severus fece cadere del dittamo sul braccio di James e la ferita si richiuse smettendo di sanguinare, poi fece un incantesimo per bloccare il braccio, “dovrai tenerlo fermo per tre giorni per fare rinsaldare l’osso”

“Va bene”, per rispondere James aveva smesso di bere dalla sua lattina e Piton notò con piacere che bere quel prodotto gli aveva restituito un po’ di colore e di vivacità, gli stava facendo bene, si sentì sollevato anche se sapeva benissimo che l’altro avrebbe avuto bisogno di una pozione rimpolpa sangue; James era forte ma lo sarebbe stato abbastanza da fare a meno di mezzo litro di sangue o anche più?

Piton guardò con raccapriccio i suoi pantaloni zuppi del sangue di James e tutto il sangue che c’era a terra e sui vestiti dell’altro ragazzo. Tutto quel sangue si spiegava col fatto che la maledizione trafiggente che aveva lanciato impediva il coagulo del sangue, in una ferita tanto profonda il danno era grave. Si sentì male al pensiero che invece di soccorrere subito James, lui aveva approfittato della sua debolezza per picchiarlo. Che razza di persona era? E se si fosse sentito male sulle sue ginocchia? Ebbe un capogiro.

“Stai bene?”, chiese James con premura.

“Sì”, Piton si riscosse. Non era il momento di farsi sopraffare dalle emozioni. Mise in pratica la procedura per verificare la presenza di un trauma cranico o di un'emorragia interna, misurò quindi pressione e battito cardiaco, osservò le pupille con una luce di torcia che portava sempre dietro e fece delle domande a James per verificare che non fosse confuso. Si rese conto che l’altro stava bene e si sentì meglio.

L’aveva scampata bella, arretrò di qualche passo , si sedette a terra, chiuse agli occhi e iniziò ad ascoltare il suo respiro per calmarsi.

“Vuoi un cioccolatino?”

Piton aprì gli occhi all’improvviso e sorrise vedendo la scatola di cioccolatini che James gli spingeva vicino, era incredibile come fosse cambiato tutto in pochi minuti:un attimo prima desideravano uccidersi, poco dopo mangiavano insieme.

“C’è il cioccolato fondente?”

“I cioccolatini rettangolari”, disse James indicando i cioccolatini con l’incarto dorato, “ti consiglio anche i cioccolatini cioccolato e arancia, molto buoni. Puoi prenderli entrambi se vuoi”

Severus li scrutò perplesso, era difficile credere che James fosse così gentile di suo e non per un trauma cranico. Ne prese due . Erano squisiti, “regalo di una ragazza?”

“Li compro da solo”,fece schioccare la lingua, “io dirò agli altri di lasciarti in pace ma tu non dire a nessuno quello che è successo”

“Dire a qualcuno che ho cercato di assassinare il cercatore più amato di Hogwarts non è nei miei interessi”

“Ti ho dato fuoco. Neanch'io ci faccio una bella figura”

“Non era un incantesimo molto forte”, sollevò la camicia, “solo un’ustione di primo grado. Ma mi hai rovinato la camicia è questo mi irrita”

“Ho una divisa che non mi entra più, te la darò e sono sicuro che se la farai riadattare dall’elfo sarto che c’è nei sotterranei ti starà benissimo”

“Non sei obbligato”, la gentilezza dell’altro lo faceva sentire ancora più male per non averlo soccorso subito.

“Tanto a me non serve”, lo guardò negli occhi, “abbiamo un accordo Severus?”

Piton trasalì nel sentire il suo nome. Potter non lo chiamava mai così ma solo con fastidiosi nomignoli, “abbiamo un patto”, affermò Piton con sicurezza, sorrise, “come pensi di tornare nel dormitorio in questo stato?”

“Ho i miei metodi”, poi si avvolse in un mantello e divenne invisibile, recuperò le sue cose e sparì nel nulla.

Avrei dovuto chiedergli di pulire, si disse Piton fra se, poi fece scomparire il sangue con la magia e andò via cercando di coprire il sangue sui pantaloni con il suo mantello. Appena arrivato in dormitorio s’infilò sotto la doccia vestito e lavò il sangue cercando di lavare via anche il terrore di aver ferito gravemente un altro essere umano. La situazione gli era sfuggita di mano. Aveva usato le arti oscure senza criterio su un altro essere umano. Un confine che credeva che non avrebbe mai superato. Si sentì male per questo e ne ebbe paura. Avrebbe dovuto fare più attenzione. Molta più attenzione.

 

 

 

 

   
 
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