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Autore: Scheherazade_Reim    19/03/2021    0 recensioni
"𝘘𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘵𝘶 𝘧𝘪𝘯𝘪𝘴𝘤𝘪 𝘭𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘰𝘭𝘦
𝘚𝘵𝘰 𝘲𝘶𝘪
𝘚𝘵𝘰 𝘲𝘶𝘪
𝘍𝘰𝘳𝘴𝘦 𝘢 𝘵𝘦 𝘯𝘦 𝘴𝘦𝘳𝘷𝘰𝘯𝘰 𝘥𝘶𝘦 𝘴𝘰𝘭𝘦
𝘚𝘵𝘰 𝘲𝘶𝘪
𝘚𝘵𝘰 𝘲𝘶𝘪"
Era la prima volta che Kagome si esibiva davanti a cosi tante persone. La sua voce era spezzata dall'emozione di quelle parole che lei stessa aveva scritto. Mai, prima di quel giorno, aveva scritto qualcosa pensando ad altri se non alla sua famiglia e ai suoi amici ma ora, innamorata, voleva che quelle parole lo raggiungessero ovunque si trovasse.
Non sarebbe andata via.
Non si sarebbe nascosta per quei sentimenti.
{ Storia Ispirata dalla canzone di Laura Pausini Io Sì (Seen) ci ho frignato abbastanza da decidermi a scrivere }
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: AU, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Kagome sbatté le palpebre chiaramente confusa.
Il piccolo demone volpe saltellava quasi sul posto prima di allontanarsi per andare a chiamare gli altri bambini che vivevano nell’appartamento.
“Deve essere una persona molto importante se tutti lo aspettano.”
Non appena ebbe formulato quel pensiero la sua attenzione tornò a Kaede. Quest’ultima non sembrava essere dello stesso umore dei bambini, una nota di preoccupazione attraversò il suo sguardo prima di sospirare e alzarsi dalla poltrona per posare la sua tazzina sul tavolo assieme a quella di Kagome.
«Va tutto bene, signora Kaede?»
«Speravo avessimo più tempo di parlare,» rispose Kaede con un sospiro prima di tornare a sedersi, adesso Kagome era ancora più confusa.
Chi stava per entrare da quella porta?
«E’ davvero così grave?» si trovò a chiedere Kagome, incapace di trattenere oltre quella domanda che la stava assillando. L’anziana donna scrollò semplicemente le spalle.
«Vedremo.»
Kagome deglutì pesantemente davanti a quelle parole e già immaginava i peggiori scenari possibili. Si era preparata a tutto, ma non a quello che entrò dalla porta cigolante.
«Sono tornato…!»
La voce maschile fu accompagnata da una serie di passi che altri non erano quelle dei bambini di poco prima, intenti a correre veloci e rapidi per raggiungere l’oggetto della loro attenzione; sicuramente erano quelli più entusiasti.
«Sei tornato presto, Inuyasha!» esclamò una voce infantile, femminile, probabilmente apparteneva alla bambina che aveva visto prima.
«Avete fatto i bravi mentre non c’ero?»
«Certo, cosa credi?» rispose quello che doveva essere Shippo con un tono molto orgoglioso rivelando essere una sorta di “capo”, per così dire, rispetto agli altri bambini.
Kaede non parlava e questo lasciava la ragazza sempre più confusa riguarda a quel suo ospite che non tardò a presentarsi in sala.
«Sono tornato…» aggiunse di nuovo rivolto solamente a Kaede, quasi non si era accorto della loro ospite e questo diede modo a Kagome di osservarlo attentamente.
I suoi occhi stavano guardando quello che era fuor di ogni dubbio un mezzo demone – le piccole orecchie da cane che spuntavano dalla chioma argentea dei suoi capelli erano sicuramente una prova evidente –
Era molto affascinante, aveva un fisico non eccessivamente muscoloso e snello, almeno ad una prima occhiata pensò Kagome, gli abiti sportivi che indossava ne valorizzavano l’aspetto forse più di qualsiasi altra cosa potesse mettere e per un momento fu attirata da quegli occhi dorati con la pupilla a fessura che gli donavano un aria molto più animalesca di quanto il suo aspetto potesse tradire.
«Bentornato, Inuyasha.»
«Non sembri contenta di rivedermi, vecchia Kaede.»
«Lo sarei se mostrassi un po’ più di rispetto verso questa casa e verso la tua persona, Inuyasha.»
La tensione attraversava l’aria con scariche elettriche che quasi potevano essere viste ad occhio nudo. Kagome si sentì improvvisamente fuori luogo; voleva sapere perché era stata chiamata lì, ma allo stesso tempo non poteva restare e rischiare di finire coinvolta in problemi familiari che non la riguardavano.
Si affrettò ad alzarsi dalla poltrona, smartphone alla mano per controllare l’orario.
«Signora Kaede, la ringrazio per l’ospitalità ma ora devo tornare a casa.»
«Vai già via?»
L’anziana donna sperava che Kagome si fermasse qualche minuto in più, doveva necessariamente parlarle ma l’arrivo intempestivo di Inuyasha aveva cambiato quelli che erano i suoi piani iniziali. Tuttavia capiva la necessità e la situazione e decise di non fare ulteriormente pressione; Kagome era sempre stata molto attenta e coscienziosa dopotutto.
Inuyasha si voltò a guardare la ragazza, tanto era la sua concentrazione su quel saluto, su quel momento familiare, da non aver quasi fatto caso al delicato profumo di fiori che non apparteneva a quell’appartamento.
Il mezzo demone si concesse qualche istante per osservarla.
Aveva un bel corpo snello e sinuoso con le forme al posto giusto, l’aspetto era curato ma il trucco non era particolarmente pesante e per lo più voleva far esaltare gli occhi nocciola di lei. Non era certo una ragazza del ghetto e proprio per questo era meglio se tornava al suo mondo.
«Si, ho un impegno con mia sorella però tornerò presto a trovarla signora Kaede, promesso.»
Il mezzo demone era ancora intento a fissarla, quando lei si volse verso di lui lasciando che i loro sguardi s’incrociassero per un brevissimo lasso di tempo. Kagome fece un semplice inchino, un banale cenno del capo e decise di recarsi verso la porta senza guardare oltre quegli occhi dorati; aveva paura di perdersi se li avesse guardati troppo a lungo.
Prese così congedo da quell’appartamento tornando a respirare con molta più calma e serenità.
C’era così tanta tensione nell’aria che non aveva nemmeno voluto prendere un istante per presentarsi al mezzo demone, Kagome aveva scelto di rimandare la cosa a quando sarebbe potuta tornare in quel luogo ma adesso doveva tornare a casa e parlare con sua sorella e suo fratello – il lavoro non si sarebbe potuto fermare.

Inuyasha era rimasto alcuni istanti immobile mentre imprimeva nella sua mentre l’odore di quella giovane donna che mai aveva visto.
«Chi era quella ragazza?» domandò il mezzo demone tornando a guardare l’anziana donna, il suo sguardo serio e accusatore, per certi versi plausibile, non gli piaceva per niente. Kaede aveva quella brutta capacità di farlo sentire sempre un bambino. Un bambino che commetteva errori, sbagliava e non sembrava capire come andava il mondo.
Lui non era un bambino e conosceva il modo in cui il mondo girava.
«Inuyasha, quando la smetterai di venderti a Naraku?» domandò a sua volta la vecchia Kaede, non era incline a rispondergli, non ad una domanda tanto banale, ma voleva mettere in chiaro alcune cose dopo che finalmente aveva deciso di tornare a casa. Inuyasha rimase in silenzio, senza rispondere a quella domanda proprio come aveva fatto l’anziana donna, lasciava a lei il compito di parlare e di esporre quello che era il suo pensiero.
«Non mentirmi, Inuyasha, so bene che i soldi per le mie cure e quelli per tutti noi arrivano dai lavori che svolgi per quella creatura riprovevole. Non puoi continuare in questo modo!»
«E sentiamo, vecchia, quale sarebbe la tua soluzione? Mn? Dimmelo, avanti, sto ascoltando!»
Inuyasha non era mai stato bravo con le parole, non era mai stato in grado di esprimere la gratitudine verso Kaede e verso il suo “rifugio”, ma quei lavori erano l’unica cosa che un mezzo demone come lui potesse svolgere nel ghetto.
Non era umano.
Non era un demone.
Nessuno aveva davvero bisogno di lui, nessuno si curava di quello che faceva e nessuno sembrava davvero guardarlo quando faceva qualcosa. Tutti erano uguali, ad eccezione di Kaede.
Lei gli aveva offerto una casa, un posto dove vivere e una famiglia che non si era mai sognato di avere. Per questo quando la salute dell’anziana donna era andata a peggiore, deciso a sostenere quella sua “famiglia”, aveva fatto l’unica scelta sensata per salvare tutti quanti.
L’anziana donna lo sapeva.
Sapeva il motivo per cui il mezzo demone si dedicava ad incontri clandestini, faceva piccoli furti o peggio ancora per colpa di un demone come Naraku e proprio per questo non riusciva a sopportarlo.
«Inuyasha, non ho bisogno che tu faccia questo per me.»
«Infatti non lo faccio solo per te, ma anche per Shippo e gli altri bambini che vivono in questo luogo dimenticato da tutti. Per cui non farmi la predica, d’accordo. Vado a farmi una doccia, sono stanco.»
Kaede sospirò in modo pesante mentre rilassava la schiena contro la poltrona e si portava due dita a picchiettare la fronte. Oramai non sapeva più cosa fare, aveva esaurito le parole e le forze e tutto quello che rimaneva di quella conversazione era solo il sottofondo di un telegiornale che parlava di un’aggressione di alcuni demoni per il controllo di una parte del territorio del ghetto.
Si trattenne dal chiudere di scatto la porta del bagno solo per evitare che gli altri ospiti della casa potessero arrivare, preoccupati a sufficienza, facendo domande alle quali Inuyasha non poteva dare nessuna risposta.
“Quella vecchia coriacea dalla testa dura!” brontolò nella sua testa mentre si toglieva la felpa che aveva indosso.
In un momento colse la sua immagine allo specchio.
Il suo corpo era segnato da alcuni lividi che sarebbero spariti nel giro di qualche giorno. Non era muscoloso, non nella maniera che gli umani pensavano, dopotutto per i demoni a fare la differenza non era la prestanza fisica ma piuttosto il potere demoniaco che ereditavano.
In quel momento Inuyasha si soffermò a guardare le orecchie da cane che spuntavano tra i capelli argentei; una prova evidente.
La natura si era presa gioco di quelle creature ibride che erano mezzo demoni concedendo loro un modo per distinguersi, per così dire, dai demoni e dagli esseri umani. In alcuni casi la differenza era così minima che gli esseri umani non se ne rendevano conto; ma erano casi rari.
Dalla tasca dei pantaloni sentì provenire il fastidioso ronzio della vibrazione dello smartphone. Lo prese dalla tasca e guardò la notifica che gli era arrivata; era un messaggio di Byakuya, uno dei sottoposti di Naraku.

“Carissimo Inuyasha,
questo messaggio solo per ricordarti che tra tre giorni ci sarà il prossimo incontro a cui dovrai partecipare. Ci sono in ballo molte scommesse e Naraku, naturalmente, si aspetta che tu esegua gli ordini come da copione abituale. Non ci deludere, Inuyasha, altrimenti saremo costretti a chiedere il risarcimento a quella dolce nonnina di cui ti prendi cura.”

Nel silenzio più totale appoggiò il telefono sul bordo del lavandino, le mani appoggiate ai bordi e il capo chino mentre la rabbia montava dentro il petto di Inuyasha rendendolo simile ad un vulcano pronto ad esplodere.
Il mezzo demone sapeva che non aveva scelta e il solo modo per fare fronte alle spese mediche di Kaede, oltre che all’affitto e al cibo per gli altri bambini, doveva necessariamente accettare il lavoro che Naraku gli dava da compiere.
Non poteva evitarlo.
Tutti nel ghetto, prima o poi, lavoravano per Naraku poiché era il solo che dava impiego a chiunque senza fare delle vere distinzioni – dovevi solo essere pronto a sporcarti le mani, come tutti.
Lasciò la presa sul lavello, ispirando profondamente e cercando di placare la propria furia per non distruggere niente che poi avrebbe dovuto ricomprare.
“Devo resistere …”
Lo ripeteva come un mantra nella sua mente mentre finiva di spogliarsi e apriva l’acqua per fare una doccia rigenerativa.
Per qualche minuto, sotto il getto tiepido dell’acqua, voleva dimenticare tutti i suoi pensieri e concentrarsi unicamente su quello che poteva fare mentre aspettava l’arrivo dell’incontro. Inuyasha si trovò a domandarsi nuovamente chi fosse quella ragazza che stava parlando con Kaede.
Il suo profumo era buono, gradevole e sembrava familiare come il ricordo di un sogno lontano.
Lo detestava e amava allo stesso tempo.
Lo scroscio dell’acqua coprì parzialmente il ronzio della vibrazione dello smartphone. Inuyasha, infastidito, chiuse momentaneamente il getto di acqua per uscire dal box e prendere in mano in telefono.
Sullo schermo apparve un nome, “Sesshomaru”, in meno di un istante premette il pulsante per chiudere la telefonata e spense il telefono tornando così a godersi in pace la doccia.

  
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