Fanfic su artisti musicali > Alice Nine
Segui la storia  |       
Autore: Esthel_    23/08/2009    0 recensioni
[Saga] ''...ma è come se una voce gli dicesse, che c’era qualcos’altro che doveva ancora cercare, che doveva ancora esperimentare, qualcosa che lo avrebbe identificato, qualcosa in cui si sarebbe completamente fuso con esso. Doveva cercare il suo strumento, e lo avrebbe trovato...''
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Bass

Ritrovarsi sotto al cospetto di quello che non era il suo vecchio amico salice, scaturiva in lui una strana sensazione. Takashi ammirava la simmetria, le venatura del tronco d’albero di limoni, vedeva come le foglie venivano debolmente smosse dal vento, creando un leggero fruscio, notava come la buccia di quei limoni brillasse sotto la luce del sole.  Decise di sedersi, adagiando la schiena sul tronco ruvido e chiudere gli occhi, gustandosi l’aria pulita e fresca della mattina, domandandosi se mai quella strana ragazza sarebbe venuta come da lei detto. Era come se qualcosa gli dicesse, che anche questa volta sarebbe comparsa improvvisamente, come piombata giù dal cielo, a fargli perdere qualche battito del cuore.
<< Buongiorno Saga-kun! >> un voce squillante, squarciò il silenzio.
Il moro sobbalzò bruscamente: ancora una volta non l’aveva sentita arrivare, proprio come aveva immaginato. Ora nella sua visuale, vi era quel faccino col perenne sorriso trionfante in volto e l’aria da maschiaccio, sorridergli, seguita da una bicicletta che adagiò al tronco.
<< Potresti essere meno chiassosa la prossima volta, e magari cercare di evitare di farmi prendere un infarto? >>
<< Oh, mi scusi tanto signorino Saga. La prossima volta cercherò di farmi annunciare >> rispose sarcastica, ridacchiando e sedendosi al suo fianco, lui invece, gli aveva lanciato un occhiataccia imbronciata.
<< Aaaah! Che giornata meravigliosa! >> aveva esclamato Asumi, portando le braccia in alto a pugni stretti per stiracchiarsi, e Takashi l’aveva osservata sbattendo le palpebre ripetutamente, per poi sorridergli.
Osservarla per lui,  era come vedere un supereroe di un altro pianete sceso sulla terra, che cercava di entrare man mano nella vita di un essere umano, sotto mentite spoglie.
Si lasciarono andare a contemplare quella pianura verdeggiante, a scorgere l’albero di salice in parallelo a quello di limoni a un paio di metri di distanza, sentire come l’aria fresca e pulita gli solleticavano le guancia, quando l’espressione serena di Takashi sembrò rattristirsi. Non potè far a meno di pensare a Yoshiro, era così strano non vederlo al suo fianco beatamente steso sull’erba fresca, era triste pensare che se ne stava rintanato nella sua cuccia senza toccare cibo, e ancora più triste era provare odio, un odio che non riusciva a placare verso chi aveva scaturito sofferenza e brutti ricordi al suo amico.
<< Se succedesse qualcosa a Yoshio, credo che non me lo perdonerei mai >> mormorò, occhi che sembravano fissare il vuoto.
Un ondata di vento, smosse con più sfoga le foglie dell’albero di limoni, creando un forte fruscio come se tutt’ a un tatto l’albero avesse preso a cantare. Asumi  si era voltata, aveva notato come l’altro avesse acquistato un espressione assente e malinconica, ma non era stata in grado di rispondergli, come se di fronte al timore di poter perdere qualcuno a noi caro, non esistevano risposte, ne parole consolatrici.
<< Sai, credo che gli alberi abbiano la straordinaria capacità di ascoltare, e se tieni bene aperta la mente, sarai capace anche di sentirlo parlare >> aveva sussurrato lei, con occhi incantati.
<< Quindi, credi che ora mi abbia risposto? >> la osservò.
<< Esatto >> annuì, sorridendogli.  L’altro, alzò lo sguardo su quelle foglie che non sembravano fermasi dal dondolare nell’aria.
<< Chissà cosa avrà voluto dirmi >> aveva mormorato, impercettibilmente.

Asumi si riscosse, afferrò la bicicletta e ci salì sopra, incitando l’altro ad alzarsi.
<< Ora credo sia meglio andare. Avanti, salta su! >>
<< Cosa? Dovrei salire lì? >> aveva domandato stupito l’altro, una volta alzato.
<< Certo! Hai per caso paura di una bici? >>
<< No, certo che no! >> esclamò.
<< E allora cosa? >> canzonò lei, stringendosi nelle spalle.
<< Lascia perdere >> annui, sorvolando sull’argomento e cercando di trovare il modo di sedersi sulla bici dietro alle sue spalle. Non era di certo timore, era solo imbarazzato.
La bicicletta prese il via, ritrovandosi a scendere la salita che gli avrebbe condotti in  paese, e cercarono di conoscersi meglio, conoscere qualcosa di più sulla vita dell’altro, le loro abitudini, i loro gusti musicali, quale fosse il loro libro o manga preferito, cosa adoravano mangiare, e Takashi si stupì di quando in realtà avessero così tanto in comune, ma ancora più assurdo, era la sensazione di conoscersi da una vita intera.
<< Eccoci arrivati! >> aveva esclamato Asumi, una volta a destinazione. Scersero entrambi dalla bici, si trovavano nei pressi della chiese, esattamente sul marciapiede opposto, vicino a una villetta sull’azzurrino. Asumi entrò nel vialetto, lasciò la bicicletta, aprì la porta di casa e attese che Takashi la seguisse dentro. L’arredamento era semplice, ma accogliente; la cucina era su un giallino chiaro, e al centro vi era un grande tavolo di legno, dove adagiato a una delle sedie del tavolo, vi era un lucente basso rosso. Takashi, venne come rapito da tale bellezza.
<< Accomodati pure >> disse lei, sedendosi a una delle sedie del tavolo, << Stiamo soli in casa. Mia madre lavora, mentre mia fratello vive in America >>.
<< America? >> fece eco, << E’ così lontana >> osservò, sedendosi di fronte a lei.
<< Già! >> annui, e afferrò il basso tra le mani, dove lo smalto rosso sembrava brillare incandescente. Takashi per un attimo, lo osservò senza nemmeno fiatare, solo quando Asumi prese a parlare si riscosse.
<< Questo era di mio padre. Era perché, ora è andato via da qualche parte >> ci fu una pausa, i suoi occhi castani ammiravano la simmetria raffinata dello strumento, << In famiglia abbiamo il brutto vizio di scomparire >> sorrise, in modo quasi imbarazzato e sforzato; Takashi capì che non voleva andare oltre sull’argomento, del resto quella ragazza era un mistero e tale sarebbe rimasta fino a quando non sarebbe stata lei a svelargli ogni dubbio.
<< Direi che ora sia meglio iniziare >> disse poi, alzandosi e lasciando che Takashi si mise il basso a tracolla, e prese ad insegnargli le prime basi, come la postura, il modo di posizionare le dita sulle corde, riconoscere i suoni, le note, accennare qualcosa sugli accordi, andare anche a rovistare tra i suoi libri di musica e prestarglierli. Takashi sentiva il corpo venire invaso da una forte eccitazione, una grande voglia di fare, di scoprire e imparare qualcosa di nuovo, e sapeva già che gliene sarebbe stato sempre grato.

L’intera mattinata passò in un niente, Il ragazzo si accorse che era ormai ora di pranzo e decise di tornare a casa, anche perché, le dita presero a fargli male.
<< Non immaginavo che le dite potessero fare così male >> aveva osservato, massaggiandole.
<< Non preoccuparti, è questione di abitudine. Il dolore scomparirà >>
Si trovavano ormai per strada, avevano già superato la chiesa e Takashi si voltò a notare Asumi che camminava al suo fianco. << Cosa fai? Mi accompagni a casa? Guarda che la conosco la strada >>
<< Esatto! Ti accompagno. Non vorrei che incontrassi nuovamente la banda di Higashi, e saresti nuovamente indifeso >> ammiccò.
<< Ehi! Ma per chi mi hai preso? Guarda che so difendermi io >> esclamò, ridendo, dandogli una lieve gomitata, lei ridacchiò, deviando lo sguardo. 
Il tragitto proseguiva tranquillo, si trovavano quasi sulla salita che conduceva a casa sua, quando come se fosse uno scherzo del destino, avvertirono dei passi e delle chiassose risate ben riconoscibili alle loro spalle. Higashi e la sua banda. I due ragazzi si voltarono e rimasero increduli a ciò che vedevano.
<< Oh, no >> aveva sbuffato Asumi, irritata. Mentre Takashi, sembrava fissare attentamente e senza nemmeno fiatare, il suo nemico sogghignare rozzamente, avvicinarsi con il suo passo pesante e sfrontato, come se fossero su uno scenario da far west.
<< Ma guarda chi si vede! Ora te ne vai in giro con la tua salvatrice? >> canzonò sarcastico il grassaccio, ridendo rumorosamente accompagnato dal resto del gruppo, << Cosa c’è? Ora non riesci ad uscire fuori di casa senza di lei? >> ridacchiò in malo modo ancora, dove puntualmente i suoi scagnozzi lo imitarono. Takashi gli si avvicinò ancora, lentamente, con espressione seria e distaccata, quasi tranquilla. Asumi invece, alternava lo sguardo allerto tra i due.
Lui non aveva desiderato altro, nient’altro che ritrovarsi nuovamente faccia a faccia con quel odioso individuo, ma non gli avrebbe detto niente, perché a volte le parole non servano a nulla, certo, non avrebbe scatenato una rissa, ma c’era qualcosa che poteva benissimo fare.
<< Allora? Hai perso la lingua, sfigato? >> lo provocò ancora l’altro.
Asumi si fece avanti, per partire all’attacco: << Per caso non vi è bastata la lezione dell’altra sera? Volete forse che…>> venne interrotta perché Takashi, fu molto più veloce di lei.
Aveva sferrato un bugno dritto in faccia ad Higashi, talmente veloce da non dare nemmeno il tempo di accorgersene agli altri. Quest’ultimo rotolò bruscamente per terra, perdendo anche sangue dal naso, e rapidamente i suoi fedeli compagni lo soccorsero e lo aiutarono ad alzarsi.
<< Brutto schifoso bastardo >> aveva ringhiato, mentre veniva retto dai suoi compagni e si tamponava la ferita con la mano. Takashi lo fissava ancora impassibile e silente, e quando l’altro fu in grado di reggersi da solo, sembrò stesse per saltargli addosso ma rapidamente Asumi gli si parò davanti in tempo.
<< Se non volete che ve ne dia il resto, andatevene >> scandì perfettamente Asumi, e questi quasi indietreggiarono spaventati, perché sapevano benissimo di cosa fosse capace.
Higashi lanciò una occhiata disgustata ai due, fece cenno agli altri di andarsene e scomparirono. Non appena furono abbastanza lontani, Asumi si voltò verso Takashi, osservandolo stupita.
<< Come diamine hai  fatto? Cioè….Cioè…I-il pugno…wow! E’ stato grande >> era talmente meravigliata che non riusciva ancora a crederci.
<< Dovevo pur sempre vendicarmi, no? >> fece spallucce.
<< Sono d’accordo! >> rise.  
<< Dannazione! >> si lamentò poi, << Ora le dita mi fanno più male di prima >> e prese a massaggiarsi la mano con cui aveva colpito Higashi.
<< Hei! Hai mai fatto a pugni in vita tua? >> domandò, ridendo fragorosamente, Takashi pare assunse un aria perplessa.
<< Qualcosa di simile, alle elementari>>
<< Alle elementari? >> fece eco, stupita.
<< Si. Ero nervoso quel giorno, e un mio compagno di classe mi aveva rubato la merendina e io stavo morendo di fame, così non ci ho visto più e ho afferrato l’astuccio che gli ho praticamente lanciato contro. Ricordo che la maestra mi fece una bella ramanzina >> annuì, aveva il brutto vizio di annuire continuamente quando parlava. Asumi, non riusciva a trattenersi dalle risate.
<< Questo è davvero, davvero ridicolo! >>
<< Hei! Smettila un po’ di ridere, avevo le mie buone ragioni io! >> esclamò, dandogli ancora una gomitata e lei non smetteva ancora di ridere.
Non si accorsero nemmeno di trovarsi davanti alla porta di casa sua, così il morso si voltò verso la ragazza, per salutarla.
<< Grazie mille per la lezione di oggi >>
<< E’ stato un piacere. Alla prossima >>
<< E quando? >> chiese, incuriosito.
<< Lo saprai presto >> sorrise, girò sui tacchi e se n’è andò.

Takashi aprì la porta di casa dove trovò già la famiglia a tavola. Già, c’era anche sua padre questa volta a pranzare con loro.  
<< Oh, vedo che sei tornato. Temevo saltassi il pranzo >> disse sua madre.
<< Scusate per il ritardo >> rispose lui, facendo il giro del tavolo e sedersi affianco a suo padre. << Sapete, la persona che mi salvò quella sera, in realtà è una ragazza. Si chiama Asumi e abita giù in paese, vicino alla chiesa. E proprio oggi, ha iniziato a darmi lezioni di basso! >> raccontò, entusiasta.
<< E’ fantastico! Credo dovresti invitarla un giorno di questi a cena, dobbiamo ringraziarla. >> suggerì sua madre.
<< Si, io sono d’accordo! >> aggiunse suo padre, a bocca piena, rischiando anche di strozzarsi.
<< Quindi, hai iniziato a suonare il basso? Spero solo che tu non smetta di suonare il piano >> aggiunse poi, voltandosi verso su figlio, quasi leggermente preoccupato.
<< Non potrei mai smettere di suonare il piano, papà >> lo aveva rassicurato, sorridendogli, << Te l’ho promesso un paio di anni fa >>
<< Questo mi tranquillizza >> annui, e ridacchiarono insieme, ritornando a consumare tranquillamente il pranzo, e quando ebbero finito, Takashi chiese quasi titubante a suo padre: << Come sta Yoshiro? >>
<< Meglio. E’ riuscito a mangiare oggi, non a sufficienza, ma è già qualcosa. Lo trovi in camera tua, credo ti stia aspettando >>
<< Vado >> Takashi si alzò da tavola e raggiunse camera sua, dove lo vide accucciato sul suo letto che lo attendeva e si fece sfuggire un lieve sorriso stando sullo stipide della porta, ad osservarlo. Yoshiro si voltò quando lo sentì arrivare e i suoi occhi sembravano quasi accendersi. Il ragazzo si sdraiò sul letto, e Yoshiro gli salì sopra, dove lui prese ad accarezzarlo, coccolarlo e osservarlo.
<< Che ne dici di impegnarci, eh? Io prometto di impegnarmi nella musica, a crearmi il futuro che desidero, e tu prometti di impegnarti a non lasciarmi ancora, ci stai? >> lo fissò, rispecchiandosi perfettamente in quei grandi occhi scuri che sembravano scrutarlo. Gli leccò una mano.
.<< Guarda che lo prendo come un si, eh? >> sorrise, lo abbracciò ancora, e si addormentarono insieme.    

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Alice Nine / Vai alla pagina dell'autore: Esthel_