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Autore: Jashin99    05/03/2021    1 recensioni
Nelle Terre Antiche si incrociano i cammini di due viaggiatrici; l'una una prode guerriera dall'armatura lucente dedita ad un'instancabile ricerca, l'altro un angelo oscuro in fuga dal proprio passato. Sembrano destinate a essere nemiche, ma forse il mondo ha bisogno di entrambe per sopravvivere. Forse l'abisso che le separa non è così profondo... ma potrebbe rivelarsi invalicabile.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Leona, Morgana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ZAM
Con un’unica vibrazione la spada tranciò di netto il braccio della creatura, che abbaiò agonizzante.
-Muori bestia!- Ma quella invece la bloccò a terra col proprio corpo, cercando di strapparle la faccia a morsi; aveva la serie di denti più aguzzi che avesse mai visto, e il suo alito era qualcosa di indescrivibilmente nauseabondo. Piuttosto che provare a difendersi, le offrì la spalla dove si chiusero le sue fauci, senza però penetrare l’armatura; in questo modo riuscì a rotolare e a mettersi sopra di lei e quindi, alzando il ferro, a darle il colpo di grazia. L’obbrobrio si dibatté qualche secondo, e poi giacque immobile.
Leona si rimise dritta e fece per raccogliere lo scudo, quando sentì un rantolio provenire poco più in profondità della caverna, dove pensava di aver già finito. Lo scudo roteò in aria come un disco e spaccò la calotta cranica del mostro sopravvissuto, sancendo la fine della battaglia.
L’Incarnazione del Sole si asciugò la fronte con il polso; odiava combattere di notte, quando era più debole, ma non aveva avuto altra scelta. Almeno ora il villaggio sarebbe stato al sicuro.
Ho già visto questi abomini, nei Sacri Testi. Non immaginavo di trovarli qui.”.
Sentì un movimento alle proprie spalle, e per un secondo pensò di dover combattere ancora; ma era solo uno dei cittadini che sporgeva la testa incauta dall’entrata della grotta, balbettando parole nella sua lingua.
-Non ti capisco.- Gli disse in Velariano: -Non dovresti venire qui, è pericoloso.- ah, ora che lo guardava meglio era il fratello di una delle vittime. Fratello o parente, non conosceva bene quella lingua eretica. Forse in cuor suo aveva covato qualche speranza, e ora le toccava dargli la triste notizia. Scosse il capo, e quello si avvilì e se ne andò correndo.
Gli Ioniani sono codardi, abituati a una stolida pace con le forze maligne a cui soggiaciono.” Pensò tra sé e sé. Uscita dalla grotta cavalcò fino al villaggio, dove il capo del luogo e il traduttore la aspettavano apprensivi. Spiegò che i mostri erano stati uccisi, ma non escludeva che ne sarebbero potuti arrivare altri. L’anziana annuì gravemente e la ringraziò di cuore, offrendole la ricompensa che sin dall’inizio aveva rifiutato.
-Non sta bene combattere per proprio tornaconto.- Ripeté con fermezza. Poi, guardandosi intorno, notò l’assenza del tipo di prima, e domandò loro come mai non li avesse già informati della sua vittoria; il traduttore le rispose con sgomento che non lo avevano visto per tutta la sera.
Senza aggiungere altro Leona tornò nel bosco, trovando a fatica le tracce dell’uomo. Le seguì in mezzo alle frasche, fino a scoprire ciò che aveva sospettato. Almeno non aveva ancora trovato il coraggio, ed era fermo in piedi con il cappio intorno al collo. Piangeva, le sue gambe tremavano, strabuzzava le palpebre. Leona alzò la spada e con un raggio solare tagliò la corda, poi colpì l’uomo con un pugno, facendolo cadere. Quello la guardò senza capire.
-Disonori la sua morte con la tua codardia! Guarda cosa ti ha spinto a fare il dolore!- Stava per aggiungere altro, ma dopo quest’ultima parte incespicò. Vide la disperazione e il lutto nel volto dell’uomo e lasciò perdere.
-Tornatene a casa.- Disse in quel poco di Ioniano che aveva deciso di imparare.
Lasciò quel posto la notte stessa.
Tutto quel tempo a Ionia e ancora nessun risultato, Diana sembrava lontana come lo era sempre stata. Ma dappertutto c’era bisogno di lei, ed era costretta ad intervenire.
Questi popoli vivono nell’eresia, però i mostri che li minacciano sono ancora più pericolosi.” Si diceva. Eppure, nonostante il tempo passato nelle isole, non si capacitava ancora di come fosse possibile che esistessero così tante persone in contrasto con le Sacre Scritture. Un conto era Shurima, ma gli Ioniani? Avrebbe dovuto eliminarli, come ogni forma di devianza; d’altra parte erano bisognosi di aiuto, del suo aiuto. Non era forse suo dovere proteggere i bisognosi? Non era suo dovere guidare il popolo verso la luce del Sole?
-Ah!- Spronò il cavallo per allontanare quei pensieri. Pregò il Sole di guidarla, e l’essere antico dentro di lei rispose. Il suo umore peggiorò.
Io sono il Sole che illumina gli innocenti…”.
Un giorno però, mentre percorreva la strada dentro l’ennesimo bosco, senza alcun preavviso, il cavallo rallentò fino a fermarsi; e non ne voleva sapere di ripartire, anche se non sembrava stanco o ferito. Leona scese riflettendo sul da farsi, quando una voce non familiare la chiamò: -Yo! Leona, giusto?-.
Si voltò di scatto e vide, appollaiata sul ramo, una ragazza dal corpo largamente tatuato e con una bandana verde davanti alla bocca. Le ricordava vagamente Kayn, probabilmente era una guerriera della sua stessa risma. Leona sguainò la spada, ma quella alzò le mani: -Calma, calma, non serve agitarsi. Se ti avessi voluta morta, avresti un pugnale in mezzo alle scapole.-.
-Parli con arroganza per essere una che cela la bocca. Chi sei?-.
-Sono una tua ammiratrice. Sul serio, ho sentito parlare di te, dicono che hai preso a calci Kayn; eh, mi sarebbe piaciuto vederlo!-.
-Cosa hai fatto al mio cavallo?- Le chiese senza abbassare la guardia.
-Mh? Oh che strana coincidenza, una volta era mio, deve essersi fermato per quello.-.
Già, strana coincidenza. Quei ninja erano famosi per essere scaltri e silenziosi, probabilmente chi gliel’aveva fornito era un suo alleato.
-Non ti preoccupare, sono sicura che con qualche carota tornerà in marcia.-.
-Sostieni di essere nemica di Kayn, ma non mi sembri diversa da lui.-.
-Prego?-.
-Hai il suo stesso modo di fare. La stessa superbia, la stessa spudoratezza. Immagino che anche tu sia legata alla magia impura di questa terra…-.
Quella girò gli occhi: -Oh, allora sei davvero una fanatica! Mi ricordi il mio vecchio maestro! Sono Akali comunque, e sì, sono un’assassina nata, e sì, spesso devo fare i conti con la magia di Ionia. Ma, da professionista a professionista, lascia che ti dica una cosa: non è cattiva, è solo molto selvaggia. Dovresti darle qualche possibilità.-.
-Da quello che ho visto tende a fare molti danni.-.
-Dicono lo stesso di te, per esempio che dove passi il cielo si dimentichi di piovere per un bel po’.-.
Leona socchiuse le palpebre: se non fosse stata sola, cosa di cui era assolutamente sicura, avrebbe pensato che stava cercando di farla cadere in un’imboscata stuzzicandola.
-Ehi, non ti giudico mica, dico solo che magari dovresti avere una mente più aperta. Voglio dire, lottiamo entrambe per il bene di tutti, è questo quello che conta no?-.
-Io sto cercando una persona.-.
-Così ho sentito, e infatti volevo giusto darti una dritta a riguardo.-.
Gli occhi di Leona luccicarono: -Parla!-.
Da sotto la maschera immaginò che Akali stesse sorridendo: -A sudest dell’isola su cui ci troviamo ora dicono di aver visto una guerriera dai capelli d’argento che si muove solo di notte. Potrebbe essere quella che cerchi…-.
-Grazie dell’informazione. Ora, se vuoi scusarmi…-.
-Aspetta un momento. Già che sei lì, nell’isoletta lì vicino sembra che ci siano dei problemi. Il mio vecchio maestro ha mandato alcuni dei suoi uomini a controllare, ma non si sono fatti vedere, e sia io che lui abbiamo altro per le mani. Forse ti interessa dargli un’occhiata…-.
-Ti ho già detto che non sono qui per questo.-.
-Così hai detto, però mi sembri il genere di persona che non ignorerà la mia richiesta. Tanto perché tu lo sappia, quell’isola è abitata, e se dovrò andarci io altre persone su Ionia rimarranno senza difese. Capisci quello che intendo?-.
-Puoi farmi il favore di sparire dalla mia vista, Akali?-.
-Certo.- La donna si mise in piedi sul ramo e mise una mano in tasca: -Ah, ho qui un piccolo regalino per te.- con un gesto secco piantò un kunai, così si chiamavano quegli strani coltelli che aveva visto in giro, ai suoi piedi.
-So che non li usi, ma potrebbe tornarti utile come stuzzicadenti. Dalla tua fan numero uno!- Detto questo si dileguò tra gli alberi.
Leona rimase immobile per qualche secondo, poi si piegò e raccolse l’arma. I suoi occhi vi si specchiarono, e vide l’ardore del Sole bruciare in essi.
-Tsch!-.
Viaggiò giorno e notte, senza fermarsi se non per il minimo indispensabile. Alla fine i suoi piedi toccarono la sabbia della spiaggia davanti l’isola. Vide una barca incrinata poco lontano dall’acqua e, dato che gliene serviva una, vi si diresse. Dentro c’era un corpo martoriato, un giovane uomo.
Questi segni… impossibile!”.
Adagiò il cadavere sulla spiaggia e spinse la barca nel mare; fortunatamente era ancora integra. Prima di salire, ebbe un attimo di esitazione.
L’altra volta avevo i soldati con me, se è quello che penso. Sarò in grado di…”.
No, non esiterò. Sono il Sole che brucia i malvagi.” Montò sulla barca e viaggiò fino all’isola, ritrovandosi davanti a ciò che temeva.
-Credevo di averla uccisa.- Commentò tra sé e sé: -Invece ha messo radice qui. Stavolta non fuggirà.-.
Si mise in marcia, notando subito delle piante sbocciare e rivolgersi verso di lei. Leona roteò la spada con la mano e si lanciò all’attacco, tranciandole con un gesto ciascuno.
Bene, uh?” Si mise una mano sulla spalla, estraendo una spina che aveva intaccato la maglia.
-Mi sono fatta colpire.- Constatò; poi si rivolse verso l’interno dell’isola.
-Il suo nucleo deve essere lì in mezzo. Meglio non perdere tempo.-.
Si addentrò nella foresta. Vi regnava il più assoluto silenzio, tutto in quell’isola era stato divorato. Niente uccelli che cinguettavano, niente scoiattoli sui rami, niente…
-Chi è là?- Si voltò allarmata: con la coda dell’occhio aveva visto una chioma rossa alle sue spalle. Nulla. Ma sapeva di essere stata individuata; e infatti, dopo qualche secondo, il silenzio si ruppe in una moltitudine di rumori tutto intorno a lei: fibre vegetali che si allungavano, zampe felpate tra le foglie, passi molto più pesanti e lenti.
-Sentirete la gloria del Sole!-.
La battaglia cominciò. Linfa, sangue, carni, Leona avanzò dipingendo l’aria con la spada, senza un attimo di tregua. Vide il Sole tramontare e la Luna sorgere, ma anche se le forze le vennero meno continuò a combattere, perché l’alba sarebbe sorta ancora: e così fu. Un altro zenit, un altro tramonto, un’altra alba e la sua marcia progrediva con lentezza. Sentiva il fastidio della sete e i primi morsi della fame, e quelle bestie vegetali non sembravano commestibili. Le provò comunque.
“…”.
Alla terza alba in quel luogo, però, fu costretta a fermarsi. I fiori erano enormi e le bestie che controllavano si erano ammassati in amorfi mostruosi.
SBENG SBENG SBENG Percuotendo lo scudo con l’impugnatura della spada li invitò a farsi sotto.
-Non ci saranno altre albe per voi!- Si batté valorosamente, ma i nemici non finivano più. Ad un certo punto, un ramo verde appuntito come una lancia le passò vicino al viso, e si rese conto di averlo visto arrivare solo all’ultimo secondo.
La prossima volta… maledizione!” Indietreggiò di qualche passo, poi si voltò e iniziò a correre. Il cuore le martellava in petto e i suoi piedi si muovevano da soli, calpestando il terreno senza criterio di prudenza.
Cosa? Questa… questa che sento è paura?”.
Io sono spaventata? Io, un guerriero dei Solari?”.
-Ora hai dei dubbi sul tuo credo?-.
-Mai!-.
Ed ecco, la vide tra i cespugli. Una giovane donna pallida dalle labbra nere. Diana?!
Continuò a correre.
-Per tutti gli Yordle!-.
Un attimo, ma quella voce… sbirciò alle proprie spalle, e al posto di Diana vide un’altra donna che aveva già incontrato. E che non avrebbe voluto rivedere.
-Non mi aspettavo… di vederti… scappare!- Ora la inseguiva pure.
Io non scappo. Il Sole è con me. Non sto scappando.”.
-È una ritirata… temporanea! Perché sei… qui?-.
-Per il tuo… stesso motivo!-.
-Non mi serve il tuo- Si interruppe vedendo delle spine sfrecciarle vicino agli occhi.
-Allora che ne dici… se al tre… ci giriamo e li affrontiamo?-.
Se c’era una cosa che aveva capito di lei, era che una volta che si metteva in testa un’idea era impossibile farla desistere.
-Cerca di non… starmi tra i piedi! Uno…-.
-Due…- Disse Morgana.
-Tre!-.
Per quello che poté vedere nei pochi attimi di tregua, e per quanto le seccasse ammetterlo, Morgana combatteva più che bene. Le arti oscure che padroneggiava erano senza dubbio indegne, ma altamente efficienti. Se fosse stata anche lei una guerriera dell’oscurità, ne sarebbe stata ammirata.
Ma che vado dicendo?”.
Sentì un ginocchio venir meno e dovette appoggiarsi con una mano a terra. Ecco perché aveva evitato di fermarsi.
-Ti hanno colpita?- Le domandò Morgana. Perfetto, l’ultima cosa che voleva era mostrarsi debole di fronte a lei.
-Sto bene. Solo un attimo di spossatezza.-.
La mise al corrente di tutto, e poi proseguirono. La stanchezza doveva averle sciolto la lingua.
Non dovrei abbassare così la guardia con lei.”.
-Hai fame?-.
-Sto bene.- Rispose secca. L’altra si mise a mangiare del pane. Tanto non aveva fame.
-Gnam. E hai più trovato… Diana?-.
Il suo stomaco si stava ritorcendo: -…non ancora.-.
Un fastidio dentro l’orecchio le diceva di dover rispondere, come voleva la cortesia.
-Tu hai trovato tua sorella?-.
-Non ho intenzione di incontrarla.- Udì la risposta stizzita.
Allora sei più cieca di quanto pensassi.”.
Comunque, data l’insistenza, mangiò una pagnotta.
Da qualche parte davanti a loro, qualcosa riprese a muoversi. Leona si mise in posa d’attacco, ma Morgana le si piazzò davanti.
-Tu pensa a riposarti per quando saremo arrivate. Di questi mi occupo io.-.
-Morgana…-.
L’occhio con cui la guardò trasudava potere oscuro. Che situazione paradossale. Ma purtroppo le gambe la imploravano per una tregua.
Si sedette decisa a tenere lo sguardo fisso su Morgana, ma come chiuse gli occhi si trovò in un altro luogo.
-Non tornerò indietro, Leona! Vieni con me! Cerchiamo insieme la verità!-.
Diana…” Era di nuovo sulla cima del Monte Targon. Ricordava quel giorno, e ricordava quello che sarebbe successo dopo; e per quanto provasse a muoversi, non controllava il proprio corpo o la propria voce.
-Tornerai con me e ti sottoporrai al sacro giudizio dei sacerdoti. Abbandonerai le tue idee eretiche una volta per tutte!-.
Non ti ascolterà mai.”.
Diana digrignò i denti: -Ti supplico!- disse, e la mano già premeva sulla sciabola: -Non costringermi a farlo!-.
-Se hai intenzione di combattere, sappi che non potrai più tornare indietro.-.
Poi vide degli scatti, come lampi: il volto infuriato di Diana, le due lame che si scontravano, e infine la sciabola lunare sul suo collo.
Diana la guardava con occhi imperscrutabili e poi aprì la bocca:
-Ehi.-.
Leona sbarrò le palpebre e Morgana fece un salto indietro. Tutto intorno a lei c’erano i resti della battaglia.
Leona si strinse una mano in fronte: aveva completamente perso conoscenza! Che… patetica!
-Ah, allora anche i prodi guerrieri della luce crollano dal sonno!-.
-Non dire assurdità. Mh?- Morgana aveva allungato con disinvoltura una mano sui suoi capelli, estraendone una foglia. Calò un silenzio imbarazzato.
-Stiamo perdendo tempo.-.
-Già.-.
Il nucleo era vicino e la strada praticamente spianata; nonostante non si sentisse particolarmente riposata, arrivarono senza troppi problemi.
-Ma questo è…- Morgana era visibilmente senza parole, non doveva aver mai visto uno spettacolo simile. Beh, non poteva biasimarla.
Un intricato reticolo di rovi e fiori dentro a un cratere di una decina di metri di raggio, da cui traboccavano liane e radici che si diramavano in tutte le direzioni, come vene. Quasi coperti dalla vegetazione c’erano dei cadaveri: evidentemente qualcuno (forse i compagni di Akali) era riuscito ad arrivare fin lì, ma era rimasto sopraffatto a un passo dalla vittoria. O forse era stato manipolato fin dall’inizio.
-…Mi ci vorrà del tempo.- Commentò Morgana.
-No, ci penso io. Avrò bisogno di qualche minuto per richiamare il potere del Sole e dovrò colpire lì in mezzo.- Disse indicando il centro.
Morgana sembrò voler obbiettare, ma non aveva valide ragioni per farlo.
-Ah!-.
Qualcosa si avvinghiò attorno al suo collo, qualcosa di stretto e pieno di spine; istintivamente cercò di liberarsi con una mano, ma la prese si fece più stretta. Al suo fianco, Morgana stava subendo lo stretto trattamento.
-Chi vaga nel mio giardino?- Chiese una roca voce femminile alle loro spalle.
Finalmente si è fatta vedere!” Mentre si voltava tagliò la frusta con un colpo di spada, e poi gliela puntò contro. La donna dalla chioma rossa alzò un sopracciglio. Un attimo dopo la sua testa cadeva al suolo, ai piedi di Leona.
-Non si ricordava di me?-.
-Leona!- Morgana era ancora in trappola.
Mal-” Si tuffò all’indietro, evitando per un pelo una spina diretta al suo viso. Dal collo mozzato uscì un ramo verde che rimise il cranio al suo posto.
-Io mi ricordo di ogni mia preda.-.
Leona tagliò anche la frusta di Morgana, la cui estremità monca guizzò in aria come un serpente per poi ritirarsi nel polso di Zyra, la Dama dei Rovi.
-Allora ti ricordi di come stai per morire.-.
-Oh! La mia preda si crede-
-Soffri!- Il terreno sotto i piedi di Zyra avvizzì fino a diventare viola, ma lei fu pronta ad allontanarsi; poi mise le mani a terra e: -Fruste rampicanti!- dei rampicanti strisciarono verso di loro, legando le gambe di Leona. Di fianco a lei, sentì delle piante sbocciare, e sapeva che sarebbero state grandi come quelle di prima.
Una dopo l’altra, però, sentì le piante gemere e afflosciarsi. Morgana, circondata da un’aura oscura, le si avvicinava tenendo le braccia spalancate e il mento basso, con un’espressione di furia in volto che non le aveva mai visto prima.
-La terra è pregna del dolore di quelli che hai ucciso! La pagherai cara!-.
-Tu sarai un buon concime.-.
Leona si liberò dei rampicanti e vide che l’attenzione di Zyra era interamente su Morgana. Avrebbe potuto approfittarne ma la priorità era distruggere il bulbo. E poi non era più il suo scontro.
Si posizionò ai margini del cratere e guardò il cielo. Il Sole era quasi allo zenit, ma solo in quel preciso momento avrebbe colpito. Intanto poteva osservare la battaglia.
Morgana aveva un controllo del territorio impressionante: sembrava sapere in anticipo dove sarebbero cresciute le piante, e dove mettere i piedi per non inciampare; non solo, ma la magia con cui rinsecchiva la terra era particolarmente efficace contro gli “amici” di Zyra. La donna-pianta restava impassibile, ma aveva capito di essere davanti ad un suo nemico naturale.
No, non era solo quello. Ora che poteva concentrarsi su di lei, Leona non aveva dubbi: Morgana aveva affrontato molti più scontri di lei. Ripensò a quando, ancora convalescente, le aveva detto di non voler essere la causa della sua morte; allora l’aveva derisa, adesso invece iniziava a dubitare che fosse un bluff.
Il Sole l’avvertì di essere pronto. Leona alzò il pungo e poi lo abbatté a terra; dal cielo un unico, grande raggio solare investì il cratere, polverizzando il suo contenuto. Per un secondo le sembrò di essere dentro al Sole stesso. Fu magnifico.
-No!!!- Strillò Zyra, un attimo prima che la catena oscura si staccasse dal suo petto e che lei cadesse riversa. Mentre Leona si rialzava, Morgana si voltò verso di lei, ma non riuscì a vederla in viso. Invece, vide il terreno avvicinarsi a gran velocità; chiuse gli occhi e non sentì nemmeno l’impatto.

Quando li riaprì, era seduta con le gambe divaricate su qualcosa che si alzava e abbassava ritmicamente. Un cavallo. Il suo cavallo. Al suo fianco ce n’era un altro con sopra un corpo avvolto in un telo. Davanti a loro camminava Morgana, tenendo le briglie; per un secondo non l’aveva riconosciuta, tanto era diversa dalla naufraga che aveva incontrato: capelli alla lunghezza delle spalle, abito elegante con tanto di guanti, perfino la camminata era più elegante.
Aveva ancora l’armatura addosso, e le armi… c’erano. Non era legata e nemmeno ferita.
-Avrei potuto attaccarti alle spalle.-.
-Sempre di buon umore vedo.-.
Leona si guardò intorno senza riconoscere la strada su cui si trovava, quindi chissà dove stavano andando con il cadavere. Oh, ecco, stavano per entrare in un villaggio.
Una donna avanti con gli anni andò loro incontro, fermandosi davanti a Morgana e parlando in uno Ioniano rapido. Il suo sguardo si spostava sul corpo, su cui però non osava soffermarsi. Morgana parlò piano, con tono afflitto. La donna cadde in ginocchio e scoppiò in lacrime.
-Aspettami qui.- Le disse in Velariano con la voce distorta dalla commozione. Leona guardò intensamente prima lei e poi la donna.
-Va bene.-.
Il sole stava tramontando quando entrò nel villaggio, ed era quasi sparito dall’orizzonte quando uscì.
-Lei chi era?-.
-Era sua madre. La sua…- Morgana rimontò in sella: -Emai. Lui era il suo Erzai, suo figlio.-.
-Capisco.- Non proprio, non le aveva chiesto una lezione di lingua; ma non volé sfigurare: -E invece fratello è…- Ripensò alla parola che aveva sentito al villaggio dei mostri, cercando di ripeterla. Con scarsi risultati.
-No, fratello è Anar. Quello che hai detto è “marito”.-.
“…”.
-Che c’è?-.
-Nulla di importante.-.
Morgana la guardò come in attesa di qualcosa, poi prese la parola: -Bene, allora… alla prossima immagino.-.
-Aspetta.-.
-Perché?-.
Perché?”.
-Voglio… dire…- Quello che aveva detto ovviamente. Allora, arricciando le labbra: -Devo ancora decidere cosa farne di te, pertanto desidero che tu mi tenga compagnia stanotte.-.
-Ah… va bene, non mi lasci molta scelta.- Sogghignò lei, poi alzò il braccio verso il villaggio: -Vuoi seguirmi?-.
Poco dopo, Leona era seduta su un letto, meditando se togliere o meno l’armatura; davanti a lei, Morgana si sporcava le labbra di nero con uno strano bastoncino, e non le sfuggì lo sguardo stranito con cui la osservava.
-Non sei una che si trucca spesso, immagino.-.
-Lascio che sia il fango a sporcarmi il viso.-.
-E ti rilassi ancora meno spesso. Mmm… mi chiedo se…- Si chinò verso di lei, invadendo il suo spazio.
-Che stai facendo?- Chiese ritraendosi. Perché la stava puntando con il suo bastoncino? Batté la nuca sulla parete, e Morgana sorrise malignamente. Sentì una punta fredda schiacciarle le labbra e muoversi a cerchio. La Dama Velata si ritrasse, ammirando il suo capolavoro, e appoggiò il bastoncino sul suo comodino. Leona si specchiò sullo scudo.
-Non è il mio colore.-.
-Quindi hai un colore!-.
Per tutta risposta si strofinò il polso sulla bocca, fino a ripulirla. Sbuffando, Morgana si sedette sul proprio letto.
-Sei sempre così occupata a salvare il mondo che non riesci mai a godertelo.-.
-Se mi fermo a godermelo non posso proteggerlo.-.
-Uff! Non proverò nemmeno a dissuaderti dal tuo ego spropositato, ma vorrei farti notare che anche se ti sdrai…- Si sdraiò: -…per un po’, il mondo non finirà.-.
Leona non disse nulla, ma la imitò. Ammetteva che avere un cuscino sotto la testa avesse i suoi vantaggi.
-Perché lo fai?-.
-Non sono una che si dà per vinta.-.
-Intendevo dire che ho capito che credi di essere nel giusto. Ma cosa ti spinge a farlo?-.
-Ah…- Ecco, si era compiaciuta: -Il mondo è pieno di persone come me: pensano di fare del bene e invece finiscono solo per combinare casini. Ma qualche volta qualcosa di buono la facciamo. Non è un motivo sufficiente?-.
-Come pensavo. Sei priva di una guida, brancoli nel buio come una bambina. Vedi i riflessi delle stelle nello stagno e pensi che siano quelle vere.-.
-Per un attimo ho pensato che volessi farmi un complimento, meno male, iniziavo a preoccuparmi! Non seguo una guida dettata dagli altri, preferisco essere io a giudicare.-.
-Mmm. Cerchi risposte complesse perché pensi che il mondo ne abbia bisogno; però, se perdiamo tempo a giudicare, perdiamo la capacità di discernere il bene dal male. Questo mondo ha bisogno di risposte semplici.-.
Morgana si appoggiò con il gomito al materasso per alzare la testa: -Ne sei davvero convinta?-.
La domanda era priva di malizia, ciononostante la lasciò confusa. Lo dicevano le Scritture, quindi era vero. Si girò sul lato, dando la schiena alla compagna: -Certo che sì. In ogni caso, ammetto che i tuoi metodi siano tollerabili in talune circostanze.-.
-Ohh!- Esclamò teatralmente Morgana: -Mi si scioglie il cuore! Ascolta…- era diventata improvvisamente seria: -…ho esagerato l’altra volta, mi dispiace.-.
Le sue scuse non erano sincere, non del tutto almeno; come non lo sarebbero state se le avesse dette lei. Tuttavia Leona ammirava gli sforzi di umiltà.
-Anch’io ho lasciato che la rabbia mi dominasse. Dormiamo adesso.- Chiuse il discorso e gli occhi. Per qualche motivo aveva la sensazione che Morgana stesse sorridendo.
-Dormi con l’armatura?-.
-Buonanotte.-.



Qualcosa non va.”.
Leona riaprì le palpebre. Era buio, la candela sul comodino si era spenta; e l’altro letto era vuoto. La porta era socchiusa. Si alzò silenziosamente, cercando indizi nella stanza. Niente che lasciasse pensare a un combattimento, quindi o era stato un rapitore esperto o Morgana se n’era andata da sola. Uscita dalla locanda, continuò a cercare delle tracce; dovette usare i poteri del Sole per vedere bene al buio, ed ecco: segni di tacco che si dirigevano fuori dal villaggio. Non aveva preso il cavallo.
Era il caso di sguainare le armi. Seguì con attenzione la pista fino a perdersi negli alberi.
Trovata… cosa sta facendo?” La sua camminata era strana, non aveva niente della classe di qualche ora prima, le ricordava invece Diana in quelle notti in cui vagava sonnambula nella sua smania di… insomma, Morgana non aveva mai camminato nel sonno da quando l’aveva incontrata. Si acquattò dietro a un albero.
Morgana si fermò e davanti a lei l’aria tremolò come se un telo trasparente fosse calato. Una strana creatura si alzò dalle quattro zampe, e la sua pelle nera mutò rapidamente in viola. Sembrava una donna, una bella donna, ma chiaramente non lo era. E quelle due code non le piacevano per niente.
-Ciao dolcezza, vieni da me.- Disse con voce vellutata accarezzandole la guancia con degli… artigli; poi li fece scivolare dietro la nuca, spingendo il viso verso il suo.
-Ehi!- Leona si fece avanti con la spada alzata e la “donna” la puntò con due occhi giallo fulmine.
-Mmm…- Miagolò con fare voluttuoso: -Tra poco sarò da te, zuccherino. Io sono Evelynn.-.
-Urgh… cosa…- Biascicò la corvina, forse uscendo dalla trance.
-Uff!- Evelynn oltrepassò Morgana girando gli occhi, con Leona che la seguiva con la spada.
-Un animo infranto è così facile da manipolare, ma il tuo deliro ti rende così… desiderabile. Voglio così tanto spezzarti!- Urlò come ebbra dal vino.
-Fermati demone!- Non aveva più dubbi, era uno dei diavoli delle Scritture. Finalmente qualcosa che avesse un senso, seppur malvagio, in quella terra di contraddizioni.
-Che sta succedendo? Kayle… era qui?- Morgana si guardava intorno confusa, poi realizzata la situazione si mise in guardia.
-Rilassatevi ragazze.- Disse Evelynn mentre le sue code volteggiavano in aria con la leggerezza della stoffa: -Ora che sono stata scoperta sarò docile come un agnellino.-.
Leona proiettò l’immagine della sua spada, ma Evelynn scomparve com’era apparsa. Da dove avrebbe attaccato?
-La… mia… testa…- Morgana si copriva il viso con una mano, era come se stesse per crollare dal sonno. Leona ricordava a memoria le pagine delle Scritture, quindi sapeva cosa le stava succedendo.
-Non ascoltare quello che ti dice!-.
L’istinto le disse che il suo fianco destro sarebbe stato attaccato, così mosse la lama per proteggersi; ma il colpo fu così forte da strappargliela via. Di fronte a lei c’era Evelynn, piegata in avanti e con le code ritte. Ebbe la prontezza di alzare lo scudo e la sferzata la spinse indietro.
-Quanto chiacchieri! Ti seguo da un bel po’, sai? Ho tenuto duro per mesi… ah, quanto mi piace spezzare quelli come te!-.
-Tu non sai niente di me, mostro!-.
-Davvero?- Il demone si leccò le labbra con euforia: -Una donna tutta d’un pezzo, il faro che mostra agli altri la via. Ma dentro vuoi solo essere libera… e io posso darti la libertà. Lo faccio sempre.-.
-Non osare!- Provò ad attaccarla con lo scudo, ma diventò di nuovo invisibile.
-Lei aveva ragione su di te!- Sentiva le sue parole dentro la testa: -E anche tu avevi ragione su di lei! Siete così adorabili insieme…-.
-Perché ti stai facendo avanti adesso?- Doveva prendere tempo per capire dove si trovasse; ma la risposta le arrivò sussurrata sull’orecchio, e fu così spiazzante che ci mise un secondo di troppo a reagire. Si ritrovò a terra, con il dolore di un graffio sulla faccia. Evelynn troneggiava spavalda su di lei con stampato quel ghigno lussurioso che, ormai era chiaro, la contraddistingueva.
-Andrà tutto bene, tesoro.-.
Il sorriso si tramutò in urlo quando la punta di una lama dorata spuntò dal suo petto. Evelynn si buttò di lato, coprendosi la ferita la una mano; qualunque imitazione di libidine avesse mostrato, era stata spazzata via dalla furia.
-Tu!!!-.
-Non dovresti darmi le spalle.- Morgana le porse la mano, aiutandola a rialzarsi, e le ridiede la sua spada.
-Come fai a muoverti???-.
-Oh, tesoro.- In un battito di ciglia gli occhi di Morgana si erano accesi di viola: -Mi sa che non hai capito proprio niente di me.-.
-Né di me.- Aggiunse Leona. Evelynn le guardò rabbiosa, poi fece quello che sapeva fare meglio.
-Non scapperai!-.
-Sì invece.- La corresse Morgana: -Non riesco più a percepirla. L’ho ferita ma…- si interruppe, e Leona si voltò a guardarla. Con una falange stava fermando il corso di una lacrima.
-C-Che strano, ero sicura che…-.
Pensava che ci fosse Kayle…” Intuì Leona.
-In ogni caso non, non avrebbe avuto la meglio su di me se fossi stata sveglia.- Si affrettò a dire asciugandosi la guancia: -Continuiamo a salvarci la vita a vicenda. Bella spada comunque.-.
-I bisbigli dei demoni scavano nelle nostre debolezze. Persino un guerriero tenace può essere tratto in inganno da essi.-.
Morgana la guardò sbigottita, poi abbozzò un timido sorriso.
-Grazie. Se non ti avessi sentita parlare non so se mi sarei liberata così in fretta. Dai, torniamo indietro.-.
Ma Leona non si mosse. Guardava il bosco davanti a sé, ripensando a quell’ultimo sussurro; forse era l’ennesimo inganno, tuttavia se aveva deciso di uscire allo scoperto proprio quella sera…
-Che c’è, non vieni?-.
-Sì…-.
Ritornarono sui propri passi. Pochi minuti di cammino, ma furono tra i più intensi della sua vita. Sentiva il peso di ogni passo, l’aria fredda sulla pelle, il sudore sulla fronte; li sentiva come un memento.
-Lo sai, mi aspettavo che le dessi la caccia.-.
-Già…-.
Tornate in camera, Morgana iniziò a percepire che c’era qualcosa che la tormentava.
-Tutto bene?-.
-Sono solo un po’ stanca.-.
-Ho capito. Stavo pensando, potrei aver giudicato troppo in fretta i tuoi testi, magari- Non finì mai la frase. Colpita in viso dallo scudo, batté la nuca sul muro e cadde distesa sul letto.
Leona non si fermò a ragionare sul paradosso della situazione. Si accomiatò da lei e uscì senza curarsi di non fare rumore; montò a cavallo e partì al galoppo, attraversando colonne lignee che l’addentravano verso il suo scontro finale.
Al contrario di poco prima, era sorprendentemente calma, avulsa dalla realtà. Non che non si sentisse pronta, anzi, era l’apice del suo viaggio che a lungo aveva agognato; ma aveva previsto agitazione, o rabbia, o almeno commozione.
Niente di tutto questo. Il suo animo si levava all’altezza del Sole e guardava verso il basso la terra lontana, senza posarvi piede.
Sapeva di essere diversa da quella che era partita; anzi, era diversa da quella che aveva incontrato Morgana su quella spiaggia. Lo aveva sospettato al villaggio dei mostri, e poi ne aveva avuto conferma con la donna del giorno prima.
L’aveva persa, la sua umanità: la capacità di guardare agli umani come suoi simili, il dolore nel vederli soffrire, la pietà per coloro che aveva giurato di proteggere, addirittura l’odio per gli empi. Ora erano un eco della sua memoria, un riflesso spontaneo ma vuoto. Era all’apoteosi della propria abnegazione: non esisteva altro se non il suo compito, non pensava ad altro se non al suo mantra; e le andava bene così.
Io sono il Sole che illumina gli innocenti. Sono il Sole che brucia i malvagi. Sono l’aurora di un giorno senza tramonto. Sono la prima lama dei Solari. Non ci saranno altre albe per te.”.
Gli alberi si interrompevano davanti a lei, rivelando una radura propizia. Leona tirò le redini e smontò dal cavallo, legandolo a un ramo e calmandolo con una mano sul muso. Forse in qualche modo avvertiva… chissà. Dentro di sé la creatura ancestrale ribolliva, e pensò che anche per lei dovesse essere lo stesso. Ormai erano così vicine che poteva quasi palpare quell’aura magica che aveva inseguito tanto a lungo. La freschezza della Luna, il sapore della Notte. Evelynn non aveva mentito.
Si rivelò con un passo in avanti. Di fronte a lei, la Luna era ormai bassa nel cielo; alle sue spalle, il Sole stava per sorgere. La donna all’altro lato dello spiazzo si fermò di colpo, e forse per un momento fu colta dalla sorpresa.
-Leona.-.
-Diana.-.



La prima cosa che Morgana sentì da sveglia fu il dolore al naso. Istintivamente si portò la mano sul setto, ritraendola per una fitta improvvisa e trovandola bagnata di rosso. Spalancò gli occhi e si mise seduta, scostando le coperte sotto cui qualcuno l’aveva messa.
Cosa diavolo…”.
Il suo sguardo si posò sul comodino del letto, dove due oggetti affiancavano la lanterna: il suo rossetto e un coltello ioniano.
-Leona?- Domandò nervosa senza aspettarsi una risposta. Il demone era tornato? No, l’ultima cosa che ricordava era… era…
Chiuse gli occhi e si concentrò, scrutando per l’aura magica della compagna ovunque potesse essere; non nella locanda, più in là allora, non nel villaggio, ancora più in là, non nel bosco… aspetta, ecco! Però…
-No.-.
Scattò in piedi, spalancò la finestra e si gettò fuori, spiccando le ali e superando ogni limite che si fosse mai data.
-No no no!-.
Non sentiva il vento o gli uccelli sfrecciarle accanto, non sentiva il freddo della notte appena passata o il tepore del sole che sorgeva. Anzi, nemmeno sapeva se il cielo fosse limpido o nuvoloso. Malediceva sé stessa per essere troppo lenta, poco più veloce di un cavallo in corsa.
Alla fine le sue ali si stancarono e la costrinsero ad atterrare, stanche da mesi di sforzi a cui non erano abituate. Le sue stupide scarpe non si muovevano bene nel sottobosco, quindi se ne liberò e i suoi piedi calpestarono correndo la terra umida e sporca, il suo vestito si impigliava ma andava avanti, era quasi arrivata, ancora un piccolo sforzo, oltre quegli alberi, ancora uno sforzo, solo un altro…
Passo.
N…no…”.
Restò impietrita, come legata dalle sue stesse catene. Il viso di Leona, appena reclinato all’indietro, era rivolto verso il cielo, ma non poteva guardarlo perché teneva gli occhi chiusi. Di lei vedeva solo la testa e i piedi, e per qualche strana ragione si accorse solo ora che anche lei portava i tacchi (li aveva sempre avuti? Che senso aveva per un guerriero portarli?); il resto del suo corpo era coperto dall’armatura argentea della donna che, china su di lei, la teneva tra le braccia.
La uccido.”.
Un pensiero semplice. Piuttosto facile da eseguire. Non sarebbe neanche stata la prima volta. Cos’era? Dolore? Giustizia? Giustizia, sì, ma non quella della Dama Velata: non voleva quella, no, voleva la giustizia assoluta di Kayle, voleva vedere la sua spada abbattersi su di lei e cancellarla dalla realtà. Nessuna redenzione, niente ultime parole, sarebbe morta e Leona…
Diana si accorse di non essere più sola. Appoggiò con delicatezza il corpo a terra, si rialzò e si voltò. Era affranta, inorridita, la maschera della disperazione: una donna bellissima dall’animo a pezzi. Non osava guardarla in faccia. Era oppressa dalla propria lucidità.
Rimasero in silenzio a guardarsi, in attesa. Il tempo passava attorno a loro: la natura si risvegliava, il vento piegava i fili d’erba, il Sole si stava mostrando nel suo cieco splendore, presto tutto sarebbe stato come il giorno prima; ma per loro no, loro restavano immobili.



*                           *                           *



Tacevano entrambe.
Diana le dava le spalle, più vicina di lei alla tomba. “Tomba”, un rettangolo di terra scavata con una roccia come lapide, su cui la Targoniana aveva inciso un Sole. Trovava ingiusto che Leona fosse seppellita lì, in quella terra che odiava; ma quel terreno era intriso di magia positiva, e nessuna delle due poteva riportarla al Targon. Era il meglio che potevano offrirle, ed era ancora un insulto per lei.
-Eri sua amica?- Chiese Diana ad un certo punto. Morgana non le rispose.
Avrebbe dovuto provare a redimerla, carpire il suo dolore e indurla a liberarsene; ma non poteva. Non riusciva ancora a liberarsi del suo. E non voleva farlo: era ancora forte in lei il desiderio di abbandonarla alla dannazione. Ma il lato di sé che ora deprecava avrebbe vinto, alla fine.
-Non doveva andare così.- Disse invece, caricando la voce di veleno. Neanche davvero rivolto a Diana o a qualcuno di preciso, non avrebbe avuto senso. Era una banale constatazione.
-Non…- Iniziò l’argentea, ma si interruppe per soffocare i sentimenti che le sarebbero sfuggiti dalla gola. E faceva male sentire l’umanità nella sua voce.
-Non ti chiedo di perdonarmi. Non c’è più speranza per me. Ma se c’è qualcuno che è per te ciò che lei era per me…- La guardò con gli stessi occhi di prima, lucidi da un pianto che si sforzava di trattenere.
-…trovalo, ti prego. Prima che non restino che morte e rimpianto.-.



Le due donne, prima l’una e poi l’altra, se n’erano andate. Quel mondo tanto ingiusto e crudele aveva ancora bisogno di entrambe. Il Sole navigò la propria rotta celeste, all’alba si susseguì il mattino, e poi il mezzogiorno.
Quando raggiunse lo Zenit, i raggi illuminarono a pieno la tomba. Fu allora che la terra si smosse.
   
 
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