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Autore: Keyra    17/08/2009    3 recensioni
A volte capita che una ragazza si innamori davvero.
A volte capita che una ragazza si innamori davvero di un ragazzo.
A volte capita che una ragazza si innamori davvero di un ragazzo malato.
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei la bufera.

 

 


Dopo sedici giorni che Samuel non si faceva vivo, né con me tantomeno nell'intero paese, decisi di correre a casa sua, bussare alla sua porta e presentarmi come una sua amica. Non avevo paura di incontrare gente nuova, genitori di cui non sapevo niente, e non mi spaventava l'idea di entrare così burroscosamente nella sua vita, irrompendo nel suo territorio.
Mi ero fatta dire dove abitava da un suo amico, non era molto lontano da casa mia, percorsi con la bicicletta prima alcune vie secondarie del paese, poi arrivai in un sentiero selciato.
Le ruote smuovevano un sacco di polvere, cominciai a starnutire per la mia allergia.
Il posto era bello, quasi incantevole, una piccola villa immersa nel verde delle campagne poco fuori il paese.
Ci ero già passata qualche volta, nei giorni precedenti, per cercare di capire un po' di più, sperando di trovarlo intento a camminare avanti e indietro davanti alla porta di casa sua, ma erano stati tutti tentativi andati a vuoto. Eppure, quel pomeriggio, quel posto, quella casa, mi sembravano diversi. Quasi magici, irreali. Una spina elettrizzante mi attraversò il corpo. Mi ricordai di una frase che avevo letto poco tempo prima sulle pagine di un giornale: la realtà non esiste.
Sospirai a fondo, posai la mia bicicletta sul prato lì vicino, mi sistemai i vestiti e suonai alla porta.
Una donna dal viso lungo,dagli occhi verde acqua stanchi e i capelli come i miei, scurissimi, allargò la bocca in un sorriso e mi salutò. Riuscivo a leggere lo stupore sul suo viso.
       - Buongiorno, io sono.. sono Eva, sto cercando Samuel... -
La vidi raggelarsi un secondo, poi tornare rilassata, più di prima.
       - Oh, cerchi Samuel? -
       - Sì, ecco.. sono una sua amica. Non lo sento da molto, volevo sapere come sta, insomma... -
       - Vieni, ti faccio entrare. Vado a chiamarlo -
Mi posò una mano sulla spalla e mi condusse dentro casa. Non era grande come sembrava da fuori, eppure aveva qualcosa di vivo. Come se entrando ti abbracciasse in una stretta materna, pregandoti di non andartene più.
La madre di Samuel sparì dietro una porta e la socchiuse dietro di sé. Sentivo voci sussurrate e bisbigli che si mescolavano tra loro.
Poi ne uscì, venendomi incontro.
      - Samuel arriva tra un secondo. Dimmi, vuoi qualcosa? Un succo di frutta? -
Accettai. Mia madre mi aveva insegnato che rifiutare un'offerta in casa di altri può risultare un'offesa.
      - E dimmi, che scuola fai, tu? -
      - La stessa di Samuel -
      - Ah, ma davvero? Non siete in classe insieme, giusto? Insomma, non ho mai sentito il tuo nome... -
      - No, siamo in sezioni diverse...-
      - Ah, ecco... -
La guardai versare il succo di frutta, intenta a non lasciarsi scappare una sola goccia fuori dalla caraffa di vetro, gli occhi puntati sul bicchiere.
Avrà avuto quarant'anni, non di più, era giovane, o almeno, portava bene i suoi anni, si leggeva ancora sul suo viso il segno di una bellezza passata, una bellezza quasi morbosa, irrompente, invadente.
Attorno al viso e sulla fronte si allineavano già un po' di rughe, ma le davano l'aspetto di una donna affascinante, matura, intelligente, che nella vita ne aveva passate tante, ma che nonostante tutto continuava a sorridere, e a offrire succhi di frutta a chi capitava a casa sua.
Mi porse il bicchiere, mi lasciai andare delicatamente su una sedia, lei mi seguì, sedendosi davanti a me.
Continuava a trastullarsi le mani, passando le dita sulla loro superficie liscia, osservando ogni parte di me, come se stesse esaminandomi per un provino. Le sorrisi imbarazzata, lei ricambiò.
- Ciao - la voce di Samuel arrivò nella stanza attutita, disperdendosi. Quasi come se avesse pronunciato quel saluto perché doveva farlo. Avrebbe preferito di gran lunga starsene in silenzio.
Mi voltai in fretta, posando il bicchiere sul tavolo. La madre sparì dietro un'altra porta.
       - Ciao -
Mi alzai, rimanendo lì dov'ero, immobile.
      - Che ci fai qui? -
Sembrava offeso da quella mia apparizione, e in un certo senso ero già pronta a un'eventuale reazione del genere. Che diritto avevo di essere lì?
Cercai di rimanere calma, di non agitarmi.
     - E' da molto che non ti vedo, in giro. Volevo sapere che fine avevi fatto -
Mi guardò come se non esistessi. Come se in realtà i suoi occhi stessero fissando qualcosa dietro di me. Gelidi, come il mare in inverno.
     - Ma se vuoi vado, non c'è problema. Ero solo venuta così.. per controllare -
     - Controllare cosa? -
Mi accorsi di un movimento quasi impercettibile del suo corpo. Una reazione impulsiva, forse.
     - Che.. che stessi bene. Ma vado, non c'è problema, davvero. Ero fuori e ho detto, perché no, andiamo, non fa male a nessuno, ma.. vado, davvero -
     - No, rimani. Vieni -
Mi fece segno di seguirlo e aprì la porta dietro la quale poco prima era sparita la madre.
    Era la sua stanza.

 

 


Appesa al muro c'era una chitarra. Lungo il perimetro della stanza, una scrivania e un computer, un letto coperto da una trapunta blu, tende tirate che coprivano le finestre, un armadio piccolo, che dava un po' l'impressione di vecchio, un tavolino e una televisione, un tappeto al centro della stanza.
Non c'erano foto, nemmeno una.
       - Suoni? - gli domandai indicando la chitarra.
       - Sì. Da quand'ero bambino - sorrise, per la prima volta da quand'ero lì.
Sfioravo tutto ciò che mi capitava davanti, arrivai a una libreria stracolma di libri.
       - Wow, deve piacerti leggere... -
       - A te no? -
       - Non particolarmente. Un po' -
       - Dovresti invece -
       - Non è che non mi piace, è che... non ho ancora trovato il libro per me -
       - Sono stato male, per questo non uscivo -
       - Oh.. che genere di.. di male? Influenza? -
Fermò il suo sguardo per un attimo. Un attimo solo, impercettibile. Continuavo ad avere quella sensazione, che lui, in fondo, non stesse pensando a me. Che non mi stesse neanche vedendo. Che fosse assorto in tutt'altro mondo.
       - Sì, influenza -
       - E ti è durata così tanto? -
       - Sì, strano eh? -
Feci cenno di sì con la testa, mi girai verso la finestra.
       - Perché le tieni chiuse? C'è un bel sole, e hai tutta la campagna davanti... -
       - Perché fai tutte queste domande? -
Mi lasciai cadere sul letto, sentivo che le cose non andavano per il verso giusto, o almeno non andavano come avrei voluto.
       - Senti, mi puoi dire che hai? No perché io pensavo solamente di venire a trovarti, tutto qui. Di venire a vedere che caspita ti era successo! Non voglio niente da te, non pretendo che tu mi ringrazi e mi abbracci... ma non pretendo nemmeno che tu mi tratti così. Insomma, voglio dire, sembra che io abbia violato il tuo.. il tuo territorio! Quasi come se fossi un cane! Sei forse un cane? Hai tracciato la tua zona con le unghie e oltre quel confine gli altri non possono passare? O forse sei solamente geloso della tua vita privata, della tua casa? -
Si accasciò sul tappeto, incrociò le gambe, appoggiò la testa sui palmi delle mani aperte e rimase in silenzio. Poi sollevò il viso, piano.
       - Mai nessuno è stato a casa mia -
Lo guardai impietrita. Nessuno?  Nessun suo amico, nessun suo compagno?
       - Perché ? - mi riuscì solamente di dire.
       - Perché io non ho mai voluto -
       - E io? Potevi benissimo far dire a tua madre di andarmene, o scacciarmi via te, quando mi hai vista -
       - Ma tu sei diversa -
       - Diversa? Diversa da che? -
       - Dagli altri. Mi piace, che sei qui. Ma non sono sicura che tu possa trovarci qualcosa di interessante -
       -...-
       -...-
       - A me non importa di trovare qualcosa di interessante. Io sono venuta qua per te. -

 

 

 

 

Mi portò fuori, in mezzo a quei prati infiniti che avvolgevano casa sua. Ci sdraiammo a pancia in su sull'erba fresca, tagliata quella stessa mattina, assorbendone il profumo.
Il sole era accecante, eppure entrambi fissavamo il cielo come se fosse il più bello spettacolo mai visto.
        - Come va con il tuo ragazzo? -
        - Non sa che sono qua -
        - Ah, bene. E dove dovresti essere, ora? -
        - Sto dormendo -
Scoppiò a ridere, sollevando il mento verso il cielo. Quella risata mi contagiò, ridevamo entrambi, dimentichi della tensione che c'era stata poco prima tra noi.
         - Bé, buonanotte allora! -
         - Buonanotte! -
         - Non trovi che tutto questo sia bellissimo? -
         - Quello che c'è intorno a noi? -
         - Sì, questo. E la vita. Vivere, non trovi che sia bellissimo? -
         - Sì, è bellissimo -
         - Per la prima volta in vita mia, non vorrei tornare indietro, e non vorrei nemmeno andare avanti. Voglio rimanere qui, dove sono ora, in questo momento -
         - Con me o senza di me? -
         - Con te. -

 

 

 

 


Tornai a casa piena di speranze. Non m'importava più niente, di quello che mi stava attorno. Volevo passare i miei giorni con Samuel, ridere con lui stesi su un prato, fotografarlo mentre guardava il cielo. Assorbire ogni sua parola e farla mia, immagazzinarla nel mio bagaglio di esperienze. Farne un insegnamento, un modo di vivere.
Vedevo Samuel non tanto come il ragazzo ideale, quello che noi ragazze sogniamo da quando, bambine, scopriamo che c'è un altro sesso, oltre al nostro, un sesso con cui si può andare oltre l'amicizia. Samuel era la persona perfetta. Era tutto ciò che un umano potesse desiderare di essere.
Samuel amava la vita come non avevo mai visto fare a nessun altro. L'amava, e vi era attaccato morbosamente. La custodiva gelosamente dentro le mura di casa sua, o forse, dovrei dire, del suo corpo.
Lo salutai con un bacio sulla guancia, mi disse:  - Ci vediamo domani -.
Non ero sicura che sarebbe stato davvero così, ma non m'importava. Mentre pedalavo verso casa, in mezzo ai campi e alle sterpaglie sulla strada, mi sentivo leggera, come se in realtà stessi lievitando sul terreno e la mia bicicletta galleggiasse, invece che pedalare.
Arrivai in paese, ma decisi di non tornare subito a casa mia. Svoltai verso il mare, decisa.
Il chiosco di Alex era proprio sulla spiaggia, e a quell'ora doveva essere pieno di gente. Ma, di nuovo, non m'importava. Non so perché, non lo so ancora oggi che sono passati tanti anni. Non ho mai più provato una sensazione del genere. Mi sentivo libera e capace di poter fare tutto ciò che mi andava. Come se il mondo fosse nelle mie mani. Mi sentivo di poter mandare all'aria un intero anno della mia vita. Di gettarlo alla rinfusa, senza dare nemmeno una spiegazione a me stessa. Perché la spiegazione ce l'avevo già.
Quando frenai davanti al chioschetto di legno e Alex mi vide, sorrise.
    - Ehi, che ci fai qui? -
Era stupito. Non aveva ricevuto il messaggio mattutino "Mi sono svegliata, buongiorno amore". Ero uscita di casa senza dirglielo. Una tragedia.
    - Devo parlarti -
Ero sudata, faceva un caldo bestiale, la canottiera mi si appiccicava alla pelle umida. E tra i capelli avevo qualche filo di erba.
Uscì dal bancone e mi venne incontro.
   - Ma che hai fatto? - mi disse accarezzandomi i capelli.
Indietreggiai un po', confusa da quel gesto. Mi sentivo di nuovo molle, paurosa, incapace di vivere senza di lui. Ma ci sarebbe stato Samuel, no? O forse no? Forse avevo solo confuso tutto, forse Samuel non ricambiava i miei stessi sentimenti, forse ero solo una pazza che aveva visto in lui il primo spiraglio di libertà dopo dodici mesi ed era andata fuori di testa, avevo cominciato a costruirmi castelli in aria, sperando in un futuro che nemmeno esisteva....
Non riuscivo a guardarlo in faccia.
    - Che ne dici se... se andiamo a farci un giro? Sulla spiaggia, ti va? -
    - Ora? Amore non posso... Sto lavorando -
    - Dai, c'è Sergio, no? Può stare lui per un po', no? Non te l'ho mai chiesto, per favore... -
Alex si fece convincere, lasciammo la bicicletta attaccata a un palo e andammo verso la spiaggia.
Camminammo a lungo sulla riva, per lo più rimanendo in silenzio. Il mare stranamente era calmo, calmissimo. Lui mi osservava curioso, non riusciva a capire perché gli avessi chiesto di lasciare il lavoro e venire con me, se poi non aprivo bocca.
    - Si può sapere cos'hai? Cos'è successo? Cos'è tutta quest'erba sui capelli? -
Me li toccai spaventata. - Erba? Ah, no.. è che ho giocato un po' con Terra, prima di venire qui..sull'erba -
   - Ma cosa c'è che non va? -
Feci un lungo, lunghissimo respiro. Guardai il sole, l'orizzonte del mare che spariva. Sapevo che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei guardato insieme a lui.
   - Ti ricordi quando mi hai detto che un giorno sarei cresciuta e avrei avuto voglia di vivere come vivono tutti quelli della mia età e mi sarei resa conto che stando con te non avrei potuto farlo? -
   - Sì, me lo ricordo... -
   - ... -
   - ... -
   - ... -
   - ... -
- Ecco, credo che quel giorno sia arrivato -
Alex mi guardò impietrito. Non poteva credere a quello che gli stavo dicendo. Era letteralmente paralizzato. Aggrottò la fronte, io spostai lo sguardo verso il mare. Mi afferrò un braccio, lo strinse forte.
   - Stai scherzando, Eva? -
   - No, non sto scherzando -
   - Che cazzo ti prende? -
   - Lasciami il braccio, per favore -
Lo strinse di più.
   - Dimmi che cazzo ti prende! -
   - ... -
   - E' per quell'idiota, vero? Come si chiama? Mi ha detto Sergio che vi ha visti insieme, e tu non mi hai detto niente -
   - Di chi stai parlando, cosa dici? -
   - Fanculo, Eva, vaffanculo -
Il suo tono di voce era aspro, crudo, cattivo. Ad ogni parola si alzava sempre di più e la stretta sul braccio aumentava.
  - Mi stai facendo male al braccio -
  - Dimmi che cazzo ti sta succedendo - mi gridò in faccia.
Rimasi in silenzio, non sapevo cosa dire.
  - Tutto d'un tratto vieni a dirmi che vuoi mollarmi? Mandi in fumo tutto così? Per cosa? Per chi, cazzo? -
  - Per nessuno ,per me stessa. Non ci deve essere per forza un'altra persona. Lo faccio per me, perché ho imparato ad ascoltarmi, cosa che non facevo da troppo tempo. E tu non mi capisci più, non mi ascolti neanche più, è diventata una consuetudine ormai per te, stare con me. Sai che ci sono, e questo ti basta. Non ti va, non ti viene neanche mente, di farmi presente che ci sei anche tu. Non mi fai sentire un bel niente, mi basterebbe un gesto qualsiasi, mi basterebbe che tu mi capissi, come una volta. Non m'importa niente dei regali e delle cene nei ristoranti, io voglio parlare, voglio essere libera -
  - Vuoi essere libera? Complimenti, dovevo aspettarmela una frase del genere -
Ancora una volta, non capiva. Per me libera non voleva dire essere single. Voleva dire essere... leggera.
  - Ti prego, lasciami il braccio -
In una frazione di secondo sentii la sua mano lasciarmi il braccio e posarsi sulla mia guancia. Non per accarezzarmi. Mi mollò uno schiaffo violento, pieno di rabbia.
  - Sei pazzo?! -
  - No, tu sei la pazza -
Lo guardai incredula, proteggendomi la guancia con la mia mano. Non aveva mai fatto una cosa del genere, e aveva sempre detto che mai l'avrebbe fatta.
Era come se qualcuno mi avesse cucito la bocca. Poi riuscii a parlare.
  - E' finita -
  - Va bene, basta che te ne vai. Vattene, cazzo -
Mi voltai, lenta, con la paura che qualsiasi mio gesto potesse farlo di nuovo impazzire.
Ogni passo era una tortura, mi sentivo a pezzi. Sì, è vero, avevo buttato all'aria un anno con lui. Ma lui chi era? Chi era stato, ora?
Mi girai, continuando a camminare. Si era accasciato sulla sabbia, si teneva la testa tra le mani, nascosta, la sua schiena si muoveva su e giù, lenta, poi veloce, poi di nuovo lenta.
       Piangeva.
Mi voltai, non potevo continuare a guardarlo. E non potevo non piangere anch'io. Mi sfogai come era da troppo tempo che non facevo, lasciando andare ogni lacrima che si nascondeva dietro le pupille, lasciando che il mio corpo si disidratasse, abbandonando i singhiozzi all'aria.

 

Guardai il mare. Era sempre lì.
Solamente, ora era agitato.

 

 

 

 

 

 

 

NOTE AUTRICE:
Mi scuso per l'immenso ritardo, ma ho avuto problemi con il computer, tempo occupato e neanche tanta ispirazione :) ma ora eccomi qui, scritta tutto d'un fiato. Adieu ^^

  
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