Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lady Five    12/03/2021    3 recensioni
Troppa curiosità sulle Mura non ha mai portato a nulla di buono... chi ha fatto domande, spesso ha pagato a caro prezzo. Ma qualcuno non si rassegna a subire tutta questa omertà e chiede aiuto alla Legione Esplorativa, deciso a scoprire la verità... sulle Mura, ma anche su un grave fatto del suo passato. E la sua presenza getterà un po' di scompiglio anche tra i cadetti...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin Arlart, Erwin Smith, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 2

Quella sera stessa riprese a piovere a dirotto e continuò per i tre giorni successivi. Non era pensabile accompagnare Kim a fare la sua ricognizione sulle Mura e lei per prima non lo chiese nemmeno. Disse che ne avrebbe approfittato per studiare e riordinare i suoi appunti e praticamente non uscì mai dalla sua stanza, se non per scendere in mensa.
Levi, invece, da un lato era irritato, perché questo significava prolungare il soggiorno della ragazza nella loro caserma, dall'altro era sollevato di poter procrastinare il loro contatto forzato. Anche lui ne approfittò per sottoporre le reclute a ulteriori massacranti allenamenti nel fango... aveva notato gli sguardi incuriositi, quando non apertamente languidi, che molti avevano rivolto alla nuova arrivata e aveva deciso che ci avrebbe pensato lui, a togliere dalle loro teste qualsiasi pensiero romantico.

Ma non si poté evitare l'inevitabile.

Una sera Erwin aveva convocato da lui tutti gli ufficiali e la riunione si era protratta ben oltre l'ora di cena.
Kim, quindi, dopo aver ritirato il suo vassoio con il rancio, non sapendo bene come comportarsi e non osando sedersi da sola al solito posto, si era messa a un tavolo un po' defilato. La mossa non era sfuggita a un gruppetto di reclute, che non l'aveva persa di vista da quando era entrata. Due di loro, in particolare, si scambiarono uno sguardo d'intesa, dopodiché il più alto si alzò e si diresse deciso verso di lei.
“Ciao! Mi chiamo Eren Jeager e quelli laggiù sono i miei amici. Ti andrebbe di cenare con noi?”
La ragazza, intimidita, fu tentata di rifiutare... ma le avevano insegnato a essere sempre gentile con tutti e in fondo non aveva motivi per farlo. Poi, quelli dovevano essere più o meno suoi coetanei. Se era riuscita a socializzare con persone molto più grandi di lei, come il caposquadra Zoe e perfino con il comandante Smith, perché non avrebbe dovuto farcela con loro?
“Io sono Kim Axelsson, piacere. Grazie, accetto volentieri!”
Seguì il ragazzo dagli occhi verdi fino al suo tavolo, dove lui fece le presentazioni.
“Ecco mia sorella Mikasa Ackerman, Sasha Blouse, Armin Arlert, Jean Kirschtein e Connie Springer. Abbiamo concluso il nostro percorso di addestramento pochi giorni fa...” aggiunse Eren con orgoglio.
“Oh... beh, congratulazioni!” esclamò Kim, non sapendo che cosa si dovesse dire in questi casi. E poi aveva notato una cosa strana, in quello che aveva detto Eren: se quella ragazza era sua sorella, perché aveva un cognome diverso? Ma le avevano insegnato anche a essere discreta e quindi decise di non fare domande, per il momento.
Rimasero in silenzio per alcuni minuti, con gli occhi fissi nei piatti. Quella ragazza era un po' un'anomalia nel loro ambiente. Avevano capito che non faceva parte dell'esercito e che non era lì per arruolarsi. Avevano sentito che veniva da Mitras, ma non avevano idea di chi fosse e del perché si trovasse nella loro caserma, e fosse addirittura ammessa al tavolo degli ufficiali.
Fu Sasha, dopo aver parzialmente placato il suo insaziabile appetito, a rompere il ghiaccio, iniziando a tempestare di domande la malcapitata. Quanti anni aveva, da dove arrivava, e perché era venuta lì, e qual era il piatto più tipico della capitale...
Kim rispose gentilmente, divertita dall'esuberanza della ragazza, ma sempre restando sul generico. Solo che loro, a differenza di Levi, non se ne accorsero.
Kim, a sua volta, studiava i suoi compagni di tavolo. Quello che le avevano presentato come Jean sembrava sempre arrabbiato e più di una volta aveva redarguito severamente la povera Sasha, accusandola di essere una formidabile ficcanaso. Un altro - Connie, se ricordava bene - aveva una buffa testa perfettamente rotonda e ogni tanto faceva delle battute, a cui però non rideva nessuno. Il ragazzo che l'aveva invitata a cenare con loro era senza dubbio attraente, ma un po' troppo sopra le righe, per i suoi gusti. L'altra ragazza, la “sorella” di Eren, la metteva invece un po' a disagio. Era bellissima, di una bellezza algida e selvatica, di cui lei non sembrava consapevole, ma il suo atteggiamento distaccato, quasi ostile, la faceva sembrare antipatica. Quasi non l'aveva guardata in faccia e non aveva praticamente aperto bocca. Kim si chiese se fosse sempre così e se ce l'avesse con lei per qualche motivo. L'ultimo, Armin, l'aveva colpita subito. In contrasto con i lineamenti delicati, ancora infantili, quasi femminei, accentuati dai capelli biondi a caschetto, aveva uno sguardo intelligente e profondo, venato da una sottile malinconia. Si era accorta che ascoltava con estrema attenzione tutto quello che lei diceva e sembrava soppesarlo tra sé e sé. Doveva essere però anche molto timido, perché non le aveva rivolto alcuna domanda, mentre si capiva bene che moriva dalla voglia di farlo. In questo - constatò la nuova arrivata - erano simili.
La frugale cena finì presto e il gruppetto invitò Kim in quella che era chiamata la sala-svago: uno squallido stanzone con dei tavolacci, dove i giovani soldati trascorrevano le poche ore libere, chi giocando a carte o a dadi, chi leggendo, chi scrivendo alla famiglia, chi chiacchierando. Avevano ancora un'ora prima di andare a dormire. Kim rifiutò gentilmente la proposta di unirsi a una partita a carte (del resto, non sapeva giocare) e si sedette a un lato del tavolo a osservare. Anche Armin non vi prese parte e si accomodò vicino a lei. Dopo un buon lasso di tempo, durante il quale i due finsero di interessarsi al gioco, finalmente il ragazzo trovò il coraggio di chiederle ulteriori particolari sui suoi studi. Kim sentì che di lui poteva fidarsi e gli raccontò qualcosa in più rispetto a quanto aveva detto finora agli altri. Finite le scuole superiori, le era rimasta un'insopprimibile curiosità riguardo al passato dell'umanità, tuttora avvolto nel mistero. Aveva ottenuto dal padre il permesso di seguire delle conferenze, più che delle vere lezioni, che venivano organizzate nella biblioteca centrale di Mitras, tenute via via da insegnanti, politici ed esponenti del culto delle Mura. Ma queste non avevano minimamente risposto alle sue domande, anzi, avevano aumentato il suo smarrimento e la sua ansia di sapere. Aveva anche consultato tutti i libri possibili esistenti nella biblioteca sull'argomento, ma non aveva trovato nulla di significativo. Ma si era convinta che tutto partiva dalle Mura: troppi misteri, troppe omissioni e nello stesso tempo troppe dicerie le circondavano... Tutti le davano per scontate, addirittura c'era chi le considerava intoccabili e inviolabili, una condanna ineluttabile che avrebbe schiacciato l'umanità per sempre... Ma qualcuno doveva averle costruite, in qualche modo... e, se c'era un prima, un'epoca in cui le Mura non esistevano, doveva per forza esserci anche un dopo, prima o poi: una possibilità di liberazione, una speranza di salvezza... Ed era proprio il bisogno di questa speranza a smuoverla.
Kim, senza rendersene conto, si stava accalorando sempre di più. I due ora si erano appartati in un angolo, per parlare più tranquilli. Armin era affascinato dalla ragazza e dalle sue teorie, così incredibilmente simili alle sue. Lì, in caserma, non aveva molte possibilità di confrontarsi con qualcuno. Tutti dovevano concentrarsi sul compito principale: sconfiggere i Giganti, possibilmente riportando a casa la pelle.
Il caposquadra Zoe sosteneva che, per avere una minima possibilità di successo, avrebbero dovuto raccogliere più informazioni possibili su di loro. Ma la sua idea, solo in parte condivisa dal comandante Smith, era più o meno apertamente ostacolata dalle alte sfere militari, che facevano di tutto per mettere loro i bastoni tra le ruote. Farsi troppo domande era pericoloso, Armin lo sapeva bene, e quindi quella ragazza dall'aria così fragile gli appariva ancora più coraggiosa e determinata. In più, le invidiava la possibilità di studiare e di avere accesso al sapere, in generale, anche se magari non con i risultati sperati. Lui, come quasi tutti i suoi compagni, sapeva fin da piccolo che, dopo gli anni di scuola obbligatori, in cui si imparava a leggere, scrivere, far di conto e poco altro, avrebbe dovuto rinunciare a proseguire. Solo chi aveva molti soldi poteva continuare a frequentare dei corsi superiori, la maggior parte dei quali avevano un indirizzo tecnico-scientifico: all'umanità servivano prevalentemente medici, ingegneri, progettisti, agronomi... al limite qualche insegnante.
Poi era successo quello che era successo, lui, Eren e Mikasa erano rimasti soli al mondo, si erano arruolati e gli unici studi che avevano potuto fare erano quelli previsti dall'addestramento militare, in cui peraltro lui eccelleva.
Ma tutto questo a Kim non lo disse.
La ragazza stava appunto per chiedergli qualcosa di lui, quando il capitano Levi fece capolino nello stanzone per spedire i cadetti nelle camerate, con i suoi soliti modi poco urbani. Mentre tutti si avviavano all'uscita, al suo occhio acuto non era sfuggita la coppia Kim-Armin, che, sbucando dall'angolo semibuio in cui si era appartata, seguiva gli altri continuando a chiacchierare. Soprattutto, notò subito lo sguardo insolitamente perso del ragazzo.
Scosse la testa con disapprovazione. Ma guarda! Chi l'avrebbe mai detto, che, tra tutti, la prima vittima sarebbe stato proprio l'intellettuale del gruppo? O forse, invece, a pensarci bene, era prevedibile, eccome.

Armin, contrariamente al suo solito, quella sera non riusciva a prendere sonno. Si sentiva... strano. Ma non avrebbe saputo descrivere meglio il suo stato d'animo. Il che non era da lui, abituato da sempre a ragionare, a classificare, a dare un nome e una collocazione a qualsiasi cosa.
Andando verso i dormitori insieme agli altri, era talmente immerso nei suoi pensieri che non aveva nemmeno sentito i commenti entusiasti di Sasha su Kim, e quelli, molto più grevi, di Eren, Jean e Connie. Ripensava invece a quello di cui lui e la ragazza nuova avevano discusso, il loro modo di vedere la realtà, così simile. Aveva percepito una sintonia che non aveva mai provato prima... no, nemmeno con Eren e Mikasa, che pure erano i suoi migliori amici, anzi, quasi fratelli. Si chiese, confusamente, se sarebbe stato lo stesso, se Kim non avesse avuto quei grandi ed espressivi occhi celesti, quei lunghi riccioli biondi e quella bocca così ben disegnata...
Armin continuava a rigirarsi nel giaciglio. Che cosa gli stava succedendo? Cos'era quella specie di ansia che gli attanagliava lo stomaco? Forse aveva ragione Mikasa: lei l'aveva sentita bene, invece, quando aveva detto, lapidaria, che era inutile sprecare tempo ed energie per fare amicizia con una persona che presto se ne sarebbe tornata a casa sua e che sicuramente non avrebbero rivisto mai più... a quell'idea Armin provò una strana fitta al cuore... E poi era grande, più grande di tutti loro: aveva 18 anni, mentre lui e gli altri ne avevano soltanto 15.... ma cosa c'entrava questo adesso?
Per distrarsi, cominciò a valutare l'ipotesi di parlare a Kim del libro di suo nonno... il libro proibito, che lui e i suoi amici sfogliavano da bambini, di nascosto, e che parlava di un mondo senza confini e di un'immensa distesa di acqua salata chiamata “mare”, che nessuno però aveva mai visto... Ma lui quel libro non ce l'aveva più... l'aveva dovuto abbandonare, quando era stato costretto a fuggire in fretta e furia, il giorno terribile in cui Shiganshina era caduta sotto i colpi del Gigante Corazzato e del Gigante Colossale.1 Forse Kim non gli avrebbe creduto... o forse sì, il ragazzo sentiva che poteva fidarsi di lei, che lei lo avrebbe capito... così, pensando al volto sorridente della sua nuova amica, finalmente Armin si addormentò.

Povero Armin... bisogna capirlo. Né lui né i suoi compagni avevano mai avuto tempo e modo di innamorarsi. E non soltanto per la giovane età e nemmeno perché il regolamento dell'esercito vietava le relazioni sentimentali tra commilitoni. Avevano dovuto pensare troppo presto a sopravvivere e a nient'altro. La vita era difficile per tutti, all'interno delle Mura. Ma per lui, Eren e Mikasa, soli al mondo, lo era ancora di più. Per i soldati, l'unico scopo era restare vivi, a tutti i costi. Non avevano tempo né testa per l'Amore. Certo, a qualcuno sarà capitato... ma i rischi, troppo elevati, erano un efficace deterrente.
Per questo il piccolo Armin non sapeva dare un nome a ciò che stava provando... non lo conosceva, non l'aveva mai sperimentato e nessuno gliene aveva mai parlato... Dormi, piccolo Armin, e non pensarci più... fino a un nuovo giorno di prigionia dentro le Mura.





 

1. Non ricordo se nella storia originale si sappia la sorte di questo libro... ma è molto plausibile che in quelle circostanze, nessuno, né Armin né nessun altro, fuggendo abbia avuto la possibilità di portarlo con sé.

  
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