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Autore: Blue Heads    06/02/2021    1 recensioni
Tom Orvoloson Riddle aveva dovuto attendere a lungo per poter attuare il suo piano: erano trascorsi undici anni prima che qualcuno trovasse il diario, e quasi altri cinque si erano resi necessari perché il legame tra le due anime diventasse sufficientemente profondo.
Il quinto anno ad Hogwarts... Curioso che anche lui avesse avuto proprio quell'età quando a sua volta aveva aperto la Camera dei Segreti.
La sua vittima col tempo si era rivelata meno sciocca del previsto, rendendo l'attesa meno tediosa, ma ciò non influenzava minimamente le sue intenzioni, né intaccava la sua determinazione: Ginevra Weasley non aveva scampo.
Certo, l'intelligenza della giovane superava le sue aspettative, e lo forzava a muoversi in fretta; ma ormai ogni cosa era predisposta. Dopo tanta attesa, il momento era giunto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Tom O. Riddle, Tom Riddle/Voldermort
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Altro contesto
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Capitolo XIII

 


“E’ molto più facile avere il cammino segnato. Avere infinite possibilità di scelta mette in crisi, dà le vertigini. Qualcuno impazzisce, inebriato dalla libertà; qualcuno, spaventato, tenta invano di dimenticare; ma la chiave del successo sta nel trovare l’equilibrio adatto a reggersi nel vuoto.”

Il Dogma dell’Alta Magia, Eliphas Levi


Distesa nel letto a baldacchino, Ginevra sbadigliò sonoramente, stropicciando gli occhi, cercando di raccogliere tutte le energie e la capacità di concentrazione che le rimanevano a quell’ora di notte: doveva almeno finire quel maledetto paragrafo! Le mancava meno di una decina di pagine per finire la prima sezione de Il Dogma dell’Alta Magia (in settimana, a causa delle lezioni, difficilmente aveva modo di recarsi nella Camera, motivo per cui l’aveva “preso in prestito”).
Il libro di testo di Levi era davvero ben fatto - molto meglio di tutti i libri della Umbridge messi insieme, per dirne una - ma Ginevra era semplicemente troppo stanca quella sera.Tentò debolmente di riscuotersi e riprese il pezzo dall’inizio, ma non riusciva più a mettere a fuoco. Il libro le scivolò di mano, cadendo silenziosamente sulla trapunta di lana rossa, e la sua testa sprofondò finalmente nel morbido cuscino.


Le sue mani intrecciavano sicure in un gesto fermo e ripetuto all’infinito. Incrociò lo sguardo della vecchia che sedeva e intrecciava assieme a lei, lavorando quella stoppa rossa. Sorrise. Ogni tanto le piaceva tornare lì e condividere il suo lavoro: sentire quel tessuto così materico flettersi tra le dita e starsene placidamente al sole, seduta sul vecchio secchio di sua madre, ormai corroso dall’uso.
D’un tratto, lontano nel profondo, sentì bruciare una disperazione estranea; poi un grido, una richiesta d’aiuto, che le giungeva attraverso una parte di sé fuori da lei. Ne percepiva l’urgenza. Avrebbe proseguito quel lavoro la prossima volta - chiuse gli occhi, riallacciandosi a sé stessa.
Di fronte a lei c’era il varco: un armadio di legno scuro dalle ante rivestite da specchi. Tom era dall’altra parte, poteva sentirlo: stava soffrendo. Doveva tirarlo fuori di lì.
Spalancò l’anta con uno strattone e per un attimo fu il nulla: Ginevra sentì e vide il non vedere e il non sentire - nell’istante in cui aveva aperto il varco era stata  investita dalla vacua assenza di ogni percezione, perfino quella della sua stessa esistenza.
Aggrappandosi alla coscienza di Ginevra, Tom uscì dal suo incubo, attraverso di lei ricominciò a sentire. L’anta si richiuse, liberandolo dal vuoto del limbo tra la vita e la morte. Inspirò a fondo, grato; le loro coscienze, ancora unite, tornarono a distendersi, e quella di Tom si ritirò nel doppio oltre lo specchio, donandogli i propri tratti. Riflessa davanti a lui, Ginevra era turbata - l’oscurità e la disperazione si erano insinuate in lei quando aveva aperto la breccia, ed ora tremavano nel sottosuolo, ripercuotendosi e deformando ogni cosa attorno a lei - la ragazza sentiva l’incubo crescere e condensarsi alle sue spalle. Entrambi percepivano il pericolo, vivevano il  terrore di Ginevra - Tom scattò, pronto alla difesa, assumendo il proprio aspetto più forte e crudele.
Il sogno di Ginevra le impose di voltarsi a guardare mentre l’oscurità esplodeva in un mosaico tagliente e scomposto: negli spigoli di vetro, riflessi di scene sanguinanti - tutto ciò che amava distrutto e deturpato: i suoi cari feriti, torturati, morti; si uccidevano l’un l’altro sotto la maledizione Imperius e tornavano, trasformati in inferi, e arrancavano verso di lei per trascinarla con loro. Ginevra indietreggiò sconvolta - le interiora dilaniate, un grido negli occhi sbarrati. Andò a sbattere contro Tom, alzò lo sguardo e si trovò di fronte una maschera d’odio, occhi spietati, inumani, crudeli.
Ginevra cadde all’indietro e terrorizzata puntò la bacchetta contro Voldemort.
Lui rimase immobile, pietrificato - e di nuovo Ginevra venne investita a ondate dalle sue emozioni - l’abbandono, il tradimento, la rabbia urlavano: MOSTRO!
Tremava d’odio - sotto i suoi occhi, Ginevra lo vide farsi sempre più cattivo e minaccioso - ma dentro di lei, dentro di lui, a palpitare era un bimbo spaventato. La bacchetta le cadde di mano. Dentro di lei e dentro di lui, Ginevra lo abbracciò, e pianse al posto suo.


Con il respiro spezzato, Ginevra si svegliò. Il cuore sconquassato e rivoltato ancora cercava di ritrovare il suo ritmo.
Deglutì, inspirò a fondo e si asciugò gli occhi. In piedi: doveva tornare da Tom. In un attimo aveva già infilato le scarpe e il mantello e sfilava nei corridoi.
Io sto arrivando. Tu vedi di esserci.

Spalancò le porte della Camera e avanzò nel salone. Si guardò attorno: lui non era lì. Confusa, Ginevra batté le palpebre. Scrutò il vuoto tutto attorno e fu colta da una sottile angoscia: era stata certa di trovarlo.
Poi lo schiocco di una materializzazione ed eccolo, ad un paio di metri da lei: i capelli disastrati e il volto segnato dalle occhiaie, Tom la guardava, simulando distacco; ma i suoi occhi si aprivano su una mente sconvolta. Era scalzo.
Per un attimo lo sentì così vulnerabile - Tom, così antica e così stretta conoscenza, così provato, spaventato e confuso … In una frazione di secondo però, qualcosa cambiò nell’intera percezione della scena, trasformandola radicalmente: era Tom, spaventato e confuso, e al contempo era Tom, manipolatore e glaciale. Una strana sensazione all’altezza dello sterno sembrava suggerirle che quella vulnerabilità fosse reale, ma che ci fosse anche qualcos’altro che non riusciva ad afferrare.
Se dapprima, sotto l’influenza del sogno condiviso, Ginevra aveva sentito l’impulso di correre ad abbracciarlo, adesso un altro istinto prevalse sul primo, riportandola verso la razionalità. Con essa tornò anche il bisogno di ottenere una spiegazione: nell’impulsività che l’aveva portata lì non si era posta domande su nulla, ma adesso…
<< Come funziona? >> chiese, e fece qualche passo, accorciando la distanza tra di loro.
Nel tempo in cui Ginevra formulò quella domanda, l'atteggiamento di lui cambiò ancora; un sorriso amabile plasmò le sue labbra - questa volta Ginevra ebbe la certezza che si trattasse di una maschera - e lui rispose con disinvoltura: << Credevo che volessi scoprirlo da sola. Se ti rispondessi ti toglierei il  piacere della scoperta. O vuoi forse che torni ad essere il tuo maestro?. >>
I pensieri di Ginevra inciamparono sulle implicazioni di quella risposta: Il piacere della scoperta… quindi Tom sapeva delle sue nuove ricerche. Ormai era palese che vi fosse un qualche tipo di legame tra le loro menti, e questa sua allusione sembrava confermarlo.  Davvero Tom sapeva di ogni cosa che lei avesse fatto negli ultimi mesi? Perché glielo stava facendo sapere proprio adesso, e perché proprio in quel modo così indiretto? Ma Ginevra represse rapidamente quel turbine di domande, concentrandosi sul momento presente: c’era qualcosa che la confondeva nel comportamento di Tom, mettendola vagamente a disagio; qualcosa che non tornava. A giudicare dal modo di fare di lui, uno non avrebbe mai immaginato che avessero appena condiviso un momento così intimo e pregno di emozioni; né che lui si fosse appena materializzato lì, nel cuore della notte, solo per vedere lei. Non aveva senso.
Ginevra lo guardò con durezza: << Si può sapere di cosa stai parlando? Se anche ti avessi mai considerato un maestro, ora non ha più importanza. Non sono più la stessa ragazzina che avevi ingannato con tanta facilità: sei stato tu a cambiarmi, quindi dovresti saperlo. >> Trattenne il respiro, mentre studiava la sua reazione, i sensi all’erta: aveva detto esattamente ciò che pensava, ma non aveva idea di come Tom - Voldemort - avrebbe reagito.
Tom dovette rendersi conto, forse tramite i pensieri di lei, di quanto fosse strano il proprio comportamento; si stropicciò il volto con le mani, in un gesto stanco, e si prese un momento per ricomporsi. Quando riprese a parlare, il velo di artificialità che aveva mostrato fino a quel momento sembrò finalmente cadere.
<< Chiedo scusa, è stata una notte strana anche per me. Ma tornando al tuo discorso: anche tu hai cambiato me, Ginevra. >>
Lui la guardava apertamente adesso; nessuna sfida, nessuna provocazione - solo il desiderio di parlare chiaramente, forse. Tacque per un momento, come cercando il modo per spiegarsi: indicò loro, quella situazione, il famigerato cerchio alchemico: << Tu hai cambiato le carte in tavola, quella notte - quando hai deciso di lottare per vivere. E anche in seguito: quanto, di tutto quello che ci ha portati qui, in questo momento, è stato scelto da me? >>
Ginevra era confusa. Stava per chiedergli cosa intendesse, quando realizzò che Tom non aveva ancora risposto alla prima domanda che gli aveva fatto. Tom stava portando il discorso in tutt’altra direzione, ma Ginevra voleva una risposta: << Non stavamo parlando di questo. Non mi importa assolutamente nulla di chi ha voluto cosa: ti ho chiesto come funziona il nostro legame, e tu chiaramente ne sai molto più di me. >>
Silenzio. Un’immagine balenò nella mente di Ginevra: una logora pagina vuota, una pagina del Diario, che le chiedeva tacitamente di continuare, esporre meglio, meritarsi una spiegazione. Per la prima volta, poteva sperimentare quello spazio bianco di persona: Tom, il suo sguardo criptico e il suo silenzio, che la invitavano a esporre il suo ragionamento.
Così, per quanto irritata, Ginevra iniziò ad esporre: << Tu c’eri, in qualche modo, quando sono entrata in connessione con il cerchio alchemico. E ancora: la tua coscienza mi ha raggiunta in sogno, stanotte; e adesso, io ti ho chiamato e tu mi hai raggiunta qui. Sei a conoscenza degli studi che ho iniziato nelle ultime settimane, e di chissà cos’altro. >> Ginevra fece una pausa, recuperando il filo di tutte le deduzioni e supposizioni degli ultimi giorni. << Chiaramente tutto ciò è collegato alla trasmutazione che era rimasta incompleta quando hai cercato di uccidermi, suppongo per tornare in vita. E così siamo qui entrambi. Trasmutati a metà, in equilibrio nel mezzo. Ma una cosa del genere dovrebbe essere impossibile. Cos’è successo? >>
<< Tutto corretto. >> asserì lui, poi accennò al soffitto << La Camera non è un semplice edificio, sicuramente lo avrai notato. Penso che l’unico motivo per cui siamo sopravvissuti sia che la sua magia ha dato sostegno a entrambi. Sembra che la Camera ci abbia preso sotto la sua ala. >>
Ginevra ripensò a quanto erano state critiche le sue condizioni quando l'avevano trovata: solo grazie a giorni di cure intensive al San Mungo era riuscita a ristabilirsi. Tom, invece…
<< Se la Camera non mi avesse celato e protetto per giorni, quando ero a malapena cosciente, non avrei avuto speranze. >> confermò lui, rispondendo alla domanda a cui la ragazza non aveva ancora dato voce. Perplessa e infastidita per questa e chissà quante altre violazioni di privacy, Ginevra si allontanò di un passo: << Come funziona? Perché io non riesco a sentire i tuoi pensieri come tu fai coi miei? >>
Lui inclinò la testa, inarcando un sopracciglio: << Ci hai mai provato? >> Ridacchiò al suo immediato tentativo.
Con la mente Ginevra era tornata in quel luogo lontano, nel profondo di sé stessa, da cui in precedenza aveva sentito provenire l’eco della coscienza di lui, e immaginò di attraversarlo, di affacciarsi su ciò che era al di là… Ma non trovò nulla. Tranne una “tommosa” sensazione di divertimento, e la sua voce mentale che rideva: << Io a tua differenza sono un occlumante, Ginevra. >>
Lei lo guardò male, non sapendo più se nella realtà o dentro di sé - dentro di loro, realizzò di colpo: esisteva un “dentro di loro”, un unico spazio interiore che includeva lo spazio psichico di entrambi, come se il muro tra due appartamenti fosse stato abbattuto, e al suo posto fosse stato messo un arco, una soglia che li mantenesse distinti, ma non più separati.
Ho decisamente bisogno di costruirci una porta.
<< Posso insegnarti, se vuoi. >> soggiunse Tom, stavolta ad alta voce.
Non era così convinta di potersi fidare di una porta che Tom le avesse insegnato a costruire per schermarsi da Tom stesso.
<< Potrei insegnarti a farti i fatti tuoi, se vuoi. >> ribatté lei.
Tom arricciò il naso, come se fosse scettico sulle sue possibilità di successo.
<< Anche se ci riuscissi, avresti risolto solo il minore dei problemi. Non sono l’unico che potrebbe spiare nella tua mente, mentre sono l’unico a non aver alcun interesse a nuocerti nel farlo. Nulla di ciò che potrei trovare nella tua mente può rendermi ostile a te - nessuno dei tuoi molti segreti. Ma questo non si può dire di molti altri… >>
Silente... Con una strizza d’ansia Ginevra ripensò al modo in cui quegli occhi azzurri sembravano scrutarle dentro.
<< Hai scelto di essere una rinnegata, Ginevra, come me: forse è arrivato il momento che tu impari a difendere la tua libertà e i tuoi segreti, con o senza il mio aiuto: in biblioteca trovi tutti i testi di cui potresti avere bisogno. >>
E se decidessi di volere il mio aiuto, basta chiedere - la voce mentale di lui balenò nella testa di Ginevra - proveniva da quel remoto luogo-soglia, ma si era proiettata fulminea tra i suoi pensieri. Ginevra rimase vagamente scossa: era già successo nel sonno, ma vivere quella sensazione da coscienti era diverso, e istintivamente allarmante. Fece un respiro profondo, e un breve cenno d’assenso verso il diretto interessato. Ne aveva passate abbastanza per quella notte. Avrebbe voluto chiarire ancora molte cose, fare molte domande, ma sentiva il bisogno di ristabilire perlomeno la distanza fisica.
<< Arrivederci, Tom. >>
<< A presto, Ginevra. >> Lui era rilassato. Per nulla ostile, né difensivo, né calcolato - almeno non per i suoi standard. Lo sentiva.
<< Buonanotte, allora >> mormorò Ginevra troppo piano mentre varcava la soglia per tornare nel Castello. Ma sapeva che a lui non serviva l’udito per sentire quelle parole.





 

06/02/21
Torneremo presto con il prossimo capitolo! 

 
   
 
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