Perché
sei qui?
I primi rumori che riuscì a
cogliere, arrivarono alle orecchie che Oz non era ancora pienamente cosciente.
Attutiti e vaghi, non avrebbe saputo determinarne né la direzione da cui
provenivano, né la distanza.
Sicuramente qualcuno aveva
bisogno di spostarsi ripetutamente, perché c'era un rumore di passi dalla
cadenza sempre uguale che era ora più vicino, ora più lontano; le voci erano
poche, e basse abbastanza da non essere riconoscibili.
«Aedan lo ha portato qui.»
«Sta aspettando fuori.»
«Il capo dormitorio ha
detto...»
Gli arrivavano discorsi
diversi che non avevano un senso logico per lui, ancora in fase di risveglio.
Si concentrò sulla sensazione di qualcosa stretta nella propria mano: sembrava
un'altra mano.
Poi, si sentì sfiorare la
fronte delicatamente: «Dovresti andare a riposare, l'infermiera dice che ha
solo perso i sensi.» percepì e, forse per la sua familiarità, riconobbe la voce
come quella di Ada. La mano che stringeva la sua rafforzò la presa.
«Non dormirei comunque. Tu
sembri stanca, vai pure. Rimango io.» assicurò.
«Ma Gil...»
«Insisto, Ada.» troncò il
debole tentativo dell'altra.
Riconosciute due delle
persone presenti, si sforzò di aprire gli occhi: non voleva che Ada si
preoccupasse, tanto meno che lo facesse Gilbert. Inizialmente nessuno dei due
notò Oz aprire gli occhi lentamente, cercando probabilmente di mettere a fuoco
la stanza.
Ad accorgersene, fu
qualcuno che inizialmente non riuscì a focalizzare: un paio di occhi distaccati
lo osservavano. Poco dopo, nel campo visivo di Oz rientrò anche Break Xerxes.
«Oh, il signorino Oz si è
ripreso!» osservò, Rufus Barma al suo fianco che si limitava ad alzare gli
occhi al cielo.
Alle sue parole, Ada e
Gilbert spostarono immediatamente lo sguardo su di lui, entrambi preoccupati. La
sorella fu la prima a sorridere, il sollievo evidente sia nell'incurvarsi di
labbra, sia negli occhi chiari: «Fratellino...» mormorò, osservandolo. Oz le
sorrise.
«Il capo dormitorio sarà
lieto di sapere che stai meglio.» disse Break, facendo deviare su di lui
l'attenzione del biondo. Gli tornò in mente tutto insieme: la chiacchierata con
Sirjan, il divieto che gli era stato dato, la chiacchierata con Vincent, la
porta, la voce, il dolore alla testa.
Una figura che non aveva
fatto in tempo a mettere a fuoco: «Dove...?» accennò a chiedere, guardandosi
intorno.
«In infermeria» rispose
subito Ada, con tono pacato: «Shaye ti ha trovato svenuto in corridoio e ti ha
portato qui. Poi siamo stati avvisati dai capo dormitorio.» spiegò brevemente.
Oz annuì appena, ancora stordito. Aedan lo aveva solo trovato o era anche la
persona che non aveva visto bene prima di svenire?
«Ora sto bene.» assicurò
alla sorella con un sorriso rassicurante: «Vai a riposare, Ada.» suggerì. Lei
parve incerta, sulle prime; Gilbert, che aveva taciuto fino a quel momento,
annuì appena.
«Stai tranquilla, rimango
io.» aggiunse alle parole del biondo.
Ada sorrise,
tranquillizzata: «Va bene. Mi raccomando, riposati d'accordo?» disse, una lieve
sfumatura di preoccupazione ancora presente nel tono di voce. Oz annuì, il
rossore appena diffuso sulle guance quando l'altra si chinò appena sfiorandogli
la fronte con le labbra.
Quando fu uscita, il biondo
notò che la porta era stata lasciata aperta: non essendo troppo distante da
essa con il letto, non fu difficile per lui notare Aedan sulla soglia, in
silenzio. Fece per dire qualcosa – invitarlo ad entrare per chiedergli
spiegazioni probabilmente – ma l’altro scosse appena la testa.
«Parleremo quando sarai
uscito.» disse solo, ed usò quella stessa frase come congedo, in aggiunta un
leggero chinare il capo. Oz abbassò la mano che aveva alzato istintivamente
verso il ragazzo come ad enfatizzare il bisogno di parlargli, l’aria delusa.
Gilbert sembrò notarla
senza sforzo e strinse impercettibilmente la presa sulla mano di Oz, che non
aveva ancora lasciato; il biondo alzò lo sguardo, sorridendo quasi subito
sebbene in maniera leggera e non col solito ampio incurvarsi delle labbra. La
sua attenzione fu poi riportata sui docenti dalla voce di Barma.
«La presidenza le
giustifica un’assenza per domani, signor Bezarius. Ne usufruisca per rimettersi
in sesto.» riportò solamente, il tono senza particolari inflessioni.
Intonazioni che, nel pieno
del suo spirito di animatore di feste mancato, Break Xerxes aggiunse per proprio
conto: «Mi raccomando, non peggiorare eh, signor Bezarius?» se ne uscì, il
finale un palese scimmiottare l’altro docente. Oz sperò che fosse un augurio di
pronta guarigione anche quello.
Quando entrambi i
professori furono usciti – c’erano voluti una decina di minuti in cui Xerxes
aveva avuto il bisogno psico-fisico di fare l’idiota per dire due cose in croce
all’infermiera – Oz si lasciò ricadere con la testa sul cuscino, con un
sospiro.
Fu allora che si accorse
della mano di Gilbert ancora nella propria. Alzò lo sguardo sul moro, che lo
osservava: «Cosa ci facevi con Vincent?» fu la prima cosa che gli chiese.
Nessun “ero preoccupato”,
nessun “sicuro di stare bene?”; Oz si imbronciò: «Tu cosa fai con i compagni di
scuola, Gil?» chiese, una punta di ironia nella voce. Lo vide scuotere appena
la testa, senza spostare però lo sguardo da lui.
«Oz, dico sul serio. Non è
bene che tu vada in giro con lui.»
«Ma l’amore familiare è
proprio una prerogativa dei Nightray, o è Vincent che si attira addosso
l’odio?» se ne uscì, spontaneo. Insomma, da quando era lì sia Gilbert che Alice
– gli unici altri due Nightray o parenti del biondo che aveva incrociato – non
avevano fatto altro che dirgli di non avvicinarsi a lui.
Senza un motivo; almeno gli
avessero dato quello – e fosse stato valido.
Tacquero entrambi per
diversi istanti, Oz fissando il più grande, Gilbert mantenendo lo sguardo sul
materasso, quasi stesse cercando la risposta alla domanda dell’altro.
Il biondo sospirò,
rilassandosi contro il cuscino: lo capiva che Gilbert era semplicemente
preoccupato.
Con ogni probabilità sia
lui che Ada erano stati avvertiti del suo crollo nel corridoio da Aedan o da
uno dei due docenti rimasti fino al suo risveglio. E, non per essere cattivi,
ma faticava seriamente a decidere chi dei tre avesse più tatto.
«E’ solo» riprese, anche se
avrebbe dovuto forse esordire con uno “scusami”, ma ehi, parliamo di Oz
Bezarius: «che da quando sono arrivato, non ci sono stati che divieti. E
nessuno di voi mi ha dato una spiegazione anche solo vaga. Tu ed Alice mi avete
detto di stare lontano da Vincent Nightray come se fosse un pazzo assassino, ma
il motivo? Noah lo stesso, ha solo accennato ad una “cattiva reputazione” e
tanti saluti.» borbottò.
Insomma, la cosa più
crudele che Vincent gli aveva fatto fino a quel momento era stata accompagnarlo
in giro per l’edificio scolastico.
«E anche Aedan e Sirjan.
Loro mi dicono che un’area della scuola è vietata, poi Vincent mi dice che non
ce ne sono, di aree vietate nella scuola. A parte alloggi e uffici privati dei
professori. A chi dovrei credere, Gil?» lo interrogò infine, lo sguardo chiaro
sul moro.
Mentre lo aveva lasciato
parlare, Gilbert aveva alzato appena un sopracciglio sentendo nominare Noah:
era probabile che fosse lo stesso di cui gli aveva accennato Ada, il compagno
di stanza di Oz.
Ma cosa ne sapesse questo
Noah della “cattiva reputazione” di Vincent o cosa intendesse per “cattiva
reputazione”, questo non lo sapeva e non lo immaginava. Non era certo per
motivi come “è una cattiva compagnia” che voleva tenere il fratello minore
lontano da Oz.
Scosse appena la testa: di
cosa intendesse questo fantomatico Noah, si sarebbe preoccupato quando ce ne
sarebbe stato bisogno – anche se sperava non accadesse. Non era cosa per lui.
«Prometto di dirti la
verità, ma ora riposati.» disse solamente rivolto al più piccolo, spostando
altrove lo sguardo.
Cos’era, una presa in giro?
«Gil…»
«Per favore, Oz.»
insistette, stringendo la presa sulla mano – da quanto teneva la sua? – quasi
ad enfatizzare la sua richiesta: «Te lo dirò, ma non adesso.» promise di nuovo.
Oz tacque, muovendo appena
la mano in quella dell’altro, che allentò la presa per permettergli di
sistemarsi nel letto.
Lo lasciò coricarsi come
preferiva – su un fianco, dandogli le spalle come quando da bambino si
arrabbiava con lui.
«’notte.» gli sentì
pronunciare prima che cadesse di nuovo il silenzio.
Gilbert sospirò; voleva
solo che Oz aspettasse, che gli desse tempo.
Il tempo necessario per
inventare una bugia.
Il giorno dopo Oz aveva
passato l’intera mattinata tassativamente in infermeria come Rufus Barma gli
aveva consigliato – o meglio, comunicato.
Era stato di una noia
mortale: tutti avevano lezione, perciò non c’era nessuno oltre l’infermiera che
potesse costituire una compagnia. Una donna cortese e gentile, ma pur sempre
impegnata e in età avanzata: per quanto Oz tendesse a chiacchierare anche coi
muri quando si impegnava, non poteva certo passare il tempo a parlare di
uncinetto e punto croce.
Era da poco scattata
l’ultima ora di lezione, quando la porta dell’infermeria si era
inaspettatamente aperta: alzando istintivamente lo sguardo dal libro che aveva
racimolato – gli occhi dolci da cucciolo sperduto avevano un certo ascendente
sulla povera infermiera – Oz si sorprese di incontrare la figura di Aedan.
Non indossava la giacca
della divisa, quindi era totalmente visibile la camicia bianca. Con la mano
sinistra teneva la manica destra arrotolata sopra il gomito e Oz poté
intravedere solo in quel momento un taglio piuttosto profondo che sanguinava e
delle bende srotolate alla meno peggio, probabilmente proprio dal moro.
L’infermiera gli si era
subito fatta vicina, l’aria preoccupata.
Aedan vi aveva risposto con
uno sguardo non troppo coinvolto – e Oz si chiese, con un taglio sanguinante
che probabilmente faceva anche male, come fosse possibile – e un semplice: «La
ferita si è riaperta.»
Cosa, peraltro, che la
donna poteva vedere da sola.
La sentì sbuffare
leggermente, ma più rassegnata che seccata: «Shaye, ti avevo detto che era
meglio tu evitassi le lezione per non urtare col braccio da qualche parte.»
osservò con un’accennata severità nel tono, facendogli cenno di prendere posto
su uno dei letti liberi mentre andava a prendere l’occorrente.
Aedan spostò lo sguardo sui
suddetti letti, riconoscendo allora la figura di Oz che sorrise lievemente di
rimando.
Benché senza ricambiare il
sorriso, Aedan si diresse verso il letto accanto a quello del biondo
prendendovi posto; Oz notò che teneva il braccio più o meno sopra le gambe,
come se preferisse sporcarsi i pantaloni che macchiare le lenzuola.
Sorrise con più
convinzione, spostando poi l’attenzione sul braccio senza dire nulla.
Fu Aedan a riportarlo
bruscamente alla realtà: «So che hai delle domande. Le puoi fare, se vuoi.»
disse. Oz, non aspettandoselo, lo guardò incerto prima di abbozzare un
sorrisetto e portare la mano a grattarsi appena la nuca: «Non hai detto che
avremmo parlato appena fossi uscito da qui?» lo incalzò.
Aedan lo fissò, senza
cambiamenti di espressione troppo evidenti: «Tu non segui le regole.» fu la
spiegazione che diede e che – ad essere sinceri – seccò un poco Oz.
Sapeva molto di ironia,
quella frase dell’altro.
Non disse nulla comunque,
vedendo riapparire l’infermiera con le bende e il disinfettante necessario.
Osservò in silenzio tutta l’operazione finché non ebbe fasciato di nuovo il
braccio di Aedan con garze pulite, assicurandosi di non stringerle troppo
causandogli fastidio o dolore.
Si alzò, quindi, andando a
mettere a posto il tutto probabilmente e lasciandoli soli.
Seguì ancora del silenzio,
visto che Aedan non sembrava intenzionato a cominciare un discorso.
Fu Oz, come era
prevedibile, a rompere quella fasi di stallo: «Chi ti ha detto che ero lì?»
chiese, riferendosi chiaramente al corridoio dove Aedan lo aveva trovato. Il
moro alzò finalmente lo sguardo su di lui, ponderando una risposta.
«Nessuno. Ero lì e ti ho
visto.» rispose, più sincero di quanto Oz si aspettava, francamente.
«Mi hai visto svenire?»
«Ti ho visto deambulare,
fermarti e poi svenire.» lo corresse.
Oz si sentì confuso per un
attimo; in sostanza, allora, Aedan doveva aver sentito la stessa voce che lui
ricordava – un po’ a fatica e troppo vaga per attribuirla a qualcuno.
«Perché eri lì?» chiese
dunque, provando a cambiare domanda per capire qualcosa in più che già non
sapesse lui stesso. Aedan lo osservò, nuovamente, facendo una pausa breve prima
di rispondere.
«Dovevo essere lì.» fu la
replica che fece istintivamente alzare gli occhi al soffitto ad Oz. Che razza
di risposta era “dovevo essere lì”? Era vaga quasi quanto un banalissimo ed
infantile: perché sì.
«Risponderai così a tutte
le domande che ti farò?» sbottò ironicamente, osservandolo quasi offeso, come
se Aedan lo stesse volutamente prendendo in giro pur avendo capito che il
biondo cercava conferme nelle sue risposte.
Ma il moro scosse la testa:
«Dipende dalla domanda che mi fai. E questo è il modo di rispondere che
conosco.»
«Vago e inconcludente?»
«Essenziale.» lo corresse.
Oz non poté trattenere uno
sbuffo divertito: quell’Aedan era parecchio strano, ma diceva cose tali con
un’espressione talmente convinta che ti passava subito il sospetto che lo
stesse facendo di proposito. Anche se forse, qualche volta, era davvero così.
«Come te lo sei fatto?»
chiese, indicando il taglio ora coperto dalle bende.
«Non posso dirtelo.»
rispose semplicemente il moro, osservando prima la fasciatura e poi tornando su
Oz che lo fissava perplesso e incuriosito al tempo stesso: «Perché non puoi?»
domandò.
«Ci sono cose che non posso
dire.» fu la facile e immediata risposta.
«Dipende da te?»
«No, dagli ordini che ho.»
concluse, cogliendo impreparato Oz. Gli tornava in mente il discorso fatto con
Sirjan a proposito di Aedan e del fatto che fosse una guardia del corpo che
faceva lo studente a Latowidge senza averne davvero bisogno e solo per
affiancare il suo protetto.
Non riusciva a capire del
tutto, però, il bisogno di avere guardie del corpo. Capiva che Latowidge
pullulasse di figli di buona famiglia, ma non capiva quale fosse il grande
pericolo in un collegio. Eppure, non era solo Aedan; dalle parole di Noah, era
parso chiaro che anche i Nightray ne avessero.
Si disse che preferiva di
gran lunga la situazione sua e di Ada, che erano studenti normali, senza
nessuno che li controllasse ogni secondo e gli rimanesse appiccicato.
«Sirjan mi ha detto che sei
una guardia del corpo.» se ne uscì: «Te l’ha detto la persona che proteggi, di
stare lì nel corridoio dove mi hai trovato?» azzardò.
Aedan parve pensarci su,
come se il fatto che Sirjan avesse parlato di lui e di cosa faceva non fosse
stato previsto. La cosa comunque non sembrava certo turbarlo profondamente:
probabilmente, si disse Oz, era qualcosa che se anche usciva allo scoperto, non
era problematica agli occhi dell’altro.
«Non me lo ha detto Ethan.»
disse, rivelando anche il nome della persona a cui faceva da guardia del corpo:
«me lo ha ordinato Sirjan.» aggiunse.
Ora Oz poteva concedersi di
mostrare del tutto la sorpresa a quell’uscita.
Avrebbe avuto senso se
fosse stato il “padrone” che Aedan serviva, ad ordinarglielo: ma che fosse
Sirjan, per quanto capo dormitorio, perdeva un senso logico. D’altra parte, era
quasi sicuro che se avesse chiesto chiarimenti ad Aedan, questi non glieli
avrebbe forniti.
«Fai tutto quello che ti
ordina?»
«Se non va contro gli
ordini di Ethan, che hanno la precedenza.» replicò.
Oz si sentiva in qualche
modo seccato da quell’atteggiamento, anche se effettivamente non lo riguardava:
ma l’essere così sottomessi ad ordini degli altri, era una cosa che lui non
avrebbe mai sopportato e non capiva in quale modo potesse farlo qualcun altro,
in questo caso Aedan.
Spostò lo sguardo dal moro,
senza sapere esattamente cosa dire: supponeva che quello fosse un argomento sul
quale in nessun modo si potesse trovare un punto d’accordo.
Ciò che però non ricordava
del discorso di Sirjan era il fatto che Aedan avesse un’intelligenza
sviluppata; alla quale, a giudicare dalla frase che gli rivolse in seguito, era
sinonimo di ottimo intuito.
«Non chiederti il perché. È
una cosa che non potresti capire.» disse, il tono quasi secco, come se quella
domanda gliel’avessero rivolta molte volte e tutte quelle che aveva risposto
non fosse stato capace di spiegarsi.
«Sei qui solo per eseguire
gli ordini di Sirjan o di questo Ethan, quindi? Di essere uno studente non ti
interessa nulla, per questo Sirjan dice che non ti circondi nemmeno di amici?»
«Gli amici non mi servono.»
fu la risposta che diede, come se fosse ovvio.
«E Sirjan?»
«Gli servo.»
«E non ti infastidisce che
sia solo questo?!» sbottò, fissandolo senza capire come potesse parlarne così,
come se non importasse.
Parve seccare Aedan, quella
domanda; Oz non ne era certo, ma gli sembrava di aver visto quell’espressione
costantemente neutra accigliarsi appena.
«Cosa ti insegnano come
prima cosa?» se ne uscì il moro. Oz, senza capire, mormorò un “parlare”
piuttosto dubbioso.
«E cosa ti dice più spesso
la tua famiglia?» lo interrogò di nuovo, come se gli stesse pazientemente
insegnando un concetto che avrebbe dovuto apprendere già tempo prima.
Oz tacque, facendo mente
locale per un attimo: aveva una situazione tutta particolare, lui, e non
ricordava bene sua madre che era venuta a mancare parecchio tempo prima. Ma
Ada, che da sorella maggiore aveva assunto anche un po’ la figura materna, la
ricordava chiaramente.
«…che mi ama.» borbottò, le
parole d’affetto della sorella che più di una volta erano state basilari,
necessarie a dir poco.
«Io ho imparato a
combattere. E poi mi hanno detto: “la tua vita non vale nulla”.» fu l’aspra
replica di Aedan mentre si alzava, e se ne andava.
L’indomani Oz era tornato a
frequentare le lezioni come stabilito.
Noah era andato a prenderlo
in infermeria la mattina, ed Oz gli era stato grato di non aver fatto domande.
Conoscendo la natura curiosa di Noah, era certo che se aveva taciuto era stato
per un qualche riguardo verso di lui.
Rufus Barma, primo docente
di quella mattinata di lezioni, gli aveva fissato un incontro per sostituire
quello mancato il pomeriggio prima, dopodiché la lezione era stata né più, né
meno apatica della norma.
Il che diventava
problematico quando, a seguire, avevi lezione con Xerxes: la sonnolenza che ti
eri portato dietro dalla tua stanza e che aveva avuto il controllo su di te per
tutta la lezione di Barma, infatti, veniva traumaticamente spazzata via dal
docente albino e dalle sue lezioni tutt’altro che calme e rilassanti.
Fortuna voleva che
l’insegnante avesse una sola ora con la classe di Oz quel giorno, e che alla
sua materia seguissero due ore di filosofia – non che quella fosse una materia
che ti faceva sbellicare dalle risate, ma Coleman aveva il potere di renderla
divertente anche quando il suicidio era una soluzione rosea, piuttosto che
ascoltare certe teorie.
Anche quel giorno il
docente non si era smentito; l’argomento della lezione – Zenone – era l’insieme
di teorie più astruse e inverosimili che Oz avesse mai sentito fino a quel
momento.
Ma Achille che non riusciva
a superare la tartaruga le batteva tutte (1): da qualsiasi punto di vista la
osservasse, Oz non lo riteneva possibile. Così Coleman, dall’alto della sua
indole folle, aveva insistito per dare la dimostrazione pratica della
teoria. Ciò aveva comportato che lui – impersonando una tartaruga che per
avanzare saltellava - obbligasse Oz a
fermarsi ad una certa distanza tutte le volte, in quanto sfigatissimo Achille
del caso, per spiegare il tutto alla classe.
Alla fine delle due ore di
lezione – tra le quali c’era stata la pausa di quindici minuti canonica – Oz si
ripromise di non chiedere mai più spiegazioni al professor Coleman utilizzando
l’espressione: “non è possibile”.
Quando lui, Noah e Alice
uscirono dall’aula, quest’ultima stava “sottilmente” prendendo in giro Oz per
la scenetta a cui la sua domanda aveva dato vita.
Fu Noah ad interromperli –
anche se era il primo a riderne divertito: «A questo punto, Oz, io ed Alice ti
salutiamo.» se ne uscì. Oz lo guardò perplesso e Noah ridacchiò picchiettando
piano sulla sua testa, fingendo di bussare.
«Ohi, “arte” e “lezioni
separate” ti dicono qualcosa?» lo apostrofò divertito.
Oz fece la linguaccia:
«Spiritoso.» ribatté, interrotto su una qualsiasi possibile aggiunta dalla voce
di Alice, che si era fermata poco dietro di loro. Voltandosi, la vide di fronte
ad un’altra ragazza: del loro stesso anno, era quella che Oz aveva sempre visto
sedere accanto ad Alice a lezione. I capelli chiari e a caschetto erano
lasciati sciolti a sfiorare quasi le spalle; gli occhi, di cui non riusciva a
definire il colore da lì, erano apaticamente puntati su Alice che le parlava
seccata.
«Almeno ai corsi diversi
lasciami in pace!» sbottò irritata.
L’altra, vide Oz, non
replicò lasciando che Alice le desse le spalle e, sorpassando Noah, proseguisse
lungo il corridoio.
Quando Oz notò entrambi –
Noah che aveva seguito la castana quasi subito – sparire in un altro corridoio
dopo aver voltato l’angolo, tornò con gli occhi chiari sulla figura della
ragazza, che sembrava fissare il punto in cui era scomparsa Alice, come incerta
se seguirla o meno.
Le si avvicinò,
l’espressione amichevole come il tono con cui le si rivolse: «Sei un’amica di
Alice?» chiese, deducendo la cosa più ovvia che si potesse ipotizzare dai suoi
atteggiamenti in aula.
Lei posò lo sguardo su di
lui, come se lo avesse notato solo in quel momento, senza espressione
particolare – gli ricordava Aedan, a ben pensarci – esordendo infine con un:
«Tu chi sei?» al quale Oz ridacchiò.
Le porse la mano: «Oz
Bezarius, anche io sono amico di Alice, anche se lei mi chiama “servo”.»
ammise.
La ragazza alternò lo
sguardo dalla mano tesa del biondo al suo viso; non la strinse: «Echo è una serva,
anche se tu la chiami "amica".» disse solamente, facendo per voltarsi
e andarsene. Oz, sorpreso e incuriosito, la seguì quasi subito.
«Aspetta, piccola Echo!»
chiamò, con quel nomignolo astruso tirato fuori sul momento da chissà dove.
L'altra si fermò voltandosi a guardarlo, seria.
«E' Echo.» disse
perentoria.
Ma figurarsi se Oz mollava
così facilmente.
«Echo come?»
«Echo e basta.»
«Dovrai pur avere un
cognome sull'iscrizione!» obiettò, il sorriso ancora ad incurvagli le labbra.
Lei parve pensarci su:
«Echo risulta come Nightray, ma non lo è. E' Echo e basta.» ribadì, concludendo
il discorso diplomaticamente per i suoi standard fino a quel momento.
Oz parve ricollegare
qualcosa tra le sue parole alla presentazione dei Nightray fornita da Noah il
primo giorno e mantenne il sorriso: «Quindi sei una servitrice dei Nightray?»
chiese conferma anche se, mentalmente, sostituiva a "servitrice"
"guardia del corpo". Echo, semplicemente, annuì. Dopo poco, fu lei
stessa a parlare: «Echo deve andare.» fu il semplice congedo dopo il quale si
avviò.
Oz mosse appena la mano in
segno di saluto: «Ci vediamo a lezione Echo!» esclamò, il tono allegro.
Entrò nella stanza,
chiudendosi la porta alle spalle e spostando quindi l'attenzione sulle due
figure presenti; come sempre, trovò lei vicino alla finestra, lo sguardo che
vagava oltre il vetro e il sorriso leggero ad incresparle le labbra.
Dietro la scrivania,
individuò Sirjan: un braccio mollemente poggiato sul bracciolo della sedia,
l'altro sul tavolo. Riconoscendolo appena entrato, incurvò leggermente le
labbra in un sorriso quasi invisibile.
La voce che richiamò il
moro, tuttavia, fu quella della ragazza nella stanza: «Come sta il tuo braccio
Aedan?» domandò, il tono gentile e pacato mentre lo osservava e gli faceva
cenno di sedersi.
Il moro preferì rimanere in
piedi: «E' solo un graffio.»
«Piuttosto profondo se
basta poco perché, pur protetto da una fasciatura, si riapra in così breve
tempo sanguinando tanto da farti guadagnare un breve soggiorno in infermeria.»
osservò Sirjan casualmente.
Ma, Aedan lo sapeva, non
c'erano parole che il più grande pronunciasse per caso. Lo studiò qualche
istante, sulla difensiva.
Di nuovo, la voce femminile
lo costrinse a spostare lo sguardo da Sirjan: «Non c'è bisogno di mentire tra
noi. Sappiamo tutti e tre cos'è successo, dopotutto.» commentò in tono pacato,
lo sguardo sul moro. Indicò il suo braccio: «Non te lo sei forse procurato
proteggendo il più giovane dei Bezarius?» chiese. Aedan annuì appena e Sirjan
si alzò, aggirando la scrivania.
Raggiunta anche lui la
finestra, parlò fissando il giardino fuori di essa: «Ricorda qualcosa?»
«Sembra di no, non da
quanto mi ha detto.» replicò il più giovane.
«Allora di certo rammenta
fin troppo. Ad ogni modo, l'errore è stato mio.» ammise Sirjan.
«Non è certo che ricordi le
voci.» fece notare Aedan. Sirjan lo osservò, un sorriso ironico sulle labbra:
«Per esperienza so che se così non fosse, non ti farebbe domande.» spiegò
semplicemente, spostando lo sguardo sulla ragazza seduta.
«Cosa ne pensi, sorella? E'
Vincent Nightray che dovremmo tenere d'occhio?» domandò. L'altra scosse la
testa, tornando con lo sguardo all'esterno della stanza.
«Non credo, non ancora.
Vincent Nightray conosce ciò che stiamo nascondendo non solo ai Bezarius, ma a
tutte le famiglie dell'alta società se così vogliamo definirla. Ma non conosce
il metodo per raggiungerlo e, oltretutto, non è suo interesse che si venga a
sapere. Al contrario, vuole nasconderlo quanto noi. Pertanto non credo sia
sensato per ora tenere d'occhio lui e credo che Oz Bezarius dovrebbe avere la
priorità.» replicò esponendo il suo punto di vista sulla questione.
Sirjan annuì e tornò con
l'attenzione su Aedan: «Per ora continua a sorvegliare il minore dei Bezarius
allora.» ordinò soltanto.
Aedan lo osservò in
silenzio; optò per tenere la domanda per sé, come tante altre volte in cui
aveva taciuto da quando "lavorava" con e per Sirjan.
Perché proprio quei due
conoscessero la vicenda, i particolari, le persone da cui doveva essere tenuta
lontana, nascosta sotto strati di bugie.
Perché proprio in quella
scuola.
Perché proprio i Kolstoj.
Oz, che si era ripromesso
di coinvolgere Echo nel loro "trio" non appena l'avesse vista a
lezione - anche se probabilmente Alice all'inizio non sarebbe stata contenta -
pensò che sì, se aveva avuto la fortuna di incrociarla quello stesso
pomeriggio, non poteva che essere destino.
Dopo il pranzo passato con
Noah pieno di risvegliati istinti omicidi verso la docente di Arte - ci
manca solo che mi spari "signor Keynes, non tiene il pennello da pittura
in maniera educata" e giuro su Dio che le piazzo insetti nella zuppa! -
un Marcus che sottolineava quanto il fratello fosse rumoroso e una Alice la cui
massima preoccupazione era spolpare il pollo preso per pranzo, Oz aveva deciso
di cercare Gilbert.
Non aveva certo dimenticato
che l'altro gli aveva promesso una spiegazione!
Era stato vagando, per
l'appunto, che aveva visto Echo in giardino da sola.
Sorrise meccanicamente,
avvicinandosi al punto dove era seduta e salutandola con tono allegro. Le porse
la mano per aiutarla ad alzarsi, giustificando il tutto con un: «Andiamo a fare
una passeggiata?» spontaneo come se per loro fosse una prassi e non si
conoscessero sì e no da mezza giornata.
Echo osservò la mano
perplessa, spostando poi lo sguardo nuovamente su Oz: «Perché sei tanto fissato
con Echo?» domandò senza girarci troppo intorno. Il biondo ridacchiò: «Vorrei
esserti amico.» fu la risposta quasi immediata.
La cosa parve spiazzarla:
«E perché?»
«Mmh...» sembrò pensarci su
lui. Sorrise più ampiamente: «Perché sei anche amica di Alice e siamo compagni
di corso e stare tutti insieme sarebbe più divertente.» concluse, come se
fossero motivazioni ovvie e quasi scontate.
«Tu conosci padron Gilbert,
vero?» se ne uscì lei, cambiando totalmente discorso. Oz la osservò confuso per
un attimo, dopo il quale fece cenno di sì con la testa: «Sì, ci conosciamo da
un po'.» rispose, vedendo Echo accettare finalmente la mano rimasta tesa verso
di lei fino a quel momento e alzarsi.
«Se sei amico di padron Gilbert,
allora Echo non può essere sgarbata con te.» fu la spiegazione che diede. Oz
non commentò; gli bastava che avesse accettato, in fondo: «Sai dov'è Gil?»
chiese poi.
Lei scosse la testa ed Oz
assunse un'aria offesa: «Come al solito ti serve e non si trova!» sbottò, senza
lasciare la mano di Echo e avviandosi verso l'edificio scolastico.
Echo guardò la mano che non
veniva lasciata, nuovamente perplessa dall'atteggiamento del biondo: «Perché la
tieni ancora? Echo sa camminare da sola.» puntualizzò.
Oz rise divertito: «Lo so,
ma la tengo lo stesso se non ti spiace, piccola Echo.» fu la risposta quasi
scontata.
«Fa lo stesso. Ed è solo
Echo.»
«Ma piccola Echo è più
carino!»
«E' solo Echo.»
«Uffaaa...» si lamentò Oz,
arrendendosi - ma solo per il momento, ovvio.
Camminarono per un po' in
silenzio, controllando la mensa e l'atrio, proseguendo poi per i posti più
nelle vicinanze. Si dirigevano in biblioteca senza aver ancora intravisto
nemmeno l'ombra di Gilbert, che ad Oz venne in mente.
«Echo» la chiamò, benché
fosse effettivamente al suo fianco: «chiami Gilbert "padrone" perché
sei la sua guardia del corpo o il servitore personale?» domandò incuriosito.
Da quando lui e Gilbert si
erano incontrati a Latowidge, non si erano praticamente mai detti nulla riguardo
a cosa fosse accaduto in quegli anni.
Per quanto ne sapeva Oz,
quindi, tutto poteva essere.
Echo, però, scosse la
testa: «Echo è affidata e serve padron Vincent. Però deve comunque rispettare
anche padron Gilbert e padron Elliot.» spiegò. Oz non trovò riscontri riguardo
quell' "Elliot", ma fu facile supporre che si trattasse del fratello
più piccolo di Gilbert. Magari Noah glielo aveva anche nominato e lui non lo
ricordava.
«Per questo sei qui a
scuola Echo? Per stare affianco a Vincent?» chiese, quasi cercando conferma che
molti studenti non fossero davvero lì per studiare ma solo per proteggere i
veri e propri studenti di Latowidge.
Echo, mantenendo lo sguardo
davanti a sé, annuì: «Per eseguire gli ordini di padron Vincent.» specificò. Oz
tacque, continuando ad avanzare e raggiungendo in breve l'angolo che dava sul
corridoio della biblioteca. Fece per voltarlo, ma l'altra lo trattenne. Si
voltò verso di lei, l'espressione interrogativa sul volto.
«Echo deve rientrare.»
disse lei, il tono apatico.
Oz annuì con un sorriso,
lasciandole la mano: «Ci vediamo a cena, oppure domani!» la salutò allegro,
facendo per avviarsi.
«Oz Bezarius?» si sentì
chiamare da lei, costretto nuovamente a voltarsi verso la ragazza: «Tu non sei
un servitore. Echo pensa che tu non sia come gli studenti normali. Allora
perché mai sei qui?»
«Che cattiva, chissà come
ci è rimasto male quando glielo hai chiesto.» commentò, il tono carico di
un'ironia quasi sadica. Chinò appena il capo, ignorando diverse ciocche di
capelli biondi che andarono a nascondere parte del viso; quasi un attore
nascosto dal sipario al pubblico presente.
Sfiorò il collo della
ragazza tenuta in grembo con le labbra, il tocco e la stretta sulla sua vita in
qualche modo possessivi. Ma non per affetto.
«Sei stata brava, Echo.»
sussurrò. La più piccola rabbrividì appena, il rossore ad imporporarle le
guance.
«Padron Vincent» mormorò:
«ora Echo cosa deve...?»
«Shhht.» la interruppe lui:
«Ora noi resteremo a guardare per un po', Echo.»
Note (e avviso)
Ossia quel "(1)"
che avete trovato alla lezione di Coleman. Giusto una breve spiegazione per
rendere la lezione e la follia di quell'uomo vagamente comprensibili XD
La teoria di cui parlano è
una delle poche di Zenone (o almeno delle poche che si studiano di solito).
"Achille e la tartaruga", sostiene che se la tartaruga parte prima di
Achille, lui per raggiungerla deve prima arrivare dove si trova lei e poi
superarla.
Il problema è che la
tartaruga continua a muoversi, quindi lui non la raggiunge e non la supera mai:
è una cosa che non prende in considerazione la velocità, ma la distanza e i
canoni con cui la si deve percorrere.
Quindi immaginate il
professore che salta e obbliga Oz a fermarsi in mezzo all'aula quando raggiunge
il punto in cui Coleman-tartaruga era prima.
Fine XD
Non chiedetemi perché
mentre scrivo questa longfic mi tornano in mente le lezioni di filosofia di 3
anni fa. Non lo so *si prepara ad essere trucidata con dolore*
Quanto all'avviso avrete
notato già da voi che non pubblico più ogni due giorni ma a intervalli più ampi
(e, per ora, ancora accettabili XD): credo che sarà sempre così, da ora in poi,
perché ricominciano università, esami, lavoro e sport. Ma cercherò di mantenere
aggiornamenti umani (non sarebbe la prima volta che un ficwriter - e nello
specifico io - scrive la notte *-*").
E ora, ringraziamenti <3
Come sempre grazie a chi legge e in particolare a chi recensiona:
Gioielle: mi assumerò le responsabilità di averti reso vitale
chiamare Gilbert “Monnalisa” XD
Dunque, per quanto riguarda
Marcus e Noah, posso dirti che lo scoprirete solo leggendo XP (e non darvi
spoiler è una sofferenza. Io chiacchiero troppo). Quanto a Jack e Glen posso
essere un po’ più indulgente dicendovi che sicuramente appariranno (non fosse
altro che tra i personaggi ho scritto “un po’ tutti” XD).
Per le scene GilOz, ve le
sto facendo davvero penare, lo so y_y E so che il poco che c’è stato qui forse
non vi appaga, ma siate fiduciose ù.ù Per l’IC non sei ripetitiva, a me fa
sempre piacere avere conferma visto che i lettori sono l’unico riscontro ^^ E
per Sirjan… beh, aspetto il tuo giudizio dopo questo capitolo XD
LitaChan: aw, ti ringrazio per i complimenti <3
Noah quando si impegna sa
essere anche più pucchoso di così XD *non sa se sia un bene o un male* E chissà
che con questo capitolo io non ti abbia chiarito un po’ chi è più sincero fra
Vincent e Sirjan X°°D
Per le voci, soffrirete
ancora un po’ ù_ù Se vi consola, però, potete sbizzarrirvi sulle varie
possibilità XD
Musica… Elliot… *divaga
volentieri con lei sbavando* coff. xD
ShAiW: tranquilla, anche se hai saltato il precedente il tuo
parere fa sempre piacere <3
Dunque, dunque… ormai non
mi stupisco più di vedere che tutte considerate canon la MarcusNoah XD E non ci
sono molti complimenti che mi facciano felice come riuscire a far risultare
almeno vagamente simpatico un personaggio che un lettore prima sopportava poco
o magari odiava <3 *felice*
Quanto all’abbondare dei docenti fighi, lo so, lo so… ma è la Mochizuki che li disegna così, eh, io mi limito a descrivere come li vedo XD *ghigna malignamente perché essendo l’autrice conosce sviluppi vari* kukuku +.+
Il padrone di Aedan per ora
medito di lasciarlo rimanere un nome e nulla di più (come in questo capitolo);
quanto a Elliot e Reo, pazienta ancora un po’ x3
makotochan: siccome ti conosco da tanto, mi prendo la libertà di
dirti che le tue recensioni iniziano ad inquietarmi x° *paura* comunque lo
sappiamo che Oz è tutto particolare, io non mi sorprendo del fatto che si fidi
(se di fiducia si può parlare) di Vincent XD *lei non si stupisce di nulla
ormai*
Sono contenta che ti
piaccia Rufus, perché tengo particolarmente a quell’uomo *-* Quanto allo
sbadiglio di Noah, suvvia: quel ragazzo nasce per essere scemo anche nelle
scene pesanti XD
Visto che ti era piaciuto
Aedan, confido che l’approfondimento di questo capitolo sia stato di tuo
gradimento ù.ù
Yoko891: wiiiih, le virgole al loro posto! *__* *festeggia* XD
Non so quanto dovrei
preoccuparmi dell’IC di Vincent, considerando che lo muovo senza pensarci troppo
(e quindi si suppone mi venga naturale) ma lo prendo sicuramente per un
complimento almeno come ficwriter *-*
Sapevo che avresti sbavato
su Sirjan e beh, a volte anche possedere gli spoiler non conta ù_ù *specie se
sono su storie di Shichan, che ogni tanto cambia trama* XD
Le lezioni di Break sono il
bene incarnato sulla Terra *muore* e cercherò di descriverne qualcuna di più se
lo spazio e la trama permetteranno, perché sono la prima che si diverte a
scriverle XD