Ho scritto anni fa queste fanfiction ma ho dimenticato di pubblicarle. Eccone qualche altra di questa raccolta prima di segnarla come conclusa. In futuro mi piacerebbe scrivere una nuova long fic quindi volevo usare efp per qualche tempo prima di pubblicarla, non ricordo bene come si usa!
Titolo: Un attimo ancora
Rating: verde.
Tipologia: flashfic.
Genere: generale, drammatico.
Pairing: Milo/Camus
Personaggi: Camus, Milo.
Avvertimenti: POV di Milo, AU, slash (?).
Parole: 350
Note dell’autore: il mio cuore, ah 3
Prompt:
Imagine your OTP on a cold winter morning some time after Person A has died. Person B walks up to their grave with Person A’s favorite flowers and starts talking as if Person A never died. Person B dusts off some snow from Person A’s grave, lays down the flowers, and stands up. Suddenly, snow from one of the branches of the tree overhead falls down and hits Person B. Person B just laughs, dusting off the snow with tears in their eyes, and says “You got me again…” by @enbysaurusrex-blog
Con un sospiro, Milo si strinse nelle spalle e avanzò.
Le sue impronte nella soffice neve bianca erano profonde, definite. In fondo un’armatura, per giunta d’oro, non poteva non lasciare un segno su un elemento così fragile e prezioso.
Era tuttavia strano camminare in un posto tanto innevato e, al tempo stesso, vicino alle Dodici Case. Alzò lo sguardo: la meridiana era dritta davanti a lui, guardava dall’alto tutto il Santuario. Compreso il cimitero.
«Mi ero promesso di non venire…» bisbigliò, osservando una tomba davanti a sé. «Ma la neve, qui ad Atene, il giorno del tuo compleanno?»
Scosse la testa, con un sorriso, come se si aspettasse davvero una risposta.
Lentamente, s’inchinò davanti la lapide e spostò un po’ di neve, giusto quella sufficiente per vedere il nome apposto sulla pietra. Appoggiò, con devozione, un mazzo di gigli sulla neve.
«Bianchi con le lentiggini, come dicevi tu.» sfiorò uno dei fiori delicatamente. «Se sapessi dove sono finito per trovarli…»
Ben presto si accorse che parlare da solo stava solo acuendo quella sensazione di abbandono che aveva provato sin dal primo giorno trascorso senza di lui. Non era nemmeno una cosa intelligente da fare, si disse; se avesse visto qualcuno parlare da solo al cimitero, avrebbe forse pensato che fosse pazzo. Ma quante cose aveva scoperto in quegli ultimi mesi…
Un ultimo commento. Un attimo ancora.
«Hyoga è ancora in coma. Ma ce la farà.»
Fece un passo indietro e abbassò lo sguardo. Adesso poteva andare.
Sentì all’improvviso qualcosa di freddo cadere sulla sua testa, tra i capelli. Alzò lo sguardo appena in tempo per vedere un ramo oscillare e qualche fiocco di neve volteggiare piano nell’aria.
I suoi occhi si sgranarono.
«Me l’hai fatta ancora…» mormorò, col sorriso ma amaramente, divertito ma atterrito, compiaciuto ma sconsolato.
Non seppe più trattenersi.
«Devo andare, Camus.»
Girò sui tacchi, appoggiando le nocche della mano sulle labbra mentre sentiva gli occhi inumidirsi, la fronte corrugarsi.
Non poteva permettersi di piangere, però. Tutti i suoi ricordi con Camus erano splendidi e non c’era motivo di rovinare una vita insieme con il peso del rimpianto.