Equinox
-
1 -
Come sempre
L’autunno
stava per finire, gli alberi avevano lasciato morire le loro chiome per
proteggersi dal gelo e il silenzio gravava sul paese. Il sole stava per sorgere
dietro la coltre di nubi, richiamando la popolazione a vivere un’altra giornata.
Le vie erano ancora
deserte e nonostante tutto la sonnolenta città lentamente cercava di mettersi
in moto, ma non tutti erano cosi pronti ad affrontare i proprio doveri…
“Anna per l’amor del cielo vuoi scendere dal
letto?”
Urlò per l’ennesima volta sua madre entrando nella
camera, che molto cordialmente definiva “il caos in Terra”, a volte aggiungeva
addirittura una sua simpatica battuta, dicendo che il termine era riduttivo ed
esso sarebbe stato senza dubbio meno confusionario di lei.
La camera di Anna sarebbe stata grande e ariosa se
non fosse stato per il suo modo di tenerla e, secondo i suoi genitori, ancora
peggio per come l’aveva addobbata.
“Anna non mi va di correre tutte le mattine,
quindi giù dal letto!”
”Chris ...”
Fuori dalla camera del ragazzo, suo padre era già
pronto a chiamarlo, come tutte le mattine, per svegliarlo, ma dal bagno, con lo
spazzolino in bocca, spuntò d’improvviso il ragazzo porgendogli un sorriso ed
accennandogli un cenno di saluto col capo.
“Potresti darmi la gioia di riuscire un giorno,
non dico tanto… un giorno solo, di svegliare mio figlio?”
Gli chiese esasperato tanto, che il figlio non
riuscì a fare a meno di scuotere la testa e far spallucce.
Era in gamba non ci poteva fare nulla! Si
svegliava ogni mattina un’ora prima per poter leggere i suoi adorati libri e
dieci minuti prima dell’entrata trionfale del padre nella sua camera e delle
urla della madre nella stanza accanto, quella della sorella, incominciava a
prepararsi per il meglio per la giornata.
“E dato che ci sei, ogni tanto fa trovare in
disordine la tua camera”, sospirò. “Io e tua madre siamo esasperati di non
riuscire mai a sgridarti!”
Chris continuava ad ascoltarlo, mentre rientrava nel suo bagno personale per risciacquarsi la bocca per, poi, raggiungere di nuovo la soglia della stanza e fissarlo. Suo padre restava immobile appoggiato allo stipite della porta.
Henry Hallgham era un uomo relativamente nella media, portava i suoi capelli ramati corti, ma questo non li rendeva certo più domabili. Vestiva sempre in modo sobrio, ma non per questo non elegante, era sempre in ordine, lasciando intravedere la sua forma smagliante. In quel momento scrutava il figlio con quei penetranti occhi verdi che avrebbero messo in soggezione chiunque.
“Papà, non ci posso far nulla se sono il figlio
perfetto, a differenza di quella troglodita di mia sorella! Chi ha ordine
dentro di sé, ha ordine intorno!”
Esclamò prima di andare ad aprire l’armadio, dove
ogni capo d’abbigliamento era suddiviso attentamente per colore e per tipo di
tessuto.
“A volte mi chiedo da chi hai preso? Ti aspettiamo
giù per colazione!”
“Ah ah …”
Lo corresse subito il giovane, voltandosi verso di
lui mentre si accingeva ad uscire.
“Vorrai dire che mamma e Anna mi aspettano per
colazione!”
Puntualizzò tranquillo tirando fuori la sua divisa
di scuola, osservandolo alzare gli occhi al cielo prima di uscire e chiudere la
porta dietro di sé.
A differenza della camera della sorella, la sua
era più piccola e molto essenziale. Del resto era ordinato e preciso affinché
tutto fosse sempre a portata di mano e si potesse trovare senza troppi
problemi. La sorella, per prenderlo in giro, diceva sempre che era fredda e
impersonale. Come una camera d’esposizione in un negozio di mobili, ma lui non
era d’accordo: era semplicemente organizzata.
Finalmente Anna era
pronta.
Ogni mattina ci metteva
un’eternità per preparasi, nonostante andasse in una scuola privata che
richiedeva rigorosamente una divisa e quindi non c’era molto da scegliere
nell’armadio. Ma lei no. Doveva metterci in qualche modo sempre qualcosa di suo
che la rendesse unica nel suo genere.
I suoi lunghi e mossi
capelli color rame erano sciolti e le ricadevano sulle spalle, la frangetta
rigorosamente liscia era rigonfia sulla fronte; gli occhi erano truccati con un
leggero ombretto a risaltare i suoi occhi azzurri dalle venature verdi. Non era
una ragazza molto alta, anzi era minuta e asciutta, ma il suo caratterino
accesso e perspicace bastava a compensare tutto quello che in altezza poteva
mancarle.
“Finalmente ci hai
onorato della tua presenza!”
Esclamò il padre quando
finalmente la vide scendere dal piano di sopra, a raggiungere il resto della
famiglia in cucina, dove la moglie stava già servendo la colazione.
Suo padre non
condivideva gran parte delle sue passioni, come la danza e le feste a cui
andava. Era un uomo giovanile e gioviale, ma che avrebbe desiderato una figlia
meno popolare e nottambula che quasi con i suoi modi di fare sembrava non
c’entrar nulla con il resto della famiglia.
Bisognava ammettere che
lui non era un uomo e un padre così normale. Il fatto che si svegliasse la
mattina presto per fare colazione da solo, ne era la dimostrazione.
Chris e Anna
avevano sempre saputo che loro padre era particolare, ma del resto ogni
genitore lo è per i propri figli.
La nascita e la
creazione di una famiglia non erano mai stati nei progetti iniziali dei loro
genitori, come gli avevano sempre detto, ma non si erano mai azzardati a
spiegare il perché neanche se i loro figli insistevano.
Con Anna e Chris tutto
era diventato più delicato e difficile. Dicevano sempre così. Avevano
responsabilità così grandi e profonde nei loro confronti, seppur si sforzassero
di essere una vera famiglia e di tenere i due ragazzi fuori anche dal segreto
che aleggiava in casa.
Anna andò a sedersi in
silenzio accanto al fratello più piccolo. Avevano 3 anni di differenza, ma
questo non serviva a farla sentire più di tanto superiore in quanto sembrava
che lui colmasse tutto quello che a lei mancava.
Chris non solo aveva
gli stessi capelli ramati e mossi del padre che gli donavano fascino,
nonostante la tenera età, ma anche gli occhi di un’intensa tonalità blu ed
espressività come quelli della madre. Da entrambi aveva preso anche l’intuito e
l’intelletto, seppur la sua mente straordinaria superava quella di chiunque
altro ed a scuola eccelleva in tutte le materie scientifiche, soprattutto
l’informatica, cosa che a differenza della sorella maggiore non gli permetteva
di avere molti amici ed era tenuto a distanza da tutti.
“Finalmente ti sei degnata
…”
Le bofonchiò Chris
quando si sedette al suo fianco, facendo eco al padre.
“Sai, stavo facendo due
calcoli e pensavo che se tu ti svegliassi semplicemente 5 minuti prima,
usciresti in tempo per quando io mi alzo. Così ogni mattina non dovremmo incappare
in questo teatrino …” puntualizzando con un tono lievemente aspro.
“Mi cronometri?”
sospirò. “E poi anche se fosse, non ho alcuna voglia di alzarmi prima, quando
mi alzo mi alzo! Capito?”
Rispose lei con aria di
superiorità e strafottenza che sempre aveva sempre nei confronti del fratello,
e con tutti del resto. La verità era che lo detestava, era sempre perfetto.
Sapeva fare più cose di lei, questo la faceva andare su tutte le furie ed era
una cosa assolutamente inaccettabile. Quando i suoi genitori gli annunciarono
la sua nascita, lei si era aspettata immediatamente un piccolino da cullare ed
a cui insegnare questo e quello; invece quel marmocchio si era dimostrato un
acido saputello che non faceva altro che sminuirla giorno dopo giorno.
“Pa’! Quando ti
deciderai a cambiare macchina?”
Chiese la ragazza, per
l’ennesima volta, quando fecero per entrare nella vettura parcheggiata nel
vialetto davanti casa. Non capiva, perché il padre si ostentasse a tenere
quella Ford Mustang dell’69 nera con quella ridicola riga blu che passava su
tutta la fiancata. L’aveva comprata proprio lui nel 1969 e all’epoca era
davvero una novità invidiabile, ma adesso la trovava solo imbarazzante,
soprattutto se ogni mattina doveva accompagnarli a scuola.
“Questo è un capolavoro
d’epoca” s’affrettò a rispondere l’uomo, con espressione soddisfatta disegnata
in volto. ”poi quelle nuove fanno quasi tutto, tranne il loro dovere!
Ricordatevi sempre che vostro padre …”
“… in epoche e momenti
in cui non essendoci nulla. Si creava” lo
interruppe Anna.” a dispetto di adesso che c’è tutto e si distrugge …”
Fece eco anche il
fratello, prima che la madre scoppiasse in una risatina. Il padre, ormai salito
in macchina, li squadrava dal suo specchietto retrovisore con aria riluttante e
occhi che lasciavano trasparire una certa durezza.
“E’ inutile che fate i
pappagalli è verissimo! Se voi foste nati solo una cinquantina di anni fa, ve
ne sareste resi conto!”
La figlia alzò gli
occhi al cielo rassegnata, mentre il padre iniziava con la sua solita ramanzina
che propinava ogni volta che quel argomento usciva. Per salvarsi da quella
tortura, prese il suo Ipod nero, impreziosito da quelle graziose maschere
adesive con i brillantini e si mise ad ascoltare la sua adorata musica
estraniandosi dal resto del mondo, ignorando il resto della conversazione.
Chris notò Anna
mettersi le cuffie dell’Ipod e guardare fuori dal finestrino, mentre loro padre
portava avanti l’ennesima lamentela su come Anna fosse strafottente e dovesse
darsi una regolata.
Si voltò anche lui
verso il finestrino a guardar fuori. Ogni mattina percorrevano un lungo tratto,
abitavano fuori città in una piccola e tranquilla cittadina, nella loro
villetta a schiera uguale identica a tutte le altre del quartiere.
Secondo lui era solo
l’ennesimo sforzo dei suoi genitori ed illudersi ed illuderli di essere una
famiglia normale.
Voleva un bene
dell’anima ai suoi genitori, ma silenziosamente si poneva molte domande sul
loro futuro. Loro dicevano sempre che un giorno ne avrebbero parlato, magari
tra qualche anno, ma intanto il tempo passava.
Finora lui e sua
sorella non erano riusciti a capire cosa nascondevano di preciso i loro
genitori, ma lui da buono scienziato che era, avrebbe voluto sapere tutto,
ponendo domande, ma questo era proprio ciò che
i loro genitori gli
avevano vietato!
Solo Anna riusciva a
rispettare questo divieto, stranamente, ma lui no! Ecco trovata l’unica cosa
per cui venisse sgridato, mentre la sorella no!
La macchina rallentò
improvvisamente andando a fermarsi davanti a un maestoso edificio di mattoni
rossi dei primi del‘900 che ospitava la scuola. I due ragazzi la frequentavano
perché anche loro padre l’aveva frequentata a suo tempo e, come allora, era una
prestigiosissima scuola privata.
“Buona giornata
ragazzi! Mi raccomando puntuali stasera!”
Ricordò la madre ai due
figli, mentre li guardava scendere dalla macchina. Era consuetudine che dopo
aver accompagnati a scuola, poi i due coniugi si avviassero assieme a lavoro.
“Contateci! A stasera!
Buona giornata anche a voi mamma e papà! Ciao!”
Tagliò corto Chris
prima di fiondarsi fuori dall’auto sbattendo la portiera, seguendo sua sorella,
per poi voltarsi insieme per vedere la macchina ripartire. Con un sospiro entrambi si avviarono verso gli scalini di
marmo, verso l’androne della scuola per poi varcarlo silenziosamente.
Una volta entrati
nell’edificio cessavano di essere fratelli. Anna vietava sempre ed
assolutamente di rivolgerle la parola in qualsiasi modo. Era un tabù e se lei
ci teneva tanto per lui non era un problema.
Quindi senza neanche
salutarla Chris si diresse verso l’ala in cui aveva la sua prima lezione della
mattinata, mentre due ragazze spuntarono da un corridoio traverso e si
avvicinarono a Anna, la quale le scrutava immobile.
“Ciao Anna!”
La salutarono in coro
le sue amiche.
“Ciao ragazze! Brooke
cos’è quella cosa che hai in testa? Mary e quella è una cintura o uno strumento
di tortura?”
Chiese criticando
aspramente prima il ridicolo cerchietto di una e poi la cintura dell’altra.
Insomma se volevano stare con lei dovevano essere quanto meno impeccabili.
Immediatamente le vide darsi da fare per far sparire entrambi gli accessori,
mentre cercavano di tenere il suo passo.
“Allora stasera ci
sarai alla festa di McAllister?” domandò Brooke, la minuta morettina dal viso
vispo che quasi correva dietro Anna.
“Stasera? Ma non era
venerdì prossimo?” rispose lei sbigottita.
Non poteva crederci,
aveva capito male? No! Era la festa più importante dell’anno quella dei
McAllister. Era una cosa imperdibile ed essere invitati era un onore.
“Perché non puoi? No,
Anna! Non puoi farci questo! Devi esserci!”
“A chi lo dite, ma i
miei mi hanno incastrato con una cena con mio zio!”
Sbuffò vistosamente
alzando gli occhi al cielo, mentre la campanella cominciava a suonare risuonando
fastidiosamente.
“Uh… tuo zio eh? Se è
Logan sei giustificata. E’ troppo figo.”
Vide una delle sue
ochette di compagnia incominciare a fare le moine e coinvolgere le altre,
appena sopraggiunte. Non le poteva sopportare. Ogni volta che si parlava di lui
o di suo padre incominciavano a sbavare senza ritegno e per lei era a dir poco
disgustoso ed imbarazzante. Le lasciò fare, non le andava proprio di subirle
quel giorno e così entrò in classe lasciandosi cadere sul suo banco, persa nei
pensieri. Doveva trovare un modo per fuggire all’impegno con i genitori e
sgattaiolare a quella festa che aspettava da
tutto l’anno.
Scivolando sulla sedia
si accomodò, rimuginando intensamente finendo per ignorare del tutto quelle
fastidiose amiche, che ancora le giravano attorno sparlando dello zio.