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Autore: TsukikageShawn    30/09/2020    1 recensioni
Storia partecipante alla challenge di Carachiel - Finis Coronat Opus.
Il nostro protagonista preferito racconta da come ha scoperto di essere padre alla nascita della figlia. Un'avventura piena di emozioni e di sorprese, tutte incorniciate da otto finali che nessuno penserebbe che potessero essere di un'unica storia.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kotori /Tori, Nuovo personaggio, Rio, Yuma/Yuma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Come hai recuperato il braccialetto? La paladina dall'enorme saggezza è Rio?»

«Se mi interrompi non finisco mai, e tua madre non sarà per niente contenta di vederti ancora sveglia.»

«Allora continua.»

«Quel giorno…»

Tra un mese sarebbe nata mia figlia, tutti in ufficio erano contenti per me e il mio capo mi aveva dato dei turni più brevi. La pausa pranzo la trascorrevo sempre al parco con i miei colleghi, era l'unico momento in cui non parlavamo di lavoro.

E tutti i giorni venivo assalito dal cane di Rio, un san bernardo grande quanto una delle stampanti che usavamo per i documenti. Lei si fermava a chiacchierare con me e i miei colleghi single la corteggiavano senza successo. Ma quella volta solo il suo cane venne a salutarmi, Rio stava parlando al telefono e mi fece solo un cenno con la mano. Allora mi nascosi dietro un albero per spaventarla, e per errore ascoltai la sua conversazione.

«Domani, verso mezzanotte… Si, toccata e fuga come al solito… New York? Tra tutte le città proprio New York, che cliché… Ci vediamo al solito posto… Va bene, ciao.»

La ragazza posò il telefono in borsa e mi prese per un braccio, non era per niente contenta di vedermi come le altre volte.

«Non ti hanno insegnato che non si origliano le conversazioni altrui?» disse con tono arrabbiato, non l'avevo mai vista così.

«Scusami, volevo farti uno scherzo… Perché devi andare a New York?»

«Non ti riguarda, facciamo finta che non sia successo niente. Tu dimentica quello che hai sentito e io non ti appendo all'albero con le mutande.»

Mi lasciò il braccio e le promisi di dimenticare quello che avevo sentito, a patto che mi avrebbe portato con lei. Mi guardò malissimo e mi appese all'albero, i miei colleghi mi tirarono giù ridendo e la rabbia di Rio si trasformò in riso.

La sera stessa venne a casa mia, ma non era come le altre volte. Non faceva altro che fissarmi e questo mi intimoriva. Dopo cena, Tori andò in cucina a lavare le stoviglie e approfittai del momento. Rio era seduta sul parquet e coccolava il suo cane. Le dissi che la mia offerta era vera, le raccontai del braccialetto ma lei disse lo stesso no, non poteva portarmi.

«Perché non posso venire, non lo dirò a nessuno. Devi stare solo una notte, nessuno noterà la mia mancanza.»

«Yuma non è questo il punto, questo lavoro è troppo pericoloso. Non voglio che ti succeda niente, Tori ha bisogno di te, qui.»

«Ti prego portami con te, non ti darò nessun fastidio, lo giuro su mia figlia.»

«No, è inutile che insisti. Cambiando discorso, avete già scelto il nome?»

In quel momento arrivò Tori e iniziò a riempire la testa della nostra ospite con tutte i nomi che avevamo pensato. Allora le lasciai da sole e andai a prendermi un succo in cucina. Il telefono di Rio era in bella vista sul tavolo e la curiosità prese il sopravvento. Le erano arrivati dei messaggi da un certo Romhan.

"Cambio di programma, domani direttamente alla pista. Stesso orario, stesso luogo. Ti aggiorno sul jet."

Il luogo dell'incontro doveva essere la pista di volo per aerei privati, ora sapevo come recuperare il braccialetto. Dovevo solo agire nell'ombra e non farmi scoprire, di sicuro il posto era sorvegliato.

La notte successiva, mi preparai per il viaggio. Mentre Tori dormiva, uscii di casa senza fare rumore e andai a piedi. Intrufolarmi nello stabile sarebbe stato difficile, c'erano tantissime guardie. Vidi una di esse fumare una sigaretta, era distratto e disarmato. Gli diedi un calcio nelle parti basse, cadde a terra, contorcendosi dal dolore, e gli rubai la divisa. Entrai nell'edificio come se non fosse successo niente, nessuno mi fermò. Dalla mia posizione vidi un jet nero con dei strani pannelli attaccati. Rio indossava un completo elegante come quello che avevo io per l'ufficio. Di sicuro stava aspettando il tipo del messaggio, e dal suo atteggiamento capii che era in ritardo. Dopo un po' arrivò un giovane biondo e muscoloso, con indosso una tuta attillata da film di spionaggio con in mano una ventiquattrore.

«Scusami il ritardo» disse il nuovo arrivato, era proprio un bell'uomo.

«Non importa, dobbiamo arrivare prima che la loro posizione cambi. Di che aggiornamenti parlavi?»

«È tutto qui dentro.»

Il tipo passò la valigetta a Rio e la seguì sul jet. Entrai nel veicolo senza far rumore, il portellone si chiuse e il jet decollò. Mi nascosi dietro la porta aperta dello scompartimento affianco all'entrata, dove i due passeggeri sfogliavano documenti e foto mentre parlavano di una misteriosa nave aliena che si era fermata nell'atmosfera di New York. Quella notizia mi sorprese così tanto che urtai qualcosa. Mi feci piccolo piccolo sperando che non mi avessero sentito, ma non fu così. La porta si mosse di scatto e vidi la mia amica che mi puntava la pistola sul viso.

«Cosa ci fai qui? Idiota» mi disse posando la pistola nella fondina.

Mi trascinò nella stanza dov'era prima e vidi il suo amico che brandiva un fucile d'assalto.

«Chi è questo qui?» chiese a Rio posando l'arma.

«Un mio amico che non si fa i fatti suoi. Non possiamo tornare indietro, dovrà restare con noi.»

«In questo caso, io sono Romhan.»

«Piacere, Yuma.»

Mi porse la mano e io lo guardai stranito. Rio mi prese il braccio e mi fece stringere la mano con lui. Poi mi spiegò che era un gesto di saluto tipico occidentale, noi abbiamo gli inchini e loro le strette di mano.

Mi sedetti e li osservai lavorare, ogni tanto Rio mi riservava delle occhiatacce. Non era affatto contenta della mia presenza, con le mie azioni l'avrei messa nei guai, ma non ci avevo pensato prima. Mi sentivo il terzo incomodo, soprattutto perché sembrava che loro due stessero insieme e gli avevo rovinato la serata romantica.

Rio si alzò ed andò nella stanza del pilota e rimasi da solo con l'occidentale.

«Yuma, come mai ti sei intrufolato?» mi chiese gentilmente Romhan.

Allora gli raccontai del braccialetto. Quello che sarebbe dovuto rimanere un segreto romantico tra me e mia moglie stava facendo il giro del mondo.

«Wow, che storia avvincente. Sei proprio un tipo interessante, sai Nessie non parla mai della sua vita privata.»

«Il mostro di Loch Ness?»

«Si, Rio. È il soprannome che le ho dato.»

«Ma quindi voi due state insieme?»

«Cosa? No, io sono gay, non si vede?»

La conversazione venne interrotta da Rio per informarci del nostro arrivo. Ci trovavamo proprio sulla spiaggia dove io e Tori passammo la serata in viaggio di nozze. Il sole era alto nel cielo, scesi dal jet insieme al pilota che mi disse di recuperare il pacco e di tornare subito sull'aereo, mentre lui controllava il perimetro. Rio e Romhan stavano esaminando il posto con degli strani attrezzi e mi incamminai verso l'oceano. All'improvviso una strana luce mi sollevò in aria e persi i sensi, sotto lo sguardo incredulo dei presenti.

Mi ritrovo disteso sul letto, in testa ho mille vorticosi pensieri che fanno a pugni tra loro. Mi giro sul fianco e guardo fuori dalla finestra. È buio. Non capisco, cerco di fare mente locale mentre la mia testa non accenna a trovare un filo logico tra essi. L'ultima cosa che ricordo è una luce che veniva verso di me. "Dove sono?" urlo ma non sento la mia voce.

 

 

Angolo autrice

Ed ecco che si inizia ad infittire la trama. Cosa faranno Romhan e Rio, come salveranno il povero Yuma che non si fa mai i fatti suoi? Lo scoprirete al prossimo capitolo.

Prossimo capitolo - Complicazioni

   
 
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