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Autore: musa07    11/03/2021    2 recensioni
"Come si fosse fatto convincere, o meglio: fregare in quel modo barbino da sua sorella maggiore, era e restava un mistero della fede per Koutarou.
Comunque, indipendentemente dal fatto che si fosse fatto fregare o meno, ormai aveva dato la sua parola d’onore, con tanto di pugno solenne sul cuore e croce sul petto a riprova del suo impegno [...]
Ecco perché quel mercoledì mattina di inizio aprile, caracollando sui suoi stessi piedi, mentre sbadigliava copiosamente roteando le chiavi della porta di ingresso del tea shop sull’indice, Koutarou si stava dirigendo verso il piccolo locale che la sorella gestiva con una amica. Era una apertura straordinaria. Solitamente apriva alle dieci della mattina, con quella che sua sorella definiva “la seconda colazione” di tolkeniana memoria, ma lei e la sua socia volevano vedere se aprire anche per la “prima colazione” sarebbe stata una mossa vincente o meno [...]
Mai avrebbe pensato che la sua vita sarebbe cambiata così tanto dopo quella mattina. Perché un incontro gli avrebbe letteralmente sconvolto la vita [...]"
Minilong BokuAka perché del sano fluff ci vuole sempre et comunque.
Di come Bokuto incontrò per la prima volta Akaashi
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buondì.
Allora, comincio queste note iniziali ciliciandomi.
Come mi ha giustamente fatto notare Mahlerlucia
- che ringrazio tantissimo -
le sorelle di Kou sono due, non tre.
(che ho, molto fantasiosamente,
battezzato Ayane e Ayase).
Non so davvero perché la mia mente ne abbia memorizzate tre,
chiedo perdono e pietà.

Altra cosa,
a causa di una fan-art di Akaashilove che ho visto tempo fa
e che, ovviamente, non son più riuscita a trovare
e che lo ritraeva intento a tirar con l’arco,
mi son partiti, stranamente, vaneggi totali e assoluti
perché diciamocelo: io Keiji me lo vedrei davvero troppo bene
in una veste simile.
E tali vaneggi son riuscita a riportarli in qualche modo su carta.
Sì, tranquilli: Akaashilove gioca a pallavolo in questa ff.

Ultima cosa, poi giuro che innesco il pulsante di espulsione automatica e sparisco,
lo so che nel manga la prima volta che Akaashilove vede Kou
blablabla ma passatemi la licenza poetica/narrativa.

Bene, mi sembra di avervi tediato abbastanza.
Per il momento.

Enjoy

 

 

Il tea è una questione seria
 

Capitolo 1

Keiji avrebbe tanto voluto continuare con la pallavolo nel suo futuro liceo, se solo avesse trovato un buon motivo per farlo, ma avrebbe anche tanto voluto far contenta sua nonna.
Anche se la donna non gli aveva mai fatto pressione alcuna, Keiji avrebbe tanto voluto che il dojo* che apparteneva alla famiglia Akaashi da generazioni e generazioni non sparisse con la scomparsa della nonna o che finisse nelle mani di estranei. Della sua famiglia era l’unico che aveva imparato e fatta propria quell’arte fin da piccolo. E d’altronde non avrebbe potuto essere altrimenti perché Keiji, nella sua persona, incarnava perfettamente quei principi che erano propri dell’arte del Kyudo* - la via dell’arco – ossia verità, virtù e bellezza. La sua figura slanciata e sinuosa era il perfetto combinarsi con la stupenda forma allungata del tradizionale arco giapponese, lo Yumi.
Così come il suo portamento naturalmente regale e solenne si rifletteva in modo perfetto nel susseguirsi delle azioni – lo Shaho Hassetsu – che accompagnavano la preparazione al tiro; l’attitudine calma e composta che lo accompagnava nello svolgersi ritmico dei movimenti suscitava una profonda ammirazione in chi lo osservava, un vero e proprio spettacolo per gli occhi e per l’anima.

Il dojo e i libri erano da sempre stati il suo rifugio. Da che ne avesse memoria. Ancora quando non sapeva leggere e nella sua testa si costruiva la storia dei personaggi guardando le figure, sgattaiolava nel dojo se ne stava seduto in silenzio mentre la nonna si esercitava e a volte restava incantato a guardarla. Ai suoi occhi di bambino le pareva una eroina di altri tempi. Ed era stato quando la donna si era accorta di come la osservasse, vedendo chiaramente che la sua fantasia vagava in altri mondi, in mondi fantastici e fatati, che gli aveva chiesto se gli andasse di provare. E lui, stringendosi forte al petto l’ennesimo libro che aveva appena finito di fagocitare, aveva annuito vigorosamente con la testa, gli occhioni verdi sgranati.

Anche l’arte del tea l’aveva appresa da sua nonna.
Proprio per questo, da qualche settimana a quella parte, quando era in zona allungava sempre un sacco il giro per poter passare in quel delizioso localino quando gli si presentava l’occasione, perché in quel posto c’era una scelta e una miscela di tea di indubbio gusto e raffinatezza ma soprattutto perché in quel posto Keiji si sentiva bene; in qualche modo coccolato e protetto. Dalle luci soffuse, dai sorrisi mai invadenti e sinceri delle due proprietarie, dal fatto che gli avventori del locale fossero silenziosi, ognuno immerso nel suo mondo. E dai profumi, che sapevano in qualche modo di casa, o meglio: di cucina. Il luogo della casa che Keiji preferiva, perché riteneva che la cucina fosse il cuore pulsante di una casa, della famiglia, del vivere insieme.
Quel posto l’aveva scoperto per puro caso, attratto dalla vetrina. O meglio: dai gufetti in vetrina.
E come sempre, le cose che si scoprono per caso sono quelle che ci portano le cose migliori.
Così come gli incontri guidati dal Caso...

Si trovava in zona perché stava facendo una commissione per conto di sua nonna - a portare uno dei suoi preziosi archi ad uno dei suoi allievi che quel giorno avrebbe avuto una gara - e, al suo solito, era stra in anticipo. Non ci poteva fare niente: adorava vedere la città che si risvegliava. Ovviamente suoi piedi lo stavo portando proprio verso la Tana dei Gufetti e mentre si stava avvicinando al locale si sorprese di vedere le luci accese all’interno. Inizialmente pensò si trattasse di un gioco di riflessi dato dai raggi del sole sulla vetrata. Rallentò leggermente, piegando appena la testa di lato. No, il locale era aperto. Strano, da quanto ne sapeva apriva solitamente alle dieci e mezza della mattina.
Senza rendersene conto i suoi piedi si mossero nell’attraversa la strada, si guardò in giro con fare circospetto, per controllare se arrivasse qualcuno e se sarebbe entrato. Di certo non si poteva mettere a sbirciar dentro alla porta a vetri dell’ingresso, non era assolutamente nel suo carattere.
Tuttavia, quasi ne fosse stato calamitato, appoggiò la mano sulla maniglia. Indeciso. Se le due proprietarie fossero state lì solo per un inventario, che figura barbina avrebbe fatto mentre cercava di scardinare la porta di entrata? A questi pensieri le sue dita lunghe e affusolate scivolarono verso il basso per poi risalire.
Tre… due… uno…
Spinse verso l’interno e…

din don…

Ovviamente Koutarou credeva nell’amore a prima vista – e, sì: lui sosteneva che era sempre per colpa delle sue sorelle. Se già ci credeva di suo, tale convinzione si fece strada ancora di più nel suo cuoricino nel momento in cui i suoi occhi si posarono sul nuovo arrivato. La figura sinuosa, l’inclinazione delle labbra, lo sguardo attento, l’espressione incredibilmente rilassata e pacifica del suo volto, il taglio degli occhi e, oh mio Dio: ma cos’era quel colore meraviglioso?! No, dai: esisteva veramente in natura? Un tripudio di verde screziato di cobalto e grigio che nemmeno la tavolozza di un pittore impressionista sarebbe stato in grado di riprodurre.
Non era un mistero per Koutarou il fatto di preferire i ragazzi alle ragazze, ma si rese conto che quella ottava meraviglia che aveva appena varcato la soglia della Tana sarebbe stata in grado di assassinare la sua eterosessualità, se mai ne avesse avuta una.
Il suo povero cuoricino iniziò a fare le capriole e perse letteralmente un colpo quando i suoi occhi dorati catturarono quelli dell’altro.
Fu come se il tempo si fosse improvvisamente fermato. L’uno con gli occhi posati su quelli dell’altro.
Le sue mani si aggrapparono al bancone – era certo che, in caso contrario, di sicuro sarebbe caduto a terra – e con la gola improvvisamente arsa, Koutarou si schiarì la voce deglutendo a fatica e sperando che l'altro fosse sordo, perché altrimenti avrebbe sicuramente udito il martellare furioso del suo cuore.
- B-benvenuto… - oh Santi Numi, cos’era quella voce stridula che gli era uscita?!

Dal canto suo, Keiji non riusciva ad avanzare oltre. C’erano pochi metri tra l’entrata e il bancone e tra l’entrata e quello che aveva eletto come suo posto preferito in quel delizioso locale – aka la poltroncina verde-acido – ma i suoi piedi proprio non si decidevano di muoversi.
Osservava il ragazzo che gli stava di fronte, il collo della camicia bianca che spuntava dal grembiule con il primo bottone slacciato, gli avambracci che fuoriuscivano dalle maniche arrotolate. Ok, non poteva continuare a fissarlo, sarebbe stato oltremodo scortese, oltre al fatto che l’altro avrebbe di sicuro pensato male.
- Quindi… siete aperti? -
“Che bella domanda intelligente, complimenti Keiji! Se sei entrato ormai...”

Ma Koutaoru non parve rendersene minimamente conto, troppo con la testa tra le nuvole in quel momento. Lo era da quando si era svegliato quel giorno.
“Respira Kou, respira!” tentò di istruirsi con un sorriso in modalità paralisi facciale, non rendendosi conto che l’ottava meravigli-ehm: il nuovo arrivato stava attenendo una risposta e lo stava invitando con un cenno del capo a proseguir di parlare.
- Ah… sì sì, questa mattina apertura straordinaria alla sette, per la prima colazione, non solo per la seconda colazione. -
Keiji, a sentir quella citazione tolkeniana, sgranò gli occhi felice e sorpreso.
E Kou si auto-dichiarò l’ora del decesso.

Il nuovo arrivato fece un lieve inchino e dalla sicurezza con la quale si mosse, Bokuto capì che l’ambiente gli doveva essere in qualche modo famigliare. Avrebbe dovuto indagare con sua sorella, pensò, mentre recuperava il cellulare dalla tasca centrale del grembiule. Doveva assolutamente scrivere al suo bestie. E dirgli che aveva appena trovato il padre dei suoi figli. Sì, Koutarou non aveva mezze misure e si lasciava prendere molto facilmente dall’entusiasmo. Quella giornata era iniziata all’insegna delle idee romantiche, quindi tanto valeva continuare sulla falsa riga.
- Il listino è sul tavolo. - praticamente gli urlò dietro, con il fervore a mille – Quando sei pronto, chiamami. O sei hai qualsiasi domanda da farmi, tipo se vuoi sapere i vari tipi di tea e le loro differenze (dei quali, per inciso, non sapeva una emerita cippa lippa), il mio piatto preferito, il mio hobby prefer-ehm… no. Ignora queste ultime due cose. -
Oddio, mia sorella mi ucciderà fu certo di aver sentito Keiji mentre lo vedeva sparire sotto al bancone, dove Kou si era accucciato per la figura appena rimediata e limitandosi a scrivere un lapidario aiuto a Kuroo.

Dire che Akaashi era stato travolto da quella frizzante allegria e vitalità, sarebbe stato dire poco. Una ventata di allegria assurda che fu come un raggio di sole che spazzò via le nubi perché, in quei giorni, con l’avvicinarsi dell’inizio del nuovo anno, Keiji un po' pensieroso lo era. Non era uno che amava molto i cambiamenti, un certo tipo di routine gli dava tranquillità perché lui non amava cambiare gli ambienti. Non era in sé preoccupato per le nuove persone che avrebbe conosciuto, era uno che stava bene da solo, ovvio se trovava qualcuno la cui presenza lo faceva stare bene non ne disdegnava la compagnia, anzi. Oltretutto era uno che con la tranquillità che emavana, con i suoi modi calmi e pazienti si faceva inevitabilmente volere bene dalle persone. No, non era il dover conoscere nuove persone che lo preoccupava, era dover dir addio in qualche modo ad un ambiente conosciuto, alla strada che faceva alla mattina, a quelle file di alberi così conosciute. In più – suo crucio ormai da settimane - c’era il discorso del dubbio se continuar a giocare a pallavolo nel suo futuro liceo oppure dedicarsi seriamente e con l’impegno dovuto nel dojo di sua nonna.
Emise un piccolo sospiro scacciando quelle nubi dalla sua mente e prendendo il listino anche se ormai lo conosceva a memoria ma semplicemente adorava vedere quei due gufetti disegnati nell’angolo in alto a sinistra, che lo fecero sorridere delicatamente come le altre volte.

Scegliere il tea era un momento di grande intensità. Un momento solenne. E di questo Keiji ne era profondamente consapevole.
Così come era indubbiamente consapevole degli occhi dell’altro puntati sul suo profilo. D’altra parte, si sarebbe dovuto essere ciechi per non accorgersene. Non che si sentisse in pericolo nonostante nel locale ci fossero solo loro due, non gli sembrava un maniaco o un mal intenzionato. Forse…
Di sicuro quel tipo aveva attirato la sua attenzione.
Scostandosi un ciuffo di capelli dalla fronte, Akaashi gli lanciò una piccola occhiata, abbassando di poco il volto per evitare di farsi scorgere in quel movimento ma quando l’altro vide l’attenzione di quelle due gemme preziose posarsi su di lui, si sarebbe potuto affermare con assoluta certezza che Koutarou avesse iniziato a scodinzolare, tutto trepidante, attendendo un solo cenno dell’altro per potersi nuovamente avvicinare a lui.
- Hai bisogno? - gli chiese tutto zelante e speranzoso.
- Beh, sì… - lo vedeva così solerte e con tanta di quella buona volontà che non avrebbe mai avuto il coraggio di dirgli che c’era praticamente nato in mezzo alle foglie di tea e tutte le loro varianti e ovviamente non era nelle intenzioni di Keiji metterlo in difficoltà. Gli era chiaro che fosse lì perché le due solite ragazze mancavano, quindi era lì solo ed esclusivamente di supporto.

Koutarou interpreterò quei chiari puntini di sospensione nella frase come una sorta di non conoscenza del prodotto, quindi era tutto felice di potergli essere di aiuto.
- Beh, se vuoi venire qui… no, cioè, non posso usare una parola così imbarazzante. No, aspetta: così ora di sicuro è imbarazzante… -
Keiji assistette a quelle elucubrazioni mentali dapprima leggermente sconcertato ma poi dovette soffocare una piccola risatina fingendo un colpo di tosse. Quel ragazzo era così adorabile in quella sua confusione che mai si sarebbe permesso di essere scortese nei suoi confronti.
- Ti ringrazio. - disse solamente - cercando di tirarlo fuori dall'impasse nel quale si era andato a ficcare da solo – con un lieve inchino del capo e ornando le sue labbra in un piccolo sorriso. Che diede il colpo di grazia al povero Bokuto che sorrise a sua volta. Un sorriso buono ma anche, al contempo, incredibilmente irresistibile e stuzzicante.

Koutarou si massaggiò la nuca, in una specie di auto-coccola, per tentare di riordinare le idee per poi riprendere a parlare.
- Volevo dire che se sei indeciso sui gusti, se vieni qui al bancone ti posso far sentire i profumi dei vari tea. -

E Keiji appoggiò il gomito sul tavolinetto di fronte alla poltroncina, poggiando il volto sul palmo della mano aperta, guardandolo nuovamente con le labbra addolcite in un piccolo sorriso.
- Dai, mi fido di te, fai a tuo gusto. Io amo lo speziato e la cannella. -
Non capiva perché - lui di solito così guardingo, che non dava mai chissà quale confidenza agli estranei - in qualche modo si sentisse a suo agio con quel ragazzo.

Nel frattempo Bokuto, a quelle sue parole, stava andando in iperventilazione.
“La… cannella? Ohh! Questo è un segno!”
- Ok, preparo subito qualcosa. Vedrai, sarà qualcosa di superspeciale! -
E dopo aver lavorato alacremente, ecco che...
- Tadannn! Il signore è servito. - e gli mise davanti un chai tea latte con una spruzzata di cannella. Con la quale, per inciso, aveva tentanto – e con scarso successo – di disegnare il volto di un gufetto.
- Ehm... è Ayane, una delle mie sorelle, l’artista di famiglia. Io ho preso altre doti. - si tentò di giustificare, sentendosi un perfetto idiota.
- Nono, è davvero bellissimo questo… - Keiji sperò di azzeccarlo – ...gufetto. -
Non capiva perché si sentisse in qualche modo di dover proteggere il sorriso dell’altro, il quale, infatti, sorrise ancora di più.
- Beh, ti lascio tranquillo e… oh: c’è un arco lì dentro? - finalmente parve notare la custodia che era stata diligentemente appoggiata alla parete a fianco della poltroncina.
- Ah… sì… - e Keiji ripiombò nei suoi pensieri. E Koutarou si stramaledì perché capì di aver toccato in qualche modo un nervo scoperto.
- Ti lascio tranquillo. - ripeté, voltandosi verso l’entrata perché erano entrate una coppia di ragazze e in qualche modo l’incanto si era rotto. (anche se si sarebbe riservato per il gran finale)

Passarono il resto del tempo così, consci solo del rumore delle pagine del libro che Keiji aveva tirato fuori dal suo zaino mentre nel frattempo Koutarou smanettava con il cellulare, scrivendo a Kuroo di muoversi ad arrivare alla Tana. Il problema era che non portava l’attenzione sui tasti o sulle parole, quindi i mayday che arrivarono a Tetsurou risultarono leggermente incasinati, nonché privi di qualsiasi senso grammaticale, figurarsi se di senso compiuto!
Fortunatamente Kuroo conosceva così perfettamente Bokuto che si sarebbe potuto scommettere l’anima con il diavolo che quelle che dovevano di sicuro essere delle richieste di aiuto non nascondevano nulla di grave, per questo continuò tranquillo per la sua strada, godendosi i raggi di quel sole primaverile che gli accarezzavano dolcemente il volto perfetto.

- Alla buonora! - lo redarguì Bokuto nel momento in cui Kuroo varcò la soglia, mentre stava finendo di asciugare le tazze e i piattini dall’umido della lavastoviglie.
- Sarebbe questo il benvenuto con il quale si accolgono i clienti? - lo punzecchiò divertito e stiracchiandosi leggermente, beccandosi un’occhiataccia in tralice.
- Se fossi stato in punto di morte avrei fatto ora a morire all’incirca un migliaio di volte. -
Tetsurou non si scompose minimamente, com’era sua abitudine (nulla pareva mai scalfirlo o turbarlo) limitandosi ad uscirsene con una delle sue piccole risatine divertite.
- Non mi sembri né in punto di morte né che il locale abbia preso fuoco, nonostante su questo non ci avrei scommesso... - lanciando un’occhiata intorno e vedendo che erano occupati due tavolini. Uno da una studentessa universitaria che aveva visto altre volte, sempre intenta a scriver la sua tesi e che trangugiava litri di tea verde di Kagoshima, l’altro da una coppia di signori in pensione e il loro adorabile shiba inu il quale, ogni volta che vedeva quel gattone in versione umana, iniziava ad agitarsi ma poi la sua indole pigra lo portava ad ignorare Kuroo dopo aver tentanto di tirare verso di lui.
Il quale, dopo aver fatto a Mitchi - così gli pareva di aver sentito che si chiamasse - uno dei suoi sorrisi sornioni e felini che parevano infastidire il cane ancora di più, si avvicinò al bancone, sedendosi nell’alto sgabello che si trovava di fronte alla cassa, mentre i gomiti si poggiavano sul bancone permettendovi di appoggiarvi il volto.
- Allora, che casino hai combinato? -
- Perché pensi io abbia combinato qualche casino? - domandò il diretto interessato perplesso e Tetsurou inarcò con fare divertito il sopracciglio sinistro in modo eloquente, beccandosi il lancio di uno degli strofinacci puliti in pieno volto.
- Mi vuoi ascoltare seriamente sì o no? -
- Vai Bro, sono tutto orecchi. - sporgendosi oltre il bancone, verso di lui e Koutarou prese un grosso inspiro e poi partì a raffica.
- Ho appena visto il ragazzo più meraviglioso dell’intero universo. -
- Sì, mi hai qui davanti. - si divertì a punzecchiarlo bonariamente.
- Ah-ha, infatti mi sto specchiando nei tuoi occhi. No Bro, sul serio, è stato un colpo di fulmine bello e buono. - ed iniziò a raccontargli ogni cosa nel minimo dettaglio, infervorandosi sempre di più.
- Insomma, per farla breve... -
- È tardi. - lo interruppe divertito Tetsurou, e via: altra occhiataccia a suo danno.
- Dicevo, per farla breve: è l’uomo della mia vita. -
- Solo che lui non lo sa ancora. – lo ribeccò divertito Kuroo, per nulla sconcertato dalle solite esagerazioni del suo amico.
- Dettagli!- fu la risposta mentre muoveva la mano come a voler scacciare qualcosa di fastidioso, giusto nel momento in cui Ayase entrò nel negozio e Kou iniziò a sbracciarsi a salutarla ma lei si aprì in un sorriso quando vide Kuroo.
- Ciao Tetsu!- abbassando il volto per potergli schioccare un bacio sulla guancia, con rumore annesso.
- Ciao onee-san. -
Quel ragazzo, ovviamente, con quel suo fare solo apparentemente ruffiano aveva conquistato le due sorelle di Koutarou che non facevano altro che viziarlo e coccolarlo. Kuroo accettò l’affettuoso bacio socchiudendo gli occhi mentre Koutarou si guardava la scena fintamente offeso e geloso, incrociando le braccia al petto e quando la sorella mosse quel passo verso di lui, dietro il bancone, allungò il volto verso di lei, facendo con le labbra il rumore dello schiocco di un bacio, a voler reclamare il gesto affettuoso anche per sé ma beccandosi una palmata di mano in pieno viso.
- Allora fratellino, hai combinato qualcosa di irreparabile? - chiese lei dal retro, mentre si toglieva la leggera giacca primaverile, si infilava il grembiule e poi passò a sistemarsi i capelli dorati in un elegante chignon.
- No, ma voi due: grazie per la fiducia, eh! - ma per nulla offeso, sapeva i casini che era in grado di combinare, strappando da sotto gli occhi di Kuroo il vassoio con i biscottini alla lavanda che la ragazza gli aveva appena depositato davanti, facendogli la linguaccia e beccandosi uno scappellotto giù per la testa da parte di Ayase che riportò la ciotola sotto il naso di Kuroo facendogli un sorriso materno, beccandosi un’occhiataccia in tralice da parte del fratello per quell’ennesimo tradimento.
- Oh sì Bro, dille che cosa è successo. - proferì Kuroo divertito mentre i gomiti le dita nascondevano il suo sorrisetto. Sapeva che Koutarou aveva rivelato da tempo anche alle sue sorelle il fatto di essere gay e il diretto interessato ci scherzava molto con loro su questa cosa.
- Che cosa hai combinato? - ora Ayase era mortalmente seria e le braccia le erano scivolate lungo i fianchi.
- Ho conosciuto il ragazzo più meravigliosamente bello dell’intero universo. È il ragazzo che il destino ha voluto per me. -
- Hah? - domandò lei stranita. Ok, era abituata alle esagerazioni del fratello, al fatto che si facesse cogliere dall'entusiasmo e che si infuoccase come un fuoco di paglia nel giro di mezzo secondo, ma non lo aveva mai sentito esprimersi in quel modo.
- Nee-chan, di sicuro non era la prima volta che veniva qui, tu l’hai mai visto? -
- Kou, non so nemmeno di chi tu stia parlando. -
Koutarou, impaziente come al suo solito, buttò fuori rumorosamente l’aria dal naso e per farsi capire non trovò di meglio che recuperare uno dei tovagliolini di carta e (tentare) di fare una (sotto)specie di ritratto.
- Dunque vediamo… gli occhi così… i capelli così… - iniziò a disegnare mentre gli altri due osservarono l’enorme impegno, con tanto di linguetta che spuntava dal lato del labbro.
- Tadannn! Ecco! -
- No, ma... bello proprio… - proferirono gli altri due, attoniti, perché quel disegno era veramente inguardabile, alche Koutarou – vedendo le facce perplesse degli altri due – voltò il disegno verso di sé, cercando di osservarlo con occhio critico e poi parve illuminarsi.
- Ma certo! - battendo un pugno chiuso sul palmo dell’altra mano – Gli occhi! Nee-chan, ha due occhi di un colore meraviglioso, tipo il verde dei nostri grembiuli. -
- Si chiama ottanio, capra. -
- No: si chiama color occhiragazzodeldestinodikou. - annunciò tutto fiero facendo scoppiare a ridere gli altri ma poi Ayase parve illuminarsi.
- Oh, ma aspetta! Ho capito chi è allora! Due meravigliosi occhi leggermente allungati? -
- SIIIII! - Koutarou si illuminò, prendendole le mani tra le sue.
- Oh sì! Sì! Ho capito. Un ragazzo estremamente cortese, educato e raffinato. -
- Lui, lui, lui! - annuendo vigorosamente mentre Kuroo osservava divertito quel quadretto. Nonostante tra le due sorelle, Ayase fosse quella che fisicamente assomigliava meno a Koutarou, avevano indubbiamente caratteri simili: dei portenti di energia, sempre allegri, a volte incasinati, tremendamente buoni e altruisti.
- Sì, sì, sì – anche la ragazza aveva iniziato ad annuire vigorasemnte – l’ho visto più di qualche volta nell’ultimo mese, un ragazzo estremamente stracarino. Ah Tetsu, non ti sto tradendo, sia ben chiaro eh, io non ho occhi che per te. -
- Nee-chan, guardo che lo dico a tuo marito che lo tradisci con il mio miglior amico. - la piccò divertito il fratello.
- Lo sa già. - disse lei, facendogli una linguaccia che tanto la fece assomigliare ora al fratello.
- Comunque, bando alle ciance: cosa sai di lui? Quanti anni ha, dove abita, che scuola frequenta. - prendendo il taccuino dalla tasca e pronto a prendere nota di ogni cosa che ritenesse utile.
- Ma non lo so Kou, non è mia abitudine importunare i clienti con chiacchiere o domande inutili se non solo loro a parlarmi... – e poi parve illuminarsi – Tu non l’hai infastidito o stordito con le tue chiacchiere, vero? Vero?! - già temendo la riposta, sporgendosi oltre il bancone con il busto verso il fratello.
Anche Kuroo, mento poggiato sul palmo della mano attendeva la risposta, gli occhi leggermente socchiusi che lo facevano davvero sembrare un gatto, quando pare che questi stiano sonnecchiando mentre in realtà sono vigili e attenti, pronti a scattare.
Koutarou scosse energicamente la testa.
- Nonono, sono stato bravissimo, giurin-giurello. - portando le mani dietro alla schiena, tanto da farlo sembrare uno scolaretto di prima elementare che recita la poesia. Ma qualcosa nella sua mimica facciale e nei suoi gesti fece drizzare le antenne negli altri due.
- Kou? -
Ayase incrociò le braccia al petto, inarcando un sopracciglio mentre Tetsurou parve drizzare un orecchio allargando di poco il suo sorriso furbetto e aspettandosi lo strafalcione del secolo.
- Gli ho solo detto che ha due occhi bellissimi mentre stava andando via. - spiattellò alla fine Bokuto, dicendolo loro – tra le varie cose che aveva combinato – quella che gli pareva la meno grave e aspettandosi la strigliata del secolo. Che non arrivò, perché gli altri due si erano portati una mano alla fronte, sospirando sconsolati dopo aver sgranato gli occhi, increduli.
- Non lo rivedremo mai più… - proferì mestamente la ragazza, generando la disperazione più totale nel fratello nel giro di zero-due, che si aggrappò al braccio del suo miglior amico iniziando a strattonare, implorandolo perché lo aiutasse a ritrovare quel ragazzo meraviglioso.

E invece Keiji si sarebbe presentato anche il giorno dopo…


Continua…


 

E niente, mi sorprendo da me medesima per la velocità con la quale ho già sfornato il nuovo capitolo, forse perché non c’è il sole ad infastidirmi. E mi sono anche divertita un sacco a scriverlo.

Grazie a tutti voi che siete arrivati fino alla fine *si inchina * non sapete che gioia mi date. E spero di avervi fatto in qualche modo compagnia e fatto passare un quarto d’ora in allegria.

 

 

*palestra dove si praticano le arti marziali

 

 

 

 

   
 
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