Fumetti/Cartoni americani > Kids Next Door / KND
Segui la storia  |       
Autore: Anphitrite    25/03/2021    0 recensioni
« Now I'm not looking for absolution
Forgiveness for the things I do
But before you come to any conclusions
Try walking in my shoes....»

Quattro anni dopo l’abbandono del Settore Z e dei suoi amici dopo aver compiuto 13 anni - nel cuore di David c’era sempre stato posto solo per una persona: Ashley. Per lui non era stata semplicemente una compagna di squadra.
Lei, Ashley, non era solo un’amica, no, per lui era molto di più. Ora, a distanza di anni, David era deciso a confessarle ciò che provava per lei ma al contempo non sapeva se quel gesto gli avrebbe offerto un destino roseo oppure sarebbe stato circondato da spine.
Personaggi:[Delightful Children From Down the Lane/Sector Z (David - Numbuh 0.2/ Ashley Numbuh 0.3) & OC]
CAPITOLO 6 INSERITO - AGGIORNATO IL 25/03/2021
Genere: Sentimentale, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo VI – All That’s Mine
 
 
 
 
L’orologio appeso sulla parete della sala d’attesa del reparto rianimazione segnava quasi l’una.

Ormai erano trascorse più di tre ore da quando i fratelli Garrison e i loro zii erano seduti sul divano della sala d’attesa, tutti visibilmente esausti per la lunga attesa ma al contempo anche terribilmente preoccupati dopo tutto quello che era accaduto. Il loro padre Edward si trovava in un limbo tra la vita e la morte: infatti egli era stato colto da un grave malore dopo aver assunto una massiccia dose di antidepressivi e ora giaceva in un letto d’ospedale, intubato e ancora privo di sensi.

«David? Ti senti bene?» chiese Rosalind, vedendo il fratello impallidito.

«Non molto, a dire il vero.» replicò lui.

Quand’è che ci chiameranno? Questa attesa mi snerva....” Pensò David mentre sentiva i sensi di colpa divorarlo dall’interno: egli credeva di essere lui il colpevole di tutto questo.
 
Il giovane mise una mano nella tasca dei jeans, proprio in quella tasca aveva ancora la lettera che suo padre aveva scritto prima di compiere quell’atto di follia. La strinse con forza tra le dita mentre nella sua testa  rimbombavano le parole che aveva pronunciato poche ore prima del fatto e ciò lo nauseava.
 
…Lui non è un padre, ma un egoista…

… Uno scellerato che preferisce annegare le sue preoccupazioni nell’alcol piuttosto che pensare al bene più prezioso, ovvero noi…

«È solo colpa mia se è successo tutto questo.» disse il ragazzo, portandosi le mani sul volto.

«Perché dici così?» domandò Rosalind.
 
«Perché… sono convinto che nostro padre abbia sentito tutto quello che ho detto su di lui. Lui ha sentito, ne sono sicuro.» replicò lui, stringendo forte nel pugno la lettera.

Rosalind abbracciò il fratello, cercando di consolarlo.

«Tu non hai alcuna colpa in tutto questo, fratello mio – replicò lei – non pensare minimamente a queste cose.»

È più facile a dirsi che a farsi.” Pensò lui.
 
Improvvisamente, dalla stanza in cui era ricoverato il loro genitore uscì uno dei Medici.

«Garrison?»
 
Nellie e Nathan si alzarono con prontezza.

«Potete accomodarvi.»

Prima che Rosalind potesse raggiungere gli zii, David fermò la sorella.

«Rimango io con Diane, tu vai pure.»

«D’accordo.»

La sorella maggiore annuì e così sia lei che gli zii entrarono nella stanza in cui il Dottore li aspettava. 

All’interno di quella sala albergava un odore stantio, come se la stanza fosse stata continuamente sanificata. Quell’odore a David gli dava la nausea ma cercò di trattenersi. Nel frattempo Diane non era rimasta ferma un attimo e ogni cinque minuti cambiava posizione oppure scalpitava i piedi contro la parete in segno di nervosismo.

«Stai buona, Diane.» sussurrò David alla sorellina.

«Stare buona? Stare buona!? Come posso stare buona? Non ci riesco! Non posso stare calma! Papà sta male e il pensiero che possa abbandonarci… mi fa paura, fratellone…»

Nonostante il suo carattere determinato, spigliato e sveglio, anche Diane sapeva manifestare i suoi attimi di fragilità e quando ciò avveniva mostrava un incredibile tenerezza.

«Non succederà.» replicò David, stringendo forte la sorella a se.

«Ne sei sicuro?»

«È quello che spero.»

Mentre stringeva la sorella a se, egli sperava con tutto il cuore che il loro padre non lasciasse questa terra: Edward era sulla soglia dei quarant’anni, ancora troppo giovane e loro, i suoi figli, avevano ancora tanto bisogno di lui. 
 
All’improvviso David sentí per la prima volta la sua sorellina tremare e piangere. 

«Shhh… Sono qui, Diane. Il tuo fratellone è qui. Credimi, nostro padre avrà anche un carattere fragile ma non ho mai dimenticato la forza d’animo che ha saputo dimostrare.»

Alla sorellina si spensero in gola le parole. Tutto ciò che fece fu quello di accoccolarsi sul petto del fratello, lasciandosi cullare dal battito del suo cuore. 
 
«Sono qui, non piangere…»

Diane singhiozzava sommessamente mentre aveva il capo appoggiato sul petto del suo amato fratello, in cerca di sicurezza. Dopo quasi mezz’ora, Rosalind e gli zii uscirono dalla stanza. La sorella a stento tratteneva le lacrime e trasudava ansia da ogni parte.
 
«Che è successo? Che vi hanno detto i Dottori?»

«Non ci voleva proprio questa.» disse Rosalind, mordendosi le dita, cercando di non piangere. Ma alla fine le emozioni presero il sopravvento e scoppiò a in un pianto quasi isterico. David la teneva per mano, cercando di tranquillizzarla.

«Rosalind…» replicò lui, abbracciandola.

Intanto Diane osservava e ascoltava tutto in silenzio mentre il suo pensiero era sempre rivolto a suo padre. Lei, che era l’unica dei fratelli a non aver mai conosciuto la madre il solo pensiero di perdere anche la figura paterna la faceva un senso di vuoto che non aveva mai provato prima. A quel punto zia Nellie, visibilmente scossa, raccontò ai loro nipoti quanto i Medici gli avevano riferito: la situazione pareva essere molto più grave di quello che pensavano. A causa dell'elevato consumo di alcol mescolato all'utilizzo a lungo termine di antidepressivi, i reni ma soprattutto il fegato e altri organi importanti come cuore e polmoni entrarono in collasso, subendo così un arresto cardiorespiratorio. Ora il loro genitore si trovava in uno stato molto grave di cirrosi epatica e non sarebbe sopravvissuto per più di un mese a causa delle gravissime condizioni in cui riversava. L’unica speranza sarebbe stato effettuare un trapianto di fegato d’urgenza ma dove trovare subito un donatore? 
 
«In realtà una soluzione ci sarebbe – replicò lo zio Nathan – ma richiede un gran sacrificio.»

«Ossia?»
 
«Trovare un donatore idoneo.»

Fu allora che David strinse i pugni. 

«I Medici hanno detto che effettueranno questi accertamenti nel più breve tempo possibile, in modo da poter accelerare i tempi.»

«D’accordo.» disse David.
All’affermazione del fratello, Rosalind sbiancò e lo guardò con occhi sgranati.

«Come ti è venuto in mente di dire una cosa del genere?» sussurrò la sorella, in preda al panico.

«Noi ci atterremo a quello che i Medici diranno per il bene di nostro padre, dopotutto siamo i suoi figli e non ci tireremo indietro.» 

«Nostro fratello ha ragione: so che tu hai paura ma dobbiamo fidarci di quello che i Dottori ci diranno. Per amore di nostro padre.»

Rosalind non proferì parola. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare le sue paure, anche quelle più piccole e con ciò annuì. I fratelli si strinsero in un abbraccio, e rimasero avvolti in quell’abbraccio per tanto tempo.

 


Nelle ore che seguirono David, le sue sorelle e i suoi zii materni rimasero a vegliare sul genitore nella speranza che si evolvesse qualche suo miglioramento. Diane era avvinghiata al fratello, con il capo appoggiato al suo petto. David  fu l’unico che non riuscì a prendere sonno: la sua mente era troppo immersa nei suoi pensieri e dai sensi di colpa. Erano le circa le cinque del mattino e non appena il giovane si accertò che tutti si fossero addormentati profondamente, egli ne approfittò per entrare a passo felpato nella stanza in cui suo padre era ricoverato: non voleva lasciarlo solo.

Si alzò cercando di non svegliare Diane e, una volta entrato si accorse che lui giaceva lì, nel letto ancora in stato di incoscienza. Il giovane non riusciva a sopportare l’idea di vedere il proprio padre ridotto così, come un guscio vuoto. Sentí il suo cuore stringersi in una morsa di dolore, il respiro gli si accorciò per qualche istante e i suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime.
 
Perché, papà? Perché lo hai fatto?” Pensò, disperato, mentre il suo volto era rigato dalle lacrime, accasciandosi sul fianco del genitore e prendendogli la mano.

«Sono qui, papà – sussurrò il ragazzo, con la voce rotta dal pianto - ti prego, non lasciarci. Non è ancora la tua ora, abbiamo ancora tanto bisogno di te e tu di noi.»  

David rimase accanto a lui per ogni singolo istante, rifiutandosi di lasciare il suo fianco: voleva fargli capire che suo figlio era lì, pronto a fargli capire che avrebbe fatto qualunque cosa pur rimediare a quell'errore, fino a crollare anch’egli in un sonno profondo.
 
Erano circa le sette e un quarto del mattino quando tutto d’un tratto, sentí delle falangi sfiorargli i capelli e la guancia. David si svegliò di soprassalto. Di fuori il sole aveva iniziato a fare capolino. 

Era l’alba.

«Figliolo…»
 
«Papà! Sono così felice che tu ti sia svegliato!» esclamò il giovane con gli occhi lucidi.

«Almeno sono ancora qui… per ora…» 
 
«Non dire così.» replicò lui.

«Tu… hai sentito tutto quello che ho detto, non è vero?»

Il genitore annuì, senza proferire parola.

"Proprio come immaginavo! Sono stato uno stupido! Perché parlo troppo!?" Urlò nella sua testa David, sgranando gli occhi.

«Voglio chiederti scusa. È tutta colpa mia, non avrei dovuto dire tutte quelle parole, soprattutto davanti a Diane. Non volevo ferirti, non…»

Fu in quel momento che suo padre interruppe, asciugandogli le lacrime con il dorso della mano.

«Non piangere, figliolo… è tutto a posto. Ti perdono, dopotutto sei sangue del mio sangue e non potrei mai voltarti le spalle. Non incolpare te stesso… tu… non c’entri niente in tutto questo… prima o poi sarebbe successo.»

«Ci hanno detto che dovrai sottoporti a un trapianto di fegato se vogliamo che la tua vita venga salvata.»

«Che senso ha salvarmi, figliolo?»

Nell’udire quella frase, David sentí il suo cuore e la sua anima travolti in una tempesta emotiva così forte da non riuscire quasi a controllare. Già in passato aveva visto sua madre morire davanti ai suoi occhi, adesso stava rivivendo la stessa situazione con suo padre e non poteva permettere che ciò accadesse.

«Non dire neanche per scherzo una cosa del genere! Perché abbandonarci? Perché abbandonare noi, la parte più preziosa che ti è rimasta?»

Edward non replicò subito. Poiché era attaccato a un respiratore egli doveva prendere sempre qualche secondo per poter recuperare ossigeno e parlare.
 
«Come avrai potuto leggere dalla lettera che ho scritto… purtroppo sento di aver fallito in molte cose… sento di non essere stato il padre perfetto, ma anche in molte altre… Nonostante tutti gli sforzi che ho fatto fino adesso per uscire da questo tunnel, sento di essere in enorme debito con la vita dopo la morte di vostra madre: sento di aver fallito come padre e di non valere più nulla…»
 
«Non dire sciocchezze! Tu sei stato e sei un gran padre. Non voglio nemmeno sentirle queste idiozie, e adesso sta a sentire me – replicò David, con tono duro – Il padre perfetto non può esistere e non esisterà mai nella realtà: esiste solo nei nostri sogni. Tu hai mostrato più di una volta quanto tu sei generoso. Hai forse dimenticato tutto quello che hai fatto per noi? La gioia e la felicità che ci hai regalato quando eravamo bambini!?»

Edward sospirò ancora una volta, senza smettere di fissare il suo secondogenito intensamente. Lo sguardo di David ora si rifletteva in quello di suo padre. Suo figlio aveva ereditato i suoi stessi occhi color smeraldo intenso. In quegli occhi il genitore riusciva a scorgere il fuoco, la tenacia ma al contempo un’immensa preoccupazione.

«Mi dispiace, figliolo…» sussurrò l’uomo, accarezzandogli la guancia.

Ad un tratto David notò un particolare che prima d'ora non aveva mai visto: al collo suo padre portava un pendaglio d'oro che raffigurati due delfini che, unendosi, formavano un ellisse e, all’interno di quell’ellisse, vi era incastonata una bellissima pietra di opale.
Il giovane, incuriosito, prese tra le mani quel bellissimo monile e lo osservò con cura.

«Ma... questo che significa? Non l'ho mai visto prima.»

Edward sorrise nel vedere lo sfarzo di curiosità negli occhi del suo adorato figlio. Gli prese la sua mano che teneva il ciondolo.

«Sapevo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato... anche se so che non è il momento migliore per parlartene... devi sapere che questo monile rappresenta il simbolo della nostra famiglia... ogni discendente della famiglia Garrison lo possiede, e questo ciondolo viene tramandato ai propri figli di generazione in generazione.»
 
«Ma… è fantastico!» A David si illuminarono gli occhi nel sentire quella risposta. Nel cuore del ragazzo iniziò ad insidiarsi una irrefrenabile voglia di scoprire, di conoscere le origini della sua famiglia: egli infatti non aveva mai saputo come i suoi genitori si fossero incontrati, tantomeno niente dei suoi nonni materni e paterni. Non sapeva nemmeno se aveva altri zii, cugini… nulla. Tutto quello che sapeva era che i suoi genitori erano entrambi di origini irlandesi, ma il resto? Del passato della sua famiglia?

Vuoto assoluto.

«So che non è il momento più consono ma… potresti raccontarmi qualcosa sulla nostra famiglia? Di come tu e la mamma vi siete conosciuti?»

Edward sorrise e il suo sguardo si fece dolce nel vedere quella scintilla di curiosità negli occhi del figlio.

«Anche se non sono al massimo delle mie forze, farò del mio meglio per raccontarti qualcosa… figliolo mio…» replicò Edward ridendo anche se a malapena in quanto il respiro gli mancava.

«Ti prego papà, non sforzarti.»

Fu allora che Edward iniziò a raccontare. Nonostante il respiratore, questo non gli impedì di raccontare il suo vissuto e di come avesse conosciuto la donna della sua vita e che purtroppo perse troppo presto. Nel momento Edward iniziò a parlare il figlio scorse negli occhi del padre una scintilla che non vedeva ormai da anni.
 
Ultimo di quattro figli, Edward proveniva da una famiglia umile ma che economicamente se l’era sempre cavata grazie al mestiere di suo padre, Coleman ed era originaria di Dingle, un piccolo villaggio situato nella Contea di Kerrey, in Irlanda.
Tuttavia il clima in famiglia non fu mai dei più rosei: Coleman - nonché il nonno di David e padre di Edward - aveva sempre fatto per tutta la vita il pescatore e con i loro figli aveva sempre avuto un temperamento severo. Avendo trascorso una vita intera in mezzo mare, egli aveva sempre preteso che anche i loro figli maschi seguissero le orme del genitore ma sia Edward che Brian avevano altri progetti e volevano percorrere strade totalmente diverse da quello che invece il loro padre aveva predestinato per loro: di certo non volevano stare in Irlanda in mezzo ai pesci.
Stessa cosa vale per le sue due sorelle, Siobhan e Emma, che non volevano passare il resto dei loro giorni dietro ai fornelli ed entrambe si erano prefissate l'obbiettivo di continuare gli studi.
 
«… Eravamo appena adolescenti quando io e tua madre ci incontrammo per la prima volta sulla riva di quella baia, in Irlanda. Sai, avevo pressappoco la tua età quando conobbi… lei era più giovane di me di poco più di un anno, ma era bellissima. La fanciulla più bella che avessi mai incontrato.»

«Ricordo ancora quanto fosse bella la mamma – replicò David, con gli occhi lucidi – era sempre così elegante, piena di vita. Cantava sempre.»

«Già… tuttavia i nostri genitori non erano d’accordo sul nostro fidanzamento, in particolare tuo nonno: i padri delle nostre rispettive famiglie erano entrambi pescatori e in passato erano sempre stati in conflitto a causa di antiche e aspre rivalità tra i padri delle due famiglie, ma noi continuammo a frequentarci alla luce del sole, e anche di notte. Tutto questo andò avanti per ben un anno… Noi ci amavamo veramente, David… e più il tempo passava, più mi rendevo conto che vostra madre era veramente la donna che volevo al mio fianco per tutta la vita...»

Che meraviglia…” pensò David con gli occhi lucidi. Tutto questo lo faceva commuovere. Egli sperava realmente un giorno di provare quelle emozioni sulla sua pelle e nel suo cuore.

«Ti sei commosso?»

«A dire il vero, sí… è che il pensiero della mamma non solo mi fa piangere ma mi fa commuovere tutto questo. È tutto così toccante e spero davvero di provare quello che tu hai provato nei confronti di nostra madre.»
 
Fu allora che Edward sollevò lievemente il capo per avvicinarsi a suo figlio e porgergli il suo palmo sulla sua guancia.

«Rivedo esattamente tua madre quando mostri tutta questa immensa dolcezza. È incredibile quanto le somigli.»

«Anche Rosalind me lo dice spesso. Non sei l’unico che me lo fa presente.»

«Credimi… sei molto simile a lei, più di quanto tu creda: hai la sua dolcezza, la sua sensibilità ma soprattutto la sua forza d’animo.»

David sorrise con le gote leggermente arrossate. 

«Un giorno accade una cosa inaspettata: la mamma venne bussare alla porta di casa mia e mi comunicò di essere rimasta incinta di Rosalind.»
 
«Caspita! E questo quando è successo?»

«Giugno 1983, me lo ricordo ancora… lei aveva appena diciassette anni mentre io ne avevo venti e sapevo benissimo che le nostre famiglie ci avrebbero rinnegato se avessimo comunicato la notizia. Per fortuna tua zia Nellie ci ha sempre supportato in questa nostra storia... e grazie al suo aiuto ci sposammo in gran segreto in una piccola cappella… ma essendo l’Irlanda un paese molto conservatore e religioso, la voce si sarebbe sparsa nel giro di pochi giorni all’interno della popolazione locale. Di conseguenza non volevo che vostra madre passasse una vita d’inferno per causa mia… io volevo garantire un futuro tranquillo per voi, per la mia famiglia, alla donna che amavo … volevamo allontanarci dalle maldicenze e dalle chiacchiere di paese.»
 
«... E così vi siete trasferiti in Canada.»
 
«Esatto. Ma prima di lasciare per sempre l’Irlanda, proprio in quel periodo si sparse la voce che un delfino si aggirava nei pressi della baia di Dingle. Tua madre voleva tanto vederlo prima di andarsene: lei aveva sempre amato i delfini, le creature acquatiche e il mare. Così un giorno andammo con la barca del nonno, senza che lui se ne accorgesse e non appena andammo in un punto al largo della baia, ecco che questa creatura magnifica si avvicinò a noi con fare molto curioso. Rimase a interagire con noi per molto tempo facendo capolino con il muso e a volte usciva fuori dall’acqua compiendo dei balzi incredibili… credimi, figliolo… fu qualcosa di magico… e tua mamma non riusciva a smettere di sorridere, era davvero felice e per un attimo mi disse che avrebbe voluto tanto fermare il tempo.»
 
In quell’istante a David venne un tuffo al cuore e riaffiorarono in lui altri ricordi. Nonostante siano passati anni, egli si ricordò di quanto la sua mamma ci tenesse a condividere con lui e con Rosalind la sua passione per i cetacei e per il mare e fin da bambino era rimasto sempre affascinato da quelle creature così eleganti e al contempo misteriose.

«Ma con i nonni? Sei più rimasto in contatto con loro da allora?»

«Purtroppo devi sapere che non appena presi la decisione di trasferirmi in America, il nonno Coleman, che sarebbe mio padre, non mi rivolse la parola per anni aggiungendo che per lui non ero più suo figlio. Me lo scrisse in una lettera poco prima di partire… fu scontato per me che andasse a finire così tra me e tuo nonno… in quanto… già i miei fratelli più grandi se n’erano andati anni a dietro per costruirsi un futuro migliore altrove: loro non avevano alcuna intenzione di restare in Irlanda per seguire le orme dei nostri genitori… i primi ad andarsene furono Siobhan e Brian, poi Emma… e infine io… sapevo che avrei lasciato un grande vuoto nelle vite dei miei genitori, ma non avevo altra scelta. Adesso sono anni che non ho più notizie di lui. Non so nemmeno se è ancora vivo… se è morto… non so nulla… nemmeno dei miei fratelli… Siobhan, Brian, Emma... e pensare che ci eravamo promessi di restare in contatto...»

Edward chiuse gli occhi per un attimo. Il ricordo dei suoi genitori e dei suoi fratelli gli fece aprire vecchie ferite. David gli strinse la mano, facendogli capire che lui era lì, pronto a consolarlo. 

«Ti ringrazio, figliolo… non sai quanto è importante per me il tuo sostegno in questo momento…»

Padre e figlio rimasero a lungo insieme in quella stanza, a ricordare i meravigliosi istanti di quando la mamma era ancora in vita. La gioia e la spensieratezza che aveva portato nelle loro vite, il suo caldo amore materno che diffondeva. Quella fu la prima volta, dopo tanti anni, che David e suo padre condividevano qualcosa, . David sperato per anni di condividere un momento come questo, anche solo per un’istante
 
“Avevi tutto il tempo per fare questo, non è mai troppo tardi per recuperare il tempo perso dopotutto.” Pensò il giovane mentre accarezzava tra le dita quel ciondolo. I suoi polpastrelli ispezionavano con cura la superficie liscia e fredda dell’oro che contrastava quella patinata dell’opale.

«Se tua madre oggi fosse qui, tutto questo si sarebbe potuto evitare.» disse Edward, esalando un respiro intenso. 

«Avresti potuto farcela benissimo anche senza di lei, credimi. So che è dura, ma nella vita bisogna rialzarsi e accettare la realtà per quella che è.»

Per un attimo nella stanza albergò il silenzio. Padre e figlio si osservarono senza dire una parola.
 
«Scusami, non volevo dire questo.» disse David, puntando lo sguardo verso il basso.
 
«È tutto ok figliolo… sfogati, non tenerti tutto dentro…»

A quella sua risposta, il giovane si sentí sollevato e sorrise: sentiva il suo cuore più leggero e in pace con la sua coscienza.  
 
“Adesso posso stare sereno, ma non ancora del tutto visto che papà non è fuori pericolo. Ma per adesso un dente me lo sono tolto e di questo sono felice.” Pensò.
 
«So che ora non è il momento più consono ma, potresti raccontarmi qualcosa di Dingle? Ricordo che la mamma ci aveva accennato qualcosa quando io e mia sorella eravamo piccoli ma ora ho dei ricordi molto vaghi.»

«Non preoccuparti figliolo… anzi, sono felice che tu me lo abbia chiesto… devi sapere che Dingle è un posto a dir poco stupendo. È un luogo che si divide tra la brezza e il fascino sconfinato del mare e il verde delle colline. Noi abitavamo proprio a pochi passi dalla baia, ogni mattina ci svegliavamo con la brezza marina che ci riempiva i polmoni ed era qualcosa di rigenerante, stupendo. E quando nostro padre portava in barca me e mio fratello Brian per assistere alle sue battute di pesca… ogni volta era una sensazione meravigliosa… sentire il vento tra i capelli, il sole che ci accarezzava il viso e le onde che ci cullavano dolcemente…»

David era rapito da quanto suo padre gli stava raccontando e nella sua mente già si stava immaginando quel posto. Nelle sue narici gli pareva di percepire l’odore inebriante di salsedine, nei suoi occhi gli pareva di scorgere le immense colline verdi e nelle sue orecchie gli sembrava di udire il fragore delle onde che si infrangevano sugli scogli di quella baia. 
 
«Avrei voluto tanto portarvici un giorno. Magari chissà…»
 

Proprio mentre il ragazzo stava per proferire parola, all’improvviso qualcuno entrò nella stanza.

«David, ma allora sei qui! Non ti trovavamo più e ci eravamo preoccupati non vedendoti accanto a noi.» disse zia Nellie, sollevata nel vedere il nipote.

Diane saltò addosso al collo del padre, abbracciandolo con forza.

«Papà! Ti sei svegliato!» esclamò la bambina, sprigionando tutta la sua gioia nel vedere il genitore cosciente.

«Diane… fai piano - replicò Edward – sarò anche sveglio ma non sono ancora del tutto ristabilito.»

«Ok.» rispose Diane, liberando il collo del genitore.

«Siamo davvero felici di vedere che hai ripreso conoscenza, i Dottori ci hanno raccontato tutto della tua situazione.» disse Rosalind.
 
«Ne ero certo, figliola cara - replicò il padre, con un filo di voce - ma vi raccomando di una cosa: non lasciatevi sopraffare dalla paura. Siate coraggiosi, qualsiasi cosa accada.»
 
«Lo saremo, papà.»

«E sappiate che sono davvero orgoglioso di avere al mio fianco dei figli come voi... ho sempre pensato di non aver mai fatto abbastanza per voi, dopo tutto quello che è successo... so di non essere mai stato molto presente nella vostra vita dopo la scomparsa di mamma, ma grazie a voi ora so che una scintilla c'è sempre... e vostro fratello me lo ha dimostrato...» disse Edward, accarezzando dolcemente i capelli del figlio.
 
David arrossì mentre i suoi fratelli lo guardavano con occhi lucidi. Era la prima volta che vedevano gli occhi del loro genitore brillare in quel modo.

Ma quel momento idilliaco purtroppo era destinato a infrangersi in quanto uno dei Medici entrò nella stanza per comunicare alla famiglia che era arrivato il momento di congedarsi dal loro padre in quanto non solo Edward doveva riposare ma anche effettuare altri esami di monitoraggio, in quanto il suo quadro clinico era ancora compromesso.

«Torneremo a trovarti papà, è una promessa.» disse Rosalind, baciando il genitore sulla fronte.

«Vi ringrazio tutti… dal profondo del cuore…»
 
Prima che David potesse abbandonare la stanza, il giovane si accorse che suo padre lo stava chiamando, facendogli cenno con la mano di avvicinarsi al letto. Egli si avvicinò e gli sussurrò all’orecchio:

«David… voglio che tu faccia una cosa per me…»

David annuì in silenzio mentre il suo sguardo era offuscato dalle lacrime.

«Quando tornerai a casa… vai nella mia camera: sotto il mio letto c’è un baule di legno… lì dentro troverai tutte le risposte inerenti al passato della nostra famiglia… sono sicuro che farà piacere non solo a te, ma anche alle tue sorelle rispolverare il passato.»
 
«Grazie papà, lo farò. Prometto che verrò a trovarti presto insieme tutti quanti gli altri… è stato bellissimo poter parlare con te e condividere con te questi momenti, ho aspettato da tanto questo momento.»
 
«Anche per me… non sai quanto…»

Fu allora che negli occhi del ragazzo si sprigionò una scintilla di curiosità. David a malincuore dovette dargli congedo, senza sapere se suo padre sarebbe mai uscito da quella stanza.

Resisti, papà. Puoi farcela.” Pensò, con le lacrime agli occhi e l’angoscia nel cuore. 

Durante il tragitto verso casa i tre fratelli si addormentarono in macchina, esausti. Anche David dormí durante il tragitto ma nella sua mente gli rimbalzavano tutte le parole e i meravigliosi racconti che suo padre gli aveva raccontato. Come arrivarono a casa, la prima cosa che il ragazzo fece fu quella di andare nella camera del padre e frugare sotto il suo letto. E fu proprio lì che trovo il baule di cui il genitore gli aveva parlato. 

Caspita, che cimelio!” pensò lui mentre sentiva il cuore palpitare nel petto. Ma non voleva aprirlo da solo: voleva che anche le sue sorelle fossero partecipi.

«Ehi, Rosalind! Puoi venire qui un attimo, per favore?»

La sorella dai lunghi capelli biondo ramato entrò nella stanza con passo svelto, seguita da Diane. Il giovane sorrise non appena incrociò lo sguardo della sorellina.
 
«Sì, David?»
 
«Venite qui, voglio farvi vedere una cosa.»
 
Le due sorelle si avvicinarono con fare curioso quando videro che il loro fratello aveva tra le mani quel grosso baule.

«Caspita! E questo da dove salta fuori, fratellone?» chiese Diane.
 
«Per scoprirlo, basta semplicemente aprirlo.» replicò David.
 
E insieme lo aprirono, facendo riaffiorare frammenti inerenti al passato della loro famiglia.
 

 
“I know it's hard to reach you
I know it's hard to breathe
I know it's hard to be you sometimes
I can't imagine what that means

This must be someone else's story
I can't follow what you've planned
How could this be about me
Am I supposed to understand?

 
Depeche Mode – All That’s Mine (Delta Machine, 2013)
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Kids Next Door / KND / Vai alla pagina dell'autore: Anphitrite