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Autore: Pluma    24/08/2009    1 recensioni
(Dal II° capitolo) “Molto piacere. Come ho già detto io sono Richard Heart. Questa bellissima donna è Sheril Water, il mio braccio destro. Il più vecchio tra noi è Asriel Stern. La ragazza che le ha recuperato la borsetta si chiama Savannah Runner; infine, lui è Jack Salvador, in realtà non si chiama così, ma il suo nome è per tutti noi impronunciabile perciò…Jack.” (...) “E ora che abbiamo fatto tutte le presentazioni, cosa volete dai Predators?” I Predators è un'agenzia tutto fare formata da cinque persone decisamente molto diverse tra loro... partendo dall'età, per continuare con la nazionalità, finendo con il loro carattere. Non disdegnano commissioni che li portano in giro per il mondo, sebbene siano lavori che hanno poco a che vedere con la legalità. Sinceramente non mi importa se li amerete o li odierete, dato che sono degli anti-eroi, la mia speranza è che non vi lascino indifferenti. Per questo spero tanto che recensirete, almeno un pochino...
Genere: Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XI° CAPITOLO

ASRIEL

 

(*)Deutschland, Deutschland über alles,
über alles in der Welt

 

Dall’altra parte della strada, di fronte a casa Rizzo, si estendeva un vialetto da alberi con tanto di panchine per giovani coppiette che volevano scambiarsi, in santa pace, tenere e romantiche effusioni. A quell’ora tarda, però, tutte le panchine erano vuote, fatta eccezione per una sola, poco più in là rispetto alla villetta Rizzo. Non si trattava di una coppia, ma di una persona sola che, in sé, non aveva nulla di romantico e tenero. Al contrario, i suoi occhi grigi, aperti solo a metà, avevano un’aria da essere superiore, anche ora che, davanti a lui non c’era proprio nessuno su cui esercitare la sua arroganza. La temperatura della notte era piacevole e, qualsiasi altro componente dei Predators si sarebbe rilassato nell’attesa della telefonata di Richard. Asriel Stern no, però. Schiena dritta, mani sulle ginocchia, bocca serrata ed espressione attenta, rivolta verso il suo obbiettivo.

Finalmente i suoi pantaloni cominciarono a vibrare. Asriel aveva tolto la suoneria per evitare che l’inno nazionale tedesco destasse troppa attenzione. Infilò la mano in tasca estraendone il cellulare.

“Richard?”

“Come avevo previsto si trova a casa sua. Secondo Sheril dovresti provare nella stanza di Salvatore Junior.”

“Quindi non è sicura. Non possono chiederlo a Rizzo, prima che vada dentro inutilmente?”

Una risatina giunse dall’altro capo del telefono.

“Sei troppo simile a me. Mi chiedo quanto tu possa essere utile.”

Asriel non degnò la benché minima attenzione alla provocazione e aspettò, pazientemente, che Richard smettesse di scherzare.

“E’ morto prima che potesse dare qualche informazione in più.”

Il sopraciglio destro scattò verso l’alto. Più che sorpreso, il tedesco, era irritato.

“Dovresti chiederti quanto sia utile la ragazza.”

“Lo farò, grazie del consiglio.”

Con il pollice, Asriel, interruppe la chiamata.

Era sicura che, nonostante il ringraziamento, Richard non avrebbe mai messo in dubbio la posizione di Savannah né, tanto meno e purtroppo, quella del moccioso sudamericano. Il pensierosi Jack gli provocò un moto di stizza che dominò con qualche difficoltà. Una volta ritrovata la calma si alzò dalla panchina e si diresse verso l’altro lato della strada, senza prendersi il disturbo di guardarsi in torno. La strada era deserta.

Fu facile, per uno scalatore esperto come Asriel, arrampicarsi sulla facciata della casa. Per sua sfortuna, però, le finestre erano chiuse; non sarebbe riuscito ad entrare senza fare rumore. Gli rimaneva solo da sperare che in casa non ci fosse nessuno. Riparandosi il gomito  ruppe il vetro della finestra più vicina, senza guardare dentro e, veloce come sempre, a dispetto dell’età, girò la maniglia entrando finalmente nella stanza.

“VERDAMT!”

Quella non era proprio serata. Ancora una volta la fortuna non gli aveva degnato nemmeno una rapida occhiatina. Si era intrufolato nella camera da letto del piccolo Salvatore che, svegliato dal rumore dei vetri rotti, ora era seduto sul materasso con la schiena dritta ed un’espressione pietrificata sul volto pallido e seminascosto dal buio.

Ma Asriel si era sbagliato: quella sera quel poco di fortuna che ebbe gli semplificò il lavoro. Tutte le guardie del corpo dei Rizzo, quella sera, come tutti i compleanni di Salvatore, avevano la serata libera. Lusso che la famiglia poteva permettersi da quando il suo potere era solo un ricordo o la speranza per il futuro. Bruce aveva pregato Salvatore di lasciarne almeno un paio per la figlia e il nipote, ma il capofamiglia, con sua enorme stupidità, non lo aveva ascoltato. Al posto delle guardie del corpo, quindi, nella stanza del bambino, si precipitò, disarmata, la madre. Fu un sollievo, per Asriel, veder entrare l’esile figura di Maria, ma nonostante questo se ne guardò bene dall’abbassare completamente la guardia. La natura insegna: una madre può diventare molto più pericolosa del cacciatore più esperto. Il primo istinto dell’uomo fu quello di prendere come ostaggio il ragazzino che, ora, guardava speranzoso la madre. Sarebbe stata la mossa migliore se ad entrare fossero stati i gorilloni dei Rizzo, oppure se Maria fosse stata armata; ma in quella situazione non c’era alcuna ragione di provocare due omicidi inutili. Asriel si limitò ad alzare le mani a mezz’aria, rivolgendosi con un tono calmo a Maria:

“Mi ascolti signora. Non ho alcuna intenzione di fare del male e suo figlio e nemmeno a lei. Voglio solamente uno stupido cavallino di legno; niente di più. giuro che dopo me ne vado senza creare altro disturbo.”

La donna non era molto convinta, ma Asriel si rifiutò di aggiungere altro. Sarebbe stata soltanto una perdita di tempo, la dialettica non era una delle sue doti migliori e non avrebbe saputo dire null’altro per convincere Maria. In fondo sarebbe stato meglio se fosse uscito da quella casa con i due ancora vivi, ma sei era tanto stupida da non dargli retta non era certo colpa di Asriel.

Finalmente Maria si mosse in direzione del figlio, andandosi a sedere al suo fianco e circondandolo in un abbraccio materno. L’uomo fece per uscire dalla stanza, quando un’idea bloccò i suoi passi.

“Signora, suo padre ci ha detto che il cavallino si trova nella stanza di suo figlio, ma io qui non vedo nulla di interessante. Non è che mi farebbe il favore di evitarmi una telefonata?”

Ciò che aveva appena fatto era molto rischioso. Sheril e Savannah non potevano essere sicure di aver interpretato bene le poche informazioni di Rizzo; se il Trojan non era nelle mani del bambino Maria avrebbe potuto capire che suo padre non stava collaborando e che loro non potevano costringerlo per qualche motivo. In questo caso sarebbe stato bene, per la salute di madre e figlio, che lei non intuisse la vera ragione.

“Non si trova qui” rispose la donna mentre Asriel tratteneva il fiato. “E’ nella sua stanza dei giochi, al piano di sopra. La porta a sinistra delle scale.”

Maria ritornò a chiudere la bocca non aggiungendo altro, ma si vedeva perfettamente dalla sua espressione che aveva altro da dire. Sembrava preoccupata, ma allo stesso tempo rassegnata.

“Non si preoccupi, eviterò di metterle a soqquadro la camera.”

Detto questo Asriel uscì non preoccupandosi di suggerire, in modo perentorio, ai due di non uscire per quella notte; non sarebbe stato necessario.

Quando asriel varcò la porta della stanza dei giochi si ritrovò in una specie di paese dei balocchi in miniatura. Nella parete opposta c’era un’enorme finestra in quel momento chiusa, ma di giorno, quasi sicuramente, la sua grandezza lasciava passare una buona quantità di lice solare. Le pareti erano azzurre, dall’odore si sarebbe detto che erano appena state ridipinte. Probabilmente sotto la vernice c’era una carta da parati dai disegni infantili, poco adatti all’età di Salvatore in cui si pensa sempre di essere troppo grandi per certe cose.

“Lo fossero realmente” borbottò fra sé.

Ora, a decorare i muri, c’erano vari poster di fumetti come Batman e l’Uomo Ragno, per non parlare di tutti le figure maschili principali degli X-Men, personaggi inventati molto prima che Salvatore fosse nei pensieri e nei progetti dei genitori. Nell’angolo, alla destra della finestra, c’era un divanetto con alcuni cuscinetti dalle fodere colorate, perfetti per riposarsi dopo ore ed ore di gioco. Si sa che divertirsi è stancante. Al centro c’era un tavolo ovale su cui erano disposti alcuni modellini di soldati in assetto da combattimento. Mancava una televisione con Play Station, ma quasi sicuramente quella l’avrebbe potuta trovare in salotto, dove anche i dipendenti dei Rizzo avrebbero potuto giocarci. Per Asriel sarebbe stata veramente un’impresa individuare ciò che cercava in mezzo a quella baraonda di roba, ma fortunatamente i gusti di Salvatore erano decisamente moderni e colorati, per questo alla fine riuscì a scovare il pezzo di legno. Il Trojan si trovava su una mensola, vicina alla finestra. Era troppo in alto per il piccolo; la madre la usava per metterci i giochi più delicati e costosi, mentre il nonno l’aveva usata come nascondiglio per la sua ultima speranza. Con un sorriso soddisfatto, Asriel depose con cura il Trojan nello zaino appositamente imbottito. Richard era stato molto chiaro in proposito, il cavallino non doveva subire nemmeno un graffietto. Si era appena rialzato in piedi quando gli arrivò una seconda telefonata.

“Siamo qui fuori.”

“Arrivo, ma, Richard, perché ridacchi.”

“Lo vedrai da te quando arriviamo in albergo!”

 

Arrivati nella camera dell’hotel occupata da Richard, Sheril, che aveva preso in consegna lo zaino, lo chiuse nella cassaforte a loro disposizione. Savannah e Jack erano rientrati da poco più di mezz’ora. Il moccioso era scuro in volto, decisamente imbronciato se ne stava seduto in disparte con la gamba destra sul ginocchio e le dita incrociate sul ventre. Savannah, invece, per la prima volta da quando la conosceva, aveva il viso rilassato e soddisfatto; la fronte non era crucciata e questo dava un’espressione più dolce ai suoi occhi nocciola.

“Avete fatto uno scambio d’identità voi due?” chiese Asriel riferendosi al fatto che, normalmente, lei era quella musona e lui con la faccia perennemente soddisfatta.

Lo sguardo di Jack si alzò su di lui, fulminandolo. Tutti, nella stanza, videro il tremito che il ragazzo ebbe nelle mani. Un movimento veloce e breve, ma c’era poco di cui scherzare, Jack era carico come una molla. Una bomba pronta ad esplodere al minimo scossone, forse, questa volta, nemmeno l’autorità di Richard avrebbe fermato l’argentino dall’uccidere il collega. Per questo Asriel pensò (e pensò bene) che, per quella sera, sarebbe stato meglio evitare frecciate.

“Devo dire” cominciò Richard, interrompendo il silenzio creatosi. “che nonostante tutto siamo stati bravini. Alla fine non ci abbiamo messo molto tempo per recuperare il Trojan.”

“Quindi non mi punirai?” chiese Savannah.

Non è che ci sperasse realmente, in realtà non le importava nemmeno più di tanto, era solamente una domanda a titolo informativo.

“Direi proprio di sì, invece. Ti toglierò il 40% della tua parte per esserti ubriacata e per non avermi detto niente di Bruce. Ma non prenderò ulteriori provvedimenti perché, infondo, non saremmo riusciti ad essere più veloci di così.”

“Che cosa facciamo ora?”

“Anche se Salvatore e Bruce sono morti non è il caso di adagiarsi sugli allori. Potrebbe sempre esserci un terzo uomo pronto per riorganizzare la famiglia. Partiamo domani per il Galles.”

“Devo contattare il nostro amico John Smith?”

“No, Sheril. Voglio prima capire chi è il nostro Ulisse e cosa nasconde dentro il suo cavallo di Troia.”

“Sai da che parte cominciare?”

“Probabilmente cercando informazioni sulle due italiane che erano venute a farci visita troveremmo anche il loro datore di lavoro con facilità. Ma per ora preferisco andare a casa, l’aria che c’è a Cardiff ha sempre avuto il potere di farmi venire delle intuizioni geniali. Se dovessimo andare in Italia, faremmo sempre in tempo a ripartire.”

“Che gioia” disse in tono ironico Sheril, per nulla felice di dover prendere un aereo una volta di troppo.

In quel momento il cellulare di Richard ricevette un messaggio. Quando l’inglese lesse sul display ciò che c’era scritto la sua espressione divenne seria e pensierosa. I Predators rimasero in religioso silenzio, aspettando l’imminente novità.

“Cambio di programma, non andiamo a casa. Sheril prendi i biglietti per Montpellier. Chissà che per un colpo di fortuna la situazione non si sblocchi da sola.”

 

Tutti: eccomi di nuovo con un nuovo capitolo di questa storia che nasce e cresce piano, piano. Il fatto che nessuno abbia recensito il capitolo precedente e dato il suo contenuto mi è venuto un dubbio: non è che ho scritto una cosa troppo volgare e di poco gusto? Ad essere sincera io mi sono divertita a scrivere del primo, e fugace, contatto fisico tra Jack e Savannah, e non mi è sembrato brutto quando l’ho riletto. Però siete voi i miei giudici quindi mi piacerebbe sapere se ho esagerato.

Intanto spero che questo vi sia piaciuto…la prossima volta ci rivedremo nella bellissima città di Montpellier…spero vivamente di ritrovare le foto…  

 

 

 

(*) Inno nazionale tedesco (=Germania, Germania, al di sopra di tutto/ al di sopra di tutto nel mondo)

 

   
 
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