Beneee,
le cose stanno così. Questa è casualmente
diventata una longfic.
Prima volevo terminare i prompt sui cinque sensi, poi mi sono detta che
il
primo capitolo si adattava meglio a Oscurità, e il secondo a
Ombra, poi Luce e
poi i restanti sensi per lo sviluppo della ship. Direi che, contando
questo, i
capitoli totali saranno sette con un epilogo random
XD.
Riuscirò sicuramente a finirla e l’aggiornamento
non penso sarà semestrale,
anzi.
Ringrazio le persone che hanno recensito, ossia BloodNyar
(È un sogno comune... come quello del Matt/Mello XD!), _pEaCh_ (Ave a lei, oh donna la cui
recensione è sempre accetta
*O* Questo primo capitolo lo definirei, più che macabro, spiazzante, perché io me lo
vedo davvero così Matt ed è uno
scandalo XD) e _S_t_a_r_
(Onore a chi lascia un segno del suo passaggio *O*!); una menzione speciale per Lady_Ginny
che
ha aggiunto la storia fra i preferiti ^^. Arigatou!
Mi sono impegnata a rendere il linguaggio abbastanza infantile, ho
però a tiro
sempre bambini in età da asilo e non so se qualcuno di otto
anni parlerebbe
così ^^’. Ricordo ad esempio che mi rimproveravano
alle elementari l’uso del cosa
per riferirsi a tutto, e dai temini
che ripetevo spesso i nomi, non so se si tratti di un tratto comune o
altro XD.
Vedremo. Buona lettura!
Capitolo
uno.
74
~ Oscurità.
Mail non è mai stato un amante del buio.
È una cosa che detesta da quando era bambino, e anche adesso
che finalmente è grande
non può sopportare a
lungo di restare in una stanza senza alcuna fonte di luce o una
compagnia.
Anche se non si chiama più Mail – glielo ha detto
Roger, il timore rimane.
No, non è paura. È grande, Matt. Ha compiuto da
una settimana gli otto anni,
nessuno può imporgli nulla, né gli è
più permesso di avere paura.
È il più grande e il (secondo)
più
forte nel piccolo orfanotrofio, da quando L è partito.
L era un mito: lui restava sempre al buio e non aveva mai paura. L
sapeva tutto
riguardo tutto e su tutti; un giorno provò a spiegargli
perché quando le luci
si spengono a Mail, pardon, a Matt
sembra quasi di non poter più respirare, però era
tutto troppo complicato. Si
concentrò allora sul suono delle parole,
sull’inflessione, sulle sue labbra che
si muovevano, cercando di imparare a parlare come lui.
Resta che L era un genio. Un po’ gli manca, ma ora ha Mello.
È arrivato quasi un mese dopo la partenza di L.
Oh, anche Mello è intelligentissimo: però, a
differenza di L, il suo nuovo
amico passa molto tempo sui libri per imparare le cose.
Non gli basta leggerle una volta, però non sembra
dispiacersene. È felice di
poter passare i pomeriggi sui libri e poi uscire a giocare con gli
altri, è
felice di poter studiare tutte quello che L già sa e tanto,
tanto di più.
Anche a Mello dispiace il buio. Dice che gli ricorda troppo il
precedente
orfanotrofio – non gli piaceva quel posto, nonostante gli
dessero da mangiare
tante cose buone e lo curassero, a volte trattandolo come fosse una
bambola.
Mello però è forte: da quando è
arrivato Matt lo ha visto piangere solo una
volta.
Mica come quella lagna di Shane, che a volte si addormenta male e urla
per
tutta la notte di ridargli la sua mamma.
Oggi Mail ha preso una decisione.
Se Mello ha paura del buio, non dovrà più starci.
È un suo amico, l’amico
più amico che potesse desiderare,
non può permettere che soffra.
Preso il giochino elettronico che L gli ha regalato per Natale e tutta
la buona
volontà di cui dispone, sguscia furtivo fuori dalla camera
che condivide con
altri cinque compagni. Non prima di aver dato il bacio della buonanotte
a
Mello, ovvio.
E un calcio alla giacca di Kevin. Così impara a tirargli la
palla storta.
Una volta fuori, però, tutto quel che trova è altro buio.
E l’orfanotrofio è sempre più piccolo,
sempre più lontano... Che si sia fatto
coraggio? Sta davvero camminando nel buio senza aver paura?
Orgoglioso di sé continua con la passeggiata notturna,
accorgendosi di non
avere una meta ben precisa.
Dove può trovare una luce per Mello?
E pensa che sarebbe meglio tornare indietro, adesso. Sarebbe meglio
tornare a
casa.
Decisamente, questo buio è diverso da quello della stanza.
Questo buio è cattivo,
quello all’orfanotrofio era
soltanto vuoto.
Ma forse ha trovato una risposta.
Quella signora gli sorride, quella signora sembra buona...
È bella, tanto bella che potrebbe essere la sua mamma
– Roger dice sempre che
tutte le mamme sono belle, e buone, e gentili, e che non è
colpa loro se si
trovano all’istituto.
La signora ha i capelli biondi, e quella pelle bianchissima fa paura.
Però è bella,
e in quel sorriso vede qualcosa di rassicurante.
Le si avvicina senza remore, sebbene ogni cosa gli urli di fermarsi.
«Mail, fermati!»
implora ogni cellula
del suo corpo. Ma lui non si chiama più Mail, adesso
è Matt.
Si avvicina alla bella signora, prende la mano che lei gli
porge. Il buio
sembra più chiaro, adesso che c’è lei
– eppure non lo vede, il sangue che cola
dalle dita affusolate strette alle sue.
Gli occhi della signora brillano
nel
buio. Rossi, certo, sono un po’ inquietanti, però
con lei non c’è più il buio.
Con lei sa di essere al sicuro.
«Io mi chiamo Matt» le sorride.
La bella signora si china su di lui, sui suoi capelli, respira con
un’espressione squisita sul volto.
«Ciao, Matt».
[700 parole.]